Un intervento contenuto, se opportunamente ideato, ha il potere di innescare meccanismi dalle ricadute ben più ampie, capaci di risvegliare l’interesse e la curiosità degli individui e potenziare la comprensione di un determinato contesto. L’installazione in località Arginvecchio consiste nella creazione di un padiglione espositivo temporaneo, un elemento effimero nato da un’urgenza creativa in grado di stimolare una riflessione sul ruolo poetico e fondativo dell’architettura. È questo un recinto che, come uno scrigno, ospita al suo interno un piccolo annesso rurale abbandonato, testimonianza, nella sua semplicità, dell’autenticità e del valore archetipo dell’edilizia minore. Il padiglione, fatto di teli traslucidi composti su uno scheletro ligneo, reinterpretazione di materiali locali, crea uno spazio interno, un luogo neutrale di giudizio il cui unico accesso guida alla scoperta di un nuovo microcosmo. Questo luogo si contrappone a quello esterno che spesso presenta corpi estranei al paesaggio agricolo tradizionale. Alla mancanza di una forte teoria architettonica del contesto, dove si è persa la conoscenza delle tecniche edilizie legate al territorio, il progetto risponde con un’architettura essenziale fatta di elementi e materiali semplici composti in modo espressivo. Partendo da un oggetto dimenticato, il padiglione sottolinea il rudere e ne amplifica il valore permettendo a questo di imprimersi nella memoria del visitatore.

Signa, è un comune della città metropolitana di Firenze. Adagiato tra le colline, porta in sé una memoria artigiana importante, la storia culturale, artistica ed economica della piana fiorentina dove, nei secoli, è fiorita la coltivazione del grano, della paglia da cappello e della tecnica dell’intreccio. Aperto per la prima volta nel 1997, il “Museo della Paglia e dell’intreccio Domenico Michelacci” costituisce lo spazio espositivo in cui sono conservate, promosse e valorizzate le tradizionali lavorazioni della paglia del distretto. Il trasferimento nella nuova sede ha finalmente permesso al Museo di ricollocare la sua intera collezione di oggetti, opere d’arte e il tanto materiale documentario, bibliografico, archivistico, fotografico. Organizzato su tre livelli, vi si accede dopo aver attraversato una terrazza affacciata sul piccolo spazio pubblico alberato e una hall, costituita da un ampio volume dal soffitto voltato. La disposizione planimetrica dei primi due livelli è simile, con percorsi comuni e collegamenti verticali che si incrociano tra loro, delimitando quattro spazi equivalenti agli angoli del fabbricato. Suddiviso in più sale espositive, alcune dedicate ad esposizioni permanenti, altre a mostre tematiche/temporanee, il Museo ospita differenti tipi di paglia e grano, trecce, ornamenti, “bigheri”, abiti e calzature, oggetti intrecciati in fibre naturali o artificiali di ogni tipo, ricami e tessuti, macchinari, attrezzature e una selezione di cappelli.

DUNO

Stand per la fiera PITTI IMMAGINE UOMO. Lo spazio, per un totale di circa 100 mq, era suddiviso in 4 differenti ambienti e l’utilizzo di una parete flessibile in materiale plastico ci ha permesso di vincere la divisione e trasformare lo stand in un unico spezio espositivo fluido. Le luci a terra, sottolineando la parete stessa, hanno contribuito ad enfatizzare l’effetto ed a guidare i visitatori all’interno dell’esposizione.

Dentro o fuori?

I giovani committenti si sono affidati al nostro supporto per ristrutturare completamente 2 dei 4 piani del fabbricato, oltre che il giardino nella corte privata. Gli input che ci sono stati forniti erano piuttosto chiari: spostare gli ambienti di vita principali al piano seminterrato e il piano terra, così da vivere a pieno il giardino e la sua nuova piscina. Abbiamo deciso di posizionare la cucina e realizzare il soggiorno sul lato del fabbricato a ridosso del giardino, mettendoli in comunicazione tra di loro grazie alla realizzazione di un’apertura nella parete; questa operazione ci ha permesso di creare una nuova zona giorno a diretto contatto con il verde e la natura. Al di fuori è stata installata una pergola bioclimatica, come elemento di filtro tra esterno ed interno; grazie a questa, il soggiorno e la cucina, si espandono creando così una “stanza all’aperto”. Il resto del piano è stato rimodellato per ritrovare una serie di spazi utili alla vita quotidiana, come una libreria/cantinetta su disegno di colore blu, mentre il disimpegno è stato sfruttato per inserire un mobile spogliatoio, anch’esso su disegno, posizionato a fianco della scala di collegamento al piano terra. Il piano terra accoglie la zona notte. La parte a sud del fabbricato, dove prima erano presenti un soggiorno ed una seconda cucina, viene occupato dalla camera da letto padronale ed il suo bagno. Particolare attenzione è stata dedicata alla scelta dei materiali, dell’illuminazione e degli arredi.

Il Podere, situato nel territorio rurale che dal golfo di Talamone risale fino alle colline di Magliano in Toscana, è parte di un ampio progetto di bonifica delle aree paludose della bassa Maremma che, realizzato negli anni ’30, prevedeva la costruzione di vari casali identici tra loro. Lo schema tipologico, attribuito con probabilità all’architetto Marcello Piacentini, prevede un corpo di fabbrica principale a due piani, con pianta rettangolare, un semicerchio nella facciata nord, in cui si sviluppa la scala interna e un annesso in adiacenza. L’intervento consiste nella ristrutturazione dell’intero complesso e i due obiettivi principali sono stati la riqualificazione energetica dell’organismo edilizio esistente e la restituzione di un’identità architettonica autentica, instaurando un legame tra involucro esterno e ambienti interni, nel rispetto dell’impianto planimetrico originario e della componente rurale toscana. Le stanze, si susseguono creando un percorso di scoperta continua dell’abitazione, in cui gli spazi di condivisione coesistono con quelli privati. Dalle terrazze al primo piano, termine del percorso, si possono apprezzare luci e colori del paesaggio circostante. Le superfici, fuori e dentro il podere, si caratterizzano per l’utilizzo di materiali naturali locali e di forme geometriche nitide. Le cornici in travertino intorno alle finestre, il cotto grezzo della pavimentazione esterna, gli archi e il legno dell’arredo all’interno, ne sono dimostrazione.

Il progetto del nuovo Circolo la Torre ha voluto rivitalizzare la sua importanza per la frazione di Montelupo F. e creare con l’architettura una trasposizione fisica e materica della nostra idea di socialità e di cultura. La volontà primaria è stata quella di creare uno rapporto con il quartiere, rendendo l’esterno un valore per l’interno. Il progetto delle visuali e della disposizione delle aperture permette di attraversare con lo sguardo l’intero edificio. Le ampie finestre proiettano gli ambienti interni verso l’esterno, creando uno spazio soglia ibrido. All’interno, l’involucro della zona bar è in tonalità di terracotta, testimonianza di quando dipinsero il circolo di rosso. Le gradazioni tonali delle pareti proporzionano gli ambienti e creano effetti scenografici, specie nel passaggio tra i vani. In queste sale si inseriscono arredi realizzati artigianalmente utilizzando materiale vitreo proveniente dalle ultime vetrerie attive. Sono bottiglie, mattoni e piatti, ripensati per diventare panche, bancone bar e illuminazione. L’intenzione è di ricordare quando alla Torre si viveva di vetro, perché le vetrerie davano lavoro alle famiglie e scandivano i ritmi della vita. I pavimenti sono in ceramica smaltata di colore verde, come il vetro di Empoli, ad eccezione di un inserto in legno che definisce l’area “palco” della sala polifunzionale. Qui, dove una volta c’era la balera, si definisce uno spazio colorato di blu, aperto ad accogliere socialità, ma anche cultura.

L’appartamento oggetto della ristrutturazione è sito nel cuore del quartiere di Statuto. Il progetto ha avuto come intento primario la realizzazione di una nuova spazialità, rivelando gli interventi operati sulle murature -tutte portanti- in un processo che non vuole nascondere o dissimulare ma, con un’opera di riscrittura sull’esistente, mostra le tracce del nuovo, lasciando a vista le architravature. Elemento fulcro è un grande mobile realizzato in legno di rovere che, come un nastro avviluppato su se stesso, mette in connessione fisica e spaziale tutti gli ambienti. Il mobile è composto da una sequenza alternata di listelli che amplificano gli accetti chiaroscurali e celano in questa ritmicità ininterrotta anche le aperture. Se dall’esterno il mobile, raggiungendo l’imposta delle cerchiature, appare nella sua imponente struttura stereometrica, al suo interno è interamente ‘scavato’ a diverse profondità per accogliere spazi e oggetti di vita quotidiana, come i fusuma nella casa tradizionale giapponese. Nella zona giorno un pannello incassato nel muro e della stessa struttura del mobile, si apre come una porta, dividendo il soggiorno dal resto della casa. La presenza centrale del mobile trova uno specifico riferimento proprio nella città di Firenze nello studiolo pensato da Vasari per Francesco I, dove le pannellature che foderano le pareti, al pari del mobile della casa oggetto dell’intervento, talora contengono oggetti, talora, aprendosi come porte, connettono altri spazi.

Il progetto ristabilisce la consistenza originaria di un appartamento, affacciato sulla chiesa di Santo Spirito nel centro storico fiorentino, alterato negli anni da frazionamenti, modifiche e usura. L’intervento consiste in una totale revisione del layout della casa, diretto a soddisfare le esigenze dell’abitare contemporaneo di una giovane famiglia, in parallelo al consolidamento e restauro delle strutture del fabbricato storico in cui è inserito. La nuova distribuzione prevede una chiara divisione tra gli ambienti della zona giorno, posizionati nelle stanze più grandi e con le visuali migliori, e della zona notte, collocati nella parte più silenziosa e raccolta della casa. La zona giorno, attraverso l’apertura di grandi varchi nelle murature esistenti, si presenta come un continuum di spazi unificati da una ristretta palette di materiali (graniglia in grande formato, travertino, legno laccato, tinteggiatura). La zona notte presenta maggiore variazione nei colori e nelle materie, con pavimenti in parquet di tek per le camere da letto e microcemento e calce in toni caldi per i bagni.

Progetto di allestimento per la mostra Soggetto nomade. Identità femminile attraverso gli scatti di cinque fotografe italiane. 1965-1985- Paola Agosti, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi, Elisabetta Catalano e Marialba Russo, a cura di Cristiana Perrella e Elena Magini. Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato. La mostra affronta il tema della rappresentazione dell’identità femminile in un periodo di grandi trasformazioni sociali e politiche per l’Italia. Oltre cento fotografie in bianco nero sono state inserite nello spazio, completamente bianco, a simboleggiare una grande quinta neutra sulla quale poter esporre e dichiarare il messaggio delle artiste. A scandire gli spazi sono stati introdotti volumi rastremati che fuoriescono dalle pareti perimetrali come fossero delle piccole estroflessioni, appendici della parete stessa. Tali volumi sono dedicati alla descrizione di ogni artista esposta attraverso una grafica monocroma, scelta anche questa dettata dalla volontà di non sovrapporsi al forte potere comunicativo delle opere. Il progetto mira a creare un unicum tra opere esposte, grafica e spazio architettonico.

Ottica Ballerini è un’attività con una lunga tradizione familiare nel centro storico di Grosseto, all’interno di un edificio Liberty vincolato dalla Soprintendenza. Il concept è stato sviluppato in stretta collaborazione con la committenza per fare emergere i valori di artigianalità e ricerca del dettaglio che la rappresentano. L’idea di progetto vede l’interno come un palcoscenico dove elementi eterogenei creano più azioni in grado di stimolare la curiosità dell’osservatore.A fare da scenografia è l’oro che celebra il presente e fa da ponte con la tradizione. Nuovi infissi e vetrine riprendono le cromie del marcapiano, mentre internamente nuovi arredi in acciaio si modellano sugli esistenti in legno mantenendo un distacco formale dagli stessi. I sistemi espositivi in metallo sono così sospesi e sottili contrapponendosi alla solidità degli elementi mantenuti. Texture materiche, come la calce delle pareti, la pavimentazione esistente in pietra e la finitura brunita e spazzolata dell’acciaio riprendono l’artigianalità del territorio. Il progetto della luce contribuisce a valorizzare la materia e svela simmetria e linearità dello spazio. Alle gole luminose lungo il perimetro si alterna un sistema puntale che mette in scena il prodotto e rende scultorei gli elementi in metallo. Il risultato è la reinterpretazione dell’esistente, partendo da quanto c’era il progetto trova le giuste proporzioni riuscendo attraverso forme e finiture a nascondere il nuovo con il vecchio e vicecersa

Casa Citerna

Situata all’interno di Poggio alla Croce (FI), Casa Citerna è il risultato di un intervento complesso di ristrutturazione e riqualificazione energetica su una antica casa adibita ad abitazione privata, originariamente parte di un palazzo storico frazionato nel tempo. L’intervento ha avuto come obiettivo sia la riorganizzazione spaziale della casa, con l’introduzione di nuovi spazi e servizi igienici, sia la reintroduzione di materiali e strutture tipiche del contesto, con forme e pose contemporanee. Tutti i solai in laterocemento, introdotti da interventi novecenteschi, sono stati sostituiti con solai lignei realizzati con legno di castagno e mezzane in cotto fatto a mano. Il progetto ha inserito nuovi varchi tra gli ambienti per creare spazi fluidi e continui, massimizzare l’ingresso della luce naturale ed eliminare il frazionamento spaziale introdotto da interventi recenti. Tutti i nuovi interventi sono segnalati con portali in acciaio, ed un nuovo grande camino rivestito in cotto dell’Impruneta caratterizza la zona giorno. Una nuova suite con studio e bagno privato impreziosisce la zona notte. L’intervento ha poi previsto un insieme di opere per la riqualificazione energetica della casa in bioedilizia, mediante l’uso di termointonaci interni ed esterni in calce e sughero, il rifacimento integrale del tetto con isolanti in fibra di legno ad alta densità, e l’installazione di un impianto in pdc con pavimento radiante.

La nuova sede di Find Facility Net è il risultato di un intervento di ristrutturazione che ha cercato di reinterpretare gli spazi interni di un’unità immobiliare ad uso ufficio, posta al piano primo di un fabbricato situato nel centro storico di Pontedera. Il progetto si è posto l’obiettivo di rimuovere l’impostazione classica di ufficio caratterizzata da spazi chiusi in sé stessi e corridoi bui, per creare un ambiente più dinamico e stimolante per le attività svolte. Attraverso la rimozione di tramezzi si genera un unico spazio aperto, fluido e luminoso, dove volumi di forma organica si inseriscono in corrispondenza dei setti conservati per necessità strutturali, rivestendoli e creando nuove relazioni con lo spazio. Questi volumi diventano il fulcro del progetto anche grazie all’uso del colore che permette di orientare i vari ambienti nello spazio organico. Infine un ruolo fondamentale viene assunto anche dagli arredi, andando a connotare i diversi ambienti secondo colori e matericità diverse. Tutti i diversi ambienti sono in relazione l’uno con l’altro risultando un unico spazio di lavoro condiviso dove le partizioni vetrate favoriscono rapporti di collaborazione continui.

Premio Architettura Toscana

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