La “Casa nel bosco” è ubicata sul versante ovest della val Bisenzio, in un bosco di castagni del Monteferrato che fronteggia i monti della Calvana. Il progetto della casa è nato dall’osservazione della natura del contesto e si è sviluppato per mezzo di un dialogo continuo tra gli elementi naturali del luogo e il segno sul foglio bianco. L’orientamento dell’edificio, i volumi, gli aggetti, le aperture, gli elementi di finitura sono pensati in funzione dello sfruttamento delle caratteristiche bioclimatiche del luogo a vantaggio del risparmio energetico. Queste caratteristiche formali, integrate da un’impiantistica all’avanguardia conferiscono all’edificio la qualifica di “Nearly Zero Energy Building” La natura rigogliosa del luogo e la luce sono in dialogo continuo con gli spazi e le prospettive interne diventando parte integrante della casa. Il principale “tema emozionale” è generato dalla luce del mattino e dal vento che “dipingono” sulla parete di cemento armato l’ombra in movimento degli alberi e delle piante circostanti.

Con la realizzazione della sala degustazione si completa il progetto dell’Azienda agricola Fornacina iniziato ormai qualche anno fa. L’impianto generale della cantina ripercorre il tema del podere toscano caratterizzato dall’aia come zona centrale intorno alla quale ruotano tutti gli elementi che compongono l’appoderamento. Qui l’aia, contraddistinta dalla quercia secolare che ci dà il benvenuto giungendo dal vialetto d’ingresso, è delimitata a nord dalla casa poderale e ad ovest dall’ingresso alla cantina, posto in contrapposizione all’accesso. Tutto il sistema si sviluppa sul crinale della collina e, sfruttando la pendenza del terreno, si dispone longitudinalmente da nord a sud orientandosi verso la punta del Monte Amiata che diventa il fulcro dell’impianto prospettico: la nuova sala degustazione si presenta alla vista del viaggiatore che, giunto nell’aia davanti alla facciata in pietra dalla forma a capanna, si volta verso l’Amiata. La sala si posiziona sopra la zona dell’invecchiamento del vino posta nella parte interrata del progetto, e si configura come un elemento interamente vetrato perché completamente immerso nella vigna e dunque proscenio verso i filari e l’orizzonte. La nuova struttura è composta da cinque campate con pilastri di corten e travi in legno lamellare ed una copertura anch’essa in legno lamellare. Lo spazio razionalizzato dall’uomo si proietta verso la vigna attraverso uno sbalzo della copertura di 5 metri: un tuffo in mezzo alla bellezza della natura.

Villa Parapei

Ogni progetto è caratterizzato da una molteplicità di progetti. Questo è il principio con il quale Villa Parapei è stata ideata internamente. La distribuzione del progetto architettonico è finalizzata alla scoperta di innumerevoli e consecutive vedute sulle colline del Valdarno aretino, rese possibili grazie alle grandi pareti vetrate. Considerando il contesto come un comune denominatore, il progetto d’interni cerca di attribuire ad ogni stanza, e quindi ad ogni vista, un carattere proprio con una ricerca emotiva profondamente affondata nell’esperienza quotidiana degli ambienti. Instaurare una connessione con la natura, cercando, possibilmente, di essere abbracciati da essa, dal movimento degli alberi e dal suo colore tipico, il verde, presente fortemente nella camera da letto. Il riflesso creato dalla luce, muove i toni passando fino al blu della cabina armadio per poi colpire il marmo verde alpi del bagno. Scendendo al piano terra la luce irrompe nell’area living incontrando le sfere galleggianti del lampadario, cristalli, metalli e legni che rendono ogni stanza una connessione diversa con l’esterno. Nel seminterrato il collegamento è inverso, dovuto all’assenza di luce. In questi ambienti bui il caldo sapore del legno dilaga su ogni forma, definendo precisamente lo spazio in ogni piccolo dettaglio, dalla zona fitness fino scandire il ritmo delle bottiglie di vino della cantina. Infine, il colpo di luce dato dal rame nella zona bar, il cuore pulsante del progetto che splende.

Il progetto inizia a prendere forma nel 2018 quando per realizzare un intervento di ampliamento del plesso scolastico vengono rimosse alcune porzioni rocciose che incombevano sulla scuola; a fine lavori rimane uno spazio vuoto ma ruvido, tutto da reinventare, da qui l’idea di dotare la scuola dell’infanzia di uno spazio gioco all’aperto. Per levigare la durezza della pietra ed adattarla al gioco dei bambini sono stati scelti colori vivaci e forme sinuose. La goccia che dà forma allo spazio centrale fa fluire i movimenti attorno alla parete rocciosa con percorsi che mettono in comunicazione le diverse funzioni della scuola (aule, palestra e mensa) mentre all’interno della goccia una fioriera circolare con un albero dal forte valore simbolico come l’olivo diventa il perno verticale dello spazio. Oltre ai tradizionali giochi è stato creato un percorso sensoriale attraverso il quale i bambini possono scoprire il mondo entrando in contatto con le qualità tattili dei materiali, distinguendo naturale/artificiale liscio/ruvido etc.. Una sezione del percorso è dipinta a lavagna in modo che i bambini possano esprimersi in libertà disegnandovi con i gessetti. Infine dei semplici tubi prefabbricati di diverse dimensioni diventano vasi dove i bambini possono seminare e coltivare piantine e ortaggi, i piccoli alunni imparano così ad osservare la natura con i suoi ritmi attraverso il ciclo delle stagioni e a raccogliere i frutti di questo lavoro.

Il progetto prevede la ristrutturazione di un piccolo edificio in via della Stufa al numero civico 38 di Prato. La casa è singolare, perché singolare è la conformazione legata alla scala di ingresso che “taglia” longitudinalmente tutti i piani e consente la distribuzione e l’accesso alle varie quote. Tutti gli interventi hanno come scopo principale quello di confrontarsi con il tema dell’abitare declinato, in questo caso, nella necessità di rendere gli ambienti accoglienti e capaci di migliorare e facilitare la vita delle persone che li abiteranno senza però comprometterne l’architettura originaria. Lavorare sui prospetti diventa l’occasione per mettere in contatto la sfera privata con quella pubblica. I prospetti esterni infatti comunicano con l’esterno, con la città ma anche con l’interno, con il mondo domestico, casalingo. Il disegno dell’intonaco a sgraffito, che dialoga con quello delle persiane per forma e ritmo, è sempre teso nel far risaltare l’andamento verticale della facciata secondo un ritmo sincopato che mano a mano che sale, si apre sempre di più. Il risultato che si ottiene è quello di un fronte elegante e leggero dove i pochi elementi inseriti sono la conseguenza di una lettura sensibile del contesto, di un’interpretazione critica dell’esistente nella logica di valorizzare e potenziare la qualità architettonica dell’antico tessuto urbano della città.

La realizzazione del nuovo ampliamento è stata pensata per soddisfare quelle che sono le esigenze legate alla progressiva espansione dell’azienda Tricobiotos S.p.A. I nuovi uffici inoltre garantiranno spazi più accoglienti e in grado di restituire, in termini di comfort ambientale, un luogo di lavoro più consono alle necessità operative dell’azienda e a quelle psicofisiche del personale che vi andrà ad operare. Lavorare in un ambiente salubre, migliore, bello, sicuramente favorisce anche la performance produttiva di ogni singolo addetto. Oltre a questo l’obiettivo correlato è dare maggiore prestigio all’immobile esistente e fornire al visitatore (fornitore, cliente o istituzione) la giusta immagine e percezione del valore dei brand rappresentati. La nuova architettura è stata concepita per trasmettere al visitatore un’immagine professionale, elegante e moderna, ma al contempo sobria e priva di sfarzi o esasperazioni architettoniche. Il nuovo edificio individua, attraverso l’utilizzo di materiali diversi, le due funzioni principali: quella produttiva al piano terra e quella amministrativo-tecnica ai piani superiori. Cemento a faccia vista per la prima, lamiera sagomata in alluminio anodizzato per la seconda. L’architettura risponde alle esigenze dell’azienda attraverso un linguaggio semplice e diretto usando pochi materiali, che facilitano anche la manutenzione generale dell’immobile, e forme geometriche non complesse.

“Casa per Tre Dame” è stata progettata per tre donne, una mamma e due figlie, un forte esempio di imprenditoria femminile che dopo anni decide di tornare a vivere sotto un unico tetto, vendendo le singole abitazioni per costruire un nuovo ed unico nucleo edificato. L’obiettivo del progetto era quello di costruire tre unità amalgamate in un unico fabbricato, concepito con una soluzione di continuità tra le varie unità, rispondendo alle singole esigenze delle committenti. La bellezza della costruzione si è concretizzata nella collaborazione tra committenza, progettista ed impresa fin dalle prime fasi: un esempio di questa sinergia è stato il momento del getto della platea, quando le tre proprietarie hanno consegnato ciascuna un oggetto da posare nelle fondazioni in cemento armato, come gesto “augurale e fondativo”. Il progetto si imposta su un margine in pietra che fa da piattaforma tettonica a due volumi compositivi superiori che si dispongono, al di sopra di questo, accoppiati e paralleli, separati da un elemento distributivo centrale. Non avendo “retri”, la costruzione si caratterizza per la cura delle due “navate” intonacate, ricreando una suggestione che richiama un’architettura navale. Il paramento di margine è stato realizzato a sassi di pietra calcarea, “alberese”, per poter riprendere l’immagine dei muri che cingono ancora il tracciato delle vecchie strade della zona e finire di delimitare con la stessa morfologia il “cuore” centrale verde del campo del Salicone.

Il progetto “Camminare a Firenze” si è sviluppato a partire da un lavoro di ricerca finalizzato allo studio e alla definizione di un sistema di wayfinding per la città di Firenze: con l’obiettivo di favorire l’uso pedonale e ciclabile della città, entro una più ampia strategia di riduzione del traffico veicolare e sviluppo di una mobilità sostenibile; di facilitare allo stesso tempo il riconoscimento di luoghi, spazi e loro sequenze, in modo da potersi orientare e scegliere dove andare avendo la possibilità di “misurare” il tempo più che la distanza. Il percorso progettuale è stato caratterizzato dallo studio degli elementi segnaletici, dall’ideazione del sistema di identità visiva e dalla progettazione esecutiva degli stessi; dal coordinamento degli interventi sullo spazio pubblico in fase operativa e dalla redazione di un manuale d’uso per l’amministrazione. Le steli per l’orientamento e i diversi elementi della “famiglia” contengono informazioni semplici ed essenziali (mappe, pittogrammi, indicazioni turistiche e toponomastiche), oltre a cartografie nelle quali lo spazio urbano viene rappresentato identificando “ambiti di prossimità” e punti di riferimento riconoscibili come monumenti, piazze, giardini, servizi e attrezzature di interesse pubblico, che permettono di individuare i luoghi da raggiungere a piedi e il tempo necessario per percorrere quella determinata distanza (indici di percorrenza: 6/12 min. x 500/1000 m.; cartografie elaborate in scala 1:2.500/1:8.000).

Sala Oro

Il Teatro della Pergola è una “cattedrale” fatta di legno, teli, corde, stucchi, suoni e voci che si rincorrono attraverso scale e corridoi: un bellissimo labirinto dove convivono linguaggi e materiali diversi, macchine e ingranaggi che permettono di trasformare gli ambienti in qualcos’altro, montando e smontando velocemente strutture che ne modificano la percezione, senza perdere l’identità e la forma. Il progetto di un nuovo sistema espositivo per allestimenti temporanei realizzato per la Sala Oro – una galleria stretta e lunga come una strada, decorata come un salone per le feste – muove da queste osservazioni e si confronta con i vincoli e le caratteristiche del suo spazio. Come spesso accade, è il luogo che suggerisce ipotesi e soluzioni: il progetto sviluppa la suggestione della strada e la trasforma nell’idea di un “percorso abitato” che ne occupa il vuoto con rispetto; un insieme di elementi che assumono via via le sembianze di una quinta, di una colonna, di un portale, montati su un basamento che attraverso una “griglia di fori” li organizza entro un sistema geometrico variamente componibile, in grado di assumere molte e diverse configurazioni. La struttura, molto semplice e a basso costo, è stata pensata e realizzata per essere composta, smontata e stoccata con relativa facilità. Ogni elemento del sistema è un modulo progettato in modo da poter essere utilizzato modificando all’occorrenza posizione, colore e grafica, adattandosi ai diversi contenuti di una mostra.

Civico 22

Civico 22 è un frutto di un intervento integrale di trasformazione e rigenerazione di un edificio degli anni Settanta (ex Enel) in un complesso residenziale. La planimetria a L con il lato corto attestato su Via del Campofiore ha subito indirizzato la progettazione sulla dualità dei fronti, più urbani quelli rivolti su strada, più porosi quelli rivolti sull’interno, che il progetto risolve con un telaio metallico e un sistema di pannelli “brise soleil”. Attuando una sorta di smontaggio e rimontaggio degli elementi tipologici dello stato di fatto, il progetto ha restituito il volume attraverso la giustapposizione di tre elementi chiaramente riconoscibili: il basamento, il corpo principale e l’attico. La lettura stratificata di queste tre parti di programma è stata rafforzata con la scansione di fasce marcapiano in acciaio, annegate sul cappotto perimetrale. Il basamento ospita le attività direzionali e stabilisce relazioni urbane anche grazie alla flessuosità delle pensiline che si protendono verso la strada. Al di sopra si sviluppano il corpo principale con da una gamma cromatica che varia dal grigio cemento al perla, nell’ottica di esaltare le fasce finestrate e i generosi vuoti delle terrazze. Il piano attico rappresenta l’elemento di chiusura dal quale emergono le volumetrie dei duplex, ideati come “ville urbane” con le terrazze rivolte sul Piazzale Michelangelo. Infine, la realizzazione del giardino condominiale, ha consentito di ricucire gli spazi del piano terreno.

Casa Giulia

La residenza si trova all’interno del tessuto storico fiorentino, vicino alla Porta al Prato, all’ultimo piano di un edificio a schiera e fa parte di una lunga stecca costruita nel 1576 finanziata dall’ordine di Santo Stefano. La richiesta della committenza è quella di rendere l’immobile adatto alle esigenze di una giovane donna ampliando il più possibile la penetrazione della luce rispettando le caratteristiche storiche e tipologiche. Il progetto si è incentrato sull’uso dell’intero volume in cui è stato eliminato il cannicciato e realizzato, con un nuovo solaio in acciaio, un soppalco; quindi, è stata ampliata la finestra del soggiorno in porta finestra con ringhiera che permette una maggiore aerazione e illuminazione di tutta la zona giorno e affaccio sulla corte interna. Per assicurare aerazione ed illuminazione alla camera sono stati eliminati i palchi morti, sostituiti da un passaggio in ferro e vetro con una rete per catamarani nella parte centrale. Questa soluzione amplia la potenzialità d’uso degli ambienti che diventano fluidi e poliedrici. Sono stati inoltre utilizzati intonaci armati con fibra di vetro per consolidare le pareti portanti, le travi della copertura sono state riconsolidate e integrate con materiale già presente in loco, mentre per il pavimento è stato scelto un parquet in rovere leggermente nodato. Il progetto è stato curato dall’architetto Gaetana Maria Naso, la grafica dalla dott.ssa in Architettura Silvia Angius e la fotografia da Patrizia Gervasi.

Il progetto consiste nella realizzazione di due nuovi volumi ‘accorpati’ all’edificio esistente e la realizzazione di un piano interrato che collega e unisce le due porzioni sovrastanti. I due volumi hanno forma simile ma destinazione diversa. Nel primo edificio è inserita la nuova sala ristorante, che si collega con la cucina esistente (e il bar) tramite un piccolo volume trasparente la cui copertura si estende per l’intero tratto di sovrapposizione tra il vecchio e il nuovo edificio. Nel secondo edificio è stata collocata la segreteria, gli uffici e una sala riunione. Questo volume è collegato ‘fisicamente’ con quello esistente con una copertura trasparente. Successivamente è stato realizzato il porticato che amplia la sala ristorante nei mesi estivi. La ricerca del corretto inserimento ambientale insieme alla funzionalità degli spazi e dei percorsi costituiscono gli aspetti principali del progetto: forme semplici e rigorose con ampie porzioni vetrate, per esaltarne l’apertura e il senso di accoglienza verso l’esterno, L’edificio vuole risultare ‘contemporaneo’ e allo stesso tempo intimamente connesso al luogo: è realmente un ampliamento ma, con forza, cerca la sua ‘indipendenza’ per comunicare solidità e continuità nel tempo. Dal punto di vista costruttivo: il piano interrato è stato realizzato con una struttura in calcestruzzo armato e per i volumi ‘fuori terra’ strutture in legno: pareti in Xlam e soffitti a vista. Manto di copertura in rame naturale.

Premio Architettura Toscana

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