Lottozero

La funzionalizzazione del complesso di Palazzo Buontalenti si inserisce nel programma di espansione di EUI con la realizzazione di una nuova e prestigiosa sede. Il rapporto tra EUI e Firenze è consolidato da molti anni in un percorso di continua crescita che ha visto progressivamente aumentare il numero delle sedi: Badia Fiesolana, Villa Salviati, Villa Schifanoia, adesso Palazzo Buontalenti. Questo programma ha permesso negli anni l’instaurarsi di un virtuoso processo di valorizzazione di immobili demaniali prestigiosi e un loro utilizzo appropriato. Il primo passo per la realizzazione di questo programma è il restauro di una porzione del complesso buontalentiano, il cosi detto LOTTOZERO: il recupero di una porzione di circa 2000 mq al fine di allocarvi gli spazi della School of Transnational Governance. L’intervento prevede la creazione di spazi condivisi destinati allo staff di lavoro e spazi destinati ai ricercatori, impostati su modelli di co-working e corredati da aree per lo scambio tra persone e spazi attrezzati per ospitare incontri e riunioni. Il Lottozero è composto da un corpo di fabbrica su due livelli e un ammezzato (1600 mq), un cortile (600 mq) e il piano terra della ala nord del casino mediceo (400 mq). Ha accesso indipendente da via Cavour con il grande portale ad arco realizzato nel 1850. Si tratta sostanzialmente di una operazione di restauro, condotta in accordo con la Soprintendenza nel rispetto degli elementi costitutivi della architettura originale.

L’edificio di Palazzo agli Arcieri è stato realizzato con un cantiere aperto nel 2018 in un ex opificio industriale degradato. Nasce dall’idea di rigenerare questa area attraverso un progetto che ricucisse il tessuto urbano entrando in dialogo con le cinquecentesche Mura Medicee e il trecentesco Cassero Senese. Un dialogo sottolineato dall’assonanza formale tra il nuovo edificio e le preesistenze storiche, proponendo un volume compatto dalle vaste aperture orizzontali e dal tetto a forte spiovente. Questo progetto vuol riportare abitanti nell’area centrale della città che si sta invece spopolando, recuperando in qualche modo il valore abitativo del centro storico ,grazie a questa nuova residenza organizzata in sette appartamenti su quattro piani dove la distribuzione interna degli spazi è fatta in funzione della vista delle Mura. L’edificio è stato concepito nel rispetto e nella salvaguardia dell’ambiente, improntato al raggiungimento della qualità della vita degli abitanti grazie alla distribuzione degli spazi e al trattamento dell’aria tramite un impianto integrato di climatizzazione e vmc. La struttura costruttiva a secco e gli infissi ad alto isolamento termico-acustico rendono l’edificio energeticamente prestazionale, raggiungendo la classe energetica A3. L’uso di pannelli fotovoltaici garantisce l’autosufficienza nella produzione di energia elettrica destinata alla climatizzazione e alla produzione di acqua calda. Un modo per ridurre I consumi e la produzione di Co

Golden View

La volontà del cliente era di riorganizzare gli spazi (modificati con più interventi che si sono succeduti negli anni) in modo più funzionale e rendere più omogenei gli interni. L’aspirazione era quella di ottenere un locale caldo e subito identificabile come ristorante di classe, e allo stesso tempo mettere in risalto la magnifica vista sul Ponte Vecchio da cui il ristorante prende il nome. Dopo un’attenta analisi del brand, si è deciso di riprendere e dare nuova vita e valore a quegli elementi del ristorante che nel tempo sono entrati nell’immaginario collettivo dei clienti così come dei semplici passanti: il marmo di Carrara che aveva caratterizzato l’area pescheria, l’ingresso e il bancone bar; i mobili contenitori per l’importante collezione di vini; i ricercatissimi prodotti gastronomici in bella vista.  Il marmo di Carrara è stato utilizzato per costruire il frontale del nuovo bancone, con un gioco di sovrapposizione di volumi semplici tra lastre di alto spessore e tavolati di legno d’ulivo, utilizzati per il top. Il ritmo delle lastre di marmo, disposte con tre dimensioni diverse alternate, viene sottolineato da listelli anch’essi in legno d’ulivo. Sia il marmo che il legno rimandano al territorio, alla Toscanità, perché è da qui che il ristorante attinge i suoi ingredienti e la sua tradizione. Per rendere ancora più protagonista la vista, sono stati rimossi tutti gli elementi, murari o di arredo, che potevano essere di ostacolo, rendendola visibile fin dalla strada.

Il progetto, nel centro storico di Firenze, mira a trasformare una cappella rinascimentale quattrocentesca in uno showroom sperimentale per un’azienda di cucine – Officine Gullo. L’edificio, parte del complesso della chiesa di Ognissanti, ricca di dipinti di famosi maestri come Giotto, Ghirlandaio e Botticelli, nei secoli ha ricoperto le più disparate funzioni, da cappella funeraria, a cinema, da ristorante a night club. Il progetto vuole riportare questo spazio alla semplicità e purezza originali, senza rimuovere le alterazioni del passato. Con pochi interventi e modifiche specifiche ai materiali e al layout della circolazione, il progetto separa ciò che è vecchio da ciò che è nuovo, sottolineando la diversa storia dei singoli elementi. Il volume triangolare al centro, aggiunto negli anni ’80, viene liberato dai rivestimenti e mostra la sua struttura, dichiarando la propria diversità dalle parti originali della cappella e offrendo l’opportunità di creare uno spazio polifunzionale, trasformabile ed estremamente flessibile. Le scale vengono invece riportate nell’intercapedine tra la cappella e la chiesa di Ognissanti, originariamente staccate tra loro. Il concetto di showroom viene quindi reinterpretato, esponendo un’unica cucina attiva al centro dello spazio. La visita diventa un’esperienza museale, dove il visitatore prima ancora di conoscere i prodotti, viene a contatto con la storia della cucina italiana attraverso oggetti antichi esposti e video multimediali.

Adagiata sulle colline toscane ed articolata in volumi rigorosi ed eleganti che ne interpretano l’andamento, La Manufacture è la nuova sede produttiva, specializzata nella produzione di borse, della maison Celine in Italia. L’edificio, 5.200 mq destinati ad accogliere i nuovi 250 artigiani, si colloca nel comune di Radda in Chianti, in provincia di Siena, sul sedime di un vecchio stabilimento industriale dismesso. L’attenzione per il contesto, la visione del paesaggio circostante praticamente da ogni punto di vista, la continua percezione del tempo che passa e del cambio delle stagioni, la luce che entra da ogni parte, mirano a rendere il lavoro all’interno dell’edificio un’esperienza piacevole ed unica e ad avere un riflesso positivo sulle persone che vi lavorano. Le facciate in mattoni di vetro, con la funzione di regolare l’ombreggiatura degli spazi interni permettendo alla luce naturale di filtrare negli ambienti di produzione, assumono talvolta una leggera curvatura che li distanzia progressivamente dai volumi regolari interni. La differenza di temperatura che si crea tra la doppia pelle genera dei moti convettivi, come quelli di una serra solare, sfruttando così tutte le caratteristiche termiche che portano ad un risparmio energetico e ad un maggior benessere. La riflessione del contesto e del cielo sulla combinazione tra pareti vetrate e diaframmi in vetrocemento grigio sospesi, fanno sì che, nonostante la dimensione, si nasconda nel panorama circostante.

L’edificio prevede tre sezioni di scuola materna e cinque di scuola elementare, oltre a due grandi corti esterne per le attività ludico-ricreative e didattiche all’aperto. Sviluppato a un solo livello, il volume s’inserisce nel contesto, non alterando la percezione del paesaggio circostante e assecondando l’andamento naturale del suolo e le pendenze presenti nell’area. La collocazione al centro del lotto triangolare consente anche la realizzazione di una zona a verde pubblico, utile ad integrare l’edificio con il quartiere, mentre a valle, in un’area più sicura e protetta del traffico residenziale, si realizza uno slargo per il trasporto degli alunni e il parcheggio. Il volume è organizzato come una L ribaltata disposta est-ovest e nord-sud, alla quale corrispondono il corpo delle elementari e quello della materna. Le aule affacciano sulle corti interne rese permeabili dalle ampie vetrate, i laboratori e la mensa verso lo spazio aperto. Il disegno delle facciate esterne e delle corti rimanda all’immagine dei muri di cinta degli agglomerati storici e definendo anche il confine tra la città e la campagna. I materiali, le finiture e il trattamento delle superfici in laterizio e in legno danno concretezza e fisicità all’edificio, esaltandone le qualità tattili e i riferimenti alla dimensione naturale. Il risultato è un’architettura elementare, misurata e fortemente connotata come civile, che comunica liberamente con l’esterno.

Il restauro del Convento delle Clarisse e dell’adiacente Chiesa dei Bigi per l’allestimento della Collezione Gianfranco Luzzetti ha ripristinato la percorribilità originale del Convento e il collegamento con la Chiesa interrotto nell’ottocento, in una essenzialità narrativa ove i protagonisti sono le opere della Collezione esposte secondo il gusto personale del Collezionista, in continuità con la sua casa museo fiorentina. Grande attenzione è stata posto ai visitatori con mobilità ridotto, i quali possono visitare autonomamente la Collezione grazie a un sistema di rampe esterne e interne che assecondano i cambi di quota dei vari corpi di fabbrica. Visto il valore storico dell’edificio e le idee espositive del Collezionista, il quale concepisce la galleria come una strada aperta, si è deciso di intervenire con un allestimento essenziale: nella galleria che affaccia sul chiostro e in alcune sale, al piede delle opere pittoriche, è stato realizzato un arredo continuo dalle forme nette e pure, per escludere ogni intento di mimesi con l’edificio storico, che nasconde la tecnologia necessaria al museo. Un ruolo di massima importanza è affidato all’illuminazione delle opere, realizzata interamente con sorgenti led che consentono una più elevata resa dei colori, assicurano benefici per la conservazione e abbassano notevolmente i consumi. Le fonti luminose indirette sono calibrate per “accarezzare” gli elementi architettonici, mentre la luce sulle singole opere è morbida e puntuale.

Tessuti e forme d’arredo si integrano in un unico Showroom: uno spazio espositivo in cui muoversi fra arte, architettura e tessuti. All’interno di un deposito di marmi si incontrano due tipologie di artigianato: da una parte la candida durezza del marmo di Carrara, dall’altra la morbidezza colorata dei tessuti che convivono in un equilibrio cromatico e tattile. Un contenitore di artigianalità che si affianca al cuore pulsante dell’azienda, il laboratorio tessile, dove avviene la produzione e lavorazione delle stoffe, dove prendono forma complementi di arredo destinati ad arricchire interni ed esterni di abitazioni, alberghi, funzioni commerciali e in ultimo ma non per importanza, i mega-yacht. Proprio in questo campo l’interior design made in Italy ha conquistato la progettazione nautica fino a cambiarne i codici estetici, sempre meno legati al mondo marino e più contemporanei. Un elogio quindi a questa azienda manifatturiera del Made in Italy e alla sua produzione caratterizzata da una continua ricerca e innovazione nel campo tessile. A rendere ancora più suggestivo l’intervento è la sua location: l’intero showroom e il laboratorio si sviluppano all’interno di un piazzale destinato ad ospitare blocchi e lastre di marmo, elementi rappresentativi della città di Carrara. La sensazione è dunque quella di un connubio e di una sinergia unica, dove la materia, la scultura e l’arte si fondono in un continuum indivisibile con la produzione artigianale e il custom made dell’azienda.

Il 31 dicembre 2019 la Commissione Sanitaria di Wuhan (Cina) segnalava all’Organizzazione Mondiale della Sanità un cluster di casi di polmonite a eziologia ignota, quella che poco dopo tutto il mondo avrebbe conosciuto come Covid-19. L’OMS avrebbe dichiarato ufficialmente lo stato di PANDEMIA e l’8 marzo l’Italia dava avvio al lock-down nazionale. Saranno mesi molti difficili da affrontare, dove oltre alla paura di contrarre il virus si diffonde uno stato d’incertezza globale su come la vita stessa potrà riprendere. In questo clima, durante il lock-down, nasce la voglia di reagire all’isolamento forzato, si cercano e si studiano risposte che possano in qualche modo riportare la gente a vivere gli spazi pubblici in sicurezza. La ricerca sulle nuove tematiche dell’abitare gli spazi urbani che la pandemia impone, ci porta a formulare un cambio di paradigma. La proposta progettuale si articola sul tracciamento nel parco urbano di una serie di cerchi che possa garantire alle persone che stanno all’interno del perimetro la completa sicurezza attraverso il mantenimento del distanziamento sociale. Il parco, anche se popolato in condizioni di distanziamento dava l’idea di una comunità coesa e viva; vivere soli ma non in solitudine. All’interno di alcuni cerchi sono stati installati degli ombrelloni per avere la possibilità anche nello ore più calde di godere dello spazio pubblico, ed è stato pensato un percorso d’arte (street art) all’aperto usufruibile da tutti.

Progetto di ristrutturazione edilizia e cambio d’uso de complesso edilizio “Granaio dell’Abbondanza” per la realizzazione di incubatore startup, coworking, scuola di alta formazione. Il nucleo originario, che comprendeva l’edificio sulla Piazza del Cestello e l’intero isolato destinato ai Granai Medicei, silos per il deposito del grano, fu costruito dal 1695 al 1697, da Cosimo III de’ Medici su progetto di Giovan Battista Foggini, sottoposto alla Magistratura dell’Abbondanza, dalla quale prese il nome. Nel 1800, passò all’Ordine di Santo Stefano, come Caserma dei Cavalieri. Fu sede delle truppe Napoleoniche e Spagnole e, nel 1860-1871, diventa Caserma Cavalli. Progetto di ristrutturazione e riqualificazione. Granaio dell’Uccello, Granaio dell’Abbondanza, Panificio Militare, Caserma Guidobono, Caserma Cavalli che oggi rinasce come “granaio delle idee- innovation center”. Un intervento, che interessa una superficie di oltre mq 5.000, teso alla ristrutturazione non solo delle parti storiche ed architettoniche del Complesso quanto ad una sua riqualificazione funzionale con destinazioni innovative, culturali e didattiche che portano nel Centro di Firenze, qualità e recupero, storia e tecnologia, giovani e progettisti di nuove forme di scienza, tecnologia, ricerca di alta qualità. Le nuove destinazioni, Startup di Nana Bianca, Sale convegni, Scuola di Alta Formazione-42 Luiss Firenze, fanno di questo luogo un Polo dell’Innovazione a livello internazionale.

Parcheggio pubblico

Il piccolo parcheggio che la cittadinanza aveva chiesto da molto tempo all’Amministrazione doveva coniugare le esigenze funzionali con l’inserimento nel paesaggio agricolo di Nebbiano. Le poche case raggruppate a formare il borgo sono densamente popolate tutto l’anno da una popolazione eterogenea. Posto su un piccolo altopiano boscoso, dal centro si inerpica una strada carrabile che serve il borgo e prosegue fino a perdersi nel bosco. Un lavoro low cost che si confronta con il concetto di confine di proprietà. Fuori da ogni luogo comune, i confini di proprietà strutturano l’intero progetto di spazio pubblico urbano: i suoi limiti, i diritti di passo, la privacy. Il legno con il suo fogliame e la terra sono gli elementi cardine di questo paesaggio. Pensando all’arte povera di Jannis Kounellis, e come essa sia capace di suscitare un forte impatto emotivo con i suoi assi di legno, le lamiere, le putrelle …. L’uso di un materiale povero e di riciclo come le traversine ferroviarie che definiscono i bordi del parcheggio in un disegno dove la ripetitività del segno mette in primo piano la materia dell’oggetto. Inoltre, un percorso retrostante pavimentato con ghiaia sciolta lo separa dalla proprietà privata. Aiuole piantumate con cornus alba segnano visivamente l’ingresso al parcheggio. Ci siamo mossi ai margini dell’urbanismo tattico nel disegno pavimentale. Un parcheggio funzionale e al contempo piazza dove ritrovarsi.

Scrittura, pittura e architettura: 100 note a margine dell’anonimo del XX secolo” “In Paolo … non il subcosciente ma il razionale, partendo da cognizioni scientifiche, si trasfigura in un mondo astratto e fantastico, e trae dall’accidentale e dal mutevole della realtà l’eterno e il perfetto”1 “Prospettiva vuol dire l’uomo diventato centro delle cose, l’uomo misura del mondo, l’uomo che tenta la propria libertà”2 Ricomporre e raccontare la vita e l’opera di Ricci pone interrogativi metodologici non indifferenti. Una figura dalle molteplici sfumature, che ha costantemente indagato la sua stessa opera in un dialogo interiore ed esteriore senza sosta e che ha fatto proprio ogni medium, dalla pesantezza della pietra fino alla leggerezza della parola scritta, per esprimere la sua filosofia. Una eredità che, a cento anni dalla sua nascita, sembra ancora vibrare e fuggire interpretazioni univoche, cangiante e dinamica come le figure antropomorfe che popolavano le sue visioni pittoriche. Da qui la volontà di tradurre in configurazione spaziale, in promenade, la sua opera manifesto, “Anonimo del XX Secolo”. Esporre l’intreccio inestricabile di pensiero e massa che ha caratterizzato e plasmato la sua opera ripercorrendone il percorso. 1 – M. Salmi, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, Domenico Veneziano, 1938. 2 – L. Ricci, “Sensazione degli oggetti” in Anonimo del XX Secolo, Il Saggiatore Firenze, 1965

Premio Architettura Toscana

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