L’intervento intende recuperare e integrare un vecchio presidio già adibito ad orfanotrofio sito su una porzione di territorio collinare prossima al centro storico di San Miniato. Riattivandone le connessioni relazionali attraverso il riuso dei “vicoli carbonari” utilizzati fino al secolo scorso dai carbonai per portare il carbone in città ed attraverso il riutilizzo di percorsi nel bosco circostante il plesso per garantire la sorveglianza e la manutenzione dei versanti. Il progetto “Casa Verde”, così storicamente chiamata per la forte valenza sociale (Casa/orfanotrofio – Verde/immersa in un bosco di Lecci), è di fatto una ricerca di legami di fratellanza: 1_Con il bosco, per mezzo dello studio delle sfumature di colore che le foglie hanno nelle diverse stagioni; 2_Con le “ragazze ospiti”attraverso la rilettura dei loro lavori grafici riportati attraverso il lettering adesivo sulla facciata in vetro; 3_Con la città tramite il recupero dei “vicoli carbonai” (utili e necessari per la manutenzione dei versanti); 4_ Con la ricerca verso la luce naturale (filtro vano scala principale); 5_Con il vecchio paesaggio attraverso il mantenimento del filare secolare di cipressi tangenti alla struttura. 6_Con l’arte attraverso l’artista Mercurio-S17S71 che rileggendo il volto degli “ospiti” ha creato una collezione di opere contemporanee.

iTEK Showroom

È difficile credere che l’architettura sia principalmente “fermezza”, solida e granitica materia, capace di adattarsi alle molteplici variabili del vivere e rispondere alle innumerevoli esigenze della “società liquida”. In questo piccolo progetto per lo showroom di una società che si occupa di impianti domotici, si è indagato la possibilità dell’architettura di essere al tempo stesso “denotante” e “demarcante”, cioè la possibilità di definire gli spazi con demarcatori leggeri, penetrabili ma non modificabili. Il pretesto di questo gioco/esperimento è stato la richiesta della committenza di sfruttare un open space, esaltando con un nuovo progetto, le potenzialità della tecnologia domotica in tutti i suoi aspetti. Dovevamo cioè far passare il fruitore dallo spazio di una modesta situazione urbana di periferia ad uno spazio indoor attraente, rilassante, coinvolgente, far sentire il passaggio di dimensione e creare una predisposizione “all’ascolto”. Lavorare su una monocromia bianca è stata il primo elemento di svolta. Un colore neutro era la scelta ideale per proiettare qualsiasi combinazione della tecnologia RGB light. L’open space esistente, privo di qualsiasi valore architettonico è stato l’ulteriore elemento che ci ha spinto verso l’utilizzo di elementi di tessuto a sezione circolare per la configurazione di spazi interni. Questa scelta crea uno spazio morbido e pulito e valorizza al meglio la tecnologia esposta.

Edificio ERP

Fabbricato composto da n. 16 alloggi per edilizia residenziale pubblica, ubicato su area comunale interposta tra la Via Aurelia e la Via P. P. Pasolini. Progettato con criteri di sostenibilità e controllo climatico mediante lo studio della configurazione geografica in rapporto all’illuminazione naturale. Dotato di impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica e solare termico, oltre a caldaia centralizzata ad alto rendimento con gestione autonoma sui singoli appartamenti. Esterni protetti da brise-soleil per una corretta gestione dell’illuminazione solare. Accessibilità ai disabili, di cui un appartamento dedicato ai portatori di handicap. Acustica controllata tra le strutture verticali ed orizzontali mediante guaine ad alte prestazioni.

Camera con vista

Il tema è “la camera d’albergo”, sintesi abitativa che accoglie e riflette il bagaglio culturale di ognuno di noi, integrando funzionalità e prestazioni climatiche alla qualità architettonica. Uno scenario di sintesi che appare al momento stesso dell’apertura della porta d’ingresso. In pochi secondi l’impatto emotivo coinvolge, insieme alla vista, gli altri sensi: luce, colori, diffusione dei suoni, corposità di una maniglia o di un tessuto, odore dei materiali. Non importa se la camera sarà usata una sola notte o più, ma anche i minimi particolari devono essere integrati in questo microcosmo. A fine di conferire una scala domestica agli spazi dell’albergo, abbiamo utilizzato carte da parati ispirate al’epoca della struttura e stampe in stile inglese come le dimore borghesi anni’40 e ’50, legandoci cosi alle atmosfere residenziali della zona. Abbiamo reinterpretato camera per camera le vicende di Villa Pesenti e le sue stratificazioni nel tempo, mettendo in luce i valori identitari del luogo, rendendo chiari gli arredi autentici e integrando tratti di contemporaneità. Il legame con l’ambiente esterno è costante in ogni stanza: da ogni finestra gli scorci sul paesaggio sono differenti e ogni allestimento è un proseguimento dello sguardo. Dunque l’antico e il nuovo vivono nelle scelte progettuali di modo che gli spazi interni si connettano dialetticamente con le facciate, i percorsi esterni e gli elementi architettonici presenti.

Il progetto riguarda il completo recupero di un magazzino industriale in abbandono per la realizzazione della nuova Sede di un importante Studio Legale. L’immobile si trova all’interno di un isolato nella zona otto-novecentesca a ridosso dei Viali ed occupa l’intero piano terra di un edificio del 1960 ed una piccola costruzione adiacente posta nel cortile tergale. La planimetria dell’esistente, caratterizzata da una grande profondità del corpo di fabbrica e dalla conseguente scarsità di aperture in rapporto alle grandi superfici disponibili, è stata risolta con la creazione di una “piazza interna” che costituisce uno spazio polifunzionale posto all’interno dell’edificio dove, oltre ad essere il cuore del sistema distributivo dello Studio, è anche sala di lettura e spazio per ospitare incontri e seminari. Lungo le pareti sono presenti una serie di nicchie che contengono i numerosi volumi della biblioteca dello Studio alternate alle aperture che, grazie a pannelli scorrevoli, danno l’accesso a tutti gli uffici. Nella palazzina adiacente sono collocati gli studi direzionali ai quali si accede, seguendo il lungo banco in legno della reception, salendo una scala a sbalzo con gradini che aggettano da un setto murario rivestito in travertino con finitura “cannetè”. I prospetti sul cortile sono stati ridefiniti così come l’accesso che dalla strada conduce all’interno dell’isolato dove un lungo “tappeto” in legno posto sulla ghiaia del cortile accompagna i visitatori verso l’ingresso

La nuova cantina di Podernuovo è a San Casciano dei Bagni, centro medievale a sud est di Siena, lungo le colline del Chianti e verso il confine con l’Umbria. Una sequenza di quattro setti paralleli di cemento color dell’argilla fendono il terreno secondo una giacitura che segue la massima pendenza della collina. Il territorio continua nell’architettura. Un principio di purezza funzionale attraversa tutti gli spazi della cantina, concepita come estensione del lavoro contadino e della cultura del territorio che entrano vigorosamente, attraverso i setti, nel cuore dell’architettura. L’edificio definisce i suoi ambienti in funzione delle strette esigenze di produzione e trova la propria origine nel paesaggio circostante. Nell’edificio tutto è in vista: a partire dai grandi setti murari per continuare nelle attrezzature funzionali alla produzione fino agli impianti meccanici. La cantina è attraversata da un asse principale che, configurandosi come un cannocchiale visivo, corre tra i due setti centrali per tutta la lunghezza dell’edificio e si apre sui vigneti. L’interno appare come una “sezione aperta” che, grazie alle ampie pareti vetrate, permette di traguardare, da qualunque punto del percorso, tutti gli ambienti della produzione del vino avendo sempre come sfondo il paesaggio toscano.

L’edificio è stato costruito nel 1940, come magazzino, privo di pregi artistici e decorativi, successivamente adibito a civile abitazione e donato alla parrocchia, per essere usato per le celebrazioni eucaristiche. Dovevamo rispondere alla fondamentale esigenza della committenza, la parrocchia, di ottenere, nel nuovo progetto, un’aula priva di qualsiasi struttura muraria che impedisse la visione diretta del presbitero durante la celebrazione. Oltre alla ricerca di una nuova e più appropriata distribuzione interna, volevamo che il luogo di culto si prolungasse all’esterno, con un sacrato, in parte coperto, luogo di sosta e di aggregazione per gli abitanti del quartiere. Alla facciata è applicato un rivestimento, una “facciata ventilata”, che impedisce la vista dal basso della copertura, isola termicamente la parete esterna e “incornicia” il portale d’ingresso, evidenziandolo. Il portale non risulta un elemento edilizio aggiunto alla facciata, ma ha una continuità strutturale con le travi interne ed una continuità visiva con il resede esterno, sulla strada. Questo diviene “pausa architettonica” rispetto agli edifici circostanti, privo di segni superflui, sobrio e, con il piccolo sagrato antistante, introduce il fedele all’interno della cappella. “Pausa architettonica” che consente di rispondere alle esigenze della Commissione Episcopale Italiana che ci impone la “riconoscibilità del luogo di culto”. L’ingresso è delimitato da due fioriere laterali che diventano sedute.

ampliamento di abitazione monofamiliare

Castagneto Carducci è un borgo tra i più suggestivi della Costa degli Etruschi ed è dove nasce l’ex Officina del Gusto, un caffè con cucina. Il contesto vede i centri storici svuotarsi e diventare come delle cartoline piuttosto che essere fulcri della vita sociale, sempre più attività chiudono e le rimanenti non tengono il passo coi tempi. Nasce quindi l’esigenza di un rinnovamento generale che va dal ripensare un intero contesto urbano ed arriva nel particolare a far rinascere le attività esistenti. E’ in questo senso che il fondo dove aveva sede un’officina meccanica viene convertito in un locale che si distingue dagli altri sia per la spazialità che per i servizi dati. L’idea alla base del progetto è quella di eliminare le superfetazioni riportando alla luce e valorizzando le caratteristiche identitarie costruttive dell’edificio storico e farlo rivivere in chiave contemporanea. La matericità di pareti in pietra ed archi in mattoni si contrappone alle linee semplici di arredi e luci in metallo; il calore viene esaltato dall’utilizzo del legno sia per la superficie pavimentata che per bancone, mensole e tavoli, quest’ultimi inoltre raccontano un po’ di storia del territorio grazie al reimpiego di barrique usate per il vino Bolgheri DOC. Lo spazio è organizzato per esaltarne la fluidità e per mantenere sempre il contatto con la vallata esterna, proprio in tal senso è stata ideata la “cucina a vista-con vista”, uno spazio aperto sia sulla sala consumazioni che sul paesaggio.

SuperLodge

Il progetto muove nel rispetto e nella valorizzazione degli elementi maggiormente caratterizzanti l’edificio originario, non con una logica di mera conservazione ma attraverso la rilettura e l’interpretazione. L’involucro esterno, caratterizzato dalla composizione ritmata delle aperture, dal rigore della forma composta e dalla ricchezza di modanature, è stato mantenuto nella sua geometria. La rilettura in chiave contemporanea ha determinato la scelta della colorazione monocroma di tutti i prospetti, comprese le modanature e l’intradosso della gronda lignea. L’unico intervento esterno è coinciso con la sostituzioni delle superfetazioni incongruenti con una loggia a sbalzo, costituente un volume diafano dagli inconsueti effetti di luce. Internamente sono stati esaltati due elementi fondamentali della spazialità originaria e della nuova architettura risultante: le grandi altezze di interpiano e la scala in pietra con balaustra Liberty. La distribuzione interna è stata adeguata alle esigenze della vita contemporanea perseguendo la massima fluidità spaziale. Conseguentemente gli ambienti, originariamente austeri ed in penombra, sono ora invasi dalla luce. Nel volume diafano della loggia la luce assume delle caratteristiche assolutamente inedite per l’edificio: la microforatura permette di avere un ambiente aperto ma protetto dall’irraggiamento diretto, cangiante e confortevole. Lo spazio è a tutti gli effetti una ambiente esterno, ma si coniuga con un senso di protezione e privacy.

L’impostazione planimetrica a piastra di un solo piano fuori terra soddisfa l’esigenza primaria di una organizzazione razionale della biblioteca ed al tempo stesso favorisce la creazione di uno spazio pubblico che riproduce la suggestione di strada pedonale coperta. Il percorso informale tra le due città dense viene assorbito con il risultato di includere i flussi pedonali verso il sottopasso alla stazione entro il nuovo organismo edilizio. Questa dinamica consente ai passanti un approccio diverso ed innovativo con i servizi della biblioteca, verso i quali si sentiranno naturalmente attratti. Il nuovo edificio non esprime rappresentatività con la forma della sua architettura, il suo valore simbolico è nel modo di rapportarsi al contesto e alla natura. Alla scala urbana l’architettura è seminascosta dal verde, unica emergenza i camini di ventilazione. La biblioteca è un simbolo di per se stessa: simbolo della conoscenza, dell’ampiezza di vedute, di fruizione intelligente delle risorse; una sorta di monumento alla sostenibilità alla cultura del rispetto dell’ambiente. Questa biblioteca, realizzata con struttura in legno lamellare e con muri di tamponamento in balle di paglia, che sfrutta sistemi di ventilazione naturale, risponde alle caratteristiche specifiche di ecocompatibiltà, sostenibilità, efficienza energetica, capacità di isolamento termico ed acustico, e costo contenuto che l’Amministrazione desidera ottenere e ne rappresenta quindi il simbolo, il monumento.

L’attenzione e il “rispetto” del contesto in cui ci siamo trovati ad operare, ci ha imposto un intervento che, non alterando la facciata dell’immobile, si sviluppasse all’interno dell’unità immobiliare e fosse caratterizzato dalla fornitura di un arredo e impianti, il cui eventuale smontaggio, non compromettesse parti strutturali e decorative dell’edificio. L’intento è quello di “invitare”, all’interno dell’allestimento, la clientela che sta visitando l’area monumentale, in un percorso espositivo nel quale, gli oggetti venduti, sono inseriti in un arredo connesso architettonicamente con l’esterno. “Invito” realizzato con un ingresso “sempre aperto”, senza ulteriori infissi, utilizzando il portone esistente, restaurato e l’uso di colori e materiali presenti nell’adiacente piazza “dei Miracoli”: il prato, il grigio della pietra “serena” e del marmo Bardiglio, il bianco del marmo di Carrara. Il negozio è un percorso, delimitato a terra da un prato artificiale, ad una quota rialzata rispetto alla pavimentazione. Alle pareti laterali sono appese delle “nicchie”, con andamento curvilineo, che accompagnano il cliente nell’acquisto e nell’osservazione dei prodotti, fino alla cassa, posta nella stanza successiva a quella di ingresso. Gli espositori, sospesi da terra, sono progettati come un “nastro” continuo dove si inseriscono nicchie con archi a tutto sesto, ricordo degli archetti ciechi e delle lesene appartenenti agli edifici della piazza.

Premio Architettura Toscana

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