“Casa per Tre Dame” è stata progettata per tre donne, una mamma e due figlie, un forte esempio di imprenditoria femminile che dopo anni decide di tornare a vivere sotto un unico tetto, vendendo le singole abitazioni per costruire un nuovo ed unico nucleo edificato. L’obiettivo del progetto era quello di costruire tre unità amalgamate in un unico fabbricato, concepito con una soluzione di continuità tra le varie unità, rispondendo alle singole esigenze delle committenti. La bellezza della costruzione si è concretizzata nella collaborazione tra committenza, progettista ed impresa fin dalle prime fasi: un esempio di questa sinergia è stato il momento del getto della platea, quando le tre proprietarie hanno consegnato ciascuna un oggetto da posare nelle fondazioni in cemento armato, come gesto “augurale e fondativo”. Il progetto si imposta su un margine in pietra che fa da piattaforma tettonica a due volumi compositivi superiori che si dispongono, al di sopra di questo, accoppiati e paralleli, separati da un elemento distributivo centrale. Non avendo “retri”, la costruzione si caratterizza per la cura delle due “navate” intonacate, ricreando una suggestione che richiama un’architettura navale. Il paramento di margine è stato realizzato a sassi di pietra calcarea, “alberese”, per poter riprendere l’immagine dei muri che cingono ancora il tracciato delle vecchie strade della zona e finire di delimitare con la stessa morfologia il “cuore” centrale verde del campo del Salicone.

Il progetto “Camminare a Firenze” si è sviluppato a partire da un lavoro di ricerca finalizzato allo studio e alla definizione di un sistema di wayfinding per la città di Firenze: con l’obiettivo di favorire l’uso pedonale e ciclabile della città, entro una più ampia strategia di riduzione del traffico veicolare e sviluppo di una mobilità sostenibile; di facilitare allo stesso tempo il riconoscimento di luoghi, spazi e loro sequenze, in modo da potersi orientare e scegliere dove andare avendo la possibilità di “misurare” il tempo più che la distanza. Il percorso progettuale è stato caratterizzato dallo studio degli elementi segnaletici, dall’ideazione del sistema di identità visiva e dalla progettazione esecutiva degli stessi; dal coordinamento degli interventi sullo spazio pubblico in fase operativa e dalla redazione di un manuale d’uso per l’amministrazione. Le steli per l’orientamento e i diversi elementi della “famiglia” contengono informazioni semplici ed essenziali (mappe, pittogrammi, indicazioni turistiche e toponomastiche), oltre a cartografie nelle quali lo spazio urbano viene rappresentato identificando “ambiti di prossimità” e punti di riferimento riconoscibili come monumenti, piazze, giardini, servizi e attrezzature di interesse pubblico, che permettono di individuare i luoghi da raggiungere a piedi e il tempo necessario per percorrere quella determinata distanza (indici di percorrenza: 6/12 min. x 500/1000 m.; cartografie elaborate in scala 1:2.500/1:8.000).

Sala Oro

Il Teatro della Pergola è una “cattedrale” fatta di legno, teli, corde, stucchi, suoni e voci che si rincorrono attraverso scale e corridoi: un bellissimo labirinto dove convivono linguaggi e materiali diversi, macchine e ingranaggi che permettono di trasformare gli ambienti in qualcos’altro, montando e smontando velocemente strutture che ne modificano la percezione, senza perdere l’identità e la forma. Il progetto di un nuovo sistema espositivo per allestimenti temporanei realizzato per la Sala Oro – una galleria stretta e lunga come una strada, decorata come un salone per le feste – muove da queste osservazioni e si confronta con i vincoli e le caratteristiche del suo spazio. Come spesso accade, è il luogo che suggerisce ipotesi e soluzioni: il progetto sviluppa la suggestione della strada e la trasforma nell’idea di un “percorso abitato” che ne occupa il vuoto con rispetto; un insieme di elementi che assumono via via le sembianze di una quinta, di una colonna, di un portale, montati su un basamento che attraverso una “griglia di fori” li organizza entro un sistema geometrico variamente componibile, in grado di assumere molte e diverse configurazioni. La struttura, molto semplice e a basso costo, è stata pensata e realizzata per essere composta, smontata e stoccata con relativa facilità. Ogni elemento del sistema è un modulo progettato in modo da poter essere utilizzato modificando all’occorrenza posizione, colore e grafica, adattandosi ai diversi contenuti di una mostra.

Civico 22

Civico 22 è un frutto di un intervento integrale di trasformazione e rigenerazione di un edificio degli anni Settanta (ex Enel) in un complesso residenziale. La planimetria a L con il lato corto attestato su Via del Campofiore ha subito indirizzato la progettazione sulla dualità dei fronti, più urbani quelli rivolti su strada, più porosi quelli rivolti sull’interno, che il progetto risolve con un telaio metallico e un sistema di pannelli “brise soleil”. Attuando una sorta di smontaggio e rimontaggio degli elementi tipologici dello stato di fatto, il progetto ha restituito il volume attraverso la giustapposizione di tre elementi chiaramente riconoscibili: il basamento, il corpo principale e l’attico. La lettura stratificata di queste tre parti di programma è stata rafforzata con la scansione di fasce marcapiano in acciaio, annegate sul cappotto perimetrale. Il basamento ospita le attività direzionali e stabilisce relazioni urbane anche grazie alla flessuosità delle pensiline che si protendono verso la strada. Al di sopra si sviluppano il corpo principale con da una gamma cromatica che varia dal grigio cemento al perla, nell’ottica di esaltare le fasce finestrate e i generosi vuoti delle terrazze. Il piano attico rappresenta l’elemento di chiusura dal quale emergono le volumetrie dei duplex, ideati come “ville urbane” con le terrazze rivolte sul Piazzale Michelangelo. Infine, la realizzazione del giardino condominiale, ha consentito di ricucire gli spazi del piano terreno.

Casa Giulia

La residenza si trova all’interno del tessuto storico fiorentino, vicino alla Porta al Prato, all’ultimo piano di un edificio a schiera e fa parte di una lunga stecca costruita nel 1576 finanziata dall’ordine di Santo Stefano. La richiesta della committenza è quella di rendere l’immobile adatto alle esigenze di una giovane donna ampliando il più possibile la penetrazione della luce rispettando le caratteristiche storiche e tipologiche. Il progetto si è incentrato sull’uso dell’intero volume in cui è stato eliminato il cannicciato e realizzato, con un nuovo solaio in acciaio, un soppalco; quindi, è stata ampliata la finestra del soggiorno in porta finestra con ringhiera che permette una maggiore aerazione e illuminazione di tutta la zona giorno e affaccio sulla corte interna. Per assicurare aerazione ed illuminazione alla camera sono stati eliminati i palchi morti, sostituiti da un passaggio in ferro e vetro con una rete per catamarani nella parte centrale. Questa soluzione amplia la potenzialità d’uso degli ambienti che diventano fluidi e poliedrici. Sono stati inoltre utilizzati intonaci armati con fibra di vetro per consolidare le pareti portanti, le travi della copertura sono state riconsolidate e integrate con materiale già presente in loco, mentre per il pavimento è stato scelto un parquet in rovere leggermente nodato. Il progetto è stato curato dall’architetto Gaetana Maria Naso, la grafica dalla dott.ssa in Architettura Silvia Angius e la fotografia da Patrizia Gervasi.

Il progetto consiste nella realizzazione di due nuovi volumi ‘accorpati’ all’edificio esistente e la realizzazione di un piano interrato che collega e unisce le due porzioni sovrastanti. I due volumi hanno forma simile ma destinazione diversa. Nel primo edificio è inserita la nuova sala ristorante, che si collega con la cucina esistente (e il bar) tramite un piccolo volume trasparente la cui copertura si estende per l’intero tratto di sovrapposizione tra il vecchio e il nuovo edificio. Nel secondo edificio è stata collocata la segreteria, gli uffici e una sala riunione. Questo volume è collegato ‘fisicamente’ con quello esistente con una copertura trasparente. Successivamente è stato realizzato il porticato che amplia la sala ristorante nei mesi estivi. La ricerca del corretto inserimento ambientale insieme alla funzionalità degli spazi e dei percorsi costituiscono gli aspetti principali del progetto: forme semplici e rigorose con ampie porzioni vetrate, per esaltarne l’apertura e il senso di accoglienza verso l’esterno, L’edificio vuole risultare ‘contemporaneo’ e allo stesso tempo intimamente connesso al luogo: è realmente un ampliamento ma, con forza, cerca la sua ‘indipendenza’ per comunicare solidità e continuità nel tempo. Dal punto di vista costruttivo: il piano interrato è stato realizzato con una struttura in calcestruzzo armato e per i volumi ‘fuori terra’ strutture in legno: pareti in Xlam e soffitti a vista. Manto di copertura in rame naturale.

Fil Rouge

L’idea: un involucro contemporaneo che potesse contenere oggetti datati. Un gioiello nel centro di Firenze che doveva essere giovane e dinamico, ma allo stesso tempo anche elegante e rispettoso nei confronti del passato. Il contrasto è più importante dell’armonia. Forme, colori e materiali sono in contrasto e mai in conflitto. “Un interno è come un orchestra sinfonica, ogni oggetto ha un ruolo preciso e molto importante, anche il più piccolo, tutto deve essere in prefetto equilibrio.” Il grigio assume il ruolo del bianco, ma più presente e porta una compattezza e un unità nella stanza di cui approfittano tutti i complementi”, mentre i toni intensi e saturati danno agli elementi anche un significato architettonico. I colori giocano un ruolo decisivo in questo progetto, le tende di velluto rosso rendono gli ambienti scenografici, come in un teatro, per dare ai mobili un palcoscenico, mentre le stoffe e i tappeti sono gli elementi che coniughino l’architettura e gli ambienti. La carta da parati e il murale alle pareti hanno una tematica, la foresta, che ha un rapporto diretto con il background del proprietario, gli alberi sono i presupposti di tutta la produzione di cui sono la personificazione. Anche molti elementi d’arredo nell’appartamento sono parte di questo omaggio alle origini del proprietario.

Beauty Salon VG

Il Beauty Salon VG Make-Up Artist and Eye Designer nasce nel quartiere Cure di Firenze. Attraverso una corte interna si accede ad un luogo magico che rifacendosi all’identità artistica della committenza formatasi in Accademia e Teatro, si ispira alle scenografie teatrali anni’30 rivisitate con caratteri contemporanei. Questa mixité insieme all’estrema cura dei dettagli ha generato un’atmosfera calda, avvolgente che porta il visitatore in una dimensione esotica, onirica e raffinata, in un viaggio nella bellezza senza tempo. Lo spazio si articola in un ambiente principale dove la parete a specchi amplifica lo sguardo moltiplicando l’effetto avvolgente ed elegante dato da materiali preziosi, finiture in ottone brunito, dettagli oro su nero, colori scuri e caldi, superfici e illuminazione, essenze noce canaletto lucido e opaco, marmo di carrara, laccature e dettagli cannettati, velluto per i drappeggi ed alcuni arredi vintage originali. La copertura originale con capriata e travicelli è stata valorizzata in chiave contemporanea laccandola del colore blu verde delle pareti ed enfatizzandone volumi e ombre con l’illuminazione. L’armonia di forme spazio e materiali, l’eleganza di finiture e colori, l’immagine coordinata dei dettagli stimolano una partecipazione emotiva dello spazio, un’esperienza sensoriale e percettiva unica di bellezza nata dalla cura e dall’amore messo da tutti gli attori che hanno condiviso un approccio tailor made al fare bene insieme, all’eccellenza artigiana.

La cantina

Il progetto riesuma un vecchio granaio dell’antica Fegghine, costruito con materiali ancestrali provenienti dalle rive dell’Arno e dalle vecchie fornaci. Svariate sono le volte presenti nel susseguirsi di stante, così come le altezze delle pareti che le sorreggono. L’intervento svolge un ruolo determinante nella valorizzazione degli antichi spazi. La nuova pavimentazione non vuole avvicinarsi all’esistente, in segno di rispetto. Tutto è staccato per permettere all’illuminazione di svolgere un ruolo fondamentale nella resa percettiva della storicità materica.
Il moderno innesto che insegue la totalità delle stanze non vuole nascondersi, bensì mostrarsi, attraverso la sua lucentezza. La prima stanza è il risultato di un susseguirsi di necessità funzionali che hanno portato ad una totale asimmetria, delle superfici, delle pareti, dei soffitti, persino dell’accesso. In questo contatto ottico tra nuovo e antico, erompono quattro pietre porta botti, riesumate dagli stessi pavimenti preservati, dimostrazione delle innumerevoli funzioni succedute. Con la stessa delicatezza con la quale viene trattata la superficie muraria dell’intero spazio, l’espositore avvicina alle pareti illuminate le 964 bottiglie di vino, che seguono con una forma sinuosa e regolare gli archi creati dalla copertura. Centinaia di specchi riflettono la bellezza del pavimento originario, vagheggiando l’antico pozzo presente nella stanza adiacente. La bellezza è ciò che ha a che fare con la forma.

Massima estensione di superficie a parcheggio, massima superficie a magazzino, massima altezza. Il progetto del magazzino per autoricambi viene sviluppato, da una parte partendo da queste richieste programmatiche e dall’altra relazionandosi con un tessuto edilizio di anonimo e discontinuo. Viene elaborata un architettura semplice costituita da un volume di tre piani fuori terra e un ampio parcheggio interrato. La sagoma del fabbricato viene collocata al centro del lotto in modo da liberare gran parte della superficie esterna. Il disegno planimetrico segue quindi uno sviluppo per spazi concentrici costituiti da una successione di fasce funzionali: La prima fascia si sviluppa tutto intorno all’edificio ed è interamente dedicata a circolazione e parcheggio mentre la seconda, piantumata a verde, si estende fino al perimetro della parcella e costituisce un filtro naturale verso il contesto circostante. L’ edificio si mostra essenziale, articolato in due semplici volumi sovrapposti. In basso un basamento in continuità cromatica con il piazzale di asfalto e, su questo podio scuro e opaco, un volume di due livelli, alleggerito da un rivestimento in lamiera di acciaio microforata che riflette le tonalità dell’ambiente. I due “ordini” architettonici rappresentano le relative funzioni interne. Al piano terra spazio di accoglienza e uffici, ai piani superiori spazi destinati a magazzino. Completano il disegno delle facciate la scala e le bucature richieste dalle misure antincendio.

Il Piano Nobile di Palazzo Capponi alle Rovinate ospita la sede della Stanford University da circa dieci anni. Il progetto di ampliamento, concepito durante il primo lockdown, recepisce il tema della flessibilità richiesto inizialmente dalla Committenza allargandolo al tema delle distanze fisiche necessarie per garantire il corretto svolgimento in sede della didattica. Ecco quindi che gli ambienti, caratterizzati da altezze importanti e soffitti affrescati, diventano il contenitore da rispettare e in cui inserire arredi e dotazioni impiantistiche necessarie. Gli arredi sono concepiti come moduli da assemblare e collocare a seconda delle esigenze didattiche, con la massima flessibilità. Arredi leggeri che richiamano il tema dei banchi di scuola e le cui forme spezzate ne evidenziano la modularità e le varie configurazioni. A partire dagli affreschi presenti, restaurati nell’ambito dell’intervento, sono stati individuati i temi cromatici che hanno dettato la scelta progettuale. La teoria dei 3 colori ha permesso di condurre la continuità tra i vari ambienti, garantita anche dalla presenza di un tappeto continuo in appoggio sagomato sul perimetro, funzionale alla preservazione dei pavimenti storici decorati presenti nel Palazzo. Il “fil rouge” formale è dato dal tema ricorrente della linea spezzata che consente di leggere con facilità gli arredi come elementi da accoppiare e posizionare in funzione delle esigenze didattiche.

Casa LIM

Un appartamento degli anni ’50, luminoso e con spazi generosi la cui organizzazione non rispecchiava le esigenze dei nuovi inquilini. I clienti esigevano un intervento radicale ed il cambio di funzione di praticamente tutti gli ambienti; il programma, preciso e complesso (cucina aperta su zona giorno separabile all’occorrenza, grande zona giorno, camera degli ospiti, un bagno in più, ingresso luminoso e spazio per organizzare) necessitava un completo ripensamento degli spazi. Le caratteristiche costruttive permettevano un certo grado di libertà nella riconfigurazione dello spazio senza compromettere la struttura. Il progetto si basa su due elementi: La realizzazione di una zona giorno unica su cui affaccia la cucina e la riconfigurazione della zona notte. Per fare questo, abbiamo deciso di realizzare un unico grande intervento unitario, un elemento funzionale e distributivo allo stesso tempo. Le partizioni del corridoio della zona notte sono state sostituite da profondi armadi; porte e ante, senza soluzione di continuità, definiscono un ambiente distributivo e funzionale allo stesso tempo. La transizione tra zona giorno e zona notte è determinata, oltre che da una porta scorrevole, da un cambio materico: le ante in doghe di legno naturale invece che porte laccate. La cucina, nella prima parte della zona notte, è divisa dal corridoio solo da un armadio e dalla zona giorno da tre grandi pannelli scorrevoli che danno continuità materica al corridoio.

Premio Architettura Toscana

2018 - 2022 © Tutti i diritti riservati. Fondazione Architetti Firenze, Via Valfonda 1/a, 50123 Firenze

Cod.Fisc./P Iva 06309990486 | Privacy Policy | Cookie Policy

Design by D'Apostrophe | Developed by Shambix