VILLA N è un’unità abitativa monofamiliare organizzata intorno ad una corte centrale; la trasparenza totale delle pareti di due dei tre piani che vi si affacciano, consente una reciprocità complessa ed una ricchezza di relazioni tra i vari ambienti diurni, con assi visivi obliqui e spazi passanti molto profondi. Una notevole permeabilità visiva che mette in contatto diretto il living, l’ingresso principale e la zona cucina-pranzo tra sé e con l’esterno in un tutt’uno, privo di destinazioni funzionali troppo rigide; questa attitudine “introversa” della casa garantisce la necessaria protezione dal tessuto urbano circostante, vicinissimo e di bassissima qualità architettonica. La zona notte al primo piano è formata da ambienti intimi ma ugualmente luminosi, connotati dalla loro sensibilità per le variazioni della luce naturale, ottenuta con asole lineari ritagliate nella copertura che li mettono in contatto diretto con il cielo. In generale, il linguaggio espressivo dell’opera è stato condizionato dalla decisa predilezione della committenza per il nitore dei materiali ma soprattutto, per gli angoli retti e le superfici lisce e planari, che ha spinto gli architetti a cercare di superarne la staticità implicita, disarticolando e frammentando strategicamente le masse. Le soluzioni energetiche di carattere puramente tecnologico sono state ridotte al minimo possibile a vantaggio di sistemi “low tech” che controllano il microclima interno in maniera passiva.

Decumanus Caffè

Se è vero che nella società contemporanea la città rappresenta il centro di attrazione per eccellenza – l’invenzione più importante nella storia dell’uomo – e se è vero che il concetto stesso di civitas esprime al meglio l’utilizzo condiviso dello spazio urbano, è altrettanto vero che questa condivisione si esprime al meglio in tutti quei luoghi che, pubblici o privati, auspicano tale socialità e la sostengono creando le ideali scenografie all’interno delle quali gli uomini vivono le proprie esperienze. Il “Decumanus caffè” nasce dal presupposto culturale di trarre ispirazione dall’origine più antica della nostra città, quella Firenze romana ancora oggi evidente nei segni generatori della sua più intima struttura urbana.Partendo da questa premessa il progetto ne interiorizza i contenuti grafici e li sovrappone simbolicamente ad una “città universale” ricca di trame infinite, dure, moderne, drammaticamente tese alla ricerca dell’origine stessa della metropoli contemporanea e concettualmente collegate alle griglie ortogonali delle città ellenistiche, autentiche generatrici della città occidentale. Tali fondamenti hanno portato il progetto ad incoraggiare la ricerca di una spazialità interna volta a privilegiare, con i lunghi tavoli comuni e nell’intimità del giardino chiuso, le funzioni aggregative tipiche delle tabernae. Di forte impatto è l’utilizzo delle grandi lastre in pietra serena che, da banchi di fresa nelle cave di Firenzuola, assurgono ad elemento scenografico.

Ri-utilizzare un luogo – gli edifici pluristratificati e degradati della ex Facoltà di Chimica in Via G. Capponi – ha consentito di valorizzare l’interesse storico-artistico dell’imponente complesso neoclassico realizzato sulla antica struttura della Palazzina dei Servi dell’Annunziata dall’architetto Luigi De Cambray Digny in periodo napoleonico, con le ristrutturazioni per Firenze Capitale di Giovanni Castellazzi e Paolo Mantegazza e le addizioni tardo ottocentesche del chimico Ugo Schiff. La Palazzina, un polo del sistema universitario nel Centro Storico, definisce così un nuovo spazio urbano pubblico con la funzione di “piazza verde” (il disegno antico dell’ovale domenicano). Il lavoro architettonico si è tradotto, oltre alla completa reinterpretazione funzionale, al restauro esterno dell’edificio e delle pertinenze, del portico e dell’atrio d’ingresso, nel recupero d’uso dello scalone monumentale, nella riapertura delle grandi gallerie di distribuzione orizzontale sui due piani e degli ambienti che vi si affacciano, nel restauro di alcuni affreschi scoperti nel corso dei lavori e nel recupero per utilizzo didattico di un grande e misterioso sottotetto; antichi spazi vitalizzati per l’uso attuale con l’inserimento indispensabile di nuovi elementi tecnologici – ascensori, scale, percorsi di servizio, nuove strutture di copertura ed elementi di illuminazione naturale. Integrazioni necessarie che instaurano un dialogo, con l’utilizzo di un autonomo linguaggio, tra epoche.

La prima casa in Toscana ad ottenere la certificazione Energy Pass “Superior – e – ClimAbita”, un edificio residenziale isolato che sostituisce il volume pre-esistente. La bellezza è anche sostenibile!L’edificio ha una struttura portante in legno, con pareti esterne a telaio, coibentazione interna in canapa e cappotto esterno in sughero, mentre sulla copertura piana l’inserimento di un tetto verde consente un grande miglioramento del comportamento estivo dell’edificio, per un involucro dalle elevatissime performance. Le pareti della “torretta”, rivestita in lastre di zinco-titanio, hanno facciata e copertura ventilata. La tonalità delle lastre di rivestimento evoca il calore del legno, esprimono al tempo stesso un carattere contemporaneo, che si integra armoniosamente con l’altro materiale che caratterizza i rivestimenti esterni, la pietra locale recuperata. I materiali naturali impiegati sono legno, sughero e canapa, tutti materiali totalmente ecologici, che garantiscono una buona traspirabilità e che non contengono additivi chimici, per un ambiente interno che risulta salubre e con un confort abitativo elevato. Per quanto riguarda l’impiantistica, il riscaldamento a pavimento è alimentato da pompa di calore integrata ad un impianto fotovoltaico, sono installati dei pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria. L’edificio è dotato di un impianto meccanizzato di ricambio dell’aria, così da garantire costantemente condizioni igrotermiche ottimali.

Il fabbricato che ospita la filiale e sede legale della Banca di Pisa e Fornacette si trova nel centro di Pisa, in via Lungarno Pacinotti, vicino al Ponte di Mezzo. Il progetto interessa alcuni locali del piano terra e del piano primo di un edificio storico e si articola su una superficie complessiva di circa 650 mq. Il piano terra ospita la hall di ingresso, il salone con le casse ed il caveau. Attraverso l’ingresso si entra in uno spazio a doppia altezza, attraversato da due ponti colorati, al cui interno si sviluppa una comoda scala in legno di teak, che sale al piano superiore. Il piano primo, con una superficie di circa 500 mq, ospita gli uffici della direzione, la segreteria, la sala riunioni, la sala per conferenze, archivi e locali tecnici, uniti tra loro da una “catena”di corridoi, slarghi e spazi di attesa. L’intervento di restauro ha lasciato invariata la distribuzione dei locali e la loro dimensione, prevedendo un’opera di consolidamento delle strutture e il ridisegno dei percorsi di distribuzione. All’esterno l’edificio mantiene un aspetto omogeneo e si integra con il resto dei prospetti affacciati sul fiume. All’interno il progetto ammicca ai decori tradizionali delle mattonelle in graniglia degli anni ’50, ingigantiti attraverso la lente della rivisitazione pop. Così dove il pavimento prende colore gli arredi si fanno più tenui, al contrario nelle stanze in cui il rivestimento è bianco e nero gli armadi, i tavoli e le sedie si accendono con i colori intensi.

Il progetto di ampliamento del cimitero riguarda un’area di circa 4500 mq., in posizione adiacente a quello esistente. Il progetto, che interessa anche il lato sud dove attualmente è ubicato l’ingresso laterale, prevede la costruzione di circa 1230 loculi, 720 ossari – urne cinerarie e 12 cappelle private. Dal punto di vista urbanistico, il cimitero è diviso in due parti: la prima manifesta un’influenza ottocentesca e si presenta in continuità con le architetture nei dintorni, mentre la seconda è stata costruita più recentemente, intorno agli anni ’60 e ’80. Il nuovo progetto cerca di ridare al luogo la propria identità di culto e di rispetto, sviluppandosi sull’asse longitudinale. La chiesa esistente è stata demolita e ricostruita. Quest’ultima è caratterizzata da quattro grandi croci, una a prospetto, e grandi vetrate che escono fuori dal rivestimento in pietra delle cappelle. Ai lati sono previsti due corpi di fabbrica in cemento armato bianco, caratterizzati da un grande grigliato. Gli edifici si sviluppano su due piani: al piano terra sono previsti dei contenitori di varie dimensioni, per alloggiare i loculi e le urne cinerarie – ossari; sono previste inoltre sedute per il riposo ed il raccoglimento, fontanelle, servizi igienici e scale. Al piano superiore i loculi sono serviti da una lunga balconata che si affaccia sul piano terra. Gli edifici che organizzano questi spazi sono sistemati lungo il perimetro del lotto, a limitare una corte a prato per le tombe a terra.

E’ emersa fin da subito la volontà di lasciare la torre “nuda”, spoglia di tutto ciò che non è sé stessa. La filosofia dell’intervento si è quindi basata sulle parole chiave “rispetto” ed “essenzialità”, puntando sull’ascolto, azione necessaria ad entrare in empatia con l’oggetto e percepirne i bisogni. «Gli interventi hanno avuto l’obiettivo di “levare” più che di “mettere”, nel rigoroso rispetto dei materiali originari, un gioco di rimandi di forme e colori tra odierno e antico». Ogni piano è dotato di un solo elemento poggiato free standing, oggetto dichiaratamente funzionale che non cerca di confondersi con la torre ma che permette la sola dotazione minima per la sopravvivenza, disegnato come evoluzione e deformazione del “cassone” medioevale. Viene così liberata la torre di tutto ciò che è superfluo, architettonicamente e spiritualmente. La scelta dei materiali degli elementi d’arredo si riduce all’essenza ed alla funzionalità: al metallo brunito, scuro, severo, di cui si vestono tutti gli oggetti esteriormente, si contrappone l’acciaio, a rifinire tutte le superfici interne di lavoro. Tale binomio si intravede solo in alcuni dettagli che dichiarano la presenza dell’acciaio interno, sottolineando la fisionomia appena accennata del cassone “archetipo”. Gambe e maniglie vengono ripulite sino all’essenza ultima. Il cassone, oggetto utilizzato da sempre come letto, tavolo, seduta, contenitore, riprende vita, tornando nel luogo a lui più congeniale.

L’edificio realizzato è la nuova sede direzionale e amministrativa della Banca di Pisa e Fornacette e costituisce l’ultimo tassello di un più generale progetto di riqualificazione urbana, oltre che funzionale-operativa per la parte costruente, che vede sorgere, in prossimità della vecchia sede, un nuovo fabbricato, una piazza e nuovi spazi verdi aperti anche alla fruizione collettiva. Sull’area precedentemente occupata da un fabbricato commerciale degli anni Settanta si è costruito il nuovo edificio secondo un più elevato profilo qualitativo e tecnico-prestazionale, nel rispetto dei più stringenti parametri in merito ad impegno energetico di esercizio e sostenibilità generale dell’intera opera. Ne è risultato un edificio contemporaneo nell’aspetto, nei materiali e nel rapporto che esso instaura con il territorio e con l’ambiente in genere, caratterizzato anche dal ridotto impatto energetico-ambientale e per lo spiccato efficientamento termico ed acustico (Classe A/A+). L’edificio realizzato consta di complessivi 4500 mq e si sviluppa su 3 piani fuori terra e uno seminterrato. Ai piani superiori si trovano gli uffici direzionali e amministrativi, gli spazi della distribuzione, quelli di relazione, i locali di servizio e i collegamenti verticali; al piano seminterrato si trovano l’auditorium con circa 300 posti e un ampio spazio adibito ad area espositiva e per eventi. All’interno, trovano spazio sedute e “pezzi” storici del design italiano, frutto di una selezione mirata.

Premio Architettura Toscana

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