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DDW Srl

  • 5 anni ago
  • written by admin

“Procchio for all” è un progetto di spazio pubblico contemporaneo che integra accessibilità e valorizzazione del luogo, attraverso lo sviluppo di soluzioni in grado di potenziare/incrementare l’uso della spiaggia in/a favore di un’utenza il più ampia possibile anche al di là della stagione turistica. L’intervento si colloca alla fine della passeggiata a mare sulla spiaggia di Procchio, unico golfo con comodo ed esteso arenile presente nel comune di Marciana all’Isola d’Elba. Il sito scelto per il progetto rappresenta un luogo di ritrovo per i giovani grazie anche alla vicina palestra. Utilizzato per attività sportive, oggi risulta essere uno spazio di socialità e di aggregazione importante anche nei mesi fuori stagione. Durante l’estate la spiaggia è meta privilegiata da associazioni legate alla disabilità. Il risultato è un’architettura in legno di iroko, realizzata completamente a secco in grado di garantire a tutti l’accesso all’arenile recuperando attraverso l’uso pubblico il rapporto tra contesto antropizzato ed elementi naturali. Una piattaforma continua, sempre fruibile, diventa rampa per l’accesso al mare e seduta per vivere la spiaggia in tutte le stagioni. La pedana è anche basamento per il punto accessibile: un piccolo volume che ospita al chiuso i locali di servizio igienico e spogliatoi, idonei ad accogliere anche persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, ed include in esso uno spazio coperto ma aperto dedicato a docce pubbliche.

MAGMA

Il Museo delle Arti in Ghisa nella MAremma è una scatola magica, dove muri secolari convivono con le ultime tecnologie multimediali. Un viaggio virtuale nel tempo e nello spazio alla scoperta della culla della siderurgia italiana, in uno straordinario monumento di archeologia industriale. Il MAGMA nasce dalla volontà di raccontare la storia tecnologica, artistica e umana dello stabilimento siderurgico di Follonica nel momento massimo della sua produzione. Per buona parte dell’Ottocento, l’edificio che ospita il museo funziona infatti come un modernissimo forno fusorio per la produzione della ghisa: il San Ferdinando. Il nuovo allestimento interattivo e multimediale ridona vita al vecchio forno, con un percorso espositivo che si snoda in tre grandi sezioni, una per piano. L’arte, al piano primo, espone l’alto livello di specializzazione e raffinatezza raggiunto dalle fonderie di Follonica. La storia, al piano secondo, esamina le ragioni di quel genius loci che ha permesso a questa terra di venire sfruttata a livello siderurgico per millenni. La produzione, al piano seminterrato, mostra il complesso sistema tecnologico utilizzato dallo stabilimento per la fusione della ghisa. Attraverso documenti e testimonianze, filmati e ricostruzioni, l’esposizione aiuta così a comprendere quale complesso di relazioni viene innescato con la creazione di questo piccolo, ma storico stabilimento.

Il paesaggio della riserva naturale dei Monti Rognosi ha ospitato, sin dall’epoca etrusca, attività minerarie legate all’estrazione di rame e ferro. I suoi rilievi sono costituiti da rocce ofiolitiche di origine magmatica, ricche di minerali. La lavorazione dei metalli avveniva nella Ferriera, costruita lungo il torrente Sovara per sfruttarne l’energia idraulica. Il grande “stabilimento metallurgico” si estendeva per circa 1.200 mq e si sviluppava su due piani. L’area, al momento dell’intervento di recupero e riqualificazione, risultava abbandonata da decenni e le archeologie erano quasi completamente ricoperte di terra e di piante infestanti. Il progetto è stato principalmente rivolto al recupero del “grande muro” trasversale dello “stabilimento metallurgico”, rinvenuto durante gli scavi archeologici, e alla riqualificazione degli spazi aperti contigui ai ruderi della Ferriera. Quest’ultimi interventi hanno garantito l’accessibilità all’area archeologica, la sua fruibilità e la protezione delle parti pericolose per l’incolumità dei visitatori. È stata infatti pavimentata l’area di fronte al “grande muro”, con la riproposizione di una delle due ellissi riportate nella cartografia storica, raffiguranti le basi dei forni fusori. Le sistemazioni hanno inoltre interessato l’argine fluviale, degradato dalle continue esondazioni, attraverso il consolidamento con massi di provenienza locale che hanno creato un manufatto artificiale integrato con l’ambiente naturale circostante.

L’edificio, che risale alla prima metà del Novecento, ospitava una distilleria e poi un’officina meccanica. La posizione su un importante asse di comunicazione ha suggerito un’ipotesi di recupero dell’immobile per destinarlo a spazio espositivo per le arti visive. All’esterno, un grande portale in ferro grezzo segnala, sulla piccola corte privata, l’ingresso allo spazio espositivo. Lo spessore di pochi centimetri dell’infisso esistente è sostituito da uno di quasi due metri. Il portale raccorda i due spazi, assumendo il ruolo di tramite fisico tra interno ed esterno, dilatando la soglia. L’ampia copertura a volta e il pavimento, seppure molto usurato, sono stati conservati in una filosofia progettuale che intende riflettere sul possibile rapporto tra preesistente e nuovo. Il nuovo si sovrappone al preesistente seguendo il principio della stratificazione: sulle pareti perimetrali si appoggia un rivestimento leggero, ad altezza variabile. Sull’asse longitudinale dell’aula, una sequenza di cinque celle cubiche di lato tre metri, aperte su un lato e prive di copertura. Vuoti che riempiono il vuoto. Un basamento della stessa dimensione in pianta, ma alto solo un terzo del lato di base, apre la sequenza. I volumi sono staccati tra loro: pause che consentono di traguardare, lasciando scoprire l’effettiva larghezza della sala. Un percorso anulare consente l’accesso alle stanze espositive, che si lasciano scoprire nell’alternanza di pieni e vuoti che caratterizza la composizione.

Premio Architettura Toscana

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