La sfida: trasformare quella che appariva come un’anonima villetta di campagna in un’autentica casa colonica toscana, non già per aggregazione di elementi tradizionali, bensì “per via di levare”. Vengono rimossi: 1_Gli sporti di gronda, facendo risaltare il profilo primario e archetipico della casa. 2_L’intonaco plastico delle murature, permettendo la riemersione del paramento lapideo. 3_I controsoffitti, facendo riapparire le solide travi in tronchi di castagno. Scarnificata la preesistenza, vengono stabilite due diverse modalità di intervento. La prima è mimetica e riguarda principalmente il massetto di copertura del pavimento radiante dove un cocciopesto levigato si fonde con le tonalità sabbiose della pietra arenaria dei muri. In continuità coloristica e materica sono anche i banconi della cucina e del bagno, entrambi caratterizzati da lavabi monolitici. La seconda modalità d’intervento, lavora invece per contrasto attraverso l’uso dell’acciaio grezzo. Un materiale che marca la nuova fase costruttiva, lasciando gli innesti ben leggibili rispetto agli elementi originari. Gli infissi tecnici in alluminio antracite lavorano pure per contrasto, tradendo un’anima tecnologica che è stata parte rilevante della ristrutturazione. Oltre a notevoli rinforzi strutturali antisismici, la casa colonica è infatti dotata di un sofisticato impianto termico che ibrida un termocamino con due pompe di calore alimentate dal campo fotovoltaico installato in copertura.

Nel bel mezzo di un oliveto, ci troviamo ad operare su di un abuso edilizio. Nata come una baracca di legno, divenne in un momento non ben precisato una casetta di mattoni forati. Nel passaggio di proprietà il suo destino sarebbe stata la demolizione, ma perché mai dover produrre quintali di macerie quando si può tentare un riuso? Come esser certi che anche la platea fondativa in cemento armato sarebbe stata effettivamente eliminata? Abbiamo condotto una trattativa con l’ufficio tecnico comunale per fare in modo che il cliente non perdesse il bene acquisito e che il paesaggio potesse redimersi dall’abuso. Si è deciso che la preesistenza potesse essere ammantata di una veste lignea, camaleontica per rapporto alla tonalità della terra, dei tronchi nodosi degli ulivi e dei cipressi circostanti. L’intero perimetro murario della casetta, copertura compresa, è stato rivestito da balle di paglia raccolte nei campi circostanti. A chiusura dell’involucro edilizio sono state avvitate sui telai d’abete delle assi da ponte usate e passate a fiamma per aumentarne la resistenza nel tempo, facendo così rivivere un’antica tecnica contadina sprofondata nell’oblio. Se gli esterni restituiscono le scure tonalità dei tronchi e della terra, l’interno è un abbagliante scrigno dorato al quale si demanda in qualche modo il ricordo dell’occultato involucro di paglia. Gli intonaci di calce sono ricavati da argille scavate nei campi circostanti e applicate con grande sapienza artigianale.

Nel bel mezzo di un oliveto, ci troviamo ad operare su di un abuso edilizio. Nata come una baracca di legno, divenne in un momento non ben precisato una casetta di mattoni forati. Nel passaggio di proprietà il suo destino sarebbe stata la demolizione, ma perché mai dover produrre quintali di macerie quando si può tentare un riuso? Come esser certi che anche la platea fondativa in cemento armato sarebbe stata effettivamente eliminata? Abbiamo condotto una trattativa con l’ufficio tecnico comunale per fare in modo che il cliente non perdesse il bene acquisito e che il paesaggio potesse redimersi dall’abuso. Si è deciso che la preesistenza potesse essere ammantata di una veste lignea, camaleontica per rapporto alla tonalità della terra, dei tronchi nodosi degli ulivi e dei cipressi circostanti. L’intero perimetro murario della casetta, copertura compresa, è stato rivestito da balle di paglia raccolte nei campi circostanti. A chiusura dell’involucro edilizio sono state avvitate sui telai d’abete delle assi da ponte usate e passate a fiamma per aumentarne la resistenza nel tempo, facendo così rivivere un’antica tecnica contadina sprofondata nell’oblio. Se gli esterni restituiscono le scure tonalità dei tronchi e della terra, l’interno è un abbagliante scrigno dorato al quale si demanda in qualche modo il ricordo dell’occultato involucro di paglia. Gli intonaci di calce sono ricavati da argille scavate nei campi circostanti e applicate con grande sapienza artigianale.

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