PROGETTO CANTINA DAVINUM_CASTELFIORENTINO (FI) Il progetto riguarda il recupero e la conversione di porzione di un edificio commerciale: locali a destinazione magazzino e locali accessori con contestuale frazionamento e cambio di destinazione a artigianale produttivo, uso cantina. La strategia progettuale adottata ha analizzato gli aspetti funzionali legati alla produzione individuando le fasi specifiche del processo. A sintesi dell’analisi è stato necessario individuare i seguenti ambienti: uno destinato alle prime fasi del processo_conferimento delle uva_diraspatura_fermentazione delle uva e la chiarificazione. Altro ambiente per il processo di invecchiamento: il vino, conferito all’interno di barrique in rovere rimane qui per un periodo di 20/24 mesi dopo di quale si può procedere all’ultima fase: l’imbottigliamento. Inoltre poi sono stati creati gli ambienti accessori alla attività: una zona espositiva, un magazzino, gli ambienti uffici e ultimi, gli ambienti di servizio. Architettonicamente, funzionalmente e esteticamente il baricentro del progetto è la barriccaia, collettore tra la vinificazione e l’esposizione: è l’ambiente “rappresentativo”, reso visibile dalla esposizione attraverso una parete vetrata. L’ aspetto sensoriale del visitatore (caratteristica imprescindibile delle cantine architettoniche) è enfatizzato in ogni ambiente dalla scelta attenta dei cromatismi materici, delle luci, delle finiture,degli arredi rendendo così ogni ambiente unico nel suo genere.

La dimora storica di impianto ottocentesco denominata Villa “Bellavista” si trova fra gli olivi della collina di Vicchio di Rimaggio. L’immobile, composto da garage interrato, due piani fuori terra, piano sottotetto e altana, è stato sottoposto negli ultimi anni ad un intervento di recupero con adeguamento del piano sottotetto agli standard abitativi. Sono i 160 mq di quest’ultimo piano con altana, ad essere oggetto dell’intervento di ristrutturazione e allestimento di interni, dove materiali identitari del luogo vengono declinati con richiami tipici dell’architettura toscana, attraverso lavorazioni e forme che si articolano tra classico e moderno. I pavimenti, realizzati su disegno da una ditta artigiana del luogo, sono in noce nazionale posato in quadrotte stile Versailles con bindello e fascia di aggiustaggio. I pavimenti dei bagni, con relativi lavabi e piatti doccia, realizzati anch’essi su disegno, posati e lucidati in opera, alternano materiali quali marmo bianco Carrara, Verde Guatemala, Nero Marquinia e Botticino per l’altana. Nel bagno del figlio, come in cucina, sono state posate delle cementine a richiamare gli stili talvolta floreali e alle volte geometrici delle pastine degli anni ’30. Il camino della cucina e la scala di collegamento con l’altana sono in pietra serena. Il camino del soggiorno, in marmo Calacatta macchia vecchia, diventa il fulcro della casa, dove raccogliersi per godere appieno della meravigliosa vista sulla cupola del Brunelleschi.

La dimora storica di impianto ottocentesco denominata Villa “Bellavista” si trova fra gli olivi della collina di Vicchio di Rimaggio. L’immobile, composto da garage interrato, due piani fuori terra, piano sottotetto e altana, è stato sottoposto negli ultimi anni ad un intervento di recupero con adeguamento del piano sottotetto agli standard abitativi. Sono i 160 mq di quest’ultimo piano con altana, ad essere oggetto dell’intervento di ristrutturazione e allestimento di interni, dove materiali identitari del luogo vengono declinati con richiami tipici dell’architettura toscana, attraverso lavorazioni e forme che si articolano tra classico e moderno. I pavimenti, realizzati su disegno da una ditta artigiana del luogo, sono in noce nazionale posato in quadrotte stile Versailles con bindello e fascia di aggiustaggio. I pavimenti dei bagni, con relativi lavabi e piatti doccia, realizzati anch’essi su disegno, posati e lucidati in opera, alternano materiali quali marmo bianco Carrara, Verde Guatemala, Nero Marquinia e Botticino per l’altana. Nel bagno del figlio, come in cucina, sono state posate delle cementine a richiamare gli stili talvolta floreali e alle volte geometrici delle pastine degli anni ’30. Il camino della cucina e la scala di collegamento con l’altana sono in pietra serena. Il camino del soggiorno, in marmo Calacatta macchia vecchia, diventa il fulcro della casa, dove raccogliersi per godere appieno della meravigliosa vista sulla cupola del Brunelleschi.

L’unità immobiliare, ante ‘67, è Classificata in Centro storico entro le mura, e in Classe 5. L’obiettivo principale del progetto di recupero e cambio di destinazione, da uffici a residenza per turisti, era quello di creare uno spazio fluido che permettesse una facile fruizione e ampia disponibilità di spazi e letti. Partendo da uno studio preliminare per capire la fattibilità del cambio di destinazione e un attento preventivo di massima, avendo ben presente le richieste precise della committenza, gli architetti sono riusciti a sviluppare liberamente un progetto, in cui si coniuga armoniosamente la luce, le forme e i materiali impiegati integrandoli nell’ambiente minimalista, attraverso una libera interpretazione degli spazi interni per meglio adattarsi alla nuova destinazione. L’atmosfera dell’interno è influenzata da diversi materiali di lusso e da un insieme cromatico molto semplice dominato dall’intonaco burro, i soffitti bianchi, il parquet chiaro, posato a lisca di pesce tradizionale, e la pietra nei bagni. I tocchi di colore sono dati dalle carte da parati scelte fra le molteplici del negozio specializzato di Via Santo Spirito, gli arredi sono stati realizzati e scelti dagli architetti nel rispetto di un unicum spaziale. Due porte a scorrere gemelle, appese nel controsoffitto, si aprono sull’ingresso dando la possibilità di utilizzare lo spazio in modo flessibile, gli specchi ampliano lo spazio, riflettendo la luce delle ampie finestre.

LA FORNACE AGRESTI Progetto di restauro Localizzazione: via delle Fornaci, Impruneta, Firenze Committente: Amministrazione Comunale di Impruneta Progetto: Guicciardini & Magni Architetti Progetto strutture: Enrico Baroni Progetto impianti: Gianni Cinellli Estensione degli interventi: mq. 1.200 La Fornace Agresti è un raro esempio di archeologia industriale. La costruzione risale infatti agli inizi del 700 ed ha subito, nel corso dei secoli, numerose modifiche e trasformazioni. Gli ambienti della Fornace sono quindi il risultato di una serie di aggiunte successive, durante le quali i vari annessi, i loggiati per l’essiccazione e l’immagazzinamento dei prodotti si sono sommati alla struttura dell’antica Fornace in un corpo organico che è quasi privo di connotazioni temporali, ma è reso unitario e significativo dalle tracce e dai segni delle lavorazioni. L’idea che ci ha guidato nella redazione del progetto è che il manufatto sia il reperto principale da mostrare, e così come si restaura un quadro o una scultura che dovranno essere esposti, con la stessa attenzione e cura abbiamo procedendo con il restauro dell’edificio. I lacerti delle pavimentazioni residue in cotto, i segni dello scorrimento dei mezzi e degli animali da soma, gli annerimenti e le bruciature delle zone adiacenti i forni costituiscono un documento unico da conservare, di interesse probabilmente superiore a quello dello stesso organismo architettonico.

Il progetto è stato promosso dal Comune di Fucecchio e dall’Ausl 11, per creare una “Nuova Porta Urbana” risolutiva delle problematiche di accessibilità e mobilità pedonale/veicolare dell’antico Borgo medioevale e della zona Ospedaliera, entrambi in zona dominante rispetto al recente contesto urbano. L’opera è inserita in zona valliva, sul fronte Nord del vecchio centro, in un contesto caratterizzato da forte dislivello tra nucleo originario e nuovi insediamenti; costituisce oggi la “Nuova Porta Urbana” al servizio del centro storico e della struttura ospedaliera, con spazi di sosta veicolare e connessione alla viabilità esistente. Il percorso pedonale inizia a valle da uno slargo e si sviluppa tangente alla Piazza intitolata a Giovanni Paolo II nella quale è presente fontana rievocativa del “Barchino del Padule”. Il primo salto di quota è collocato a circa metà percorso con dispositivo di risalita meccanizzata (scala mobile); prosegue successivo percorso pedonale fino ad arrivare all’impianto di risalita vero e proprio (ascensori e Scale) inserito nella “torre“ concepita in due volumi, con profili di richiamo storico connessi da un volume trasparente passante, che consente la vista lato valle e della zona di interesse SIR “Padule di Fucecchio”. Questo sistema permette il raggiungimento dei vari livelli richiesti dalle esigenze ospedaliere e quello più alto, dal quale attraverso il collegamento aereo, costituito da percorso sospeso, si raggiunge l’antica Via Castruccio.

Il complesso canonico è stato restaurato secondo i principi del restauro scientifico e reso accessibile ai disabili ove possibile, affinché il luogo tornasse un punto di ritrovo per la comunità. È stato eseguito il consolidamento delle murature per bloccare lo slittamento di alcune parti, che comprometteva tutto il complesso. Sono state eliminate superfetazioni e incongruenze presenti in pianta e in alzato. Sono state tolte tubazioni ed intonaci ammalorati, sostituiti con intonaci tradizionali a base di calce. Il progetto del resede tergale ha evidenziato l’antico ingresso della pieve romanica, invertito nel XVI Secolo. Sono stati individuati i piani storici, collegati da scale e rampe, il tutto rivestito in pietra serena. La terrazza di accesso all’abside è protetta da una balaustra in vetro che consente la visione continua dell’ingresso originario. Sui corpi più antichi della chiesa è stata mantenuta la muratura a vista, per distinguerli dai corpi aggiunti nei secoli, intonacati e finiti con colori storici. Il giardino e le murature in pietra forte sono stati restaurati e resi accessibili, così come la scala a doppia rampa. All’interno è stato restaurato il piano seminterrato, risalente al castello preesistente. Sono stati eliminati i grossi pilastri costruiti negli anni Settanta, che rompevano l’unitarietà planimetrica. Per le pavimentazioni si è scelta la pietra serena, mentre i solai, eccetto l’unico ligneo storico, sono stati celati da controsoffitti ad elementi lignei.

Polimoda

Il progetto del Nuovo Centro per l’Alta Moda nel Comune di Scandicci fa parte di un PIUSS approvato e finanziato dalla Regione Toscana. Scandicci in questi anni ha scommesso sulla contemporaneità per riqualificare e rigenerare gli spazi architettonici della città fino ad allora “periferia di Firenze” senza avere una propria e autonoma identità: il nuovo Centro civico di Richard Rogers, il programma direttore di Rogers ed il nuovo Polimoda. La tipologia scolastica per una didattica speciale, come un centro per l’Alta Moda, presuppone una ricerca attenta degli spazi e della comunicazione interna per un pubblico di tipo internazionale. Il tessuto connettivo dell’edificio scolastico, ad esempio, è ampio come dimensione e trattato come “stanza” proprio per superare la mera funzione di collegamento ,a divenire in modo flessibile uno spazio aggiuntivo per gli studenti. La scelta dei colori, il nero interno e il bianco esterno, segue una logica precisa per lasciare spazio alla creatività del singolo senza sovrapporsi sulla creatività della didattica. Una sorta di tela bianca su cui far emergere i colori, le composizioni del singolo oggetto come una sorta di museo per la Moda. L’edificio è ruotato secondo l’orientamento est/ovest del sole per una gestione sostenibile del complesso e lasciare in ombra soprattutto nei mesi estivi le parti più colpite dal sole.I paramenti esterni sono stati pensati come un “abito” che senza gridare riesce a dare un’immagine contemporanea.

L’unità immobiliare, ante ‘67, è Classificata in Centro storico entro le mura, e in Classe 5. L’obiettivo principale del progetto di recupero e cambio di destinazione, da uffici a residenza per turisti, era quello di creare uno spazio fluido che permettesse una facile fruizione e ampia disponibilità di spazi e letti. Partendo da uno studio preliminare per capire la fattibilità del cambio di destinazione e un attento preventivo di massima, avendo ben presente le richieste precise della committenza, gli architetti sono riusciti a sviluppare liberamente un progetto, in cui si coniuga armoniosamente la luce, le forme e i materiali impiegati integrandoli nell’ambiente minimalista, attraverso una libera interpretazione degli spazi interni per meglio adattarsi alla nuova destinazione. L’atmosfera dell’interno è influenzata da diversi materiali di lusso e da un insieme cromatico molto semplice dominato dall’intonaco burro, i soffitti bianchi, il parquet chiaro, posato a lisca di pesce tradizionale, e la pietra nei bagni. I tocchi di colore sono dati dalle carte da parati scelte fra le molteplici del negozio specializzato di Via Santo Spirito, gli arredi sono stati realizzati e scelti dagli architetti nel rispetto di un unicum spaziale. Due porte a scorrere gemelle, appese nel controsoffitto, si aprono sull’ingresso dando la possibilità di utilizzare lo spazio in modo flessibile, gli specchi ampliano lo spazio, riflettendo la luce delle ampie finestre.

Italian Tapas

Italian Tapas si trova in un edificio del XVI secolo, Palazzo Panattoni, in un ampio spazio all’interno del quale un tempo abitava una storica pasticceria fiorentina. Nell’allestimento degli spazi ruolo fondamentale ha avuto il concetto di contrasto: antico e moderno, colori scuri e colori chiari, tradizione e sperimentazione, servizio informale e servizio attento, così da dare vita ad uno spazio che prende spunto ed energia dal passato per mirare al futuro. Il confronto con uno spazio così caratterizzato dal tempo come quello al piano terra di Palazzo Panattoni è stata una sfida progettuale molto interessante. Il sistema di raccolta delle acque meteoriche che abbiamo ritrovato nelle murature è stato trasformato in un sistema di illuminazione decorativo. Il certosino lavoro della restauratrice Cristina Napolitano, ha permesso di recuperare alcuni affreschi e stucchi antichi oltre che importanti ornamenti in pietra serena. Gli arredi, tutti realizzati su misura, hanno conferito allo spazio un carattere dinamico e versatile come richiesto dal committente. Le sedute ora si trasformano in bancone ora in un sistema di tavolini e panche. L’illuminazione caratterizza ogni singola sala conferendo caratteristiche diverse. Un piccolo giardino interno, come una piccola giungla arricchisce l’antico pozzo riscoperto tra le murature.

Vyta Santa Margherita Firenze è ubicato nella ex sala d’attesa di prima classe della stazione di Santa Maria Novella, realizzata negli anni ‘30 dall’architetto Giovanni Michelucci. Il progetto nasce dagli elementi d’epoca e dalle pregevoli finiture che avevano caratterizzato la destinazione d’uso originaria, la fusione tra epoche che coesistono e si completano a vicenda danno vita ad un luxury bakery dove i riflessi delle superfici specchianti annullano i volumi e le linee sottili generano elementi tridimensionali. La tutela dei beni culturali, ha costituito un elemento di sfida per la realizzazione di un VyTA che scaturisce dall’interazione tra luogo ed identità, capace di generare un’esperienza unica nella clientela e di rappresentare la vera essenza del brand. I nuovi elementi fortemente caratterizzanti, realizzati con materiali di pregio come rame, vetro e marmo, dialogano con le parti storiche, un elemento in rame pink rosè, con la sua forma ad L rovesciata, coniuga funzionalità e design, realizzato per il contenimento degli impianti e dell’illuminazione, è l’assoluto protagonista, attraverso il ritmo alternato di vuoti e pieni smaterializzati dall’utilizzo di esili lamelle, separa, ma, al tempo stesso, rende fluido lo spazio, dando vita ad un luogo senza tempo, intimo ed accogliente. Un parallelepipedo rivestito in specchio verde racchiude il laboratorio, con il suo decoro a fasce alternate specchianti e satinate amplifica lo spazio annullandone la sua presenza, il ba

Casa Pieri

L’intervento prevede la costruzione di un’abitazione bifamiliare in classe A in un lotto di esigue dimensioni, triangolare ed in pendenza. Il lotto si trova in una zona collinare di pregio paesaggistico, urbanizzata con un tessuto edilizio rado di abitazioni isolate, sita a Le Sieci; l’area era costituita da una parte libera edificabile, estremamente ridotta come superficie, ed una parte a bosco di conifere e latifoglie. La committenza richiedeva un’edificio ispirato a Wright che contenesse due alloggi indipendenti, ciascuno dotato di un affaccio panoramico verso la vallata a nordovest e dell’accesso al giardino verso sud, dove il lotto si allarga verso il bosco di proprietà. I vincoli del sito hanno determinato l’organizzazione funzionale e volumetrica, definita da tre parallelepipedi sovrapposti e sfalsati di mezzo piano l’uno sull’altro. Il progetto energetico è stato impostato sulla semplicità costruttiva delle soluzioni tecniche e dei sistemi impiantistici. Si è puntato su un involucro ad alta prestazione, lasciando agli impianti un ruolo secondario. Ponti termici sono stati eliminati a priori nel disegno della soluzione di involucro. Il sistema degli impianti prevede una caldaia a condensazione ed un impianto a bassa temperatura a pannelli radianti; data la presenza del bosco e la necessaria manutenzione, l’impianto è integrato da un termocamino a legna nel soggiorno con distribuzione del calore nelle camere. Un impianto fotovoltaico da 6 kWp copre i consumi elettrici.

Premio Architettura Toscana

2018 - 2022 © Tutti i diritti riservati. Fondazione Architetti Firenze, Via Valfonda 1/a, 50123 Firenze

Cod.Fisc./P Iva 06309990486 | Privacy Policy | Cookie Policy

Design by D'Apostrophe | Developed by Shambix