I nuovi uffici di Città Giardino sono il punto di riferimento per la realizzazione di nuove residenze private e plurifamiliari nella lottizzazione di ampliamento della zona residenziale di Terranuova Bracciolini, Arezzo. Questo spazio è stato pensato come punto di incontro tra professionisti, imprese e acquirenti per una progettazione su misura e una direzione dei lavori efficace. Di fatto la sua posizione all’interno della lottizzazione è stata pensata per poter ridurre al minimo la distanza tra la teoria del progetto e la praticità della realizzazione in cantiere, un posto dove centralizzare l’informazione e gestire al meglio il lavoro. La struttura è realizzata in acciaio e rivestita con pannelli sandwich isolanti. Per la realizzazione degli interni sono stati utilizzati dei Pannelli a scaglie orientate OSB, un materiale generalmente ad uso cantieristico che in questo caso è stato utilizzato per pavimenti, pareti, rivestimenti, porte, arredi e tavoli.

La Scuola primaria Collodi di Sansepolcro è situata al margine interno della cinta muraria medicea della città in adiacenza ad uno dei suoi bastioni; la realizzazione dell’ampliamento in oggetto, composto da tre aule e dall’auditorium, segue il precedente intervento di ricostruzione del blocco principale a due livelli delle aule. Il completamento del complesso avviene con un impianto dei volumi a corte aperta delineata da un corpo ad “L” che termina nel volume predominante dell’auditorium. Il progetto nasce dall’evocazione delle figure e dei temi della storia di Collodi che prendono forma nei volumi e nei vuoti verdi per raccontare, e concludere, una storia che inizia nel nome stesso della scuola amplificandone la capacità comunicativa e identificativa verso la comunità che ospita. È la balena dell’auditorium che emerge al centro della corte con la sua copertura bianca dalle forme complesse, mostrando la fitta schiera delle colonne colorate all’esterno e, all’interno, la successione dei portali in legno dalla sagoma frastagliata, come il grande palato schermato dai denti della balena dai cui si affaccia Geppetto aspettando Pinocchio. il campo dei miracoli in cui si trasforma lo spazio verde della corte che accoglie i bambini per proseguire il loro lavoro come un’aula all’aperto. È il legno di Geppetto che scandisce le forme delle strutture sia delle aule che dell’auditorium con sagome complesse ed elaborate come quelle intagliate da un falegname.

Il progetto dell’abitazione privata parte da una attenta analisi delle tipologie edilizie di case contadine della Valdichiana. La ricerca delle valide ragioni e della consapevolezza bioclimatica propria della cultura locale hanno guidato la progettazione, plasmando i suggerimenti derivanti dall’analisi dell’area d’intervento. E così l’assenza di finestre esposte a tramontana, l’orientamento delle facciate secondo i quattro punti cardinali con la facciata principale esposta a sud, la creazione di un camino centrale per scaldare la casa e di loggiati tutti attorno dimensionati per far entrare i raggi solari d’inverno e di schermarli nei mesi estivi sono diventati la strategia bioclimatica passiva dell’abitazione. Gli spazi serventi sono stati disposti nel lato nord e lungo la strada di accesso che lambisce la casa, permettendo alla zona giorno di aprirsi verticalmente con un doppio volume e orizzontalmente sui lati sud e ovest verso il parco, determinando con le grandi vetrate una continuità tra interno ed esterno. A mediare la loggia, progettata per accogliere la vegetazione. Ciò ha permesso al progetto di diventare a tutti gli effetti una autentica casa contemporanea toscana, in cui le virtù della tradizione si fondono con le innovazioni tecnologiche.

La progettazione di uno studio odontoiatrico, degli spazi di cura e sanitari in generale, è un tema che richiede attenzione e sensibilità. Nell’immaginario condiviso le esperienze di una persona nello studio di un dentista sono quelle del timore, dell’apprensione e della sofferenza. Il luogo dove queste esperienze sono vissute ha un ruolo determinante nell’accentuare le paure o calmare, rilassare. Lo spazio è uno strumento di lavoro che introduce e accoglie il paziente a questa condizione di fragilità. Ad un luogo di cura viene richiesta un’immagine di pulizia e ordine ma allo stesso tempo di ospitalità e confort, caratteristiche necessarie sia a rassicurare sulle cure sia a sentirsi ospitati in un contesto sereno. Il progetto vuole offrire questa doppia visione di luogo rigoroso, pulito, asettico nella parte medica ma anche accogliente, conviviale e comodo nella parte di attesa e recezione. Una scelta attenta ai materiali rafforza questo concetto. Un ambiente spazioso, materiali caldi come le pannellature in legno e gli arredi ricevono i visitatori in maniera rassicurante. Le forme rigorose e le generose superfici vetrate definiscono la zona tecnica e medica, permettono trasparenza e luminosità, mostrano con chiarezza il contesto al paziente e facilitano l’attività del personale.

Il paesaggio della riserva naturale dei Monti Rognosi ha ospitato, sin dall’epoca etrusca, attività minerarie legate all’estrazione di rame e ferro. I suoi rilievi sono costituiti da rocce ofiolitiche di origine magmatica, ricche di minerali. La lavorazione dei metalli avveniva nella Ferriera, costruita lungo il torrente Sovara per sfruttarne l’energia idraulica. Il grande “stabilimento metallurgico” si estendeva per circa 1.200 mq e si sviluppava su due piani. L’area, al momento dell’intervento di recupero e riqualificazione, risultava abbandonata da decenni e le archeologie erano quasi completamente ricoperte di terra e di piante infestanti. Il progetto è stato principalmente rivolto al recupero del “grande muro” trasversale dello “stabilimento metallurgico”, rinvenuto durante gli scavi archeologici, e alla riqualificazione degli spazi aperti contigui ai ruderi della Ferriera. Quest’ultimi interventi hanno garantito l’accessibilità all’area archeologica, la sua fruibilità e la protezione delle parti pericolose per l’incolumità dei visitatori. È stata infatti pavimentata l’area di fronte al “grande muro”, con la riproposizione di una delle due ellissi riportate nella cartografia storica, raffiguranti le basi dei forni fusori. Le sistemazioni hanno inoltre interessato l’argine fluviale, degradato dalle continue esondazioni, attraverso il consolidamento con massi di provenienza locale che hanno creato un manufatto artificiale integrato con l’ambiente naturale circostante.

Il cimitero suburbano di Campoluci di piccole dimensioni, con muro di cinta in pietra lungo la strada provinciale e il lato dell’ingresso, con due cipressi ai lati dell’ingresso. L’intervento è finalizzato all’ampliamento interno del cimitero per la realizzazione di una nuova cappella funeraria e blocchi di loculi ed ossari inserita in una sequenza perimetrale di manufatti esistenti. La tipologia architettonica della cappella, con schema planivolumetrico semplice di base quadrangolare, è costituita da un lato da una fila di loculi, sul fronte opposto è posizionato il sarcofago, una disposizione di tipo asimettrico, in cui si possono schematizzare due zone ambientali, i loculi prettamente funzionali, e l’ambiente destinato ad ospitare il sarcofago con una valenza simbolica. Tale valenza è accentuata dalla luce, uno spazio immerso dalla luce. La copertura prevede un lucernario in vetro a “L” dal quale penetra la luce e taglia la cappella, penetrando fino al lato opposto, l’ingresso alla cappella. Un invito luminoso ad entrare nel sepolcro, dove percepiamo immediatamente la visione dell’approdo alla felicità eterna. Una esigenza da parte della committenza, di ricordo della figlia deceduta giovane, e di dare una immagine positiva della morte al nipote. La cappella in calcestruzzo armato, sul lato esterno con calcestruzzo a vista. Il fronte esterno e l’interno è impreziosito da pietra e marmi pregiati.

Pescioni

La sistemazione di un appartamento su due livelli –secondo e terzo piano– cerca di adattare l’esistente, frutto di continui rimaneggiamenti, alle nuove esigenze abitative. Caratteristica peculiare dello stato di fatto sono gli scarti, le imperfezioni i piccoli e continui cambi di quota che rappresentano sia un ostacolo da arginare che un’occasione per connotare le dinamiche della casa. Questo raumplan naturale generato delle sovrascritture del tempo si manifesta già dall’ingresso, che malgrado si trovi al secondo piano introduce a quattro gradini verso il basso ed alla zona di distribuzione principale, al centro della quale si posiziona la scala. Questa viene pensata come corpo che poggia su di un podio costruito ex novo. L’intervento si incastra all’interno dei dislivelli esistenti come grande meccanismo che attraverso un solo gradino uniforma i flussi del piano. La pavimentazione in corda dell’ingresso interrotta con il parquet, che a sua volta viene posato con diversa orditura in modo da denunciare il dislivello presente. La scala, costruita attraverso un telaio in legno di frassino e tamponata con fogli di paglia di Vienna tirati poggia su un grande podio impiallacciato in legno di rovere. Un elemento in graniglia evidenzia l’imbocco della rampa e si pone come soluzione di continuità tra un piano e l’altro. La camera padronale è il risultato di un’interpretazione radicale nel modo di vivere il tempo del riposo: non avere nient’altro che il letto sul quale dormire.

Il progetto si concentra in un importante revisione degli interni con l’intento di qualificare e restituire all’abitazione spazi aperti per l’utilizzo conviviale e luoghi privati per esigenze familiari. Dove necessario si rimuove elementi murari incongrui enfatizzando ambienti unici distinti dalle fasce di servizio integrate nella progettazione con rivestimenti e dettagli su misura. Si privilegiano atmosfere differenti nella luminosità e nei colori ma legate da ricordi di finiture e disegno. L’accoglienza della casa avviene in un nucleo centrale costituito dalla sala giorno, luogo unico longitudinale composto da una successione eterogenea di fondali: libreria, studio, diaframma di disimpegno, armadiatura integrata, seduta in pietra e focolare, cassettiera, guardaroba. L’ingresso trasposto in asse si pone come inizio e fine di un concetto di arredo che si prospetta continuum vario nei diversi utilizzi ma uniforme-omogeneizzante nella sua composizione. Il legno di rovere della pavimentazione, che assorbe le ombre sfumandone i bordi, si ritrova nelle superfici degli arredi laccati di bianco o laminati di azzurro nebbia. L’innesto della scala è definito da tre gradini rivestiti in pietra serena spazzolata che continua come grande mensola di appoggio del camino. Il luogo del fuoco descrive un’atmosfera calda e colloquiale grazie ai rapporti tra seduta, illuminazione e poltrone.

Due case quasi gemelle costruite secondo i principi della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico che dominano su una splendida valle dell’Appennino Tosco-Romagnolo. L’idea progettuale, delle due parti orizzontali del corpo di fabbrica incernierate su un elemento verticale rivestito in pietra, riflette l’immagine di un’apertura di ali che prendono il volo verso la valle. Particolare attenzione è stata data all’integrazione dei corpi edilizi con la morfologia del luogo, prevedendo quindi la tutela e la valorizzazione dell’impianto paesaggistico esistente. Gli edifici hanno una struttura portante in legno, coibentata internamente con fibra di legno e cappotto esterno in sughero, che conferiscono all’involucro, unitamente ai solai e al piano di copertura in legno lamellare, delle elevate performance in tema di risparmio energetico. L’impiego di materiali ecologici, garantisce una ottima traspirabilità e quindi un ambiente interno salubre con un confort abitativo elevato. Gli edifici sono dotati di un impianto meccanizzato di ricambio dell’aria, così da garantire costantemente condizioni igrotermiche ottimali; il riscaldamento-raffredamento a pavimento è alimentato da pompa di calore integrata ad un impianto fotovoltaico in copertura.

La Fortezza di Arezzo è uno straordinario complesso fortificato cinquecentesco progettato da G. ed A. da Sangallo il Vecchio nei primi anni del cinquecento, ultimato da A. da Sangallo il Giovane tre decenni più tardi. Una prima fase delle lavorazioni ha riguardato i restauri specialistici dei paramenti lapidei della fortezza. Particolarissime le condizioni di degrado ed i dissesti presenti in tre dei cinque bastioni, che le truppe napoleoniche minarono nell’ottobre del 1800 facendone corpi di fabbrica sventrati e privi di volte ed orizzontamenti. Una seconda fase ha riguardato la risistemazione degli spazi interni alla Fortezza per renderli accessibili, utilizzabili con interventi di consolidamento, di restauro, di riqualificazione tecnologica e di ridisegno del sistema degli accessi e delle percorrenze, per riportare all’interno della Fortezza attività culturali, cittadini, turisti, giovani che possano scoprire o riscoprire un monumento straordinario, luogo di prima grandezza per la comprensione della Storia di Arezzo. Ai restauri specialistici si sono aggiunte integrazioni funzionali ed architettoniche con una costante ricerca del dialogo fra antico e nuovo necessarie per l’uso e la comprensione critica del complesso monumentale. Fra queste i ponti metallici, ascensori esterni, il grande palco in acciaio cor-ten, la ricostruzione del Bastione del Soccorso, sventrato dalle mine, quale nuovo accesso in acciaio e vetro con l’inserimento di un nuovo ascensore e scale.

L’edificazione di un nuovo polo industriale ha suggerito lo spunto per il restauro ambientale di un luogo contaminato da un insediamento industriale anni ’70 che provocò la lastricatura dell’intera estensione dell’area.Il progetto ripropone il declivio agricolo/boschivo perduto, fasciando con verde pensile e rampicanti lo zoccolo in primo piano contenente gli impianti tecnologici per un fronte di oltre 250 mt. Tale zoccolo, sagomato a gradoni, accoglie spalliere di vitis vinifera.L’edificio retrostante affiora così solo al piano superiore, aggettando verso l’Autosole con tre lame, immediatamente percepibili a chi percorre l’autostrada.La rinaturazione si estende anche verso la collina, dove il declivio franoso è consolidato da estese terre armate ricoperte da vegetazione boschiva autoctona.L’intervento non consuma ex novo alcuna porzione di suolo in quanto utilizza un appezzamento già manomesso.Entro l’edificio, coperture fasciate di verde; giardini pensili ritagliati tra i laboratori; patii e specchi d’acqua negli interstizi tra gli edifici, anche con funzione di riserva energetica; roof garden sugli uffici; shed con futuribile copertura di rampicanti. Affinchè la rinaturazione confermasse la specificità non solo dell’orografia, ma anche della vegetazione, si sono scelte essenze abituali nelle coltivazioni locali. Oltre a vitis vinifera e prati, anche citazioni dalla tradizione contadina come ficus carica, punica granatum, zizyphus sativa e filari di populus nigra italica

Demoliti i vecchi capannoni anni Settanta, si avvia la costruzione di un complesso industriale che vuole mitigare la volumetria necessaria e riproporre il declivio agricolo-boschivo perduto. Allineato al lotto, lo stretto corpo in calcestruzzo degli impianti si materializza come zoccolo a gradoni fasciato da pergolati di vite. Da qui aggettano tre lame, segnali immediati per chi percorre l’autostrada. In secondo piano, un parallelepipedo in prefabbricato pesante allineato al lotto, accoglie i magazzini. Sopra, al primo piano, padiglioni in carpenteria metallica ruotano di quarantacinque gradi per orientare a nord gli shed lunghi trentacinque metri definiti ai bordi da travi a cassone contenenti i cunicoli impianti. I triangoli ritagliati tra il piano terra e il primo, diventano giardini protetti. Ovunque, illuminazione diffusa e percezione dell’esterno. I tentacoli che collegano la collina al bordo autostradale reggono l’involucro degli shed ed appaiono le passerelle, percorsi di accesso e vie di fuga La mensa e gli uffici, blocchi indipendenti a struttura metallica, staccano dai magazzini grazie a sottili patii. Nella mensa per trecento posti, copertura con unico lucernario, sopra schermato da pergolato completamente fasciato da pergolati di vite. Negli uffici, tre piani aperti verso una hall centrale a tutt’altezza, fulcro dei percorsi, coperta anch’essa da un lucernario totale a pergolato. Da ogni postazione, vista a trecentosessanta gradi sui giardini, verso nord attraverso una vetrata totale, verso ovest attraverso una seconda pelle verdeggiante.

Premio Architettura Toscana

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