Abbiamo realizzato una struttura turistico-ricettiva nel cuore di Firenze, nella centralissima via San Zanobi, in un monumentale palazzo storico di matrice quattrocentesca. Parole d’ordine: comfort e decor. È questo lo spirito che contraddistingue Florence Prestige Apartments, un intero piano dedicato all’accoglienza che già nel nome evoca esclusività e ricercatezza. Abbiamo trasformato questa casa della tradizione fiorentina, in un intrigante gioco di spazi, forme e colori, con echi decorativi tipici di fine ottocento, contaminati da modernismi contemporanei, in un perfetto mix per accogliere viaggiatori curiosi, esigenti e amanti del bello. Gli spazi a comune, vero cordone ombelicale di raccordo delle atmosfere private create nei diversi appartamenti, non è separato dalle aree più private, ma dialoga con esse: gli ambienti fluiscono armoniosamente l’uno nell’altro collegati da un fil rouge che accomuna tutto il progetto di interior. Anche i bagni non si sottraggono al nostro approccio decorativo: tessere colorate di mosaico si armonizzano con tessere stampate su wallpaper, in un gioco di rimando e effetto materico tridimensionale. Grazie all’impiego della tecnologia più evoluta, non rinunciamo al comfort ambientale: sensori di rilevazione di presenza per avere temperatura e umidità ideale in ogni singolo ambiente, completa gestione della casa vacanze in remoto, il tutto per ottimizzare i costi di gestione rendendo smart la location.

Brac

La libreria BRAC è uno spazio multifunzionale che offre una reinterpretazione dell’idea del classico café littéraire e comprende una libreria di arte contemporanea, un caffè e una cucina dove vengono preparati piatti vegetariani e vegani. Lo studio è intervenuto nella corte interna prima con un’installazione temporanea (realizzata in collaborazione con V. Muscedra e S. Leone), poi questa installazione si è evoluta e trasformata per rispondere ad un problema acustico ed con infine il progetto di restyling di tutti gli spazi che porta il locale alla configurazione attuale. Il cuore dell’intervento è la corte che collega visivamente le due sale principali: uno spazio caratterizzato da verticalità, colore, flessibilità, concepito con l’obiettivo di limitare la trasmissione del rumore alle residenze circostanti. Oltre 5.000 strisce di tessuto, di nove diversi colori, di lunghezze variabili, scendono dall’alto e coinvolgono il visitatore in uno spazio emozionale. Gli spazi del locale, seppur contenuti, sono stati resi più funzionali attraverso alcune soluzioni puntuali, come la trasformazione dell’ingresso, che ha portato a guadagnare uno spazio vetrina, la realizzazione di una una parete attrezzata in metallo che fa da filtro con la cucina, la sostituzione delle librerie esistenti con moduli a parete dall’ingombro ridotto. Sono stati ridisegnati gli infissi delle due grandi vetrate e sostituiti i rivestimenti interni ed esterni. È stato inoltre rinnovato il servizio igienico.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

La realizzazione della cappella per il DEAS della AOUC, l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi, ha rappresentato una delicata sfida progettuale, felicemente concretizzata. Il tema prevedeva di realizzare un nuovo locale dedicato al culto cattolico nell’atrio di distribuzione del Dipartimento di Emergenza ad Alta Specialità, in corso di completamento, all’interno di uno spazio di passaggio interessato dalla fitta maglia dei pilastri strutturali. La soluzione adottata presenta una linea architettonica morbida, femminile, che ha consentito di coniugare questo luogo sacro col contesto sanitario, delineando la sempre presente dicotomia umana tra corpo e spirito. La nuova cappella, con una capienza ordinaria di cinquanta persone, prevede la possibilità di rimuovere i pannelli perimetrali allargando lo spazio all’intero atrio per le funzioni più partecipate. La caratteristica tecnica del progetto di potersi dilatare fino a inglobare tutto lo spazio circostante assume qui una valenza allegorica di accoglienza universale. Il disegno in pianta si scosta notevolmente dalla rigidità delle pareti circostanti andando a creare una “mandorla” asimmetrica, svincolata dalla maglia strutturale esistente. Questa linea morbida nasce dalla ricerca di una forma avvolgente capace di accogliere all’interno i fedeli, ma anche di accompagnare con la sua curvatura le persone di passaggio nell’atrio. Per il design degli arredi sacri, è stato prescelto un linguaggio contemporaneo e innovativo.

Bettino

Bettino è il padiglione dedicato alla vendita dei prodotti di merchandising della Fondazione Meyer, situato all’interno dell’omonimo ospedale pediatrico di Firenze e si inserisce nella galleria di recente realizzazione frapposta tra il corpo est ed ovest dell’edificio originario. Questa si presenta come una struttura in legno lamellare, sormontata da una facciata continua in acciaio e vetro in connessione visiva con i quattro ettari di verde che cingono l’ospedale. L’interno è caratterizzato dalla ripetizione cadenzata di un sistema strutturale in legno, composto da orditure principali e secondarie ad arco ogivale che raggiungono un’altezza di oltre dieci metri. Il padiglione, con struttura autoportante in acciaio, si pone in continuità con la galleria rispettando il ritmo serrato delle campate ogivali. Una contrarcata simmetrica rispetto al sistema in legno lamellare, costituisce l’ossatura a supporto delle vetrine, mentre una serie di vele bianche in legno laminato suddivide funzionalmente lo spazio interno. Disposte trasversalmente alla galleria in corrispondenza della mezzeria dell’ogiva, le vele preservano il carattere aperto e permeabile della struttura. Il lessico formale della galleria viene reinterpretato nel padiglione per delineare un volume protetto e al tempo stesso trasparente, che ospita uno spazio di esposizione e vendita, insieme a un’area più raccolta attrezzata con postazioni di lavoro per il personale dipendente e un piccolo magazzino-guardaroba.

Bettino

Bettino è il padiglione dedicato alla vendita dei prodotti di merchandising della Fondazione Meyer, situato all’interno dell’omonimo ospedale pediatrico di Firenze e si inserisce nella galleria di recente realizzazione frapposta tra il corpo est ed ovest dell’edificio originario. Questa si presenta come una struttura in legno lamellare, sormontata da una facciata continua in acciaio e vetro in connessione visiva con i quattro ettari di verde che cingono l’ospedale. L’interno è caratterizzato dalla ripetizione cadenzata di un sistema strutturale in legno, composto da orditure principali e secondarie ad arco ogivale che raggiungono un’altezza di oltre dieci metri. Il padiglione, con struttura autoportante in acciaio, si pone in continuità con la galleria rispettando il ritmo serrato delle campate ogivali. Una contrarcata simmetrica rispetto al sistema in legno lamellare, costituisce l’ossatura a supporto delle vetrine, mentre una serie di vele bianche in legno laminato suddivide funzionalmente lo spazio interno. Disposte trasversalmente alla galleria in corrispondenza della mezzeria dell’ogiva, le vele preservano il carattere aperto e permeabile della struttura. Il lessico formale della galleria viene reinterpretato nel padiglione per delineare un volume protetto e al tempo stesso trasparente, che ospita uno spazio di esposizione e vendita, insieme a un’area più raccolta attrezzata con postazioni di lavoro per il personale dipendente e un piccolo magazzino-guardaroba.

La villa oggetto d’intervento è ubicata sulle colline di Firenze. Il progetto si basa sull’idea che un’architettura storica può e deve rispondere alle esigenze abitative contemporanee in fatto di funzionalità, comfort e tecnologia grazie a interventi condotti nel rispetto della struttura originale e con criteri che nulla concedano al “gusto” e alla “moda” del momento. I vincoli di tutela dei beni culturali possono essere affrontati come ulteriori elementi di sfida, per soddisfare le nuove richieste della committenza. L’intervento nasce dall’esigenza, di accorpare le unità immobiliari, realizzate nel tempo, ricomponendo l’originario organismo unifamiliare, secondo scelte progettuali frutto di ricerche storico-documentali. L’edificio ha subito nel corso del tempo modifiche che hanno alterato irreversibilmente gli interni, a differenza degli esterni che non sono sostanzialmente mutati. Il lavoro architettonico si è tradotto nella completa reinterpretazione funzionale degli interni e nel restauro degli esterni. La muratura esterna in Pietraforte, è stata recuperata con un restauro puntuale e il rifacimento delle parti mancanti.Gli interni sono stati progettati nel rispetto dell’impianto originale. La funzionalità e il comfort, seppur in spazi rigidi, sono stati raggiunti con la progettazione di tutti gli arredi e con l’adozione di un sistema integrato di gestione degli impianti, realizzato rispettando le caratteristiche dell’immobile e limitando le tracce invasive nelle murature.

La villa oggetto d’intervento è ubicata sulle colline di Firenze. Il progetto si basa sull’idea che un’architettura storica può e deve rispondere alle esigenze abitative contemporanee in fatto di funzionalità, comfort e tecnologia grazie a interventi condotti nel rispetto della struttura originale e con criteri che nulla concedano al “gusto” e alla “moda” del momento. I vincoli di tutela dei beni culturali possono essere affrontati come ulteriori elementi di sfida, per soddisfare le nuove richieste della committenza. L’intervento nasce dall’esigenza, di accorpare le unità immobiliari, realizzate nel tempo, ricomponendo l’originario organismo unifamiliare, secondo scelte progettuali frutto di ricerche storico-documentali. L’edificio ha subito nel corso del tempo modifiche che hanno alterato irreversibilmente gli interni, a differenza degli esterni che non sono sostanzialmente mutati. Il lavoro architettonico si è tradotto nella completa reinterpretazione funzionale degli interni e nel restauro degli esterni. La muratura esterna in Pietraforte, è stata recuperata con un restauro puntuale e il rifacimento delle parti mancanti.Gli interni sono stati progettati nel rispetto dell’impianto originale. La funzionalità e il comfort, seppur in spazi rigidi, sono stati raggiunti con la progettazione di tutti gli arredi e con l’adozione di un sistema integrato di gestione degli impianti, realizzato rispettando le caratteristiche dell’immobile e limitando le tracce invasive nelle murature.

Villa Fagan è un edificio di Firenze, situato in viale Antonio Gramsci, circondato da un bel giardino, ove si trova anche un annesso. Occupa una superficie di circa 1.600 mq e si pone come una delle più significative emergenze residenziali nel quartiere sorto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Già occupato dall’Università degli Studi di Firenze, il complesso è stato acquisito dalla Banca Di Credito Cooperativo di Cambiano per farne la sede direzionale e filiale capo area dell’istituto. Il recupero architettonico e il restauro sono stati eseguiti su progetto dello Studio Gurrieri Associati. Di fronte a un intervento di restauro conservativo di tipo filologico, con il progetto ci siamo inseriti sovrapponendoci in maniera naturale alla parte architettonica esistente, progettando una “seconda pelle” con opere di falegnameria e di design, cercando ispirazione più nel giardino antistante che nell’architettura esistente. Ne è venuta fuori un’immagine un po’ bucolica, fatta di citazioni floreali e naturalistiche che caratterizza l’intervento, coinvolgendo tutti i piani del fabbricato, dal piano terra al secondo, in una costante ricerca di continuità tra “dentro e fuori”. Una leggera ironia diffusa contamina tutti gli ambienti, mescolando il nuovo al vecchio senza regole e priorità.

Villa unifamiliare

Posta in un parco di 3.500 mq sulla collina di Marignolle a Firenze la villa di 200 mq venne costruita nei primi anni ’70 del secolo scorso ed è rimasta sostanzialmente immutata fino alla attuale ristrutturazione che ha interessato, oltre agli interni, anche il disegno dei prospetti e delle aree che circondano l’edificio dove è stata inserita una nuova piscina “a sfioro” di 28 mq che si affaccia verso la valle sottostante. Dalla zona giorno due grandi vetrate si aprono sull’ampio deck in legno che separa l’edificio dalla piscina e che circonda completamente la villa. L’intervento ha migliorato sensibilmente la prestazione energetica dell’edificio che è oggi completamente protetto da un “cappotto” termico esternamente rivestito con lastre di travertino. Lo skyline dell’edificio –circondato da cipressi, ulivi e pini marittimi– è stato completamente modificato dall’inserimento di nuovi ampi aggetti della copertura che proteggono i percorsi esterni in legno di larice.

Premio Architettura Toscana

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