Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.

All’interno della struttura ricettiva “Torre di Baratti – Bio Resort”, ristrutturata nel 2016 nell’incantevole Golfo di Baratti, sorge il ristorante omonimo diretto dallo chef Stefano Pinciaroli e dal sommelier Lorenzo Caponi. La volontà è stata quella di riappropriarsi di una dimensione umana in totale armonia con la natura, con un occhio attento ad armonizzare il rapporto tra tavola e quello che di più naturale e sano offre la natura che le sta intorno. In equilibrio con l’ambiente circostante in cui si inserisce, il progetto a cura dello studio Zeno Pucci+Architects, si propone come un’architettura caratterizzata da una forma decisa, ma gentile: un volume allungato ad un piano, metà murato e metà vetrato. All’interno del blocco edificato, trovano alloggio la reception del resort e la cucina, caratterizzata da un contatto diretto tra cliente e chef. La parte vetrata su tre lati, permette di godere dall’interno della natura circostante. I piccoli tavoli, realizzati su disegno dello stesso Zeno Pucci, sono arricchiti dalle sedute di tonalità rosse, da pezzi di design o di recupero distribuiti in modo casuale. Nelle ore serali, le lampade a sospensione, conferiscono all’ambiente una luce soffusa, puntuale sui tavoli, lasciando il resto dell’ambiente nella penombra, enfatizzando il rapporto con l’ambiente esterno.

Lo studio è collocato nel centro di Vicarello, un piccolo centro abitato nella provincia di Livorno e l’immobile si affaccia sulla piazza principale del paese. L’edificio originario degli anni Quaranta, dismesso da oltre vent’anni, è stato demolito per dare spazio ad una nuova architettura che rappresentasse e rispondesse al meglio alle esigenze, pur nel rispetto dei limiti imposti dall’edificio originario. L’idea progettuale si basa sulla combinazione tra la semplicità delle linee architettoniche e l’eleganza dei materiali. Il risultato è un edificio decorato da un gioco di vuoti e pieni, esaltato dal contrasto tra il bianco dell’intonaco e la matericità del legno. La forza che distingue questo progetto è la cura del dettaglio, un’attenzione che inizia dal volume architettonico fino allo studio dei minimi particolari. Un progetto che connubia la tradizione artigianale e l’innovazione tecnologica.

Progettare è anche ricostruire il discorso tramite un frammento di un luogo, metafore, nel tentativo di dare forma nuovamente ai fatti dell’uomo. Racconta Carmelo Bene parafrasando un testo di Boris Pasternak che “Il poeta vede al tempo stesso e da un punto solo ciò che è visibile a due isolatamente”. Anche qui, ne “La Libecciata”, il guardare è un atto fondativo dell’architettura, e consente di scorgere da uno stesso punto due lati del paesaggio: la terra e il mare ma anche la città, già storica mediazione questi due elementi naturali, che soprattutto nel Tirreno, principio delle cose, costruisce la sua storia passata oltre che quella attuale. Muri, basamenti, finestre, si aprono e si spezzano nei tracciati urbani di una città in qualche modo porosa, una pietra pomice trovata sul lungo mare del litorale toscano e scavata lungo infinite cavità dall’acqua e il suo sale, come gli stretti vicoli della città marinara. Luce e oscurità ne riempiono l’aria salmastra, la saturano di cristalli in sospensione, microscopici frammenti di luce che macchiano quasi pittoricamente il reale, lo sbiadiscono e si depositano sugli oggetti smussandone le asperità e gli spigoli, erodendone la materia, un po’ come guardando da dietro un vetro incrostato dal salmastro un mondo nuovo, lo stesso mondo che differente si staglia sulle tele del Fattori che da queste vie è passato.

Domus C

Il primo aspetto di forte rilevanza del progetto è la straordinarietà delle caratteristiche dell’area di intervento. Il rapporto con il suolo, con il mare, con le tecniche e i materiali costruttivi autoctoni, sono forti componenti alla base della progettazione di questo edificio, che mira alla reinterpretazione dei tratti caratteristici dei luoghi, al fine di inserire nel golfo un’architettura in modo rispettoso, capace di valorizzare il contesto e di diventarne parte integrante. Inserito nella zona centrale e panoramica del lotto, rivolto a sud verso la valle e il mare, il progetto prevede l’inserimento di una grande copertura piana, poggiante su esili elementi verticali, a loro volta ancorati ad uno zoccolo in pietra naturale, completamente inserito nella macchia vegetale del luogo. L’utilizzo dell’acciaio e del cemento armato, portati al limite della loro tenuta, ha consentito di realizzare l’ampia copertura quasi esclusivamente appoggiata ai sottili pilastri, e di inserire ampie vetrate le quali restituiscono leggerezza all’intera composizione. Lo spazio creatosi tra copertura e basamento rappresenta l’ambiente principale dell’abitazione, e si articola nel grande living vetrato e nei profondi portici perimetrali, espansione degli spazi interni. L’area giorno si sviluppa attorno ad un grande vuoto, praticabile attraverso la scala in cemento, la quale conduce al livello seminterrato adibito a zona notte, affacciata a sud sul grande lastricato in travertino e sulla piscina.

Domus C

Il primo aspetto di forte rilevanza del progetto è la straordinarietà delle caratteristiche dell’area di intervento. Il rapporto con il suolo, con il mare, con le tecniche e i materiali costruttivi autoctoni, sono forti componenti alla base della progettazione di questo edificio, che mira alla reinterpretazione dei tratti caratteristici dei luoghi, al fine di inserire nel golfo un’architettura in modo rispettoso, capace di valorizzare il contesto e di diventarne parte integrante. Inserito nella zona centrale e panoramica del lotto, rivolto a sud verso la valle e il mare, il progetto prevede l’inserimento di una grande copertura piana, poggiante su esili elementi verticali, a loro volta ancorati ad uno zoccolo in pietra naturale, completamente inserito nella macchia vegetale del luogo. L’utilizzo dell’acciaio e del cemento armato, portati al limite della loro tenuta, ha consentito di realizzare l’ampia copertura quasi esclusivamente appoggiata ai sottili pilastri, e di inserire ampie vetrate le quali restituiscono leggerezza all’intera composizione. Lo spazio creatosi tra copertura e basamento rappresenta l’ambiente principale dell’abitazione, e si articola nel grande living vetrato e nei profondi portici perimetrali, espansione degli spazi interni. L’area giorno si sviluppa attorno ad un grande vuoto, praticabile attraverso la scala in cemento, la quale conduce al livello seminterrato adibito a zona notte, affacciata a sud sul grande lastricato in travertino e sulla piscina.

Enry

La pizzeria osteria “Enry” come la conosciamo adesso nasce da un restyling di un’attività storica del paese di Cecina, aperta dal 1926: non un locale raffinato, ma famoso per i suoi prodotti da asporto come la pizza al taglio e la torta di ceci. Il fondo si trova sul corso pedonale principale del paese. L’obiettivo dell’intervento è stato quello di mantenere nell’immaginario della cittadinanza il collegamento tra locale e tipologia di prodotti distribuiti, ma innalzare decisamente il livello dell’ambiente e aumentarne le funzioni. Avendo voluto ampliare l’attività delle sole merende pomeridiane con un servizio al tavolo di pizzeria e osteria, il principale obiettivo è stato quello di rendere l’ambiente più intimo e aver fatto sì che l’utente traesse piacere nel sostare per consumare sia una merenda che una cena. L’aspetto estetico è stato totalmente rivoluzionato: si è voluto comunicare in modo deciso che la nuova gestione avrebbe voluto innalzare il livello del servizio, aprendo il locale a un pubblico più ampio. Sono state prese le caratteristiche di un ambiente rustico e sono state ripulite da tutte le linee ridondanti e dai colori troppo classici. Il nuovo “Enry” ti accoglie con colori caldi ma non brillanti e con luci delicate e mirate a un preciso obiettivo. I materiali a contatto con la clientela sono gentili al tatto, sia che si tratti di travertino che di legno. Tutti gli arredi sono stati disegnati e realizzati su misura ad eccezione delle sedie e dei tavoli da esterno.

Il progetto è iniziato con l’intento di fornire un’identità nuova e fresca ad un esercizio commerciale che già esisteva da dieci anni. Per il restyling del salone di bellezza sono serviti quindici giorni di intenso lavoro di artigiani locali, che con la loro abilità hanno dato una nuova pelle al locale. Il salone si trova nel quartiere Venezia di Livorno ed è caratterizzato da un ampio spazio di cento metri quadrati con volte a crociera. L’idea di partenza è stata quella di preservare l’unicità dello spazio aggiungendo elementi e materiali che rendessero l’ambiente confortevole, caldo ed accogliente. Il soffitto è stato dipinto di verde pastello mentre le pareti bianche accolgono sullo sfondo del locale una raffinata carta da parati. Per gli arredi sono stati scelti materiali che scaldassero l’ambiente sia a livello visivo che tattile: il legno per le mensolature, pelle vintage nella nuance cuoio per le sedute, oro per i dettagli, marmo verde alpi per rivestire il bancone della reception, micropainting chiaro del pavimento per dare luce ad un ambiente carente di illuminazione naturale efficiente mantenendo la texture del pavimento preesistente.

Pop House

Spazi aperti, piante, luce e design. Un attico eclettico nel cuore della città di Livorno, in un palazzo recentemente ristrutturato, dove si uniscono arte, musica e arredi su misura che rendono il progetto assolutamente originale. Entrando nell’appartamento ci troviamo catapultati in uno spazio pieno di arte e creatività. Dall’ingresso si può subito apprezzare il “box” della cucina: un sistema di porte scorrevoli in vetro che possono essere chiuse o aperte all’occorrenza, svelando la particolarità di questo spazio, dove una parete verde totalmente ricoperta da piante stabilizzate diventa lo sfondo di tutto il living. Vista dalla zona giorno, la cucina riporta ad un ambiente naturale: gli arredi della cucina sembrano delle pietre immerse in una giungla rigogliosa. Quando il box si chiude sembra di essere in un giardino d’inverno, mantenendo sempre il contatto visivo con il resto della casa. La zona giorno è un ambiente unico, visivamente connesso da una particolare pavimentazione in legno a listoni trapezoidali. In ogni stanza sono state istallate delle casse dal design e dalla qualità inconfondibile che permettono di essere avvolti sempre dalla musica. Il progetto Pop House è un progetto di identità. Il principale obbiettivo di questo progetto di ristrutturazione è stato quello di realizzare spazi in totale sintonia con il committente, ambienti che fossero lo specchio della personalità di chi li abita, di chi li vive nel quotidiano.

A distanza di vent’anni, sono stato chiamato a confrontarmi con me stesso e la mia storia personale. Il primo progetto, chiuso e monolitico come una fortezza inespugnabile dall’esterno, cita nelle fattezze certe costruzioni militari presenti sulla costa di Donoratico, ma fa venire in mente anche i bambini che costruiscono architetture di sabbia con i loro secchielli colorati. L’interno invece, in maniera del tutto inaspettata, si presenta come un antro azzurro rivestito di mosaico, una vasca virtuale in cui nuotano pesci rossi svelati da un fascio di luce proveniente dall’alto. Nel nuovo edificio il discorso si ribalta, relazionandosi con l’esistente in maniera contrastante: il precedente è chiuso, il nuovo è traforato, collegati da un tunnel rosso; organico il primo, geometrico il secondo; contenente una sorpresa il primo, con una sorpresa svelata il secondo. I mobili e gli armadi di quest’ultimo, di una vivace tonalità turchese, sono tappezzati con riproduzioni di disegni fatti negli ultimi venti anni, e si vedono passando da fuori. Insieme questi due edifici creano un nuovo complesso architettonico, serio da fuori e allegro dentro!

Cantina del Bruciato

Il progetto, situato in una delle zone più felici per la produzione del vino in Italia, Bolgheri, mira alla costruzione di una nuova cantina e la riqualificazione di un capannone esistente per farne il nuovo centro aziendale per la Tenuta di Guado al Tasso di proprietà della famiglia Antinori. Il sito, a solo un chilometro dal mare, ha un orografia pianeggiante e il progetto, viste le grandi dimensioni e l’esigenza di costruire fuori terra, si è dovuto da subito confrontare con il paesaggio e l’integrazione con esso. La progettazione di dune ricche di vegetazione mediterranea, elemento tipico del territorio, mitigano l’impatto visivo dell’intervento. Il volume della cantina, riprendendo le tematiche industriali di serialità, è pensato come un oggetto modulare a shed lungo l’asse longitudinale con un passo di 5 m a campata che trova in facciata una forte articolazione attraverso un rivestimento sfaccettato, una “corazza” in lamiera forata, che funge da filtro termico e d’illuminazione. Questa pelle, realizzata in zinco al titanio di colore scuro, cerca un dialogo continuo con il paesaggio.

C’erano una volta due anime buone che, stanche della nebbia, decisero di lasciarla alle spalle e trascorrere il resto del tempo felici e contenti a contatto col salmastro. Da qui nasce l’idea progettuale, ma anche dalla voglia di riscatto e di riempirsi occhi e cuore di blu. Un vecchio appartamento anni ‘60 situato lungo la riva del Porto di San Vincenzo è stato oggetto di una ristrutturazione che lo ha trasformato radicalmente. Gli spazi sono stati disegnati per avere un contatto visivo costante con il mare, motivo per cui già con l’ingresso si è voluto ricreare un cannocchiale che indirizza l’occhio verso l’esterno tramite un gioco di superfici inclinate e luci lineari. E’ stata inoltre creata un’unica zona giorno che si apre sulla terrazza nella quale le superfici ed i volumi dedicati a cucina e pranzo si incastrano gradualmente in quelli dedicati al soggiorno. Lo spazio principale è abbracciato dai mobili contenitori la cui superficie liscia è alternata con delle nicchie dipinte con i colori del mare, questi inoltre sono stati progettati in modo che potessero dare connotazioni diverse allo spazio pur mantenendo un disegno unitario: è così che essi fungono sia da guardaroba che da nicchia-studio, sia da mobile tv-radio che da libreria, sia da credenza che da esposizione ed infine celano le porte che danno sulle due zone notte. Entrambe le camere guardano il paesaggio e sono dotate di cabine armadio e bagni, anche quest’ultimi parlano del territorio tramite i rivestimenti.

Premio Architettura Toscana

2018 - 2022 © Tutti i diritti riservati. Fondazione Architetti Firenze, Via Valfonda 1/a, 50123 Firenze

Cod.Fisc./P Iva 06309990486 | Privacy Policy | Cookie Policy

Design by D'Apostrophe | Developed by Shambix