Ottica Ballerini è un’attività con una lunga tradizione familiare nel centro storico di Grosseto, all’interno di un edificio Liberty vincolato dalla Soprintendenza. Il concept è stato sviluppato in stretta collaborazione con la committenza per fare emergere i valori di artigianalità e ricerca del dettaglio che la rappresentano. L’idea di progetto vede l’interno come un palcoscenico dove elementi eterogenei creano più azioni in grado di stimolare la curiosità dell’osservatore.A fare da scenografia è l’oro che celebra il presente e fa da ponte con la tradizione. Nuovi infissi e vetrine riprendono le cromie del marcapiano, mentre internamente nuovi arredi in acciaio si modellano sugli esistenti in legno mantenendo un distacco formale dagli stessi. I sistemi espositivi in metallo sono così sospesi e sottili contrapponendosi alla solidità degli elementi mantenuti. Texture materiche, come la calce delle pareti, la pavimentazione esistente in pietra e la finitura brunita e spazzolata dell’acciaio riprendono l’artigianalità del territorio. Il progetto della luce contribuisce a valorizzare la materia e svela simmetria e linearità dello spazio. Alle gole luminose a soffitto, si alterna un sistema puntale che mette in scena il prodotto e rende scultorei gli elementi in metallo. Il risultato è la reinterpretazione dell’esistente, partendo da quanto c’era il progetto trova le giuste proporzioni riuscendo attraverso forme e finiture a nascondere il nuovo con il vecchio e viceversa.

Ottica Ballerini è un’attività con una lunga tradizione familiare nel centro storico di Grosseto, all’interno di un edificio Liberty vincolato dalla Soprintendenza. Il concept è stato sviluppato in stretta collaborazione con la committenza per fare emergere i valori di artigianalità e ricerca del dettaglio che la rappresentano. L’idea di progetto vede l’interno come un palcoscenico dove elementi eterogenei creano più azioni in grado di stimolare la curiosità dell’osservatore.A fare da scenografia è l’oro che celebra il presente e fa da ponte con la tradizione. Nuovi infissi e vetrine riprendono le cromie del marcapiano, mentre internamente nuovi arredi in acciaio si modellano sugli esistenti in legno mantenendo un distacco formale dagli stessi. I sistemi espositivi in metallo sono così sospesi e sottili contrapponendosi alla solidità degli elementi mantenuti. Texture materiche, come la calce delle pareti, la pavimentazione esistente in pietra e la finitura brunita e spazzolata dell’acciaio riprendono l’artigianalità del territorio. Il progetto della luce contribuisce a valorizzare la materia e svela simmetria e linearità dello spazio. Alle gole luminose lungo il perimetro si alterna un sistema puntale che mette in scena il prodotto e rende scultorei gli elementi in metallo. Il risultato è la reinterpretazione dell’esistente, partendo da quanto c’era il progetto trova le giuste proporzioni riuscendo attraverso forme e finiture a nascondere il nuovo con il vecchio e vicecersa

Piazza Galeazzi

Il progetto di riqualificazione di Piazza Galeazzi a Grosseto ha inteso ridefinire lo spazio pubblico, dominato fortemente dall’antistante chiesa del S. Cuore, al fine di riscoprirne la funzione di “luogo della socializzazione”. Prima dell’intervento la piazza si trovava in una situazione di notevole degrado : – alcune delle alberature presenti sul perimetro della stessa erano in fase di decadimento a causa di patogeni e parassiti mentre le altre, troppo cresciute, creavano un eccessivo disordine. – La fontana al centro era ormai da tempo in disuso e la pavimentazione in terra battuta e breccino, insieme agli arredi usurati e disposti in modo disordinato, non invitavano alla fruizione di questo spiazzo invece strategico per la vicinanza con la chiesa, le scuole e limitrofo ad una delle principali vie della città quale via della Pace. Le indicazioni fornite dall’amministrazione sono state quella di mantenere la fontana esistente restaurandola e riattivando il meccanismo che alimenta il gioco d’acqua oltre a quella di reimpiantare i nuovi alberi in identica posizione di quelli da abbattere a causa della loro malattia. Ulteriore elemento imprescindibile della progettazione è stato lo stretto legame della piazza con l’edificio di culto. L’idea progettuale ha previsto infatti la creazione di un continuum tra chiesa e piazza disegnando su quest’ultima una striscia di pavimentazione in travertino sulla quale è proiettato a terra il disegno del pronao

L’abitazione è situata nel bel territorio della Maremma Toscana ai margini di un’ombrosa sughereta, sul declivio di un poggio che scende dolcemente verso un vicino torrente. L’obiettivo principale del progetto è consistito nel trovare un principio insediativo che, introducendo la volumetria necessaria, rispettasse la morfologia del terreno senza impattare nel contesto ambientale. Si è perciò scelto di adottare una tipologia a corte semi-interrata, che lasciasse emergere dal piano di campagna uno solo dei due piani di cui l’edificio è composto. La corte interna “in buca”, oltre a fornire areazione e illuminazione agli ambienti seminterrati, avrebbe anche creato un luogo protetto, una sorta di “giardino segreto” per l’intimità della vita familiare. Lo scavo nella corte ha rivelato la presenza di pietra di ottima qualità, che è stata usata per il rivestimento esterno con grandi vantaggi ambientali, sia per lo smaltimento dei detriti e la disponibilità di materiale a km zero, che per l’inserimento paesaggistico del volume fuori terra. La zona living al piano terra è connotata da una grande permeabilità visiva, con le sue grandi vetrate contrapposte che perforano la massa dell’edificio, creando un cannocchiale architettonico verso il paesaggio. Lo sviluppo orizzontale dei volumi, la propensione verso i valori della massa, la purezza dei volumi e le loro nitide connessioni plastiche, costituiscono riferimenti all’architettura mediterranea rivisitata in chiave contemporanea.

L’edificio di Palazzo agli Arcieri è stato realizzato con un cantiere aperto nel 2018 in un ex opificio industriale degradato. Nasce dall’idea di rigenerare questa area attraverso un progetto che ricucisse il tessuto urbano entrando in dialogo con le cinquecentesche Mura Medicee e il trecentesco Cassero Senese. Un dialogo sottolineato dall’assonanza formale tra il nuovo edificio e le preesistenze storiche, proponendo un volume compatto dalle vaste aperture orizzontali e dal tetto a forte spiovente. Questo progetto vuol riportare abitanti nell’area centrale della città che si sta invece spopolando, recuperando in qualche modo il valore abitativo del centro storico ,grazie a questa nuova residenza organizzata in sette appartamenti su quattro piani dove la distribuzione interna degli spazi è fatta in funzione della vista delle Mura. L’edificio è stato concepito nel rispetto e nella salvaguardia dell’ambiente, improntato al raggiungimento della qualità della vita degli abitanti grazie alla distribuzione degli spazi e al trattamento dell’aria tramite un impianto integrato di climatizzazione e vmc. La struttura costruttiva a secco e gli infissi ad alto isolamento termico-acustico rendono l’edificio energeticamente prestazionale, raggiungendo la classe energetica A3. L’uso di pannelli fotovoltaici garantisce l’autosufficienza nella produzione di energia elettrica destinata alla climatizzazione e alla produzione di acqua calda. Un modo per ridurre I consumi e la produzione di Co

Il restauro del Convento delle Clarisse e dell’adiacente Chiesa dei Bigi per l’allestimento della Collezione Gianfranco Luzzetti ha ripristinato la percorribilità originale del Convento e il collegamento con la Chiesa interrotto nell’ottocento, in una essenzialità narrativa ove i protagonisti sono le opere della Collezione esposte secondo il gusto personale del Collezionista, in continuità con la sua casa museo fiorentina. Grande attenzione è stata posto ai visitatori con mobilità ridotto, i quali possono visitare autonomamente la Collezione grazie a un sistema di rampe esterne e interne che assecondano i cambi di quota dei vari corpi di fabbrica. Visto il valore storico dell’edificio e le idee espositive del Collezionista, il quale concepisce la galleria come una strada aperta, si è deciso di intervenire con un allestimento essenziale: nella galleria che affaccia sul chiostro e in alcune sale, al piede delle opere pittoriche, è stato realizzato un arredo continuo dalle forme nette e pure, per escludere ogni intento di mimesi con l’edificio storico, che nasconde la tecnologia necessaria al museo. Un ruolo di massima importanza è affidato all’illuminazione delle opere, realizzata interamente con sorgenti led che consentono una più elevata resa dei colori, assicurano benefici per la conservazione e abbassano notevolmente i consumi. Le fonti luminose indirette sono calibrate per “accarezzare” gli elementi architettonici, mentre la luce sulle singole opere è morbida e puntuale.

Il nuovo centro sportivo dell’U.S. Grosseto 1912 sorge nella frazione di Roselle alle pendici delle colline che ospitano le rovine dell’antica città etrusco-romana. I corpi di fabbrica si dispongono parallelamente all’andamento dei campi coltivati che fino dai tempi dalla bonifica disegnano la pianura maremmana come un mosaico. Il complesso si configura in un corpo allungato: un volume stereometrico scolpito in blocchi di altezze diverse e segnato da alcuni scavi profondi che accolgono tutte le aperture e gli ingressi alle funzioni principali. Le superfici continue e chiuse sono tinteggiate di un intonaco chiaro che si contrappone ai toni scuri e terrosi che colorano le parti scavate, con un rimando al chiaroscuro delle pareti di pietra delle cave circostanti. Il programma prevedeva la realizzazione degli uffici della società sportiva, una piccola foresteria con le camere per ospitare gli atleti del settore giovanile oltre che un centro medico, un punto ristoro e gli spogliatoi a servizio dei due campi da gioco.

La spa nasce all’interno dell’Hotel Grandvca di Grosseto, una struttura ricettiva di categoria quattro stelle. È stata concepita nella zona seminterrata dell’albergo, dove vi era un ampio spazio di circa trecento metri quadri una volta dedicata a garage. Il fulcro del centro benessere è la piscina, posizionata tra gli elementi strutturali dell’edificio costituiti da una serie di pilastri in cemento armato. Attorno a questa si sviluppano tutte le altre funzioni: il percorso con docce emozionali, il bagno turco, la sauna finlandese, la zona relax. Mentre in una zona soprelevata (filo piscina) si trova il percorso Kneipp, e separata da vetrata per evitare interferenze è stata posizionata l’area fitness. A causa delle travi rovesce della fondazione, una parte della piscina è stata realizzata fuori terra. L’accesso avviene attraverso una scala “nascosta” frontale all’ingresso, che serve anche la zona Kneipp. Al fine di sfruttare al massimo gli spazi e ampliare la piscina, tra i pilastri sono state inserite le sedute con getti per l’idromassaggio e getto cervicale, mentre una lama di acqua accentua l’apparato scenografico della parete di fondo. I pilastri sono stati collegati da “travi” a formare dei portali quasi fossero delle quinte e, ad enfatizzare l’effetto dei riquadri con luci perimetrali. Per la pavimentazione e il rivestimento è stato stato scelto un grès porcellanato effetto travertino di due tonalità dal beige al grigio come pure le pareti che si attestano sulla medesima tonalità.

Sala Don Zeno

La sala polivalente”Don Zeno”è stata realizzata a Nomadelfia,una località a pochi chilometri da Grosseto,abitata da una comunità cattolica,organizzata in Gruppi Familiari,che vuole costruire una nuova civiltà fondata sul Vangelo ed è aperta all’accoglienza di figli in affido.Il padre fondatore di Nomadelfia è Don Zeno Saltini,un sacerdote di Carpi che,dopo varie vicissitudini,ha trasferito la comunità da Fossoli,dove era nata,a Batignano,nella Maremma Grossetana.La sala polivalente prende il nome del fondatore ed è destinata ad accogliere le attività collegate alla vita ed alle necessità degli abitanti.La sala,infatti,oltre che luogo di culto,dovrà ospitare convegni, riunioni,celebrazioni,eventi musicali e teatrali,come le famose”Serate di Nomadelfia”,spettacolo di balli e danze interpretato dai ragazzi e dalle ragazze di Nomadelfia e rappresentato ogni anno in varie località italiane per far conoscere il messaggio di Don Zeno.Per questo motivo e per l’importante funzione assegnata a questi spettacoli,il padre fondatore aveva sempre sognato di poter realizzare a Nomadelfia un teatro tenda,per dare una sede più stabile alle”serate”e poter ospitare all’interno della Comunità eventi e manifestazioni.Il linguaggio architettonico adottato nella progettazione si ricollega a questa tradizione di Nomadelfia,alle strutture circolari o semicircolari, quasi sempre temporanee e mobili,che hanno fino ad oggi ospitato le “Serate” e gli eventi più significativi della Comunità.

Premio Architettura Toscana

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