La componente principale del progetto è la bellezza dell’area stessa, che ha richiesto da subito una particolare attenzione al rapporto con il suolo, con il mare, con le tecniche e i materiali costruttivi autoctoni, forti componenti alla base dell’ideazione di questo edificio, che mira alla reinterpretazione dei tratti caratteristici dei luoghi al fine di inserire nel golfo un’architettura in modo rispettoso, capace di valorizzare il contesto e di diventarne parte integrante. Inserito nella zona centrale e panoramica del lotto, rivolto a sud verso la valle e il mare, il progetto prevede l’inserimento di una grande copertura piana, poggiante su esili elementi verticali, a loro volta ancorati ad uno zoccolo in pietra naturale, completamente integrato alla macchia vegetale del luogo. L’utilizzo dell’acciaio e del cemento armato, portati al limite della loro tenuta, ha consentito di realizzare l’ampia copertura quasi esclusivamente appoggiata ai sottili pilastri, lasciando posto ad ampie vetrate che restituiscono leggerezza all’intera composizione. Lo spazio creatosi tra copertura e basamento rappresenta l’ambiente principale dell’abitazione, e si articola nel grande living vetrato e nei profondi portici perimetrali, espansione degli spazi interni. L’area giorno si sviluppa attorno ad un grande vuoto, praticabile attraverso la scala in cemento, la quale conduce al livello seminterrato adibito a zona notte, affacciata a sud sul grande lastricato in travertino e sulla piscina.
Era officina: ora è casa. È stato agire su un volume compatto per sottrarre pieno. È stato, anche, costruire lì, ove era rumore di motore, un vuoto vegetalizzato, un ambiente aperto ma dalla spazialità interna, definito com’è da certe travi che sono ancora lassù, frammenti di memoria, tracce della copertura dell’officina che fu. È stato generare percorsi luminosi e avvolgenti attorno al nuovo ventre verde, innestando inedite dinamiche e costruendo spazi dilatati in profondità e altezza. Nel quartiere in odore di mare in Livorno, già l’affaccio sulla pubblica via urlava da subito diversa riconoscibilità. Ora un bianco diaframma anticipa e filtra verso lo spazio privato. Si eleva superando la invariata quota di gronda, aprendosi poi in due nitide e caratterizzanti aperture, cornici di cielo e della loggia cavata in copertura. Gli allineamenti sono calibrati sulle misure dei fabbricati limitrofi. Un accesso arretrato e svettante nel suo fuori scala, introduce alla spazialità interna, immediatamente vertiginosa in altezza e in profondità, aumentata dalle trasparenze nel ventre verde. Dinanzi è lo sbalzo audace di nitidi gradini. La finitura in resina bianca sottolinea la pulizia formale. Sopra, spazi introspettivi si affacciano sul living. Sotto, vetrate e volumi puri. Un leggero differenziarsi cromatico e del trattamento superficiale, muta la percezione visiva e sensoriale. Il tempo pandemico ha indotto ad ambienti dilatati nel verde. Qui, ora, è un abitare informale e felice.
Era officina: ora è casa. È stato agire su un volume compatto per sottrarre pieno. È stato, anche, costruire lì, ove era rumore di motore, un vuoto vegetalizzato, un ambiente aperto ma dalla spazialità interna, definito com’è da certe travi che sono ancora lassù, frammenti di memoria, tracce della copertura dell’officina che fu. È stato generare percorsi luminosi e avvolgenti attorno al nuovo ventre verde, innestando inedite dinamiche e costruendo spazi dilatati in profondità e altezza. Nel quartiere in odore di mare in Livorno, già l’affaccio sulla pubblica via urlava da subito diversa riconoscibilità. Ora un bianco diaframma anticipa e filtra verso lo spazio privato. Si eleva superando la invariata quota di gronda, aprendosi poi in due nitide e caratterizzanti aperture, cornici di cielo e della loggia cavata in copertura. Gli allineamenti sono calibrati sulle misure dei fabbricati limitrofi. Un accesso arretrato e svettante nel suo fuori scala, introduce alla spazialità interna, immediatamente vertiginosa in altezza e in profondità, aumentata dalle trasparenze nel ventre verde. Dinanzi è lo sbalzo audace di nitidi gradini. La finitura in resina bianca sottolinea la pulizia formale. Sopra, spazi introspettivi si affacciano sul living. Sotto, vetrate e volumi puri. Un leggero differenziarsi cromatico e del trattamento superficiale, muta la percezione visiva e sensoriale. Il tempo pandemico ha indotto ad ambienti dilatati nel verde. Qui, ora, è un abitare informale e felice.
In un contesto paesaggistico unico, tra il Golfo e il Parco Archeologico di Baratti e Populonia sorge la casa che è stata oggetto di un intervento integrale di ristrutturazione. L’originaria costruzione realizzata intorno agli anni Sessanta è stata per decenni abbandonata. L’intervento ha interessato anche le aree pertinenziali della costruzione tra cui l’antistante giardino e coinvolto la casa, sia nelle parti strutturali, impiantistiche e di riqualificazione energetica, sia nella nuova distribuzione interna e nelle finiture. Attraverso pochi elementi ben caratterizzati, il progetto ha stabilito nuove relazioni con il contesto eccezionale che accoglie la casa, rendendola parte integrante, capace di dialogare con le emergenze del luogo. Sul fronte rivolto verso il Parco Archeologico, il volume puro della casa, intonacato e ad unica falda inclinata, è stato impreziosito attraverso l’integrazione di un volume, rivestito con lastre di pietra Santafiora, che si smaterializza verso il fronte mare e diviene un portico leggero che rende la casa vivibile durante le stagioni calde. Sul fronte rivolto verso il Golfo di Baratti, lo sforzo progettuale si è concentrato sull’ampliamento delle superfici aperte nel tentativo di stabilire un rapporto diretto col paesaggio, per questo è stato messo a punto serramento continuo e dinamico che stabilisce una relazione simbiotica tra l’interno della casa e il mare, che è divenuto presenza intima e vitale in ogni ambiente della casa.
Cà dei Venti, casa per quattro persone. Rivisitazione di una tipologia storica, l’insediamento abitativo su pendio collinare. Un nastro murario in pietra di campo a opus incertum circonda una collina e caratterizza questa casa concepita come un borgo. Quattro torri indipendenti ubicate a ventaglio sui pendii di una collina. Patii e terrazze proiettati verso il mare a sud-ovest. Il quinto, uno specchio d’acqua, a modo di abbeveratoio agricolo che sporge verso est come uno sperone. Suo fianco in pietra, l’ingresso principale al borgo, segna la salita pedonale verso una piazza o centro, memoria della storica aia. Nell’interrato l’atrio curvo lega i blocchi abitativi ed è l’accesso coperto da cui si sale verso ciascuno di essi. Spazi domestici “duplici” che corrispondono all’uso secondo le stagioni dell’anno. Così anche interni ed esterni che s’intrecciano l’uno nell’altro. Lecci, cipresso e pini, già presenti sull’aia, lambiscono la costruzione o ne vengono incorporati. Recupero conservativo per il paesaggio di dieci ettari intorno alla casa. Accento sulla diversità naturalistica esistente: giardini di particolari specie vegetali, radure nei boschi per l’arrivo del sole, uliveti da esemplari centenari recuperati da spianti per nuove vigne, laghetti di recupero delle acque piovane, pozzi geotermici e campo fotovoltaico come fonti di energia. Costruzione di mille metri lineari di muratura perimetrale a secco, un orto recintato per verdure e frutteto.
L’area in cui sorge la nuova cantina o, meglio, la ristrutturazione di quella esistente, con il mantenimento della barricaia e la nuova edificazione delle aree di produzione dei vini, si colloca quasi al centro della tenuta rispetto alle principali vie di accesso e in adiacenza al Podere Guado al Tasso. Concepita nel rispetto del paesaggio circostante, la cantina è dotata di tre accessi, uno per l’uva, uno per i visitatori e uno per gli ospiti presenti presso il podere. Un edificio ipogeo consente molti vantaggi, tra cui la tutela del paesaggio, la qualità del vino e l’aspetto energetico, ottenuto tramite la naturale azione coibente delle coperture inerbite. Adiacenti alla barricaia, alcuni vani accessori fungono da cerniera con i nuovi volumi della vinificazione, divisa in due ambienti, uno circolare e uno di forma allungata e irregolare, volti a individuare e caratterizzare uno specifico spazio per uno specifico vino. Il primo ha pareti inclinate e un flesso centrale del soffitto che rendono lo spazio dinamico e teso, il secondo ha pareti circolari rifinite con la tecnica della subbiatura. La medesima divisione dello spazio avviene in barricaia dove grandi pannelli verticali disposti in cerchio come drappi, custodiscono un vino di grandissima qualità. Il cuore della cantina è lo spazio di accoglienza: la degustazione. Raggiungibile dagli ingressi pedonali, è posta a tre metri sopra al piano di lavoro, permettendo una vista privilegiata su tutti gli ambienti sottostanti.
Per la realizzazione è stata scelta una zona di crinale, terrazzata con muri a secco in pietra locale, tra le vigne, in modo da evidenziarne il rapporto con l’Ambiente. Il progetto ha inteso rispettare l’andamento del terreno con i suoi livelli, inserendo la cantina anche all’interno del terreno, per contenerne l’altezza fuori terra. L’edificio si configura come un’architettura parzialmente ipogea, limitando le altezze fuori terra riducendone l’impatto col paesaggio. L’edificio parte dalla strada a monte e scende a collegarsi con la strada a valle, non superando la quota della strada superiore, si articola per masse, in modo compatto e lineare senza introdurre elementi verticali in contrasto con l’ambiente, pensata come un organismo che nasce dal terreno, si forma e si affina emergendo. I muri esistenti, in pietra locale, posati a secco con tecnica faccia vista, divengono il suo basamento. La parte inferiore dell’edificio è stata realizzata con pietra locale, con gli stessi valori cromatici e pezzatura simile. La parte superiore sempre realizzata in pietra ha forme e finiture più regolari. Un’architettura solida, che trova nella pietra naturale la sua definizione materica e sottolinea la continuità col Paesaggio. I due tipi di muratura sono separati da un profilato in acciaio Corten che introduce un elemento di finitura sui prospetti e sottolinea la diversità fra i due tipi di tessitura muraria. Tutte le parti metalliche della Nuova Cantina sono realizzate in Corten.
Il complesso monumentale dei Bottini dell’Olio–Luogo Pio, realizzato all’inizio del XVIII secolo, costituisce un intero isolato urbano nel cuore dello storico quartiere della Venezia Nuova. L’intervento di restauro degli edifici esistenti ha compreso anche il completamento delle parti distrutte dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale realizzando, purtroppo ancora non in maniera completa, nuovi volumi sul sedime di quelli storici tesi a ricucire il tessuto urbano sfrangiato dalle bombe. In essi mediante l’utilizzo di materiali quali il vetro, il metallo ed il laterizio scialbato a vista, si sono introdotti linguaggi architettonici distinguibili ma che trovano riferimenti nel contesto del quartiere. L’intervento ha realizzato anche nuovi collegamenti funzionali interni, scale, ascensori, rampe e passaggi coperti, che hanno reso il complesso funzionale al nuovo ruolo e completamente accessibile. Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento, utilizzando l’acqua del vicino canale, realizzano un alto risparmio energetico, le reti distributive sono celate ed integrate negli elementi architettonici e negli allestimenti. Negli spazi così restaurati e ricostruiti, si sono ricavati nuovi locali espositivi e nuove dotazioni di servizi per l’esistente Biblioteca Labronica. All’interno dei Bottini dell’Olio, negli ampi saloni voltati, è stato allestito il nuovo Museo della Città, mentre gli ambienti e la Chiesa del Luogo Pio ospitano la collezione comunale di arte contemporanea.
“Procchio for all” è un progetto di spazio pubblico contemporaneo che integra accessibilità e valorizzazione del luogo, attraverso lo sviluppo di soluzioni in grado di potenziare/incrementare l’uso della spiaggia in/a favore di un’utenza il più ampia possibile anche al di là della stagione turistica. L’intervento si colloca alla fine della passeggiata a mare sulla spiaggia di Procchio, unico golfo con comodo ed esteso arenile presente nel comune di Marciana all’Isola d’Elba. Il sito scelto per il progetto rappresenta un luogo di ritrovo per i giovani grazie anche alla vicina palestra. Utilizzato per attività sportive, oggi risulta essere uno spazio di socialità e di aggregazione importante anche nei mesi fuori stagione. Durante l’estate la spiaggia è meta privilegiata da associazioni legate alla disabilità. Il risultato è un’architettura in legno di iroko, realizzata completamente a secco in grado di garantire a tutti l’accesso all’arenile recuperando attraverso l’uso pubblico il rapporto tra contesto antropizzato ed elementi naturali. Una piattaforma continua, sempre fruibile, diventa rampa per l’accesso al mare e seduta per vivere la spiaggia in tutte le stagioni. La pedana è anche basamento per il punto accessibile: un piccolo volume che ospita al chiuso i locali di servizio igienico e spogliatoi, idonei ad accogliere anche persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, ed include in esso uno spazio coperto ma aperto dedicato a docce pubbliche.
Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.
Il progetto, gli alberi, le piante, la natura, l’acqua in questo intervento erano tutti elementi da unire. Il primo costruito dall’uomo, pertanto razionale, prevedibile e calcolabile, le altre create dalla natura, quindi imprevedibili, irrazionali e vive. Progettare tra e con gli alberi ha il pregio di mostrare il mondo da un’altra prospettiva, ma soprattutto consente di ristabilire un vero contatto con la natura ed è questo il fondamento per un intervento ecosostenibile. Il lavoro che è stato fatto per realizzare il Reef Sansone, era quello di cercare un equilibrio perfetto tra la struttura e la natura e dove la stessa diventasse l’interprete principale. Tutti questi sogni tramutati in concetti, hanno trovato la sua massima estensione nella fase di progettazione, infatti per non contaminare il sito durante la fase di realizzazione, si è optato per l’utilizzo di materiali naturali come, pannelli isolanti in fibra di legno, materassini in lana vergine di pecora e per quanto riguarda la struttura è stato utilizzato ferro e legno lamellare proveniente da foreste a taglio controllato. La fusione e l’armonia con il paesaggio circostante ha stimolato l’inserimento di orti verticali con piante autoctone, un piccolo giardino pensile che racchiude in sé piante della macchia mediterranea e dell’ambiente circostante. Il tutto costruito con materiale montato a secco, che permetterà al momento dello smontaggio dell’intera struttura, di lasciare lo stato dei luoghi come trovato in origine
Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.
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