Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva. Da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio –seppur ancora da scoprire– e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato. Dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nella misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi. In primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante. In secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

L’intervento proposto nasce dall’esigenza di una giovane coppia che aveva intenzione di trasferirsi subito fuori Coreglia Antelminelli, su una collina a bassa densità abitativa, nella casa che era appartenuta alla nonna. L’abitazione esistente si componeva di una ex stalla e di un’abitazione con un grande terreno pertinenziale circostante. I lavori sono iniziati in data 23.12.2014 e finiti in data 02.12.2015. Gli interventi previsti erano necessari per migliorare le caratteristiche prestazionali dell’abitazione principale (due camere, cucina, due bagni, taverna al piano interrato) e dell’annesso (ove è stata realizzata la sala a doppia altezza), per riorganizzare la distribuzione interna e le aree di pertinenza esterne. Il progetto ha tenuto conto delle esigenze abitative del committente prestando particolare attenzione all’aspetto energetico. Abbiamo deciso di realizzare un cappotto termico, di installare pannelli solari termici, di riutilizzare le acque piovane per l’irrigazione del terreno circostante, scegliere un’illuminazione led a basso impatto, in modo da garantire l’adeguato confort e un sensibile risparmio nella gestione dei costi di manutenzione. I materiali sono stati scelti per l’alta durabilità e le caratteristiche prestazionali migliori per le soluzioni proposte. La buona riuscita dell’intervento è merito di tutti, dalla progettazione all’esecuzione, passando per ogni scelta condivisa e voluta fortemente dalla committenza.

L’intervento proposto nasce dall’esigenza di una giovane coppia che aveva intenzione di trasferirsi subito fuori Coreglia Antelminelli, su una collina a bassa densità abitativa, nella casa che era appartenuta alla nonna. L’abitazione esistente si componeva di una ex stalla e di un’abitazione con un grande terreno pertinenziale circostante. I lavori sono iniziati in data 23.12.2014 e finiti in data 02.12.2015. Gli interventi previsti erano necessari per migliorare le caratteristiche prestazionali dell’abitazione principale (due camere, cucina, due bagni, taverna al piano interrato) e dell’annesso (ove è stata realizzata la sala a doppia altezza), per riorganizzare la distribuzione interna e le aree di pertinenza esterne. Il progetto ha tenuto conto delle esigenze abitative del committente prestando particolare attenzione all’aspetto energetico. Abbiamo deciso di realizzare un cappotto termico, di installare pannelli solari termici, di riutilizzare le acque piovane per l’irrigazione del terreno circostante, scegliere un’illuminazione led a basso impatto, in modo da garantire l’adeguato confort e un sensibile risparmio nella gestione dei costi di manutenzione. I materiali sono stati scelti per l’alta durabilità e le caratteristiche prestazionali migliori per le soluzioni proposte. La buona riuscita dell’intervento è merito di tutti, dalla progettazione all’esecuzione, passando per ogni scelta condivisa e voluta fortemente dalla committenza.

Casa IV

Nel libro Architettura rurale italiana, Pagano e Daniel scrivono: «La conoscenza delle leggi di funzionalità e il rispetto artistico del nostro imponente e poco conosciuto patrimonio di architettura rurale sana e onesta, ci darà l’orgoglio di conoscere la vera tradizione autoctona dell’architettura italiana: chiara, logica, lineare, moralmente ed anche formalmente vicinissima al gusto contemporaneo». Partendo da queste considerazioni che il progetto si sviluppa cercando di instaurare un rapporto tra la tipologia della casa di campagna e l’icastica tradizione dei luoghi. La geometria rigorosa regola il disegno e l’orientamento dell’abitazione rispondendo a precise misure e rinnovando quel paziente processo di trasformazione basato sulla sovrapposizione e sull’adesione alle regole preesistenti. La casa è composta da due livelli, uno alla quota del basamento e l’altro alla quota della grande loggia cadenzata dal ritmo serrato dei profili metallici. Le stanze interne sono disposte in modo tale che gli ambienti principali abbiano tutti un affaccio privilegiato a sud. I prospetti, scanditi da poche regolari aperture, danno all’abitazione un aspetto di chiusura. La casa severa si apre improvvisamente al paesaggio e dalla loggia, vera e propria soglia tra interno e esterno, è possibile traguardare la Maremma per spingersi con lo sguardo fino all’Isola del Giglio, come ultimo punto focale dell’orizzonte, quando la terra e il mare, indistinguibili girano.

L’idea del progetto della Cappella Memoriale nasce dalla volontà di racchiudere in un disegno l’essenza dei luoghi ai quali Pino si era così profondamente legato nei suoi ultimi anni. La campagna di Magliano con il suo semplice fascino doveva costantemente dialogare con il gesto progettuale e la sua luce entrare all’interno del sepolcro in tutte le fasi della giornata, illuminandolo dai primi chiarori dell’alba fino al tramonto. L’intervento è stato realizzato in un piccolo spazio al quale si accede al termine di una breve ascesa, durante della quale si intravedono i segni della campagna circostante. Voltandosi poi verso valle lo sguardo si ampia e possono scorgersi in lontananza colline e coltivi. La struttura di progetto poggia su una parte basamentale che stacca da terra il luogo del riposo e risulta rivestita in travertino bianco locale, lo stesso che fu scelto dai frati Benedettini per la realizzazione del vicino San Bruzio, del quale la cappella cerca di raccogliere lo spirito di mistica connessione tra architettura, cielo e natura. Il pavimento interno e l’altare sono stati realizzati in marmo di Carrara, la venature del quale scorrono sul pavimento invitando lo sguardo a dirigersi verso l’altare che contiene l’urna cineraria. Internamente si trova una pala d’altare connessa con la sommità del muro retrostante: la luce scende morbidamente su di essa entrando dalle grandi vetrate, creando un fondale dolcemente illuminato che ospita un’immagine del musicista.

… fra cielo e mare … ‘… sospesa tra cielo e mare …‘ è la definizione utilizzata dai Committenti per ritrarre la loro nuova casa al Monte Argentario, all’avvio di una bella avventura di progetto condotta con l’obiettivo di riverberare i sapori del paesaggio circostante all’interno dell’abitazione. Un progetto rispettoso dell’organismo edilizio esistente, ispirato ai lavori del grande maestro Giò Ponti, integra le belle pavimentazioni in cotto esistenti con un ampio utilizzo della ceramica dipinta a mano nel vietrese (memoria delle origini napoletane dei Committenti), a rivestire in maniera diffusa i bagni, la cucina e a disegnare un particolare tappeto ceramico a parete nel soggiorno. Un asola orizzontale mette in comunicazione diretta questo con la cucina, permettendo così a questo locale di godere del panorama che si apprezza dall’ampia finestra anche grazie all’installazione a parete di una sorta di grande specchio retrovisore. Le varianti formali e cromatiche che caratterizzano i rivestimenti ceramici ispirano i motivi geometrici che disegnano un po’ tutta la casa frazionando pareti e soffitti secondo triangoli, rombi, rettangoli, semicerchi, sorta di installazione artistica che trova proprio nel corridoio, il locale solitamente di semplice transito, il momento più alto. Arredi e complementi in legno di noce canaletto completano l’ambientazione, interprete di quei valori artigianali tutti italiani di cui la casa oggi va molto fiera.

Piazza dei Tre Re è una delle piazze medievali più antiche di Firenze, situata tra piazza della Repubblica e via Calzaioli. Nonostante la sua posizione centrale, è stata a lungo deturpata da incuria e da indegne forme di degrado. A seguito di un bando indetto dal Comune di Firenze per riqualificare l’area con un allestimento di decoro urbano e annesso punto ristoro, Serre Torrigiani realizza il primo urban garden-street food nel cuore della città, su progetto e direzione dell’architetto Chiara Fanigliulo. L’idea è quella di combattere il degrado interpretando questo angolo nascosto come una sorta di Eden, di giardino dei desideri, dove immergersi in una dimensione di sogno. Accedendo dai tre piccoli vicoli, una successione di alberi e fioriere–lanterne sospese introducono all’esplosione verde del green wall, il giardino verticale di piante rampicanti che creano un effetto dirompente di rigogliosità e fascino. Il green wall è realizzato con una struttura a ponteggio di tubi innocenti, alla cui base ci sono le fioriere per l’alloggio delle piante rampicanti che si sviluppano in altezza intrecciandosi a reti metalliche. L’area ristoro è data da un chiosco decorato ad esagoni colorati che amplificano l’impatto “fatato” del luogo, e da una pedana destinata a spettacoli. Con il semplice impiego di verde e di installazioni temporanee, l’intervento di piazza dei Tre Re sembra aver raggiunto il suo obiettivo primario, ovvero, riportare attività e vita nel luogo e contrastarne il degrado. (foto di Giulia Bordini)

Piazza dei Tre Re è una delle piazze medievali più antiche di Firenze, situata tra piazza della Repubblica e via Calzaioli. Nonostante la sua posizione centrale, è stata a lungo deturpata da incuria e da indegne forme di degrado. A seguito di un bando indetto dal Comune di Firenze per riqualificare l’area con un allestimento di decoro urbano e annesso punto ristoro, Serre Torrigiani realizza il primo urban garden-street food nel cuore della città, su progetto e direzione dell’architetto Chiara Fanigliulo. L’idea è quella di combattere il degrado interpretando questo angolo nascosto come una sorta di Eden, di giardino dei desideri, dove immergersi in una dimensione di sogno. Accedendo dai tre piccoli vicoli, una successione di alberi e fioriere–lanterne sospese introducono all’esplosione verde del green wall, il giardino verticale di piante rampicanti che creano un effetto dirompente di rigogliosità e fascino. Il green wall è realizzato con una struttura a ponteggio di tubi innocenti, alla cui base ci sono le fioriere per l’alloggio delle piante rampicanti che si sviluppano in altezza intrecciandosi a reti metalliche. L’area ristoro è data da un chiosco decorato ad esagoni colorati che amplificano l’impatto “fatato” del luogo, e da una pedana destinata a spettacoli. Con il semplice impiego di verde e di installazioni temporanee, l’intervento di piazza dei Tre Re sembra aver raggiunto il suo obiettivo primario, ovvero, riportare attività e vita nel luogo e contrastarne il degrado. (foto di Giulia Bordini)

Il progetto si trova nell’incantevole Golfo di Baratti e gode di una posizione panoramica di notevole prestigio, con affacci e caratteristiche uniche, esattamente al centro fra mare e collina, ai piedi dell’antico borgo Etrusco di Populonia. E’ un paesaggio forte pregnante di segni e di senso, quello dove nasce la frazione di Baratti, golfo di mare di rara bellezza, che ha mantenuto quel sapore genuino di casa, e dove sorge la “Torre di Baratti-Bio Resort”, immersa nei colori e negli odori della campagna, il cui nome nasce dalla particolare tipologia del fabbricato, nato come torre di guardia d’avamposto.La finitura del restauro, parte dal presupposto che il design deve sempre incarnare un duplice movimento: accogliere la vita quotidiana e armonizzare la percezione dello spazio ambientale, dialogando con la tradizione e i luoghi, dove l’impiego di materiali estremamente naturali, come il legno per gli arredi, o il marmo travertino per i bagni, realizzano ambienti confortevoli che sanno di “casa”. Distribuito su 3 livelli, il resort ospita 3 standard suite, 2 appartamenti bilocali e 1 appartamento suite ricavato nell’antica torre con una vista unica sul golfo. Silenziose e luminose, le suites del resort sono caratterizzate da eleganti arredi in stile mediterraneo, gli appartamenti collocati al piano terra con ingresso indipendente e spazio esterno privato sono caratterizzati da un mobile-cucina moderno a scomparsa. Gli arredi e i mobili cucina sono realizzati su disegno.

Questo progetto riguarda la ristrutturazione di una villetta anni ’60, immersa in una foresta di faggi sopra l’abitato di Sammommè, Pistoia. Dopo mezzo secolo di onorato servizio i nuovi proprietari della villa decidono di rinnovare completamente l’edificio, come unica richiesta esplicita quella di espandere il balcone che domina la valle verso sud. Proponiamo un’operazione progettuale semplicissima: la costruzione di una loggia. Mantenendo invariata la preesistenza, la loggia viene ripetuta tutta intorno all’edificio, espandendo il volume abitabile pur senza aumenti di cubatura. Le due entità rimangono fortemente distinte: la preesistenza intonacata bianca, la loggia in legno lamellare. Con questo stratagemma, in un’area dove non è ammessa la demolizione e ricostruzione, come neppure l’ampliamento (condizione sempre più diffusa nei piani regolatori d’Italia) l’Architettura tenta il suo disperato tentativo di imporsi come linguaggio autonomo e come gesto leggibile dotato di un profilo, di un volto. La loggia, elemento tipico della tradizione toscana, trova due ragioni d’essere. Il primo è la necessità, nel contesto di una fitta foresta, di un dispositivo spaziale per esperire la soglia tra l’intimità protetta dell’interno e l’esuberanza naturale dell’esterno. Il secondo è il tentativo di reinventare completamente l’aspetto dell’edificio preesistente, ma senza occultarlo completamente, in modo da lasciar dialogare gli scarti e le contraddizioni tra le due fasi costruttive.

Questo progetto riguarda la ristrutturazione di una villetta anni ’60, immersa in una foresta di faggi sopra l’abitato di Sammommè, Pistoia. Dopo mezzo secolo di onorato servizio i nuovi proprietari della villa decidono di rinnovare completamente l’edificio, come unica richiesta esplicita quella di espandere il balcone che domina la valle verso sud. Proponiamo un’operazione progettuale semplicissima: la costruzione di una loggia. Mantenendo invariata la preesistenza, la loggia viene ripetuta tutta intorno all’edificio, espandendo il volume abitabile pur senza aumenti di cubatura. Le due entità rimangono fortemente distinte: la preesistenza intonacata bianca, la loggia in legno lamellare. Con questo stratagemma, in un’area dove non è ammessa la demolizione e ricostruzione, come neppure l’ampliamento (condizione sempre più diffusa nei piani regolatori d’Italia) l’Architettura tenta il suo disperato tentativo di imporsi come linguaggio autonomo e come gesto leggibile dotato di un profilo, di un volto. La loggia, elemento tipico della tradizione toscana, trova due ragioni d’essere. Il primo è la necessità, nel contesto di una fitta foresta, di un dispositivo spaziale per esperire la soglia tra l’intimità protetta dell’interno e l’esuberanza naturale dell’esterno. Il secondo è il tentativo di reinventare completamente l’aspetto dell’edificio preesistente, ma senza occultarlo completamente, in modo da lasciar dialogare gli scarti e le contraddizioni tra le due fasi costruttive.

Casa TLI è un’unità abitativa di piccole dimensioni che fa parte di un blocco di appartamenti risalente ai primi anni settanta del secolo scorso e di conseguenza, l’involucro non avrebbe potuto essere modificato. Lo sforzo maggiore dunque è stato dedicato alla creazione di spazi dinamici all’interno di un contenitore rigido che potessero soddisfare le esigenze di un gruppo familiare di quattro persone stimolando nel contempo, uno stile di vita improntato alla libertà e alla naturalezza d’uso degli ambienti. In altre parole, la volontà di creare uno spazio domestico creativo, a dispetto anche delle dimensioni molto limitate, ha indotto ad evitare quanto più possibile le partizioni cieche che ne avrebbero ridotto il “respiro”; la necessaria definizione funzionale, è stata ottenuta articolando le superfici orizzontali le cui forme scultoree sono enfatizzate da tagli ed asole illuminate da strisce di luce che creano scenari diversi. Gli spazi di connessione e l’ampio soggiorno sono stati trattati in modo da renderli il più possibile multifunzionali con aree specializzate contenute e ampie porte scorrevoli che, a seconda delle necessità, funzionano come pareti divisorie a scomparsa modificando sensibilmente l’ambiente.

Premio Architettura Toscana

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