C’erano una volta due anime buone che, stanche della nebbia, decisero di lasciarla alle spalle e trascorrere il resto del tempo felici e contenti a contatto col salmastro. Da qui nasce l’idea progettuale, ma anche dalla voglia di riscatto e di riempirsi occhi e cuore di blu. Un vecchio appartamento anni ‘60 situato lungo la riva del Porto di San Vincenzo è stato oggetto di una ristrutturazione che lo ha trasformato radicalmente. Gli spazi sono stati disegnati per avere un contatto visivo costante con il mare, motivo per cui già con l’ingresso si è voluto ricreare un cannocchiale che indirizza l’occhio verso l’esterno tramite un gioco di superfici inclinate e luci lineari. E’ stata inoltre creata un’unica zona giorno che si apre sulla terrazza nella quale le superfici ed i volumi dedicati a cucina e pranzo si incastrano gradualmente in quelli dedicati al soggiorno. Lo spazio principale è abbracciato dai mobili contenitori la cui superficie liscia è alternata con delle nicchie dipinte con i colori del mare, questi inoltre sono stati progettati in modo che potessero dare connotazioni diverse allo spazio pur mantenendo un disegno unitario: è così che essi fungono sia da guardaroba che da nicchia-studio, sia da mobile tv-radio che da libreria, sia da credenza che da esposizione ed infine celano le porte che danno sulle due zone notte. Entrambe le camere guardano il paesaggio e sono dotate di cabine armadio e bagni, anche quest’ultimi parlano del territorio tramite i rivestimenti.

L’edificio è stato costruito nel 1940, come magazzino, privo di pregi artistici e decorativi, successivamente adibito a civile abitazione e donato alla parrocchia, per essere usato per le celebrazioni eucaristiche. Dovevamo rispondere alla fondamentale esigenza della committenza, la parrocchia, di ottenere, nel nuovo progetto, un’aula priva di qualsiasi struttura muraria che impedisse la visione diretta del presbitero durante la celebrazione. Oltre alla ricerca di una nuova e più appropriata distribuzione interna, volevamo che il luogo di culto si prolungasse all’esterno, con un sacrato, in parte coperto, luogo di sosta e di aggregazione per gli abitanti del quartiere. Alla facciata è applicato un rivestimento, una “facciata ventilata”, che impedisce la vista dal basso della copertura, isola termicamente la parete esterna e “incornicia” il portale d’ingresso, evidenziandolo. Il portale non risulta un elemento edilizio aggiunto alla facciata, ma ha una continuità strutturale con le travi interne ed una continuità visiva con il resede esterno, sulla strada. Questo diviene “pausa architettonica” rispetto agli edifici circostanti, privo di segni superflui, sobrio e, con il piccolo sagrato antistante, introduce il fedele all’interno della cappella. “Pausa architettonica” che consente di rispondere alle esigenze della Commissione Episcopale Italiana che ci impone la “riconoscibilità del luogo di culto”. L’ingresso è delimitato da due fioriere laterali che diventano sedute.

La Petite

“La Petite” è un cocktail-restaurant nel centro storico di Firenze. Al piano terra si trova il cocktail-bar, mentre la sala al primo piano è adibita a ristorante. Gli interni sono stati progettati e disegnati in ogni dettaglio: il rivestimento parietale, la scala, tutti gli arredi (ad eccezione delle sedute), i corpi illuminanti. Elemento focale del locale è la scultura parietale in pietra chiara, mutevole con la luce grazie al disegno delle ombre. Per ottenere la complessità geometrica ed il gioco di ombre ricercato, è stato studiata la posizione e la rotazione di ogni elemento. La struttura della scala in lame di acciaio rende permeabile il movimento dei clienti tra i due livelli del locale. Il cordino in pelle rende vibrante il parapetto e contribuisce a smaterializzare visivamente la struttura metallica. I tavolini alti da bar rispondono a due necessità diverse: accoppiati, divengono tavoli per pasteggiare in compagnia, addossati in linea alla parete, costituiscono invece una mensola su cui appoggiare i drinks. Al livello superiore, la saletta offre uno spazio raccolto: una panca sottolinea la parete centrale, un sistema di mensole all’altezza dei tavoli riequilibra le proporzioni della stanza affrescata, grandi specchi ingrandiscono l’ambiente, a terra un pavimento in vinile intrecciato dà la sensazione di un grande tappeto. I corpi illuminanti sono orientabili verso i tavoli per un’illuminazione diretta o contro la parete, per un effetto di luce più diffusa

Villa M

Villa M, dal passato introverso e buio, ha inaugurato con questo progetto, sensibile alla memoria storica e al tempo stesso espressione di un linguaggio contemporaneo, una nuova stagione della sua vita. In questo scenario il progettista ha trasferito la sua visione di dialogo fra storia e contemporaneità, dalla reinterpretazione degli spazi alla scelta delle finiture, passando per il disegno degli arredi realizzati su misura. La neutralita’ dei colori, il grigio della pietra ed il bianco delle pareti nonche’ la linearita’ degli interventi e dei dettagli stimola il contrasto con il calore del legno rinnovato della scala centrale e degli arredi storici, i quali a loro volta dialogano con quelli contemporanei come la cucina o gli arredi in ferro. La sala centrale, grazie allo spostamento della scala, e’ oggi uno spazio luminoso e pieno di complessita’, vivibile su tutti e tre i suoi livelli e permette inediti scorci sul contesto esterno. Al piano terra tutti gli spazi sono aperti e fruibili fluidamente: ad una parete manovrabile e’ affidata la separazione della cucina per eventi formali. La pavimentazione in pietra serena locale amplifica questa continuita’ fra gli spazi e la estende anche quelli esterni della nuova terrazza. Ai piani superiori si sviluppano le funzioni piu’ private, l’atmosfera si scalda grazie all’uso Di una pavimentazione in rovere termotrattato ed il segno si fa meno rigido concedendo tutti i comfort di una abitare moderno.

Hidden Eggs

L’opera è situata nel sottosuolo di una villetta a Luciana (Fauglia). Era possibile accedere dal Soggiorno alle Cantine mediante una scala in pietra chiusa da una grata in ferro; le cantine avevano un solaio in legno (quota -2.97 mt) poggiato su travi in acciaio, da una botola con scala a pioli era possibile accedere al livello sottostante (quota – 5.27 mt). Il livello di umidità era tale da aver corroso i solai e compromesso l’impianto elettrico delle cantine. L’Opera Hidden Eggs ha previsto una nuova chiusura delle scale composta da tre vetrate con infisso in acciaio e maniglia a scomparsa poste a livello del pavimento del soggiorno. E’ stato quindi realizzato un impianto di aerazione forzata utilizzando tubazioni in Pvc per le cantine ed in acciaio inox a vista in Cucina regolate da un ventilatore con motore posto all’esterno del fabbricato. Sono stati realizzati nuovi solai e scale a chiocciola mediante profili in acciaio e lamiere grecate (per garantire maggiore passaggio d’aria). La Cantina di destra, utilizzata per i vini, è visibile dal lucernario in Soggiorno e presenta un solaio composto da lamiere tagliate a spicchi che proseguono l’andamento della scala a chiocciola, ha sia illuminazione scenica realizzata mediante led colorati che illuminazione tecnica per l’utilizzo della cantina stessa. La Cantina di sinistra, utilizzata come ripostiglio, ha scale decentrate e solaio composto da lamiere tagliate irregolarmente, presenta illuminazione tecnica a tenuta stagna.

Casa Moma

casa unifamiliare

La dimora storica di impianto ottocentesco denominata Villa “Bellavista” si trova fra gli olivi della collina di Vicchio di Rimaggio. L’immobile, composto da garage interrato, due piani fuori terra, piano sottotetto e altana, è stato sottoposto negli ultimi anni ad un intervento di recupero con adeguamento del piano sottotetto agli standard abitativi. Sono i 160 mq di quest’ultimo piano con altana, ad essere oggetto dell’intervento di ristrutturazione e allestimento di interni, dove materiali identitari del luogo vengono declinati con richiami tipici dell’architettura toscana, attraverso lavorazioni e forme che si articolano tra classico e moderno. I pavimenti, realizzati su disegno da una ditta artigiana del luogo, sono in noce nazionale posato in quadrotte stile Versailles con bindello e fascia di aggiustaggio. I pavimenti dei bagni, con relativi lavabi e piatti doccia, realizzati anch’essi su disegno, posati e lucidati in opera, alternano materiali quali marmo bianco Carrara, Verde Guatemala, Nero Marquinia e Botticino per l’altana. Nel bagno del figlio, come in cucina, sono state posate delle cementine a richiamare gli stili talvolta floreali e alle volte geometrici delle pastine degli anni ’30. Il camino della cucina e la scala di collegamento con l’altana sono in pietra serena. Il camino del soggiorno, in marmo Calacatta macchia vecchia, diventa il fulcro della casa, dove raccogliersi per godere appieno della meravigliosa vista sulla cupola del Brunelleschi.

L’intervento di realizzazione della nuova Piazza dell’Immaginario rappresenta un’azione leggera dall’impatto profondo in un quartiere dove l’assenza di spazio pubblico costituisce un problema evidente. Capannoni, supermercati, case, ristoranti e negozi cinesi si interrompono per pochi metri all’interno del densamente costruito Macrolotto Zero per lasciare posto ad una superficie da ripensare e riqualificare. Ciò che prima era parcheggio diviene spazio aperto ai cittadini del quartiere e alle loro possibili iniziative. Il progetto si configura all’interno della seconda tappa di un percorso promosso nella Chinatown pratese dall’associazione Dryphoto arte contemporanea. In questa edizione 2015 le opere di Francis Alÿs, Bert Theis, Pantani-Surace sono strategicamente installate sulle facciate di tre edifici tangenti la piazza. L’obiettivo è quello di favorire e promuovere uno scambio culturale e riflessivo su quelle che sono le questioni legate al quartiere, e al suo immaginario. Se l’installazione di opere fotografiche delinea verticalmente i confini della piazza e ne definisce le intenzioni, la nuova pavimentazione traccia orizzontalmente il suo perimetro preciso e racchiude le sue potenzialità. Questi sono i punti di partenza progettuali per la realizzazione della nuova Piazza dell’Immaginario a Prato. La nuova pavimentazione viene quindi pensata simile ad un mosaico, capace di impreziosire lo spazio e al contempo ridefinirlo.

Casa Pieri

L’intervento prevede la costruzione di un’abitazione bifamiliare in classe A in un lotto di esigue dimensioni, triangolare ed in pendenza. Il lotto si trova in una zona collinare di pregio paesaggistico, urbanizzata con un tessuto edilizio rado di abitazioni isolate, sita a Le Sieci; l’area era costituita da una parte libera edificabile, estremamente ridotta come superficie, ed una parte a bosco di conifere e latifoglie. La committenza richiedeva un’edificio ispirato a Wright che contenesse due alloggi indipendenti, ciascuno dotato di un affaccio panoramico verso la vallata a nordovest e dell’accesso al giardino verso sud, dove il lotto si allarga verso il bosco di proprietà. I vincoli del sito hanno determinato l’organizzazione funzionale e volumetrica, definita da tre parallelepipedi sovrapposti e sfalsati di mezzo piano l’uno sull’altro. Il progetto energetico è stato impostato sulla semplicità costruttiva delle soluzioni tecniche e dei sistemi impiantistici. Si è puntato su un involucro ad alta prestazione, lasciando agli impianti un ruolo secondario. Ponti termici sono stati eliminati a priori nel disegno della soluzione di involucro. Il sistema degli impianti prevede una caldaia a condensazione ed un impianto a bassa temperatura a pannelli radianti; data la presenza del bosco e la necessaria manutenzione, l’impianto è integrato da un termocamino a legna nel soggiorno con distribuzione del calore nelle camere. Un impianto fotovoltaico da 6 kWp copre i consumi elettrici.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva. Da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio –seppur ancora da scoprire– e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato. Dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nella misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi. In primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante. In secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

Piazza dei Tre Re è una delle piazze medievali più antiche di Firenze, situata tra piazza della Repubblica e via Calzaioli. Nonostante la sua posizione centrale, è stata a lungo deturpata da incuria e da indegne forme di degrado. A seguito di un bando indetto dal Comune di Firenze per riqualificare l’area con un allestimento di decoro urbano e annesso punto ristoro, Serre Torrigiani realizza il primo urban garden-street food nel cuore della città, su progetto e direzione dell’architetto Chiara Fanigliulo. L’idea è quella di combattere il degrado interpretando questo angolo nascosto come una sorta di Eden, di giardino dei desideri, dove immergersi in una dimensione di sogno. Accedendo dai tre piccoli vicoli, una successione di alberi e fioriere–lanterne sospese introducono all’esplosione verde del green wall, il giardino verticale di piante rampicanti che creano un effetto dirompente di rigogliosità e fascino. Il green wall è realizzato con una struttura a ponteggio di tubi innocenti, alla cui base ci sono le fioriere per l’alloggio delle piante rampicanti che si sviluppano in altezza intrecciandosi a reti metalliche. L’area ristoro è data da un chiosco decorato ad esagoni colorati che amplificano l’impatto “fatato” del luogo, e da una pedana destinata a spettacoli. Con il semplice impiego di verde e di installazioni temporanee, l’intervento di piazza dei Tre Re sembra aver raggiunto il suo obiettivo primario, ovvero, riportare attività e vita nel luogo e contrastarne il degrado. (foto di Giulia Bordini)

Casa IV

Nel libro Architettura rurale italiana, Pagano e Daniel scrivono: «La conoscenza delle leggi di funzionalità e il rispetto artistico del nostro imponente e poco conosciuto patrimonio di architettura rurale sana e onesta, ci darà l’orgoglio di conoscere la vera tradizione autoctona dell’architettura italiana: chiara, logica, lineare, moralmente ed anche formalmente vicinissima al gusto contemporaneo». Partendo da queste considerazioni che il progetto si sviluppa cercando di instaurare un rapporto tra la tipologia della casa di campagna e l’icastica tradizione dei luoghi. La geometria rigorosa regola il disegno e l’orientamento dell’abitazione rispondendo a precise misure e rinnovando quel paziente processo di trasformazione basato sulla sovrapposizione e sull’adesione alle regole preesistenti. La casa è composta da due livelli, uno alla quota del basamento e l’altro alla quota della grande loggia cadenzata dal ritmo serrato dei profili metallici. Le stanze interne sono disposte in modo tale che gli ambienti principali abbiano tutti un affaccio privilegiato a sud. I prospetti, scanditi da poche regolari aperture, danno all’abitazione un aspetto di chiusura. La casa severa si apre improvvisamente al paesaggio e dalla loggia, vera e propria soglia tra interno e esterno, è possibile traguardare la Maremma per spingersi con lo sguardo fino all’Isola del Giglio, come ultimo punto focale dell’orizzonte, quando la terra e il mare, indistinguibili girano.

Premio Architettura Toscana

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