Collocato in un edificio quattrocentesco, che fu adibito anche a monastero, si trova nel centro storico di Piombino, a pochi passi dal municipio e dal mare. Sulla facciata un bassorilievo in pietra è di difficile interpretazione poiché gli stemmi furono scalpellinati da Cesare Borgia nel 1502 per obliterare la memoria dei precedenti signori, gli Appiani. L’ultimo uso dei locali fu poi come ristorante (chiuse nel 2010), ma già dagli inizi del ‘900 ospitava un bar. Negli anni ’20 la Ramazzotti indisse un premio in denaro per l’esercizio che più avesse consumato il loro amaro. Giovanni Sansoni, proprietario del bar, creò allora l’aperitivo Nanni, pubblicizzato dalla gigantografia tuttora posta tra le due porte di accesso, che recita “Siamo vecchi e si preferisce sempre il Nanni” e il Bar Nanni vinse il premio. La sfida progettuale era allora quella di ridare vita a un locale molto caro ai Piombinesi: per questo abbiamo realizzato un mix tra antico e moderno, dando al locale un aspetto classico ed elegante, capace di evocare i caffè storici in modo attuale. Il progetto coniuga infatti materiali “moderni” quali il gres porcellanato per il pavimento, l’acciaio corten del bancone ed i tavoli, il vetro decorato a foglia oro dei piani dei tavoli e del bancone, con la boiserie della sala da tè, i divani in pelle tipo Chester, i lampadari viennesi, gli specchi e il portacappelli in ottone. Il dehors, posto in area pedonale, ospita tavoli e sedie in stile viennese e ombrelloni colorati.

Ogni anno l’evento It4Fashion, organizzato da PIN e LOGIS LAB/Università degli Studi di Firenze, richiama a Firenze le principali aziende europee che operano nelle nuove tecnologie applicate al settore della moda. Nell’aprile del 2015 la manifestazione si è tenuta negli spazi della ex “Manifattura Tabacchi”, fabbrica di tabacco costruita tra il 1933 e il 1940, probabilmente su progetto dell’ingegnere Pier Luigi Nervi, e chiusa dal 2000, anno della sua dismissione. Gli allestimenti dell’esposizione, tra l’altro, hanno permesso il ripristino di tre dei padiglioni abbandonati che hanno ospitato sale conferenze e stand espositivi. L’intervento di maggior impatto architettonico e visivo è stato quello della rampa di accesso che conduceva i visitatori alla reception attraverso il grande piazzale di ingresso. La rampa si sviluppava lungo 20 metri superando un dislivello di 120 cm ed è stata inserita tra due setti strutturali in legno, tinteggiato in bianco nella fascia inferiore e coperto da lastre metalliche in quella superiore. Le due parti erano divise da una striscia colorata che accompagna la salita. Il punto di partenza della rampa era caratterizzata da due blocchi monolitici rivestiti di lastre di ferro, brunito e leggermente ossidato. Si tratta di un riferimento diretto al contesto post-industriale ed anche un omaggio a Richard Serra, l’artista americano famoso per l’utilizzo di lastre metalliche nelle sue opere scultoree.

iTEK Showroom

È difficile credere che l’architettura sia principalmente “fermezza”, solida e granitica materia, capace di adattarsi alle molteplici variabili del vivere e rispondere alle innumerevoli esigenze della “società liquida”. In questo piccolo progetto per lo showroom di una società che si occupa di impianti domotici, si è indagato la possibilità dell’architettura di essere al tempo stesso “denotante” e “demarcante”, cioè la possibilità di definire gli spazi con demarcatori leggeri, penetrabili ma non modificabili. Il pretesto di questo gioco/esperimento è stato la richiesta della committenza di sfruttare un open space, esaltando con un nuovo progetto, le potenzialità della tecnologia domotica in tutti i suoi aspetti. Dovevamo cioè far passare il fruitore dallo spazio di una modesta situazione urbana di periferia ad uno spazio indoor attraente, rilassante, coinvolgente, far sentire il passaggio di dimensione e creare una predisposizione “all’ascolto”. Lavorare su una monocromia bianca è stata il primo elemento di svolta. Un colore neutro era la scelta ideale per proiettare qualsiasi combinazione della tecnologia RGB light. L’open space esistente, privo di qualsiasi valore architettonico è stato l’ulteriore elemento che ci ha spinto verso l’utilizzo di elementi di tessuto a sezione circolare per la configurazione di spazi interni. Questa scelta crea uno spazio morbido e pulito e valorizza al meglio la tecnologia esposta.

Camera con vista

Il tema è “la camera d’albergo”, sintesi abitativa che accoglie e riflette il bagaglio culturale di ognuno di noi, integrando funzionalità e prestazioni climatiche alla qualità architettonica. Uno scenario di sintesi che appare al momento stesso dell’apertura della porta d’ingresso. In pochi secondi l’impatto emotivo coinvolge, insieme alla vista, gli altri sensi: luce, colori, diffusione dei suoni, corposità di una maniglia o di un tessuto, odore dei materiali. Non importa se la camera sarà usata una sola notte o più, ma anche i minimi particolari devono essere integrati in questo microcosmo. A fine di conferire una scala domestica agli spazi dell’albergo, abbiamo utilizzato carte da parati ispirate al’epoca della struttura e stampe in stile inglese come le dimore borghesi anni’40 e ’50, legandoci cosi alle atmosfere residenziali della zona. Abbiamo reinterpretato camera per camera le vicende di Villa Pesenti e le sue stratificazioni nel tempo, mettendo in luce i valori identitari del luogo, rendendo chiari gli arredi autentici e integrando tratti di contemporaneità. Il legame con l’ambiente esterno è costante in ogni stanza: da ogni finestra gli scorci sul paesaggio sono differenti e ogni allestimento è un proseguimento dello sguardo. Dunque l’antico e il nuovo vivono nelle scelte progettuali di modo che gli spazi interni si connettano dialetticamente con le facciate, i percorsi esterni e gli elementi architettonici presenti.

L’attenzione e il “rispetto” del contesto in cui ci siamo trovati ad operare, ci ha imposto un intervento che, non alterando la facciata dell’immobile, si sviluppasse all’interno dell’unità immobiliare e fosse caratterizzato dalla fornitura di un arredo e impianti, il cui eventuale smontaggio, non compromettesse parti strutturali e decorative dell’edificio. L’intento è quello di “invitare”, all’interno dell’allestimento, la clientela che sta visitando l’area monumentale, in un percorso espositivo nel quale, gli oggetti venduti, sono inseriti in un arredo connesso architettonicamente con l’esterno. “Invito” realizzato con un ingresso “sempre aperto”, senza ulteriori infissi, utilizzando il portone esistente, restaurato e l’uso di colori e materiali presenti nell’adiacente piazza “dei Miracoli”: il prato, il grigio della pietra “serena” e del marmo Bardiglio, il bianco del marmo di Carrara. Il negozio è un percorso, delimitato a terra da un prato artificiale, ad una quota rialzata rispetto alla pavimentazione. Alle pareti laterali sono appese delle “nicchie”, con andamento curvilineo, che accompagnano il cliente nell’acquisto e nell’osservazione dei prodotti, fino alla cassa, posta nella stanza successiva a quella di ingresso. Gli espositori, sospesi da terra, sono progettati come un “nastro” continuo dove si inseriscono nicchie con archi a tutto sesto, ricordo degli archetti ciechi e delle lesene appartenenti agli edifici della piazza.

La Petite

“La Petite” è un cocktail-restaurant nel centro storico di Firenze. Al piano terra si trova il cocktail-bar, mentre la sala al primo piano è adibita a ristorante. Gli interni sono stati progettati e disegnati in ogni dettaglio: il rivestimento parietale, la scala, tutti gli arredi (ad eccezione delle sedute), i corpi illuminanti. Elemento focale del locale è la scultura parietale in pietra chiara, mutevole con la luce grazie al disegno delle ombre. Per ottenere la complessità geometrica ed il gioco di ombre ricercato, è stato studiata la posizione e la rotazione di ogni elemento. La struttura della scala in lame di acciaio rende permeabile il movimento dei clienti tra i due livelli del locale. Il cordino in pelle rende vibrante il parapetto e contribuisce a smaterializzare visivamente la struttura metallica. I tavolini alti da bar rispondono a due necessità diverse: accoppiati, divengono tavoli per pasteggiare in compagnia, addossati in linea alla parete, costituiscono invece una mensola su cui appoggiare i drinks. Al livello superiore, la saletta offre uno spazio raccolto: una panca sottolinea la parete centrale, un sistema di mensole all’altezza dei tavoli riequilibra le proporzioni della stanza affrescata, grandi specchi ingrandiscono l’ambiente, a terra un pavimento in vinile intrecciato dà la sensazione di un grande tappeto. I corpi illuminanti sono orientabili verso i tavoli per un’illuminazione diretta o contro la parete, per un effetto di luce più diffusa

Progetto di allestimento della mostra di Nino Migliori – Lumen – Ilaria del Carretto, svoltasi a Lucca presso l’Oratorio di San Giuseppe, Museo della Cattedrale, dal 13 settembre 2016 al 25 ottobre 2016. Con l’estensione a Ilaria del Carretto, il lavoro fotografico di Migliori ispirato alla scultura, illuminata a fiamma di candela, ha preso la figura di un ciclo unitario dal titolo LUMEN, comprendendovi anche la serie precedenti: Leoni e metope del Duomo di Modena (già presentata a Modena, Galleria Civica, marzo – giugno 2016) e il Compianto di Nicolò dell’Arca di Santa Maria della Vita (in corso di completamento a Bologna). Tutte sviluppano l’idea avviata con lo Zooforo del Battistero di Parma del 2006. LUMEN è ora un ciclo che si compone di più atti, prodotti da una pluralità di soggetti istituzionali e finanziari, distinti per ogni luogo, ma integrati tra loro dall’unitarietà della ricerca formale su opere scultoree della storia dell’arte, illuminate a lume di candela. La serie di fotografie da Ilaria del Carretto a lume di candela entra dunque oggi nel patrimonio d’arte contemporanea dello Stato, con assegnazione alla Soprintendenza ABAP di Lucca.

La casa nasce dal desiderio di un giovane personaggio dello sport di mettere le proprie radici a Firenze, dopo aver vissuto in svariate città. Siamo in un palazzo storico del XV° secolo, Palazzo Foresi, nel cuore della città, in Piazza Strozzi. Il progetto parte dall’idea di riuscire a creare spazi moderni che dialoghino sapientemente con i caratteri rigorosi dell’architettura rinascimentale. L’equilibrio con il passato è raggiunto tramite un impianto distributivo proporzionato, spazi fluidi e razionali quasi si trattasse di un loft. Sono stati utilizzati materiali caldi e naturali con finiture materiche, affiancando dettagli “minimal style” ad opere d’arte della collezione del proprietario. Accanto ai dettagli di stile, numerosi elementi d’arredo sono stati disegnati dal progettista. Il living, caratterizzato dalle imponenti finestre a bifora, funziona come un ambiente dinamico e flessibile, che ruota attorno al tavolo in legno kauri, utilizzato sia come tavolo conviviale che come “work area”. Il volume è dominato dalla suggestiva scala in pietra a sbalzo che conduce al soppalco dedicato al relax. Lo spazio sottostante è impegnato dalla cucina laccata nera con finitura opaca che si apre sull’area imbottiti con un divano in cuoio soft attrezzata con un tecnologico impianto audio-video. Coerenza estetica e dinamismo progettuale anche per l’area notte, dove il progetto concilia elementi realizzati su misura, come il bagno e la stanza guardaroba, con arredi di puro design.

Villino

L’intero progetto, si sviluppa seguendo la linea retta, elemento essenziale da cui si è generato tutto l’intervento, fino alle soluzioni adottate per la scelta di particolari e dettagli, con specifica attenzione rivolta alla nuova scala. Il nuovo progetto di collegamento con il sottotetto, nasce idealmente da un blocco di forma parallelepipeidale nello spazio rilevato, da cui ne viene catturata la sua forma trapezoidale esistente in pianta, che rappresenta, in proiezione, la scala, con tutti i suoi punti e le sue altimetrie dei gradini soprastanti l’opera. Questo disegno, nella sua forma caratteristica, ricorda lo spazio scultoreo ed essenziale, mentre le geometrie e gli elementi dei gradini stessi, si ispirano agli oggetti elementari di design in fusione al progetto d’insieme della scala. La porzione ricavata del sottotetto, invece, ha origine dal disegno in pianta, in particolare, dalla rappresentazione della sua sezione, che genera idealmente un guscio composto da sottrazioni e addizioni compositive di volumi lineari.

Gli interni si ispirano ad un design sofisticato dal gusto retrò che si sviluppa attraverso ambienti accoglienti e conviviali, lasciando ai dettagli d’arredo il compito del racconto. Gli spazi sono decorati con lampade in ottone su disegno anni 50 ed opaline che ricordano i bistrot francesi, arricchiti da carte da parati disegnate da Fornasetti e sedute rivestite con tessuti sartoriali made in Italy. Le scelte cromatiche prediligono i toni sobri del blu e del grigio, con materiali che vanno dal legno e ferro per i pavimenti, alle finiture in ottone ed ai marmi per i tavoli. Dall’ampia vetrata d’ingresso, incorniciata da infissi in legno color black blue si scorge un ampio bancone dove è possibile fermarsi per un cocktail preparato a regola d’arte o un bicchiere di buon vino. La cucina è a vista e si affaccia sulla sala che porta alla piccola corte interna attraverso la quale di accede ad una romantica limonaia. L’intervento volutamente rispettoso delle preesistenze non ha modificato la distribuzione degli spazi ma ha inciso sull’atmosfera degli ambienti preservando l’anima dello luogo situato in uno dei più noti quartieri storico-popolari di Firenze, Santo Spirito.

Hidden Eggs

L’opera è situata nel sottosuolo di una villetta a Luciana (Fauglia). Era possibile accedere dal Soggiorno alle Cantine mediante una scala in pietra chiusa da una grata in ferro; le cantine avevano un solaio in legno (quota -2.97 mt) poggiato su travi in acciaio, da una botola con scala a pioli era possibile accedere al livello sottostante (quota – 5.27 mt). Il livello di umidità era tale da aver corroso i solai e compromesso l’impianto elettrico delle cantine. L’Opera Hidden Eggs ha previsto una nuova chiusura delle scale composta da tre vetrate con infisso in acciaio e maniglia a scomparsa poste a livello del pavimento del soggiorno. E’ stato quindi realizzato un impianto di aerazione forzata utilizzando tubazioni in Pvc per le cantine ed in acciaio inox a vista in Cucina regolate da un ventilatore con motore posto all’esterno del fabbricato. Sono stati realizzati nuovi solai e scale a chiocciola mediante profili in acciaio e lamiere grecate (per garantire maggiore passaggio d’aria). La Cantina di destra, utilizzata per i vini, è visibile dal lucernario in Soggiorno e presenta un solaio composto da lamiere tagliate a spicchi che proseguono l’andamento della scala a chiocciola, ha sia illuminazione scenica realizzata mediante led colorati che illuminazione tecnica per l’utilizzo della cantina stessa. La Cantina di sinistra, utilizzata come ripostiglio, ha scale decentrate e solaio composto da lamiere tagliate irregolarmente, presenta illuminazione tecnica a tenuta stagna.

La Chiesa di San Pellegrino, costruita presso un’antica porta delle fortificazioni romane, fu ampliata alla metà del XVII secolo e nel 1808 fu chiusa al culto. Nel XX secolo fu sede di un’officina organaria e più recentemente divenne un magazzino. La chiesa versava in uno stato di degrado avanzato, l’obiettivo era di restaurare gli esterni, le coperture e gli interni con l’intento di trasferirvi la collezione di calchi di gesso del Polo Museale Toscano. La collezione è formata da 230 pezzi. Il progetto ha riguardato anche i vani adiacenti che sono stati connessi alla chiesa con la riapertura di un’antica porta. L’intervento progettuale è stato impostato alla massima economicità e rispetto del manufatto storico, lo spazio è stato riportato all’antico splendore e l’illuminazione artificiale è stata realizzata con apparecchi posti sul cornicione dell’aula al fine di nascondere ogni elemento tecnologico alla vista. La luce è la materia che definisce lo spazio. Gli elementi architettonici introdotti dal progetto sono le lastre di acciaio del vano porta di collegamento con i locali adiacenti, i gradini mancanti del presbiterio, le aree dove erano originariamente collocati gli altari laterali e la bussola d’ingresso. La pavimentazione di marmo bianco e bardiglio è stata pulita e patinata conservando il livello di usura che testimonia la stratificazione dei molteplici usi avvenuti nell’ultimo secolo. Il Deposito dei Gessi è realizzato con tubi innocenti e bancali di legno.

Premio Architettura Toscana

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