L’intervento di restauro di Villa Ceragioli ai Ronchi si confronta con l’edificio degli architetti Aldo Rossi e Leonardo Ferrari, cercando di riportare alla luce i caratteri propri di questo luogo iconico. L’intervento si focalizza su alcuni degli elementi cardine della villa come gli ambienti al piano terra, le grandi vetrate angolari e le finiture sulle facciate, un progetto delicato e attento che ha voluto riproporre fedelmente il disegno originario degli elementi. Nell’ottica di far conoscere la villa, opera prima del famoso premio Pritzker, si è anche prodotta un’installazione-open house in grado di rivelare gli elementi compositivi e teorici alla base del progetto originario. In tale rilettura spaziale, l’impiego di tronchi ricavati da un albero di pino costituisce il mezzo di interazione con la villa e la pineta circostante. Come delle rovine classiche, una colonna è stesa nel giardino, un’altra si erige nell’angolo della casa, una terza si dispone al centro del salone con un capitello vitreo come supporto espositivo, mentre cinque rocchi sono disseminati nel prato.

Tessuti e forme d’arredo si integrano in un unico Showroom: uno spazio espositivo in cui muoversi fra arte, architettura e tessuti. All’interno di un deposito di marmi si incontrano due tipologie di artigianato: da una parte la candida durezza del marmo di Carrara, dall’altra la morbidezza colorata dei tessuti che convivono in un equilibrio cromatico e tattile. Un contenitore di artigianalità che si affianca al cuore pulsante dell’azienda, il laboratorio tessile, dove avviene la produzione e lavorazione delle stoffe, dove prendono forma complementi di arredo destinati ad arricchire interni ed esterni di abitazioni, alberghi, funzioni commerciali e in ultimo ma non per importanza, i mega-yacht. Proprio in questo campo l’interior design made in Italy ha conquistato la progettazione nautica fino a cambiarne i codici estetici, sempre meno legati al mondo marino e più contemporanei. Un elogio quindi a questa azienda manifatturiera del Made in Italy e alla sua produzione caratterizzata da una continua ricerca e innovazione nel campo tessile. A rendere ancora più suggestivo l’intervento è la sua location: l’intero showroom e il laboratorio si sviluppano all’interno di un piazzale destinato ad ospitare blocchi e lastre di marmo, elementi rappresentativi della città di Carrara. La sensazione è dunque quella di un connubio e di una sinergia unica, dove la materia, la scultura e l’arte si fondono in un continuum indivisibile con la produzione artigianale e il custom made dell’azienda.

Sistemazione dell’area su cui erano state realizzate le prime opere di messa in sicurezza a seguito dell’eccezionale alluvione del 2011 che ha cancellato in modo quasi indelebile lo storico complesso che insisteva nell’area, costituito da una fontana, un lavatoio coperto e una gradonata di accesso alla parte superiore dell’area che si ricollegava all’area del parco pubblico (pregevole impianto di sequoie e tuie dei primi del ‘900). Il progetto propone, in primo luogo, il recupero funzionale di tale luogo nel modo più equilibrato possibile, senza procedere ad una ricostruzione filologica dei volumi distrutti procedendo con una integrazione fisica e funzionale delle parti mancanti. L’intervento mira ad un futuro e più ampio progetto di valorizzazione architettonica, naturalistica e funzionale dell’area, attraverso la realizzazione di opere e manufatti che possano amplificare le potenzialità dell’area, integrandone le funzionalità con un più ampio sistema di percorsi e aree verdi attrezzate. L’ area è luogo della memoria dell’evento alluvionale che così fortemente ha segnato il territorio nel 2011, i cui segni visibili sono rimasti concentrati in questo fazzoletto di terra, tra un suggestivo parco di storico impianto e un torrente tornato a essere gioioso e affascinante con le sue cascate e pozze limpide e profonde. Memoria ma anche nuova vita attraverso la realizzazione di un nuovo spazio dove le testimonianze fisiche sono recuperate e integrate, “rifunzionalizzate” con opere.

Esposizione temporanea realizzata nell’autunno del 2014 al Palazzo Ducale di Massa. L’esposizione ha presentato una raccolta di sculture africane in legno donate dall’artista argentino Julio Silva e dalla moglie alla città di Massa. Le opere rappresentative delle varie culture del Camerun, connesse ai riti che scandiscono la vita dei villaggi, erano costituite da figure, maschere, oggetti che definiscono ruoli e gerarchie sociali. Per sottolineare il valore espressivo delle sculture in legno rappresentative del carattere collettivo dell’arte africana, il progetto di allestimento ha previsto un “percorso di avvicinamento” all’arte tribale africana tentando di restituire la molteplicità di significati che le varie tipologie di oggetti rappresentavano. Stimolante è stata la relazione che è venuta ad istituirsi tra le sculture in legno e il luogo scelto per l’esposizione: il Salone degli Svizzeri e la Sala degli Specchi del Palazzo Ducale di Massa, edificio realizzato dai Cybo-Malaspina dal 1563. L’allestimento si è misurato con l’apparato decorativo del salone, un involucro avvolgente che ha condizionato l’articolazione del progetto espositivo; lo spazio della mostra è stato reso riconoscibile affinché si confrontasse dialetticamente con l’architettura del palazzo: una moquette grigia delimitava orizzontalmente la superficie dell’esposizione, un tappeto su cui si appoggiavano i volumi bianchi degli apparati espositivi.

Edificio pontremolese del XVIII secolo, Palazzo Damiani è parte privato –ancora in stato di abbandono– e parte comunale, affidato a ERP spa per la realizzazione di sette alloggi di edilizia residenziale pubblica. Molto articolato, con tre corti, due scaloni monumentali, vani per depositi di merci, spazi commerciali, piano nobile e numerosissimi ambienti residenziali, affianca al restauro calibrato e rispettoso, con opere di consolidamento eseguite con materiali ad alta tecnologia ma di bassissimo impatto o realizzate con tecniche tradizionali per esaltare la materia antica, un progetto che ha arricchito lo spazio di nuovi modi d’uso per imprimere all’edificio la vitalità necessaria a superare il tema scontato di luogo di accoglienza ma anche isolamento per famiglie disagiate: le superfici “sprecate”, diventano ambienti comuni e condivisi ai vari piani, le corti coperte a vetri, luoghi di vita quotidiana, gli ambienti per i magazzini, centro per il coworking e il vano adiacente l’androne di ingresso verso il quartiere di San Giacomo si trasforma in galleria pubblica che caratterizza e apre il palazzo alla città insieme all’area di sosta, allo spazio verde con parco giochi e rampa di accesso inclusiva, al rinnovato rapporto con la zona extra moenia della stazione, di recente recuperata con ampio parcheggio scambiatore. L’intervento di ERP spa innesca e favorisce la rinascita dell’edificio storico integrando antiche funzioni e nuovi valori, urbani, architettonici e sociali.

Il complesso ha una composizione monastica dove chiostro e sagrato sono i tessuti connettivi tra la chiesa, le aule, la sagrestia, la cappella feriale. Il pesce, la barca, la tenda, sono elementi simbolici della religione cristiana che vengono richiamati nella pianta e nella copertura della chiesa. La cappella feriale interna all’aula ma ad un livello più basso ha una copertura per l’ubicazione dell’organo a canne. Lo stesso spazio degradando verso il presbiterio ospita il coro. La cappella custodisce l’eucaristia ed al fine di metterla in evidenza presenta un varco vetrato che la rende visibile dall’aula. Tutte le linee prospettiche dello spazio architettonico dell’assemblea liturgica convergono nell’altare semicubico che simboleggia il sacrificio e la convivialità nel contempo. L’ambone è un luogo architettonico elevato, deputato per la celebrazione della parola, spinto in avanti verso l’assemblea come cerniera tra il popolo di Dio e Dio stesso. Il battistero è un luogo che ha una sua identità rispetto al resto dell’aula dove il catecumeno scende per “riemergere dallo stato di peccatore” dopo la purificazione del battesimo. La chiesa è realizzata in CLS bianco fotocatalitico TX Active, nella copertura due grandi travi curve in legno attraversano l’aula e svettano verso l’alto mentre l’orditura minuta sventaglia dando vita ad un paraboloide iperbolico. All’esterno la copertura con il suo manto grigio in zinco-titanio dialoga per forma e colore con le vette delle Alpi Apuane.

Ilrestauro di una porzione delCastellodelPiagnaro prende spuntodal nuovoallestimento delMuseodelleStatueSteleLunigianesi edal connesso parziale adeguamento degli impianti,dei sistemi disicurezza edegli impianti disollevamento per disabili.Ilrecupero dell’alasud del primocortile delcastello,adibita dasempre a deposito di macerie emai sottoposta ainterventi di restauro,hamesso adisposizione del museo una superficiequasi raddoppiata eha consentito di recuperare spazidinotevole suggestione,caratterizzati da paretie voltea botte inpietra avista checostituiscono unosfondo perfettamente in sintonia conle opere esposte.L’intervento,inteso come valorizzazione delle potenzialità inespresse dell’edificio storico,sièposto l’obiettivo di creare un dialogo intenso,esaltando alcontempo i nessi monomaterici diopere espostee il castello.Grazie adinterventi di svuotamento,ed all’incisione di due nuovi passaggi,èstato possibile inventare un percorso suggestivoche prosegue alpianosuperiore,mediante una scala ricavata sopra i resti di unarampatardobarocca ritrovata,inutilizzabile per l’eccessiva altezza dei gradini,che peròresta leggibile sottola nuovascala trasparente con struttura in ferro egradini inlegno.Anche alprimopiano,interventi minimi di incisione e ricucitura,con calibrate addizioni,come la passerella che attraversa altra scala preesistente,hanno consentito di dare un significato nuovo agli spazi edicreare unpercorso continuoea senso unico,scorrevoleefluido,come quellodel pianoterreno.

Il nuovo allestimento del Museo al Castello del Piagnaro ha consentito di recuperare spazi di notevole suggestione, sfondo in perfetta sintonia con le opere esposte. Centrale al nuovo allestimento è la ricerca di un incontro non mediato del visitatore con le opere, mentre monitor e pannelli di approfondimento si inseriscono lungo il percorso in spazi appartati, in modo da non interferire con il godimento diretto dei pezzi esposti. Tale scelta consente un racconto e un ritmo narrativo stringente, così da sollecitare costantemente l’interesse dei visitatori. L’obiettivo di rendere l’allestimento attraente e suggestivo, pur in spazi austeri e con una collezione di opere omogenee, è raggiunto grazie alla scelta di affidarsi a pochi, semplici, ma non banali, elementi studiati con cura. Fondamentale l’illuminazione, perfettamente calibrata su ogni opera, con luce radente che mette in risalto il modellato poco marcato delle statue stele e al tempo stesso la lavorazione sorprendentemente dettagliata di alcune parti. Le componenti dell’allestimento tutte su disegno, sono improntate alla massima semplicità e rigore: così gli esili e discreti sostegni in ferro delle pur pesanti sculture che poggiamo su un legno basamentale celato sotto il pavimento in tavolato di castagno; i sostegni degli apparecchi illuminanti, i distanziatori e i supporti per le didascalie. Proprio grazie a questa semplicità, le pietre della Lunigiana “parlano” al visitatore, che può così coglierne, intatto, tutto il fascino e l’ipnotico mistero.

Premio Architettura Toscana

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