Gli interni si ispirano ad un design sofisticato dal gusto retrò che si sviluppa attraverso ambienti accoglienti e conviviali, lasciando ai dettagli d’arredo il compito del racconto. Gli spazi sono decorati con lampade in ottone su disegno anni 50 ed opaline che ricordano i bistrot francesi, arricchiti da carte da parati disegnate da Fornasetti e sedute rivestite con tessuti sartoriali made in Italy. Le scelte cromatiche prediligono i toni sobri del blu e del grigio, con materiali che vanno dal legno e ferro per i pavimenti, alle finiture in ottone ed ai marmi per i tavoli. Dall’ampia vetrata d’ingresso, incorniciata da infissi in legno color black blue si scorge un ampio bancone dove è possibile fermarsi per un cocktail preparato a regola d’arte o un bicchiere di buon vino. La cucina è a vista e si affaccia sulla sala che porta alla piccola corte interna attraverso la quale di accede ad una romantica limonaia. L’intervento volutamente rispettoso delle preesistenze non ha modificato la distribuzione degli spazi ma ha inciso sull’atmosfera degli ambienti preservando l’anima dello luogo situato in uno dei più noti quartieri storico-popolari di Firenze, Santo Spirito.
La Chiesa di San Pellegrino, costruita presso un’antica porta delle fortificazioni romane, fu ampliata alla metà del XVII sec. e nel 1808 fu chiusa al culto. Nel XX sec. fu sede di un’officina organaria e più recentemente divenne un magazzino. La Chiesa versava in uno stato di degrado avanzato, l’obiettivo era di restaurare gli esterni, le coperture e gli interni con l’intento di trasferirvi la collezione di calchi di gesso del Polo Museale Toscano. La collezione è formata da 230 pezzi. Il progetto ha riguardato anche i vani adiacenti che sono stati connessi alla Chiesa con la riapertura di un’antica porta. L’intervento progettuale è stato impostato alla massima economicità e rispetto del manufatto storico, lo spazio è stato riportato all’antico splendore e l’illuminazione artificiale è stata realizzata con apparecchi posti sul cornicione dell’aula al fine di nascondere ogni elemento tecnologico alla vista. La luce è la materia che definisce lo spazio. Gli elementi architettonici introdotti dal progetto sono le lastre di acciaio del vano porta di collegamento con i locali adiacenti, i gradini mancanti del presbiterio, le aree dove erano originariamente collocati gli altari laterali e la bussola d’ingresso. La pavimentazione di marmo bianco e bardiglio è stata pulita e patinata conservando il livello di usura che testimonia la stratificazione dei molteplici usi avvenuti nell’ultimo secolo. Il Deposito dei Gessi è realizzato con tubi innocenti e bancali di legno.
L’opera è situata nel sottosuolo di una villetta a Luciana (Fauglia). Era possibile accedere dal Soggiorno alle Cantine mediante una scala in pietra chiusa da una grata in ferro; le cantine avevano un solaio in legno (quota -2.97 mt) poggiato su travi in acciaio, da una botola con scala a pioli era possibile accedere al livello sottostante (quota – 5.27 mt). Il livello di umidità era tale da aver corroso i solai e compromesso l’impianto elettrico delle cantine. L’Opera Hidden Eggs ha previsto una nuova chiusura delle scale composta da tre vetrate con infisso in acciaio e maniglia a scomparsa poste a livello del pavimento del soggiorno. E’ stato quindi realizzato un impianto di aerazione forzata utilizzando tubazioni in Pvc per le cantine ed in acciaio inox a vista in Cucina regolate da un ventilatore con motore posto all’esterno del fabbricato. Sono stati realizzati nuovi solai e scale a chiocciola mediante profili in acciaio e lamiere grecate (per garantire maggiore passaggio d’aria). La Cantina di destra, utilizzata per i vini, è visibile dal lucernario in Soggiorno e presenta un solaio composto da lamiere tagliate a spicchi che proseguono l’andamento della scala a chiocciola, ha sia illuminazione scenica realizzata mediante led colorati che illuminazione tecnica per l’utilizzo della cantina stessa. La Cantina di sinistra, utilizzata come ripostiglio, ha scale decentrate e solaio composto da lamiere tagliate irregolarmente, presenta illuminazione tecnica a tenuta stagna.
L’opera è situata nel sottosuolo di una villetta a Luciana (Fauglia). Era possibile accedere dal Soggiorno alle Cantine mediante una scala in pietra chiusa da una grata in ferro; le cantine avevano un solaio in legno (quota -2.97 mt) poggiato su travi in acciaio, da una botola con scala a pioli era possibile accedere al livello sottostante (quota – 5.27 mt). Il livello di umidità era tale da aver corroso i solai e compromesso l’impianto elettrico delle cantine. L’Opera Hidden Eggs ha previsto una nuova chiusura delle scale composta da tre vetrate con infisso in acciaio e maniglia a scomparsa poste a livello del pavimento del soggiorno. E’ stato quindi realizzato un impianto di aerazione forzata utilizzando tubazioni in Pvc per le cantine ed in acciaio inox a vista in Cucina regolate da un ventilatore con motore posto all’esterno del fabbricato. Sono stati realizzati nuovi solai e scale a chiocciola mediante profili in acciaio e lamiere grecate (per garantire maggiore passaggio d’aria). La Cantina di destra, utilizzata per i vini, è visibile dal lucernario in Soggiorno e presenta un solaio composto da lamiere tagliate a spicchi che proseguono l’andamento della scala a chiocciola, ha sia illuminazione scenica realizzata mediante led colorati che illuminazione tecnica per l’utilizzo della cantina stessa. La Cantina di sinistra, utilizzata come ripostiglio, ha scale decentrate e solaio composto da lamiere tagliate irregolarmente, presenta illuminazione tecnica a tenuta stagna.
La Chiesa di San Pellegrino, costruita presso un’antica porta delle fortificazioni romane, fu ampliata alla metà del XVII secolo e nel 1808 fu chiusa al culto. Nel XX secolo fu sede di un’officina organaria e più recentemente divenne un magazzino. La chiesa versava in uno stato di degrado avanzato, l’obiettivo era di restaurare gli esterni, le coperture e gli interni con l’intento di trasferirvi la collezione di calchi di gesso del Polo Museale Toscano. La collezione è formata da 230 pezzi. Il progetto ha riguardato anche i vani adiacenti che sono stati connessi alla chiesa con la riapertura di un’antica porta. L’intervento progettuale è stato impostato alla massima economicità e rispetto del manufatto storico, lo spazio è stato riportato all’antico splendore e l’illuminazione artificiale è stata realizzata con apparecchi posti sul cornicione dell’aula al fine di nascondere ogni elemento tecnologico alla vista. La luce è la materia che definisce lo spazio. Gli elementi architettonici introdotti dal progetto sono le lastre di acciaio del vano porta di collegamento con i locali adiacenti, i gradini mancanti del presbiterio, le aree dove erano originariamente collocati gli altari laterali e la bussola d’ingresso. La pavimentazione di marmo bianco e bardiglio è stata pulita e patinata conservando il livello di usura che testimonia la stratificazione dei molteplici usi avvenuti nell’ultimo secolo. Il Deposito dei Gessi è realizzato con tubi innocenti e bancali di legno.
L’opera è situata nel sottosuolo di una villetta a Luciana (Fauglia). Era possibile accedere dal Soggiorno alle Cantine mediante una scala in pietra chiusa da una grata in ferro; le cantine avevano un solaio in legno (quota -2.97 mt) poggiato su travi in acciaio, da una botola con scala a pioli era possibile accedere al livello sottostante (quota – 5.27 mt). Il livello di umidità era tale da aver corroso i solai e compromesso l’impianto elettrico delle cantine. L’Opera Hidden Eggs ha previsto una nuova chiusura delle scale composta da tre vetrate con infisso in acciaio e maniglia a scomparsa poste a livello del pavimento del soggiorno. E’ stato quindi realizzato un impianto di aerazione forzata utilizzando tubazioni in Pvc per le cantine ed in acciaio inox a vista in Cucina regolate da un ventilatore con motore posto all’esterno del fabbricato. Sono stati realizzati nuovi solai e scale a chiocciola mediante profili in acciaio e lamiere grecate (per garantire maggiore passaggio d’aria). La Cantina di destra, utilizzata per i vini, è visibile dal lucernario in Soggiorno e presenta un solaio composto da lamiere tagliate a spicchi che proseguono l’andamento della scala a chiocciola, ha sia illuminazione scenica realizzata mediante led colorati che illuminazione tecnica per l’utilizzo della cantina stessa. La Cantina di sinistra, utilizzata come ripostiglio, ha scale decentrate e solaio composto da lamiere tagliate irregolarmente, presenta illuminazione tecnica a tenuta stagna.
L’edificio, di fattura singolare per l’alta Maremma, basso e con copertura a terrazza, è stato costruito negli anni Settanta. La struttura originaria è in muratura, realizzata in blocchi di tufo, e priva, prima della ristrutturazione, di impianto di riscaldamento. Per migliorarne l’isolamento termico è stato realizzato in copertura un cappotto, le murature porose sono state protette da un intonaco per allontanare l’acqua. Il nuovo progetto collega gli interni con gli esterni: la zona giorno è sull’asse sud-est/nord-ovest, l’orientamento viene fatto coincidere con i coni visivi. Il tavolo da pranzo è stato posto di affaccio al giardino e alla pianta di salice, in modo che la mattina si possa fare colazione guardando il sorgere del sole mentre il divano ha una vista sul giardino di accesso e sul tramonto estivo. Il letto è stato posto in asse con la finestra esposta a sud-ovest. Il tiglio, grazie alle sue foglie caduche, offre alla camera un’ombra fresca nelle stagioni calde mentre permette il passaggio dei raggi del sole in inverno. Il centro della casa è il fuoco. È stato realizzato un termocamino a legna, perché il fuoco in campagna è elemento utile anche per togliere l’umidità. In estate l’acqua calda è prodotta da due pannelli solari. Dopo aver posizionato gli arredi fondamentali in corrispondenza delle aperture principali si è continuato un processo di autocritica, cercando la sintesi tra forma e funzione, togliendo sempre il superfluo e aggiungendo solo il significante.
Il restauro del convento di San Francesco si inserisce nel quadro di interventi realizzati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca per l’insediamento dell’istituzione Alti Studi Universitari IMT nel centro storico della città, completando, con la biblioteca e gli uffici amministrativi già realizzati, il campus . Il complesso di San Francesco riunisce in un edificio didattica, ricerca e residenza, secondo lo spirito dello studium: luogo di cultura, di vita quotidiana della comunità scientifica. A fianco delle aule per la didattica e i dottorandi e degli uffici di professori e ricercatori si trova la foresteria, composta da camere doppie, singole e mini appartamenti. La Cappella della famiglia Guinigi ospita l’aula magna di IMT mentre i locali della sagrestia sono stati attrezzati per seminari e riunioni. Gli interventi recuperano le spazialità e le percorrenze originarie del convento, rimuovendo le partizioni recenti e riorganizzando la distribuzione attorno ai chiostri in parte chiusi con pareti vetrate. Una vasta campagna di saggi stratigrafici ha permesso di indagare e recuperare ampie porzioni di apparati decorativi celati da intonaci recenti; attraversare gli spazi è ora anche percorrere la storia del monumento. Le nuove esigenze distributive sono soddisfatte attraverso una serie di elementi architettonici che si sovrappongono al contesto storico in maniera discreta ma riconoscibile attraverso l’uso di materiali tecniche contemporanee.
Il Forum Bertarelli è il frutto di un percorso partecipativo nel quale progettista e committente si scoprono legati dall’impegno comune nella promozione e riqualificazione del Sasso di Maremma. La proposta di Milesi di sostituire, con un teatro della stessa volumetria e budget, un piano di lottizzazione residenziale viene recepita coraggiosamente dalla famiglia Bertarelli, nonostante il progetto già presentato e oneri pagati. Il Forum trova le sue radici da un approfondito studio delle modalità insediative e instaura con il luogo un rapporto di reciproca valorizzazione. La sala concerti per 300 persone presenta una forma organica perfettamente conchiusa, misurata da proporzioni auree concepite per un’acustica non amplificata meccanicamente. Da lontano come da vicino il Forum non si percepisce come un fabbricato, poiché privo di aperture; le sue superfici scabre in cemento color terra ricordano un tumulo, fortificato dall’ondulata lastra di ferro ossidato che parzialmente lo avvolge. Risalendo la collina e attraversando un uliveto, guidati dalla parete di ferro che asseconda il volume della sala, si entra nel foyer: uno spazio smaterializzato e invaso dalla luce, dal quale torna a essere visibile attraverso una parete vetrata il paesaggio esterno. La sala musica, che si abbraccia con un unico sguardo dall’alto, mostra la superficie unica del tamburo su cui appoggia la copertura, ali incurvate che abbracciano lateralmente le gradinate e celano i collegamenti dei vari livelli.
Il centro didattico di Pava nasce con lo scopo di valorizzare l’attività di scavo e di ricerca di un importante sito archeologico, l’antica pieve di San Pietro in Pava e il suo cimitero risalenti tra la fine del V e l’inizio del VI secolo. L’edificio, inserito in un parco archeologico e multiculturale, riassume le funzioni di supporto agli archeologici e quelle didattiche e ricettive per il visitatore, fondendo in un’unica valorizzazione il bene culturale e quello paesistico. Si presenta come un manufatto “galleggiante” sopra il sito archeologico, tanto da non lasciare su di esso nemmeno la sua impronta. Completamente in legno di larice non trattato, rispecchia i criteri di bioarchitettura per l’utilizzo di materiali naturali interamente riciclabili. La struttura è completamente autosufficiente: attraverso la copertura appositamente progettata e conformata, accumula acqua piovana ed energia solare, soddisfando le esigenze in diversi periodi dell’anno. Le facciate, caratterizzate da alternarsi continuo tra pieni e vuoti, sono schermi permeabili che assorbono i colori caldi del paesaggio collinare.
Il nuovo impianto di produzione di energia elettrica da biomasse lignee operante in assetto cogenerativo è previsto nel programma di recupero della Tenuta di Castelfalfi; la sua collocazione prossima all’edificio dell’azienda agricola suggerisce un approccio paesaggistico, fortemente richiesto dall’amministrazione di Montaione per l’intero piano attuativo. L’impianto produce il caldo e il freddo che attraverso una rete si distribuiscono alle abitazioni e alle strutture ricettive. Il progetto del nuovo impianto insieme alla riorganizzazione e rinnovamento dell’azienda agricola esistente, segue due fondamentali principi guida: la suddivisione dei flussi di transito tra addetti/visitatori/mezzi, insieme all’uso di schermi visivi vegetali, per conservare l’identità agricola rispetto alla nuova realtà; particolare attenzione alle nuove coperture con soluzioni di valore estetico, per qualificare la vista dall’alto e attutire l’impatto visivo, attraverso superfici con un’immagine “vibrata”, composita, che le rende omogenee, pur nella loro varietà e sovrapposte ai piazzali di manovra. Una trama disegnata di profili metallici incassati ordina l’intera area e dà forma e proporzioni a superfici caratterizzate da materiali, cromie, disegni e ampiezze differenti;una sorta di mosaico che riproduce in termini artificiali e schematici il più ampio mosaico paesaggistico circostante, accostando elementi minerali (ghiaie con granulometria e cromia differente) alle porzioni vegetali circostanti.
Il progetto di rigenerazione della Tenuta di Castelfalfi vede il suo avvio dal recupero dell’antico borgo di origine longobarda, centro geografico e simbolico di un ampio territorio. Con un masterplan che coordina e definisce gli interventi e le gerarchie degli spazi pubblici si avviano una serie di interventi sulle pavimentazioni e illuminazione della viabilità, il recupero di un giardino aperto il cui impianto attuale risale ai primi del ‘900 e la realizzazione di una prima parte di parcheggi. Con il riassetto della viabilità viene realizzato il cablaggio delle reti e del teleriscaldamento ed attuato un programma di decoro e coerenza stilistica attraverso il disegno della pavimentazione, dell’arredo urbano e dell’illuminazione che, nel rispetto dei requisiti di funzionalità ed economia, qualifica lo spazio, esalta il tracciato storico e ritma il cammino tra le varie emergenze del borgo. Il giardino storico, dopo anni di abbandono si riappropria del suo ruolo di spazio verde, fresca alternativa al costruito, grazie al restauro dei percorsi, alla nuova illuminazione e alla manutenzione e integrazione della variegata vegetazione. Nella zona nord del borgo si realizza una prima porzione di parcheggio come previsto dal piano attuativo; la soluzione direttamente suggerita dai caratteri circostanti e mitigata dalla vegetazione, riprende il tema dell’impianto rurale dell’olivo e le cromie circostanti per armonizzarsi con il contesto di particolare pregio paesaggistico.
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