La nuova Furla Factory sorge a Tavarnelle Val di Pesa, in provincia di Firenze, immersa nella zona del Chianti. Il progetto si confronta con un tema fondamentale: l’inserimento dell’architettura per l’industria nel paesaggio italiano e offre l’occasione per ripensare la qualità dei luoghi di lavoro. Furla Factory è composta da tre corpi principali: uno destinato agli uffici, due ai laboratori e alla logistica, tutti pensati per integrarsi nel modo meno invasivo al paesaggio, assecondando l’andamento naturale della collina, quasi mimetizzandosi con l’ambiente circostante. L’ingresso principale riprende l’archetipo degli accessi alle ville toscane: un filare ordinato di cipressi che accoglie il visitatore e descrive il percorso d’accesso, ritmo che viene riproposto sulla facciata degli edifici con lamelle filtranti che mediano la luce all’interno degli spazi di lavoro. Lungo il viale si dispongono in armonica successione di piani gli edifici, sfalsati in pianta e posti su livelli diversi per ospitare le attività della Factory, il parcheggio integrato alla morfologia del terreno, e la piazza Furla, punto focale dell’asse che segna l’arrivo e l’ingresso principale. Il disegno dagli spazi aperti è l’elemento principale dell’impianto progettuale. La natura supera i confini fra interno ed esterno grazie a un sistema di patii e di tetti verdi con vista sull’area boschiva.
Il cimitero di Castel San Gimignano è esempio paradigmatico di Camposanto nella campagna Toscana. Il valore paesaggistico del manufatto è stato preservato. Il progetto dell’edificio dei nuovi loculi si è espresso in un rapporto equilibrato tra i pieni e i vuoti esistenti. Il nuovo segno dei muri in gabbionate contenenti pietra calcarea locale che tracciano i nuovi loculi, dialogano con le sequenze lineari delle murature di confine e del muro a secco tra il campo superiore e quello inferiore. La conformazione a cappella dei nuovi loculi determina il giusto spazio per la preghiera. La massa plastica dei due cubi di pietra del nuovo volume compongono dialettici rapporti tra interno e esterno. La scelta consapevole di impiegare muri gabbionati, utilizzati di consueto come contenimento di pendii e terre, è stata determinata dalla tensione espressa dal luogo. I muri a secco rappresentano il diretto legame fisico e spirituale con la vita di chi ha vissuto il contesto ambientale e culturale di Castel San Gimignano. Luogo carico di storia e di lavoro con e per le terre: materia di sostentamento e di vita. Il muro a secco del terrazzamento e la scala di collegamento tra i due campi sono stati consolidati con gabbionate lineari naturalizzate. Due nuovi percorsi pavimentati in blocchi di cls prefabbricati posati a secco scorrono sul nuovo prato. Nuovi cipressi attenuano l’impatto visivo con i loculi pre-esistenti e piante di gelsomino scorrono lungo le pareti dei nuovi loculi.
L’Oratorio degli Angeli Custodi costruito nel 1638 si trova nel centro storico di Lucca. L’apparato pittorico è esempio paradigmatico di ricca decorazione barocca. Divenne centrale nella vita della città grazie alla sua splendida acustica. Negli ultimi decenni, gli affreschi si stavano gravemente deteriorando. Inoltre, la sagrestia era stata trasformata in camerino di fortuna per gli artisti e non esistevano spazi di servizio per il pubblico. Il sistema illuminotecnico era scarso e disomogeneo. Il cortile interno scoperto si trovava in avanzato stato di degrado. L’Oratorio è stato oggetto di un sistematico restauro. Il cortile interno è stato coperto con una copertura leggera in acciaio e vetro opalino, il nuovo piano di calpestio si struttura su tre gradoni che collegano i due livelli del vano di ingresso all’ex sacrestia, è arredato da un desk girevole di legno con funzione di snella biglietteria. Il sistema illuminotecnico è composto da strip led incassate nell’asola delle travi della copertura vetrata. Il nuovo sistema di pareti pieghettate individuano gli incassi delle porte di accesso ai camerini e ai servizi igienici oltre che realizzare due sedute lungo il corridoio di distribuzione. Il sistema illuminotecnico è realizzato con apparecchi ad incasso nel soffitto dipinto nero in continuità con quello dei camerini. Nei due camerini lampade lineari si alternano agli specchi, un terzo locale è sala riunione. Gli arredi sacri sono stati riallestisti nei nuovi spazi.
Il progetto nasce dalla volontà di realizzare due nuove residenze universitarie, caratterizzate da una forma chiara e rigorosa, aperte sul paesaggio urbano. Uno schema semplice, esaltato dal ruolo chiave delle grandi finestre, i bow-window che all’esterno, sulle facciate dal disegno severo, realizzano una distonia dinamica mentre, all’interno, caratterizzano lo spazio di ogni camera. Le nuove Residenze si inseriscono a completamento della Residenza Studentesca Calamandrei realizzando un unico grande Campus universitario. Su di un podium che ne costituisce la base unitaria, si ergono la torre di CampusX, uno degli edifici più alti di Firenze e l’edificio basso, destinato al Diritto allo Studio Universitario. Da essi si gode una vista straordinaria, sia verso la città con al centro la Cupola, sia verso le colline e il verde circostante. Il progetto si è concentrato nel realizzare stanze luminose aperte sul paesaggio: una “finestra tipo”, articolata e ampia, tale da costituire un piccolo micromondo ambientale, non solo per ricevere luce e aria, ma per diventare oggetto di arredo ed elemento articolato di organizzazione della camera. La torre e la quinta della residenza DSU verso la piazza sono rivestite da un mosaico di tessere ceramiche bianche, care alla tradizione dell’architettura italiana. Una scelta che vuole restituire alla torre un aspetto metafisico, sfaccettato e mutevole al minimo variare della luce diurna e notturna, rendendola un elemento riconoscibile nella città.
L’edificio, a pianta rettangolare, è costituito da tre ambienti contigui e comunicanti: uno destinato alla cucina-cambusa; un secondo con carattere polifunzionale e l’ultimo occupato dai servizi. Esteticamente, il fabbricato si presenta come un poliedro a base rettangolare la cui sezione trasversale riproduce l’immagine elementare della casa con tetto a due falde. Per sottolineare questa forma primigenia i due lati minori sono stati rivestiti con una lamina brunita di rame, la stessa che ricopre il tetto a capanna. La scelta è stata dettata anche dalla necessità di proteggere efficacemente le murature, recuperando la pratica presente nel nostro Appennino di coprire con lamiere le facciate più esposte alle intemperie. Le due pareti lunghe, protette dalla sporgenza delle gronde, sono foderate con tavole di legno di abete al naturale; identica essenza per i portelloni delle aperture. La scelta di nascondere le componenti tecnologiche e dunque di concepire i canali di raccolta delle acque meteoriche come due fessure in prossimità delle gronde e di incassare i canali discendenti all’interno delle murature è stata dettata dalla volontà di far risaltare la pulizia formale del volume. La tecnica costruttiva adottata è la muratura portante. Questo nuovo edificio, pur rifacendosi a criteri tipologici e costruttivi propri della nostra Montagna, intende rifuggire facili e falsi esiti mimetici nella ricerca di un appropriato rapporto con il contesto ambientale.
La definizione del nuovo concept e il progetto della nuova biglietteria di Autolinee Toscane SPA, in Colle val d’Elsa, è stato concepito a partire dai valori e identità della società di trasporto. L’identità locale è il punto di partenza per sottolineare i valori radicati nel territorio toscano. La versatilità diventa il mezzo a supporto di una soluzione che si adatti ai diversi contesti e situazioni senza tradirne l’immagine. La volontà è quella di allestire lo spazio mediante singoli elementi dalla forte identità visiva ed evocativa e creare non solo un isolato luogo di attesa o di servizio. Gli archi richiamano infatti i porticati delle piazze italiane, e toscane, da sempre luogo di passaggio, incontro e confronto. La stessa biglietteria si affaccia sulla principale piazza della città definita da importanti porticati. Gli elementi principali dell’allestimento richiamano le forme architettoniche delle volte e degli archi per individuare le attività principali: la biglietteria e le aree di attesa e informazione. I colori identificativi della società e dei messaggi di comunicazione si ritrovano nei dettagli, negli arredi e negli elementi del progetto. Il banco biglietteria diventa il primo elemento di servizio e viene individuato da un arco e ripiano in arancio da cui è possibile interloquire con l’operatore. L’area di attesa e informazione si articola entro uno spazio definito da elementi ad arco, una seduta e una libreria, e panche in legno con dettagli in azzurro e verde.
Il borgo è morfologicamente caratterizzato, in funzione della matrice originaria di sviluppo, dalla sua forma allungata al margine della antica direttrice di sviluppo infrastrutturale, la giacitura degli edifici e l’organizzazione interna sottolineano i rapporti volumetrici tra le masse all’interno di questo fuso allungato. Il progetto ha donato nuovo senso al luogo, attraverso la funzione residenziale e con la riscoperta della storia che lo ha caratterizzato. La nuova distribuzione degli spazi a comune ha fatto riemergere le grandi arcate delle antiche costruzioni, caratterizzando i nuovi spazi collettivi della comunità con il grande arco che genera un ambiente a tripla altezza. I nuovi abitanti potranno così accarezzare le strutture antiche, muoversi attraverso la storia, confrontarsi con essa quotidianamente rigenerando un ambiente sepolto. L’Oratorio di San Jacopo, con la sua sala di 70 mq, è diventato uno spazio multifunzionale per mostre d’arte contemporanea, per eventi artistici e musicali pur conservando anche la sua funzione originaria. Questo sia per coinvolgere i nuovi residenti del complesso, ma anche per diventare un’altra offerta di spazio culturale della città di Seravezza luogo il percorso della via di Michelangelo. Questo percorso di riconoscenza e riconoscimento si è voluto far condividere all’artista G.D. Parra per la creazione della grande opera “obelisco di luce”.
Prima mostra antologica in Italia dedicata al fotoreporter russo Serghej Vasiliev, vincitore per 5 anni del World Press Photo Award. In un luogo di grande suggestione, un ex monastero divenuto caserma e infine struttura di detenzione fino alla metà degli anni Ottanta, si realizza un percorso che in circa settanta immagini intende riassumere e sottolineare lo sguardo penetrante di Vasiliev nel quotidiano di una metropoli negli Urali meridionali, Čelyabinsk, ai tempi dell’ex Unione Sovietica: detenuti, partorienti, ginnaste, il disastro di Ufa, è la storia nuda, vera, della gente russa, scrutata e indagata con un formalismo mai retorico, a comporre una cronaca avara di colore e di grande impatto.
Il nuovo complesso parrocchiale nel quartiere Varignano è stato realizzato in sostituzione di un edificio preesistente non più idoneo alle necessità pastorali. Il complesso contiene spazi per varie attività, di natura sia liturgica che sociale, con aree dedicate anche all’incontro delle varie associazioni di quartiere. Oltre alla grande aula liturgica in grado di ospitare oltre 400 fedeli, alla canonica e alle aule per la catechesi, sono disponibili zone per attività di studio, di gioco, di sostegno alla comunità. Si tratta di un complesso di circa 1700 mq di superficie utilizzabile, con aree verdi e sagrato che ospita il nuovo campanile. Con il suo portato di nuovi spazi e di nuovi servizi, il progetto del Varignano rappresenta un segno di rinnovamento per l’intero quartiere, esempio di partecipazione aperto alla città, risultato di atti-va collaborazione tra attori sociali e istituzionali, estesa a migliorare fruibilità, dotazioni e vivibilità per tutta la comunità coinvolta. Un obiettivo alto per questo edificio, pensato per la collettività e per avviare un percorso di rigenerazione. L’ulteriore tema proposto, la sostenibilità, è stato raggiunto con la realizzazione di un edificio alta-mente performante dal punto di vista del risparmio energetico. La costruzione, in pannelli di legno X-lam, è dotata di semplici tecnologie per il ricambio e il trattamento dell’aria primaria, alimentate da un campo fotovoltaico da 27 kW sulla copertura.
L’intervento riguarda la realizzazione della nuova sede della System Line, sita in una delle arterie stradali più importanti di Empoli. A seguito dell’acquisizione dei nuovi locali si è deciso di realizzare un unico ambiente nel quale sistemare sia la sede operativa sia quella amministrativa della società d’informatica. La consolidata esperienza dei proprietari, unita a precise esigenze affrontate nella precedente gestione, hanno imposto una serie di punti fermi quali: l’esigenza di avere una cassa dalla quale si potesse contemporaneamente controllare l’intero locale e gli ingressi ed una seconda zona di appoggio per il controllo delle macchine a seguito di riparazione. L’intero intervento presenta una connotazione propriamente industriale, anche nella scelta dei materiali: pavimentazione in gres porcellanato, impianti a vista e illuminazione con sistemi lineari a vista.
Ridare vita a una Pieve dell’XI secolo significa conoscerne la storia e le cause del suo abbandono, a volte per interventi storicizzati ma incongrui e nocivi al suo organismo più intimo. Il complesso monumentale è composto da due fabbricati di diverse origini, la chiesa e la canonica, risultato di sovrapposizioni avvenute nel tempo, alcune di valore storico rilevante, altre recenti prive di pregio, nonché da un piccolo cimitero cintato di proprietà comunale. L’intervento è stato preceduto da un’attenta analisi materica e storica a supporto delle scelte progettuali. Poter disporre di un quadro conoscitivo della fabbrica sufficientemente completo, ha consentito di comprendere come, nell’intero arco della sua storia, il cambiamento delle destinazioni d’uso, la modifica dei percorsi di collegamento e delle aperture, l’aggiunta, la rimozione o la sostituzione di intere porzioni dell’edificio è stato senz’altro il mezzo più efficace e utile a garantirne la conservazione. Gli interventi di restauro in progetto si inseriscono con unità teorica e metodologica nel testo storico, con un linguaggio contemporaneo coerente, conforme e consonante con le testimonianze documentali. La storia, unita all’ascolto del monumento e dello stato dei luoghi, è stata in definitiva la traccia principale, il più importante referente progettuale che ha guidato e indirizzato ogni scelta dell’intervento, caratterizzato da una serie di modifiche migliorative nella complessiva conservazione del bene storico.
Nel Museo dell’Opera del Duomo di Pisa la successione delle opere è espressione della devozione e della magnificenza di Pisa a partire dal Dodicesimo Secolo. Nella potente e ricca repubblica marinara si sono incontrate culture artistiche diverse, da quelle d’oltre Alpi a quelle islamiche, e nel sec. XIII, con l’arrivo di Nicola Pisano, inizia una stagione di sperimentazione nell’ambito della scultura che ha in sé tutti i semi che germoglieranno con il Rinascimento. Il nuovo progetto museografico si pone come obbiettivo la realizzazione di un percorso fluido, in cui le opere della grande scultura pisana sono valorizzate dagli allestimenti e nello stesso tempo dialogano con il contesto storico. Le opere sono contestualizzate mediante allestimenti che evocano il luogo, la collocazione e le atmosfere originarie. Si tratta di una operazione complessa, mai imitativa della realtà, ma volta a cogliere l’essenza e i significati reconditi per veicolarli. Le finiture, i colori e i materiali rimandano a quelli storici usati nei monumenti della piazza, reinterpretati in chiave contemporanea. I basamenti e le pedane sono in pietra arenaria lavorata in modo da creare una leggerissima vibrazione della superficie. I fondali delle opere sono realizzati in resina o in encausto, per evocare i colori della piazza o i finti marmi dell’interno duomo. Il percorso espositivo si sviluppa su 3000 mq interni, e su una porzione del porticato esterno. Le 380 opere esposte sono suddivise in 26 sezioni.
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