LA “NUOVA DOGANA D’ACQUA” La “Dogna d’Acqua” è un progetto per la ricostruzione sulle vie d’acqua di un edificio costruito negli anni Trenta dell’Ottocento, ordinato dal Granduca Leopoldo II di Toscana e demolita dalla guerra. Il progetto mantiene inalterati i due canali navigabili sottostanti dotati di volte sulle quali è stata ricostruita la “Nuova Dogana d’Acqua”. L’edificio è in acciaio e vetro con una struttura in elevazione costituita da un telaio spaziale realizzato con colonne in HEB360 e travi principali in HEA300. Le perimetrazioni sono state realizzate con sistemi prefabbricati a secco. Il condizionamento è stato realizzato con sistema termomeccanico e trattamento aria. Il perimetro esterno è costituito da pareti ventilate in vetro serigrafato che riproducono l’immagine della “Vecchia Dogana d’Acqua”. La copertura, munita di lanterna è stato realizzata con coil in acciaio elettrocolorato ventilato montato a mano ribordato, con padiglioni uguali a quelli preesistenti. Le parti interne sono state realizzate a secco, i controsoffitti in cartongesso con impianti incassati, isolanti in pannelli di legno, pavimentazioni in linoleum, ascensore, compartimentazioni REI 60, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva: da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio – seppur ancora da scoprire – e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato; dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nel- la misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi: in primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante; in secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva: da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio – seppur ancora da scoprire – e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato; dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nel- la misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi: in primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante; in secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva. Da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio –seppur ancora da scoprire– e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato. Dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nella misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi. In primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante. In secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

Il progetto si trova nell’incantevole Golfo di Baratti e gode di una posizione panoramica di notevole prestigio, con affacci e caratteristiche uniche, esattamente al centro fra mare e collina, ai piedi dell’antico borgo Etrusco di Populonia. E’ un paesaggio forte pregnante di segni e di senso, quello dove nasce la frazione di Baratti, golfo di mare di rara bellezza, che ha mantenuto quel sapore genuino di casa, e dove sorge la “Torre di Baratti-Bio Resort”, immersa nei colori e negli odori della campagna, il cui nome nasce dalla particolare tipologia del fabbricato, nato come torre di guardia d’avamposto.La finitura del restauro, parte dal presupposto che il design deve sempre incarnare un duplice movimento: accogliere la vita quotidiana e armonizzare la percezione dello spazio ambientale, dialogando con la tradizione e i luoghi, dove l’impiego di materiali estremamente naturali, come il legno per gli arredi, o il marmo travertino per i bagni, realizzano ambienti confortevoli che sanno di “casa”. Distribuito su 3 livelli, il resort ospita 3 standard suite, 2 appartamenti bilocali e 1 appartamento suite ricavato nell’antica torre con una vista unica sul golfo. Silenziose e luminose, le suites del resort sono caratterizzate da eleganti arredi in stile mediterraneo, gli appartamenti collocati al piano terra con ingresso indipendente e spazio esterno privato sono caratterizzati da un mobile-cucina moderno a scomparsa. Gli arredi e i mobili cucina sono realizzati su disegno.

Premio Architettura Toscana

2018 - 2022 © Tutti i diritti riservati. Fondazione Architetti Firenze, Via Valfonda 1/a, 50123 Firenze

Cod.Fisc./P Iva 06309990486 | Privacy Policy | Cookie Policy

Design by D'Apostrophe | Developed by Shambix