Era officina: ora è casa. È stato agire su un volume compatto per sottrarre pieno. È stato, anche, costruire lì, ove era rumore di motore, un vuoto vegetalizzato, un ambiente aperto ma dalla spazialità interna, definito com’è da certe travi che sono ancora lassù, frammenti di memoria, tracce della copertura dell’officina che fu. È stato generare percorsi luminosi e avvolgenti attorno al nuovo ventre verde, innestando inedite dinamiche e costruendo spazi dilatati in profondità e altezza. Nel quartiere in odore di mare in Livorno, già l’affaccio sulla pubblica via urlava da subito diversa riconoscibilità. Ora un bianco diaframma anticipa e filtra verso lo spazio privato. Si eleva superando la invariata quota di gronda, aprendosi poi in due nitide e caratterizzanti aperture, cornici di cielo e della loggia cavata in copertura. Gli allineamenti sono calibrati sulle misure dei fabbricati limitrofi. Un accesso arretrato e svettante nel suo fuori scala, introduce alla spazialità interna, immediatamente vertiginosa in altezza e in profondità, aumentata dalle trasparenze nel ventre verde. Dinanzi è lo sbalzo audace di nitidi gradini. La finitura in resina bianca sottolinea la pulizia formale. Sopra, spazi introspettivi si affacciano sul living. Sotto, vetrate e volumi puri. Un leggero differenziarsi cromatico e del trattamento superficiale, muta la percezione visiva e sensoriale. Il tempo pandemico ha indotto ad ambienti dilatati nel verde. Qui, ora, è un abitare informale e felice.
Era officina: ora è casa. È stato agire su un volume compatto per sottrarre pieno. È stato, anche, costruire lì, ove era rumore di motore, un vuoto vegetalizzato, un ambiente aperto ma dalla spazialità interna, definito com’è da certe travi che sono ancora lassù, frammenti di memoria, tracce della copertura dell’officina che fu. È stato generare percorsi luminosi e avvolgenti attorno al nuovo ventre verde, innestando inedite dinamiche e costruendo spazi dilatati in profondità e altezza. Nel quartiere in odore di mare in Livorno, già l’affaccio sulla pubblica via urlava da subito diversa riconoscibilità. Ora un bianco diaframma anticipa e filtra verso lo spazio privato. Si eleva superando la invariata quota di gronda, aprendosi poi in due nitide e caratterizzanti aperture, cornici di cielo e della loggia cavata in copertura. Gli allineamenti sono calibrati sulle misure dei fabbricati limitrofi. Un accesso arretrato e svettante nel suo fuori scala, introduce alla spazialità interna, immediatamente vertiginosa in altezza e in profondità, aumentata dalle trasparenze nel ventre verde. Dinanzi è lo sbalzo audace di nitidi gradini. La finitura in resina bianca sottolinea la pulizia formale. Sopra, spazi introspettivi si affacciano sul living. Sotto, vetrate e volumi puri. Un leggero differenziarsi cromatico e del trattamento superficiale, muta la percezione visiva e sensoriale. Il tempo pandemico ha indotto ad ambienti dilatati nel verde. Qui, ora, è un abitare informale e felice.
Il complesso monumentale dei Bottini dell’Olio–Luogo Pio, realizzato all’inizio del XVIII secolo, costituisce un intero isolato urbano nel cuore dello storico quartiere della Venezia Nuova. L’intervento di restauro degli edifici esistenti ha compreso anche il completamento delle parti distrutte dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale realizzando, purtroppo ancora non in maniera completa, nuovi volumi sul sedime di quelli storici tesi a ricucire il tessuto urbano sfrangiato dalle bombe. In essi mediante l’utilizzo di materiali quali il vetro, il metallo ed il laterizio scialbato a vista, si sono introdotti linguaggi architettonici distinguibili ma che trovano riferimenti nel contesto del quartiere. L’intervento ha realizzato anche nuovi collegamenti funzionali interni, scale, ascensori, rampe e passaggi coperti, che hanno reso il complesso funzionale al nuovo ruolo e completamente accessibile. Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento, utilizzando l’acqua del vicino canale, realizzano un alto risparmio energetico, le reti distributive sono celate ed integrate negli elementi architettonici e negli allestimenti. Negli spazi così restaurati e ricostruiti, si sono ricavati nuovi locali espositivi e nuove dotazioni di servizi per l’esistente Biblioteca Labronica. All’interno dei Bottini dell’Olio, negli ampi saloni voltati, è stato allestito il nuovo Museo della Città, mentre gli ambienti e la Chiesa del Luogo Pio ospitano la collezione comunale di arte contemporanea.
Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.
Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.
Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.
Progettare è anche ricostruire il discorso tramite un frammento di un luogo, metafore, nel tentativo di dare forma nuovamente ai fatti dell’uomo. Racconta Carmelo Bene parafrasando un testo di Boris Pasternak che “Il poeta vede al tempo stesso e da un punto solo ciò che è visibile a due isolatamente”. Anche qui, ne “La Libecciata”, il guardare è un atto fondativo dell’architettura, e consente di scorgere da uno stesso punto due lati del paesaggio: la terra e il mare ma anche la città, già storica mediazione questi due elementi naturali, che soprattutto nel Tirreno, principio delle cose, costruisce la sua storia passata oltre che quella attuale. Muri, basamenti, finestre, si aprono e si spezzano nei tracciati urbani di una città in qualche modo porosa, una pietra pomice trovata sul lungo mare del litorale toscano e scavata lungo infinite cavità dall’acqua e il suo sale, come gli stretti vicoli della città marinara. Luce e oscurità ne riempiono l’aria salmastra, la saturano di cristalli in sospensione, microscopici frammenti di luce che macchiano quasi pittoricamente il reale, lo sbiadiscono e si depositano sugli oggetti smussandone le asperità e gli spigoli, erodendone la materia, un po’ come guardando da dietro un vetro incrostato dal salmastro un mondo nuovo, lo stesso mondo che differente si staglia sulle tele del Fattori che da queste vie è passato.
Il progetto è iniziato con l’intento di fornire un’identità nuova e fresca ad un esercizio commerciale che già esisteva da dieci anni. Per il restyling del salone di bellezza sono serviti quindici giorni di intenso lavoro di artigiani locali, che con la loro abilità hanno dato una nuova pelle al locale. Il salone si trova nel quartiere Venezia di Livorno ed è caratterizzato da un ampio spazio di cento metri quadrati con volte a crociera. L’idea di partenza è stata quella di preservare l’unicità dello spazio aggiungendo elementi e materiali che rendessero l’ambiente confortevole, caldo ed accogliente. Il soffitto è stato dipinto di verde pastello mentre le pareti bianche accolgono sullo sfondo del locale una raffinata carta da parati. Per gli arredi sono stati scelti materiali che scaldassero l’ambiente sia a livello visivo che tattile: il legno per le mensolature, pelle vintage nella nuance cuoio per le sedute, oro per i dettagli, marmo verde alpi per rivestire il bancone della reception, micropainting chiaro del pavimento per dare luce ad un ambiente carente di illuminazione naturale efficiente mantenendo la texture del pavimento preesistente.
Spazi aperti, piante, luce e design. Un attico eclettico nel cuore della città di Livorno, in un palazzo recentemente ristrutturato, dove si uniscono arte, musica e arredi su misura che rendono il progetto assolutamente originale. Entrando nell’appartamento ci troviamo catapultati in uno spazio pieno di arte e creatività. Dall’ingresso si può subito apprezzare il “box” della cucina: un sistema di porte scorrevoli in vetro che possono essere chiuse o aperte all’occorrenza, svelando la particolarità di questo spazio, dove una parete verde totalmente ricoperta da piante stabilizzate diventa lo sfondo di tutto il living. Vista dalla zona giorno, la cucina riporta ad un ambiente naturale: gli arredi della cucina sembrano delle pietre immerse in una giungla rigogliosa. Quando il box si chiude sembra di essere in un giardino d’inverno, mantenendo sempre il contatto visivo con il resto della casa. La zona giorno è un ambiente unico, visivamente connesso da una particolare pavimentazione in legno a listoni trapezoidali. In ogni stanza sono state istallate delle casse dal design e dalla qualità inconfondibile che permettono di essere avvolti sempre dalla musica. Il progetto Pop House è un progetto di identità. Il principale obbiettivo di questo progetto di ristrutturazione è stato quello di realizzare spazi in totale sintonia con il committente, ambienti che fossero lo specchio della personalità di chi li abita, di chi li vive nel quotidiano.
LA “NUOVA DOGANA D’ACQUA” La “Dogna d’Acqua” è un progetto per la ricostruzione sulle vie d’acqua di un edificio costruito negli anni Trenta dell’Ottocento, ordinato dal Granduca Leopoldo II di Toscana e demolita dalla guerra. Il progetto mantiene inalterati i due canali navigabili sottostanti dotati di volte sulle quali è stata ricostruita la “Nuova Dogana d’Acqua”. L’edificio è in acciaio e vetro con una struttura in elevazione costituita da un telaio spaziale realizzato con colonne in HEB360 e travi principali in HEA300. Le perimetrazioni sono state realizzate con sistemi prefabbricati a secco. Il condizionamento è stato realizzato con sistema termomeccanico e trattamento aria. Il perimetro esterno è costituito da pareti ventilate in vetro serigrafato che riproducono l’immagine della “Vecchia Dogana d’Acqua”. La copertura, munita di lanterna è stato realizzata con coil in acciaio elettrocolorato ventilato montato a mano ribordato, con padiglioni uguali a quelli preesistenti. Le parti interne sono state realizzate a secco, i controsoffitti in cartongesso con impianti incassati, isolanti in pannelli di legno, pavimentazioni in linoleum, ascensore, compartimentazioni REI 60, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
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