Vyta Santa Margherita Firenze è ubicato nella ex sala d’attesa di prima classe della stazione di Santa Maria Novella, realizzata negli anni ‘30 dall’architetto Giovanni Michelucci. Il progetto nasce dagli elementi d’epoca e dalle pregevoli finiture che avevano caratterizzato la destinazione d’uso originaria, la fusione tra epoche che coesistono e si completano a vicenda danno vita ad un luxury bakery dove i riflessi delle superfici specchianti annullano i volumi e le linee sottili generano elementi tridimensionali. La tutela dei beni culturali, ha costituito un elemento di sfida per la realizzazione di un VyTA che scaturisce dall’interazione tra luogo ed identità, capace di generare un’esperienza unica nella clientela e di rappresentare la vera essenza del brand. I nuovi elementi fortemente caratterizzanti, realizzati con materiali di pregio come rame, vetro e marmo, dialogano con le parti storiche, un elemento in rame pink rosè, con la sua forma ad L rovesciata, coniuga funzionalità e design, realizzato per il contenimento degli impianti e dell’illuminazione, è l’assoluto protagonista, attraverso il ritmo alternato di vuoti e pieni smaterializzati dall’utilizzo di esili lamelle, separa, ma, al tempo stesso, rende fluido lo spazio, dando vita ad un luogo senza tempo, intimo ed accogliente. Un parallelepipedo rivestito in specchio verde racchiude il laboratorio, con il suo decoro a fasce alternate specchianti e satinate amplifica lo spazio annullandone la sua presenza, il ba

Oggetto del presente intervento è un immobile ubicato in località Cedri, Comune di Peccioli. Il fabbricato, già presente nelle mappe della cartografia del catasto leopoldino, risale al XIX secolo e originariamente aveva funzioni agricole; nella seconda metà del XX secolo era già impiegato ad uso esclusivo di civile abitazione. E’ stata eseguita una riqualificazione dell’intero edificio, mantenendo gli elementi architettonici e i materiali originali che lo caratterizzano. Internamente sono stati parzialmente ridistribuiti gli ambienti, unendo due piccoli ambienti in un unico salone e adeguando i servizi igienici ad esigenze abitative più moderne. Si è scelto di demolire parte del controsoffitto non strutturale, al fine di recuperare la spazialità tipica dei fabbricati di questo tipo, valorizzando le travi in legno originali riportate a vista; le pareti del salone sono state stonacate fino a far riaffiorare la pietra originale, che ripulita e imbiancata restituisce all’ambiente interno la vera essenza materica; in questo ambiente sono stati posizionati due lucernari per incrementare l’illuminazione e l’aerazione del locale. Nella camera-studio l’altezza recuperata è stata sfruttata per realizzare un soppalco in legno e ferro a vista, illuminato tramite l’apertura di un lucernario in copertura. Per quanto riguarda i lavori esterni, oltre alla revisione delle facciate e delle coperture, è stato riqualificato il sistema del verde.

Oggetto del presente intervento è un immobile ubicato in località Cedri, Comune di Peccioli. Il fabbricato, già presente nelle mappe della cartografia del catasto leopoldino, risale al XIX secolo e originariamente aveva funzioni agricole; nella seconda metà del XX secolo era già impiegato ad uso esclusivo di civile abitazione. E’ stata eseguita una riqualificazione dell’intero edificio, mantenendo gli elementi architettonici e i materiali originali che lo caratterizzano. Internamente sono stati parzialmente ridistribuiti gli ambienti, unendo due piccoli ambienti in un unico salone e adeguando i servizi igienici ad esigenze abitative più moderne. Si è scelto di demolire parte del controsoffitto non strutturale, al fine di recuperare la spazialità tipica dei fabbricati di questo tipo, valorizzando le travi in legno originali riportate a vista; le pareti del salone sono state stonacate fino a far riaffiorare la pietra originale, che ripulita e imbiancata restituisce all’ambiente interno la vera essenza materica; in questo ambiente sono stati posizionati due lucernari per incrementare l’illuminazione e l’aerazione del locale. Nella camera-studio l’altezza recuperata è stata sfruttata per realizzare un soppalco in legno e ferro a vista, illuminato tramite l’apertura di un lucernario in copertura. Per quanto riguarda i lavori esterni, oltre alla revisione delle facciate e delle coperture, è stato riqualificato il sistema del verde.

L’intervento consiste nella ricostruzione dell’antico “Palazzo sulla Fonte” parzialmente distrutto durante il bombardamento della città nel 1943. Il palazzo costituisce l’angolo di un isolato nel cuore del centro storico dirimpetto all’antica pieve di S.Maria. Il progetto, rappresenta un tema estremamente delicato sia dal punto di vista architettonico che civile. Al “ripristino architettonico”, che tra l’altro richiedeva particolari soluzioni strutturali antisismiche, si accompagnava infatti la “ricomposizione urbanistica” con la ricostruzione delle cortine edilizie dell’isolato e la loro ricomposizione volumetrica al fine di ricostituire l’ambiente urbano con i suoi scorci e le sue caratteristiche. L’intervento doveva anche mirare ad un recupero della valenza storico-culturale del luogo a fronte del degrado fisico, considerato, col tempo, quasi una preesistenza “neo-archeologica” a cui gli aretini si erano abituati. Così l’aspetto “non finito” delle facciate, sottolineato dall’uso materico del mattone scialbato, rimarca la contemporaneità dell’intervento, evita il rischio di un “falso storico” del “dove era e come era” e ricorda quei drammatici eventi pur armonizzandosi con l’ambiente circostante. La sua destinazione finale, poi, ad ampliamento della “Casa-Muse Bruschi” accresce il significato simbolico di centro dell’antiquariato aretino: da ciò l’inserimento in facciata di alcune riproduzioni di reperti archeologici per evidenziarne la nuova funzione.

Fienile

L’esigenza del cliente era di conservare l’immagine del vecchio fienile e creare uno spazio aperto e luminoso capace di assorbire il verde circostante e limitare la presenza della sottostante strada. Sulle grandi aperture vetrate delle facciate sud ed ovest è stata riproposta la schermatura di tavole con funzione di brise-soleil tipica dell’archittetura povera versiliese; i pilastri in bozze di ghiaia e calce realizzate in opera sono mantenuti ed integrati, la spaziatura dei travi perimetrali e delle finestre sono quelle originarie Si sono create zone distinte: una zona notte ricavata su due piani con i servizi nella parte in muratura in pietra e una zona a tutto volume nel fienile dove si sono realizzati i tre ponti dell’area living; il legno delle facciate trova la sua continuità all’interno nelle scale, negli arredi e nei ponti che sono sorretti da una struttura in acciaio verniciato. La cucina a piano terra, che si affaccia sul piccolo giardino, si apre in verticale allo studio ed al soggiorno in continuità visiva fino alla copertura sotto cui trova spazio l’ultimo ponte dedicato alla meditazione e alla lettura. Il verde ridondante del piccolo giardino si arrampica sulle facciate amplificando la sensazione di naturalità. E’ stata dedicata particolare attenzione all’uso di materiali di recupero e naturali, come la vetrata a piano terra, appartenuta ad una ferramenta, ed i grandi piani in legno e le scale provenienti da una vecchia falegnameria.

Il fabbricato, costruito nei primi anni del ‘900 come edificio produttivo, è caratterizzato da due spazi vuoti e una volumetria compatta con grandi aperture simmetriche. La struttura eretta con muratura in pietra e mattoni e conci squadrati agli angoli presenta una tipologia costruttiva differente dagli altri edifici colonici del complesso, annessi alla villa padronale del Secolo XVIII. Il restauro e il consolidamento delle strutture, attuato con tecniche e materiali coerenti con i caratteri costruttivi originari, è realizzato seguendo i criteri del green building, ponendo particolare cura nella definizione dei dettagli, degli aspetti illuminotecnici e del design degli elementi funzionali. L’intervento lascia intatta la spazialità originaria, inserendo i servizi e gli impianti all’interno di moduli concepiti come elementi di arredo, disposti in sequenza e staccati dai soffitti, che scandiscono gli ambienti senza interrompere la percezione visiva d’insieme. Lo studio illuminotecnico permette di costruire scenari funzionali alla percezione dello spazio e delle opere d’arte. Il progetto si completa con la realizzazione di un padiglione tecnologico, sovrastante un piano interrato adibito a servizi, coperto con pannelli fotovoltaici e solari integrati nella copertura, che si relaziona con l’edificio principale attraverso un’area soggiorno open air. Questa soluzione assolve alla necessità energetica dell’edificio, congiuntamente con una pompa di calore aria-acqua ad alto rendimento

Il Centro Direzionale Forti ospita la sede operativa del gruppo aziendale.L’edificio rappresenta un esempio di architettura sostenibile su grande scala:le sue performance energetiche infatti sono il risultato di una progettazione attenta agli aspetti bioclimatici mentre il susseguirsi delle superfici opache e trasparenti è stato studiato in base al loro specifico orientamento. Una hall a tripla altezza accoglie i visitatori aprendosi in una facciata ventilata.La facciata sud-est è invece caratterizzata da grandi vetrate continue schermate da frangisole lineari a passo variabile:queste scelte donano agli ambienti di lavoro una vista aperta sul paesaggio,mentre giardini pensili e terrazze contribuiscono alla regolazione del microclima.Infine,il lato sud ospita una grande facciata ventilata in pannelli fotovoltaici architettonicamente integrati che copre gran parte dei consumi di condizionamento e illuminazione. Grazie allo sviluppo di soluzioni architettoniche ad hoc,l’involucro diventa il primo impianto tecnologico dell’edificio. Parallelamente,è stato sviluppato un apparato impiantistico all’avanguardia, che impiega diverse tecnologie tra cui un sistema geotermico per la climatizzazione degli spazi interni e ricuperatori di calore e illuminazione LED. Il mix di fonti rinnovabili e strategie di contenimento dei consumi fanno di questo complesso un punto di riferimento per l’edilizia sostenibile in Toscana,candidato alla certificazione di sostenibilità LEED,Gold rating.

Casa Pieri

L’intervento prevede la costruzione di un’abitazione bifamiliare in classe A in un lotto di esigue dimensioni, triangolare ed in pendenza. Il lotto si trova in una zona collinare di pregio paesaggistico, urbanizzata con un tessuto edilizio rado di abitazioni isolate, sita a Le Sieci; l’area era costituita da una parte libera edificabile, estremamente ridotta come superficie, ed una parte a bosco di conifere e latifoglie. La committenza richiedeva un’edificio ispirato a Wright che contenesse due alloggi indipendenti, ciascuno dotato di un affaccio panoramico verso la vallata a nordovest e dell’accesso al giardino verso sud, dove il lotto si allarga verso il bosco di proprietà. I vincoli del sito hanno determinato l’organizzazione funzionale e volumetrica, definita da tre parallelepipedi sovrapposti e sfalsati di mezzo piano l’uno sull’altro. Il progetto energetico è stato impostato sulla semplicità costruttiva delle soluzioni tecniche e dei sistemi impiantistici. Si è puntato su un involucro ad alta prestazione, lasciando agli impianti un ruolo secondario. Ponti termici sono stati eliminati a priori nel disegno della soluzione di involucro. Il sistema degli impianti prevede una caldaia a condensazione ed un impianto a bassa temperatura a pannelli radianti; data la presenza del bosco e la necessaria manutenzione, l’impianto è integrato da un termocamino a legna nel soggiorno con distribuzione del calore nelle camere. Un impianto fotovoltaico da 6 kWp copre i consumi elettrici.

Casa S+D

La casa monofamiliare sorge ad Empoli, in località Marcignana trenta chilometri ad ovest di Firenze; è stata costruita per sostituzione edilizia con stuttura portante in acciaio e pannelli in Xlam. L’idea insediativa attorno alla quale si è sviluppata la progettazione è l’integrazione con l’ambiente naturale e l’orientamento. Le viste sul paesaggio circostante sono state tenute in grande considerazione, in particolare le grandi aperture della sala sono rivolte ed incentrate sui tramonti particolarmente spettacolari che questa zona è capace di donare. I pilotis in acciaio che sostengono il volume del primo piano sono stati incrociati in maniera apparentemente casuale per ricordare le canne che ricoprono gli argini del torrente Elsa che corre a pochi metri di distanza, ma anche le sostruzioni realizzate dai contadini per sostenere le piante di pomodoro in estate. Ottantaquattro metri quadrati di spazio al primo piano, settantacinque metri quadrati al piano terra, settanta metri quadri di terrazze, cinquanta metri quadri di loggia. Tre camere, tre bagni, soggiorno, cucina, tinello e garage. Sessantacinque metri cubi di legno di abete, cinquantanove metri cubi di fibra di legno di legno, cinque tonnellate di acciaio e trenta metri cubi di calcestruzzo per le fondazioni.. Un albero di albicocche e un tramonto al giorno. Un sogno che diviene realtà.

L’intervento di realizzazione della nuova Piazza dell’Immaginario rappresenta un’azione leggera dall’impatto profondo in un quartiere dove l’assenza di spazio pubblico costituisce un problema evidente. Capannoni, supermercati, case, ristoranti e negozi cinesi si interrompono per pochi metri all’interno del densamente costruito Macrolotto Zero per lasciare posto ad una superficie da ripensare e riqualificare. Ciò che prima era parcheggio diviene spazio aperto ai cittadini del quartiere e alle loro possibili iniziative. Il progetto si configura all’interno della seconda tappa di un percorso promosso nella Chinatown pratese dall’associazione Dryphoto arte contemporanea. In questa edizione 2015 le opere di Francis Alÿs, Bert Theis, Pantani-Surace sono strategicamente installate sulle facciate di tre edifici tangenti la piazza. L’obiettivo è quello di favorire e promuovere uno scambio culturale e riflessivo su quelle che sono le questioni legate al quartiere, e al suo immaginario. Se l’installazione di opere fotografiche delinea verticalmente i confini della piazza e ne definisce le intenzioni, la nuova pavimentazione traccia orizzontalmente il suo perimetro preciso e racchiude le sue potenzialità. Questi sono i punti di partenza progettuali per la realizzazione della nuova Piazza dell’Immaginario a Prato. La nuova pavimentazione viene quindi pensata simile ad un mosaico, capace di impreziosire lo spazio e al contempo ridefinirlo.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva: da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio – seppur ancora da scoprire – e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato; dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nel- la misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi: in primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante; in secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva: da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio – seppur ancora da scoprire – e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato; dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nel- la misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi: in primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante; in secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

Premio Architettura Toscana

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