Villino

L’intero progetto, si sviluppa seguendo la linea retta, elemento essenziale da cui si è generato tutto l’intervento, fino alle soluzioni adottate per la scelta di particolari e dettagli, con specifica attenzione rivolta alla nuova scala. Il nuovo progetto di collegamento con il sottotetto, nasce idealmente da un blocco di forma parallelepipeidale nello spazio rilevato, da cui ne viene catturata la sua forma trapezoidale esistente in pianta, che rappresenta, in proiezione, la scala, con tutti i suoi punti e le sue altimetrie dei gradini soprastanti l’opera. Questo disegno, nella sua forma caratteristica, ricorda lo spazio scultoreo ed essenziale, mentre le geometrie e gli elementi dei gradini stessi, si ispirano agli oggetti elementari di design in fusione al progetto d’insieme della scala. La porzione ricavata del sottotetto, invece, ha origine dal disegno in pianta, in particolare, dalla rappresentazione della sua sezione, che genera idealmente un guscio composto da sottrazioni e addizioni compositive di volumi lineari.

Gli interni si ispirano ad un design sofisticato dal gusto retrò che si sviluppa attraverso ambienti accoglienti e conviviali, lasciando ai dettagli d’arredo il compito del racconto. Gli spazi sono decorati con lampade in ottone su disegno anni 50 ed opaline che ricordano i bistrot francesi, arricchiti da carte da parati disegnate da Fornasetti e sedute rivestite con tessuti sartoriali made in Italy. Le scelte cromatiche prediligono i toni sobri del blu e del grigio, con materiali che vanno dal legno e ferro per i pavimenti, alle finiture in ottone ed ai marmi per i tavoli. Dall’ampia vetrata d’ingresso, incorniciata da infissi in legno color black blue si scorge un ampio bancone dove è possibile fermarsi per un cocktail preparato a regola d’arte o un bicchiere di buon vino. La cucina è a vista e si affaccia sulla sala che porta alla piccola corte interna attraverso la quale di accede ad una romantica limonaia. L’intervento volutamente rispettoso delle preesistenze non ha modificato la distribuzione degli spazi ma ha inciso sull’atmosfera degli ambienti preservando l’anima dello luogo situato in uno dei più noti quartieri storico-popolari di Firenze, Santo Spirito.

La struttura nata come convento nella prima metà del sec.XVII viene adattata e trasformata in Casa di Pena intorno alla metà del sec.XIX finché nel 1984 con la costruzione del carcere di Sollicciano i detenuti vengono trasferiti nel nuovo penitenziario mentre quello di Santa Teresa viene dismesso. Il valore storico che emerge come carattere determinante di questo edificio viene recepito dal progetto che si propone di mantenere visibile la sedimentazione secolare di segni e interventi diversi valorizzando attraverso il recupero sia la memoria del carcere che quella più antica del convento e riportando alla luce quando possibile l’impianto originario di quest’ultimo. Approccio che ha guidato il riordino delle attività della scuola secondo una relazione tesa tra necessità funzionali e lettura delle diverse parti di stratificazione storica del complesso: la Facoltà di Architettura occupa i corpi a pettine che risalgono all’ampliamento carcerario dell’800; il Dipartimento di Progettazione occupa il nucleo dell’antico convento con i locali intorno al chiostro. Tra le due parti dove prima c’era un vuoto di risulta salvo minori collegamenti di servizio il progetto ricava la nuova spina distributiva con ingresso da Via Mattonaia. La nuova hall vetrata attraverso affacci e stacchi architettonici ad un unico tempo riconnette e tutela la lettura delle diverse parti nonché trascende la funzione distributiva per poter essere utilizzata come galleria espositiva e di dibattito con la Città.

Nel museo abbiamo evocato l’antica facciata con un modello a grandezza naturale, basato sul disegno di Bernardo Poccetti, realizzato con membrature architettoniche in resina caricata con polvere di marmo su una struttura metallica e ricollocando le sculture nelle loro posizioni originali. La grande sala che un tempo era il Teatro degli Intrepidi (prima di diventare un malinconico garage) ora è un teatro dell’architettura e costituisce la scena fissa su cui si muovono le opere d’arte intrattenendo i loro mutevoli rapporti e i loro dialoghi con i visitatori. Sui due lati lunghi si confrontano due facciate: quella Arnolfiana (abitata dalle sculture) e quelle di marmo bianco con tre porte (quelle del Battistero) e trenta finestre. Dietro alla facciata di marmo bianco, su tre gallerie a diversi livelli, sono ospitate le statue antiche, quelle del campanile e i modelli storici per la facciata del duomo. Attraverso le finestre le statue dialogano con quelle della facciata. La parete traforata prosegue con lo stesso ritmo nei lacunari della copertura della grande sala, dove le aperture, fanno piovere la luce zenitale proveniente dai lucernari. Molte altre sale sono le sale del museo: accennerò solo a quella della Pietà. La Pietà ha avuto una storia travagliata, finalmente approdata al Museo… volevamo darle una collocazione serena, dove potesse trovare lo spazio e la luce che le era destinata, così sta su una sorta di mensa di pietra in una stanza alta sotto la luce che viene dall’alto.

Il progetto del Museo degli Innocenti fonda le sue ragioni sull’interpretazione del bene monumentale come struttura viva e rappresenta la sintesi tra le istanze di uso contemporaneo degli spazi museali esistenti e la valorizzazione di ambienti fino ad oggi inutilizzati. Il progetto risolve i problemi di accessibilità grazie ai nuovi ingressi sulla piazza, all’apertura di uno spazio al livello seminterrato e al nuovo sistema di distribuzione verticale che connette i vari livelli. Realizza un allestimento dedicato all’infanzia che valorizza tanto il patrimonio storico e artistico quanto il complesso monumentale di Brunelleschi. Riscopre e ridona alla città una grande loggia, il Verone, antico stenditoio del palazzo fiorentino, che grazie al progetto ha ritrovato la sua originaria apertura panoramica sulla città di Firenze, fruibile non solo ai visitatori del museo ma a tutta la cittadinanza. Due porte in bronzo azionate meccanicamente risolvono il problema dell’accesso dalla piazza. Le porte a geometria variabile interpretano l’idea di Brunelleschi di continuità tra interno ed esterno e con un gesto simultaneo rievocano la disponibilità dell’edificio ad “accogliere”. Il progetto museografico ha evidenziato le potenzialità delle aree espositive esistenti, integrandole in un sistema più ampio che comprende tutto l’edificio. Il percorso espositivo si articola dagli spazi del seminterrato, prosegue nella Pinacoteca del piano nobile e si conclude nella loggia panoramica del Verone.

Toscana Ricicla – piattaforma di comunicazione integrata che coinvolge 12 soggetti regionali, tra aziende pubbliche ed Enti (Regione Toscana, Revet, Quadrifoglio, Publiambiente, Seitoscana, …), legati all’economia circolare dei rifiuti – da quest’anno ha dato vita alla “Settimana della Qualità”, appuntamento periodico e itinerante che punta alla comunicazione e alla corretta informazione per innalzare la qualità dei materiali raccolti. Per questo l’Arch. Chiara Fanigliulo è stata incaricata di progettare uno stand che ospiti conferenze ed incontri e che mostri cosa si può produrre dal riciclo di materia. Il padiglione, inaugurato a Novembre 2016 in Piazza Repubblica a Firenze e che nei mesi a venire si sposterà in varie città della Toscana, utilizza materiali provenienti dalla filiera del riciclo: profili, rivestimenti, pavimentazioni e coppi in plastica, arredi in cartone, una rastrelliera in acciaio, oggetti in alluminio, bottiglie di vetro, decorazioni di carta, tutto rigorosamente ottenuto dal riciclo. I setti, dati da un gioco di “pieni-vuoti” di profili, orientati lungo gli assi diagonali dello stand, aprono lo spazio e individuano 4 aree: area espositiva, ambiente chiuso ravvivato da luci e verde; area kids, provvista di casetta per bambini; area garden, con parete di verde verticale; area lounge, allestita con arredi in cartone riciclato e coperta da un tetto trasparente, che contribuisce a mantenere il contatto e l’integrazione del padiglione con l’intorno.

Una “striscia” edificata che richiama l’immagine delle mura urbane e tre elementi che vi si addossano: un elemento “lineare” , un elemento a “capannone industriale” ed un elemento “torre”. I tre elementi sono composti ed uniti a formare una sorta di “trancia” di tessuto urbano caratterizzato proprio dal tema dell'”addossamento”, dalla convivenza simbiotica di quattro parti. Come il Ponte Vecchio che dichiara la compresenza dei due elementi fondanti con identità distinte e diverse quali il corridore e le “casette degli orafi”, Come i centri fortificati nei quali la crescita interna per stratificazioni successive ha condotto le case ad addossarsi alle mura, Come nelle fortezze trasformate in borghi proprio attraverso l’addossamento delle case lungo il perimetro interno delle mura. Da questi “modelli” storici di architettura spontanea si è formato il progetto che tende a regolarizzare quattro elementi “conosciuti” in una composizione tipologico-figurativa analogica. Il progetto si fonda quindi sull’aggregazione di quattro parti singolari, dove ad ogni singola funzione corrisponde una singola “fisionomia” (forma, aperture, colori,etc.). Tre elementi (il “capannone”, la “torre”, il “palazzo” ) sono racchiusi e raccolti da un quarto elemento (il “muro”) e sono rivolti sulla piazzetta nella quale convergono tutti i principali accessi verso l’interno della costruzione che ospita funzioni di accoglienza,uffici amministrativi,residenze provvisorie,mensa, servizi generali.

Hotel Glance

Hotel Glance – 4000mq -Fi L’Hotel Glance nasce dalla riconversione di un edificio prevalentemente destinato ad uffici in una nuova struttura turistico ricettiva . L’immobile ,progettato dall’Arch. Italo Gamberini alla fine degli anni ’50, è costituito da un edificio su 5 piani, una corte interna e una terrazza panoramica in copertura . Il progetto consiste in una riorganizzazione funzionale dell’intero edificio attraverso l’utilizzo di un linguaggio architettonico contemporaneo e relativamente inusuale in una città come Firenze, capace di conferire fruibilità agli spazi mantenendo sempre la massima attenzione ad ogni singolo dettaglio di arredo che è stato integralmente realizzato su progetto dello studio . Il tema conduttore dell’intervento è il patrimonio artistico della città declinato attraverso la riproduzione di alcuni dettagli di opere scultoree appartenenti a 4 artisti operanti nel territorio Fiorentino nel periodo Rinascimentale quali Michelangelo, Giambologna, Ammannati e Baccio Bandinelli ad ognuno dei quali è stato dedicato un singolo piano. Le fotografie appositamente scattate sono state rielaborate , stampate su fibra di vetro e utilizzate come rivestimento di pareti o di arredi in macro dimensione . Nella corte interna all’edificio è stato realizzato un open bar inserito in un contesto di verde costituito dalle tipiche essenze della campagna Toscana mentre all’ultimo livello è presente uno “sky bar” destinato ad eventi con piscina e zona relax .

L’intervento in oggetto si colloca in via Aretina, all’interno del quartiere 2 di Firenze, nella zona denominata Varlungo sita nella parte est della città, più nota come ‘Firenze Sud’. Il progetto ha interessato la riqualificazione di capannoni industriali abbandonati risalenti ad epoche diverse per un totale di 3200 mq destinato ora a laboratori artistici, studi e spazi collettivi dedicati a chi frequenta questi ambienti. Questi edifici erano segnalati nel piano strutturale del Comune di Firenze come di particolare criticità. Con il progetto si è previsto il recupero puntuale degli immobili e delle strutture cercando di evidenziare in particolare elementi strutturali quali capriate, travature, tetti in legno e murature in mattoni. Si è scelto di lasciare visibili le tracce del tempo che aveva lasciato stratificazioni di epoche differenti: una mangiatoia laddove ora sorge un piccolo bar, metodologie costruttive varie quali capriate in legno e volte in laterizio armato, materiali e colori misti. Con questo obiettivo si è scelto di suddividere gli spazi interni con partizioni di altezza 2, 50 m così da lasciare la percezione di unità dell’intero complesso. All’interno sono stati realizzati: uffici per il personale, uno spazio lounge interno e due piazzali esterni riqualificati ed attrezzati, uno spazio bar, numerosi laboratori con attrezzature varie a seconda delle necessità delle discipline, studi privati, 4 studio per il ricovero di ospiti stranieri e un auditorium.

L’unità immobiliare, ante ‘67, è Classificata in Centro storico entro le mura, e in Classe 5. L’obiettivo principale del progetto di recupero e cambio di destinazione, da uffici a residenza per turisti, era quello di creare uno spazio fluido che permettesse una facile fruizione e ampia disponibilità di spazi e letti. Partendo da uno studio preliminare per capire la fattibilità del cambio di destinazione e un attento preventivo di massima, avendo ben presente le richieste precise della committenza, gli architetti sono riusciti a sviluppare liberamente un progetto, in cui si coniuga armoniosamente la luce, le forme e i materiali impiegati integrandoli nell’ambiente minimalista, attraverso una libera interpretazione degli spazi interni per meglio adattarsi alla nuova destinazione. L’atmosfera dell’interno è influenzata da diversi materiali di lusso e da un insieme cromatico molto semplice dominato dall’intonaco burro, i soffitti bianchi, il parquet chiaro, posato a lisca di pesce tradizionale, e la pietra nei bagni. I tocchi di colore sono dati dalle carte da parati scelte fra le molteplici del negozio specializzato di Via Santo Spirito, gli arredi sono stati realizzati e scelti dagli architetti nel rispetto di un unicum spaziale. Due porte a scorrere gemelle, appese nel controsoffitto, si aprono sull’ingresso dando la possibilità di utilizzare lo spazio in modo flessibile, gli specchi ampliano lo spazio, riflettendo la luce delle ampie finestre.

L’unità immobiliare, ante ‘67, è Classificata in Centro storico entro le mura, e in Classe 5. L’obiettivo principale del progetto di recupero e cambio di destinazione, da uffici a residenza per turisti, era quello di creare uno spazio fluido che permettesse una facile fruizione e ampia disponibilità di spazi e letti. Partendo da uno studio preliminare per capire la fattibilità del cambio di destinazione e un attento preventivo di massima, avendo ben presente le richieste precise della committenza, gli architetti sono riusciti a sviluppare liberamente un progetto, in cui si coniuga armoniosamente la luce, le forme e i materiali impiegati integrandoli nell’ambiente minimalista, attraverso una libera interpretazione degli spazi interni per meglio adattarsi alla nuova destinazione. L’atmosfera dell’interno è influenzata da diversi materiali di lusso e da un insieme cromatico molto semplice dominato dall’intonaco burro, i soffitti bianchi, il parquet chiaro, posato a lisca di pesce tradizionale, e la pietra nei bagni. I tocchi di colore sono dati dalle carte da parati scelte fra le molteplici del negozio specializzato di Via Santo Spirito, gli arredi sono stati realizzati e scelti dagli architetti nel rispetto di un unicum spaziale. Due porte a scorrere gemelle, appese nel controsoffitto, si aprono sull’ingresso dando la possibilità di utilizzare lo spazio in modo flessibile, gli specchi ampliano lo spazio, riflettendo la luce delle ampie finestre.

Italian Tapas

Italian Tapas si trova in un edificio del XVI secolo, Palazzo Panattoni, in un ampio spazio all’interno del quale un tempo abitava una storica pasticceria fiorentina. Nell’allestimento degli spazi ruolo fondamentale ha avuto il concetto di contrasto: antico e moderno, colori scuri e colori chiari, tradizione e sperimentazione, servizio informale e servizio attento, così da dare vita ad uno spazio che prende spunto ed energia dal passato per mirare al futuro. Il confronto con uno spazio così caratterizzato dal tempo come quello al piano terra di Palazzo Panattoni è stata una sfida progettuale molto interessante. Il sistema di raccolta delle acque meteoriche che abbiamo ritrovato nelle murature è stato trasformato in un sistema di illuminazione decorativo. Il certosino lavoro della restauratrice Cristina Napolitano, ha permesso di recuperare alcuni affreschi e stucchi antichi oltre che importanti ornamenti in pietra serena. Gli arredi, tutti realizzati su misura, hanno conferito allo spazio un carattere dinamico e versatile come richiesto dal committente. Le sedute ora si trasformano in bancone ora in un sistema di tavolini e panche. L’illuminazione caratterizza ogni singola sala conferendo caratteristiche diverse. Un piccolo giardino interno, come una piccola giungla arricchisce l’antico pozzo riscoperto tra le murature.

Premio Architettura Toscana

2018 - 2022 © Tutti i diritti riservati. Fondazione Architetti Firenze, Via Valfonda 1/a, 50123 Firenze

Cod.Fisc./P Iva 06309990486 | Privacy Policy | Cookie Policy

Design by D'Apostrophe | Developed by Shambix