Il Casale “Casiscala” è un gioiello incastonato fra le verdi colline di Castelfalfi, nel cuore della Toscana tra Firenze e Siena, immerso in un incontaminato paesaggio di riserva di caccia. Il Casale, con una superficie di 310 mq e circondato da circa 3.500 mq di verde privato, trovato in stato di abbandono e pressoché diruto, è stato oggetto di un’attenta opera di restauro dal 2013 al 2016 attraverso il quale è tornato al suo antico splendore come Villa indipendente, dimora esclusiva dotata di tutti i comfort moderni. Il recupero architettonico ha cercato di preservare le originali ed autentiche forme del casale rurale, nel rispetto dell’ambiente e della tradizione storica della Toscana, in armonia con le proporzioni, i materiali (cotto, pietra e legno quanto più possibile recuperati) ed i cromatismi dell’originario Casale. La residenza si sviluppa su un piano terra costituito da una zona di ingresso con ampio camino, cucina con parete in pietra faccia vista, una camera da letto ed un bagno; scendendo sei gradini si raggiunge il soggiorno, in contatto visivo con la zona del camino e l’area esterna della piscina. Salendo una rampa di scale si raggiunge il primo piano formato da tre camere da letto ciascuna con proprio bagno, un’ampia loggia regala un affaccio ad ovest sulla suggestiva vallata. Completano il complesso un annesso di 78 mq destinato a garage ed una piscina con solarium; il tutto circondato da olivi ed essenze tipiche locali: alloro, ginestra, timo e rosmarino.

Villino

L’intero progetto, si sviluppa seguendo la linea retta, elemento essenziale da cui si è generato tutto l’intervento, fino alle soluzioni adottate per la scelta di particolari e dettagli, con specifica attenzione rivolta alla nuova scala. Il nuovo progetto di collegamento con il sottotetto, nasce idealmente da un blocco di forma parallelepipeidale nello spazio rilevato, da cui ne viene catturata la sua forma trapezoidale esistente in pianta, che rappresenta, in proiezione, la scala, con tutti i suoi punti e le sue altimetrie dei gradini soprastanti l’opera. Questo disegno, nella sua forma caratteristica, ricorda lo spazio scultoreo ed essenziale, mentre le geometrie e gli elementi dei gradini stessi, si ispirano agli oggetti elementari di design in fusione al progetto d’insieme della scala. La porzione ricavata del sottotetto, invece, ha origine dal disegno in pianta, in particolare, dalla rappresentazione della sua sezione, che genera idealmente un guscio composto da sottrazioni e addizioni compositive di volumi lineari.

Gli interni si ispirano ad un design sofisticato dal gusto retrò che si sviluppa attraverso ambienti accoglienti e conviviali, lasciando ai dettagli d’arredo il compito del racconto. Gli spazi sono decorati con lampade in ottone su disegno anni 50 ed opaline che ricordano i bistrot francesi, arricchiti da carte da parati disegnate da Fornasetti e sedute rivestite con tessuti sartoriali made in Italy. Le scelte cromatiche prediligono i toni sobri del blu e del grigio, con materiali che vanno dal legno e ferro per i pavimenti, alle finiture in ottone ed ai marmi per i tavoli. Dall’ampia vetrata d’ingresso, incorniciata da infissi in legno color black blue si scorge un ampio bancone dove è possibile fermarsi per un cocktail preparato a regola d’arte o un bicchiere di buon vino. La cucina è a vista e si affaccia sulla sala che porta alla piccola corte interna attraverso la quale di accede ad una romantica limonaia. L’intervento volutamente rispettoso delle preesistenze non ha modificato la distribuzione degli spazi ma ha inciso sull’atmosfera degli ambienti preservando l’anima dello luogo situato in uno dei più noti quartieri storico-popolari di Firenze, Santo Spirito.

Il nuovo impianto di produzione di energia elettrica da biomasse lignee operante in assetto cogenerativo è previsto nel programma di recupero della Tenuta di Castelfalfi; la sua collocazione prossima all’edificio dell’azienda agricola suggerisce un approccio paesaggistico, fortemente richiesto dall’amministrazione di Montaione per l’intero piano attuativo. L’impianto produce il caldo e il freddo che attraverso una rete si distribuiscono alle abitazioni e alle strutture ricettive. Il progetto del nuovo impianto insieme alla riorganizzazione e rinnovamento dell’azienda agricola esistente, segue due fondamentali principi guida: la suddivisione dei flussi di transito tra addetti/visitatori/mezzi, insieme all’uso di schermi visivi vegetali, per conservare l’identità agricola rispetto alla nuova realtà; particolare attenzione alle nuove coperture con soluzioni di valore estetico, per qualificare la vista dall’alto e attutire l’impatto visivo, attraverso superfici con un’immagine “vibrata”, composita, che le rende omogenee, pur nella loro varietà e sovrapposte ai piazzali di manovra. Una trama disegnata di profili metallici incassati ordina l’intera area e dà forma e proporzioni a superfici caratterizzate da materiali, cromie, disegni e ampiezze differenti;una sorta di mosaico che riproduce in termini artificiali e schematici il più ampio mosaico paesaggistico circostante, accostando elementi minerali (ghiaie con granulometria e cromia differente) alle porzioni vegetali circostanti.

Il progetto di rigenerazione della Tenuta di Castelfalfi vede il suo avvio dal recupero dell’antico borgo di origine longobarda, centro geografico e simbolico di un ampio territorio. Con un masterplan che coordina e definisce gli interventi e le gerarchie degli spazi pubblici si avviano una serie di interventi sulle pavimentazioni e illuminazione della viabilità, il recupero di un giardino aperto il cui impianto attuale risale ai primi del ‘900 e la realizzazione di una prima parte di parcheggi. Con il riassetto della viabilità viene realizzato il cablaggio delle reti e del teleriscaldamento ed attuato un programma di decoro e coerenza stilistica attraverso il disegno della pavimentazione, dell’arredo urbano e dell’illuminazione che, nel rispetto dei requisiti di funzionalità ed economia, qualifica lo spazio, esalta il tracciato storico e ritma il cammino tra le varie emergenze del borgo. Il giardino storico, dopo anni di abbandono si riappropria del suo ruolo di spazio verde, fresca alternativa al costruito, grazie al restauro dei percorsi, alla nuova illuminazione e alla manutenzione e integrazione della variegata vegetazione. Nella zona nord del borgo si realizza una prima porzione di parcheggio come previsto dal piano attuativo; la soluzione direttamente suggerita dai caratteri circostanti e mitigata dalla vegetazione, riprende il tema dell’impianto rurale dell’olivo e le cromie circostanti per armonizzarsi con il contesto di particolare pregio paesaggistico.

La struttura nata come convento nella prima metà del sec.XVII viene adattata e trasformata in Casa di Pena intorno alla metà del sec.XIX finché nel 1984 con la costruzione del carcere di Sollicciano i detenuti vengono trasferiti nel nuovo penitenziario mentre quello di Santa Teresa viene dismesso. Il valore storico che emerge come carattere determinante di questo edificio viene recepito dal progetto che si propone di mantenere visibile la sedimentazione secolare di segni e interventi diversi valorizzando attraverso il recupero sia la memoria del carcere che quella più antica del convento e riportando alla luce quando possibile l’impianto originario di quest’ultimo. Approccio che ha guidato il riordino delle attività della scuola secondo una relazione tesa tra necessità funzionali e lettura delle diverse parti di stratificazione storica del complesso: la Facoltà di Architettura occupa i corpi a pettine che risalgono all’ampliamento carcerario dell’800; il Dipartimento di Progettazione occupa il nucleo dell’antico convento con i locali intorno al chiostro. Tra le due parti dove prima c’era un vuoto di risulta salvo minori collegamenti di servizio il progetto ricava la nuova spina distributiva con ingresso da Via Mattonaia. La nuova hall vetrata attraverso affacci e stacchi architettonici ad un unico tempo riconnette e tutela la lettura delle diverse parti nonché trascende la funzione distributiva per poter essere utilizzata come galleria espositiva e di dibattito con la Città.

Nel museo abbiamo evocato l’antica facciata con un modello a grandezza naturale, basato sul disegno di Bernardo Poccetti, realizzato con membrature architettoniche in resina caricata con polvere di marmo su una struttura metallica e ricollocando le sculture nelle loro posizioni originali. La grande sala che un tempo era il Teatro degli Intrepidi (prima di diventare un malinconico garage) ora è un teatro dell’architettura e costituisce la scena fissa su cui si muovono le opere d’arte intrattenendo i loro mutevoli rapporti e i loro dialoghi con i visitatori. Sui due lati lunghi si confrontano due facciate: quella Arnolfiana (abitata dalle sculture) e quelle di marmo bianco con tre porte (quelle del Battistero) e trenta finestre. Dietro alla facciata di marmo bianco, su tre gallerie a diversi livelli, sono ospitate le statue antiche, quelle del campanile e i modelli storici per la facciata del duomo. Attraverso le finestre le statue dialogano con quelle della facciata. La parete traforata prosegue con lo stesso ritmo nei lacunari della copertura della grande sala, dove le aperture, fanno piovere la luce zenitale proveniente dai lucernari. Molte altre sale sono le sale del museo: accennerò solo a quella della Pietà. La Pietà ha avuto una storia travagliata, finalmente approdata al Museo… volevamo darle una collocazione serena, dove potesse trovare lo spazio e la luce che le era destinata, così sta su una sorta di mensa di pietra in una stanza alta sotto la luce che viene dall’alto.

Il progetto del Museo degli Innocenti fonda le sue ragioni sull’interpretazione del bene monumentale come struttura viva e rappresenta la sintesi tra le istanze di uso contemporaneo degli spazi museali esistenti e la valorizzazione di ambienti fino ad oggi inutilizzati. Il progetto risolve i problemi di accessibilità grazie ai nuovi ingressi sulla piazza, all’apertura di uno spazio al livello seminterrato e al nuovo sistema di distribuzione verticale che connette i vari livelli. Realizza un allestimento dedicato all’infanzia che valorizza tanto il patrimonio storico e artistico quanto il complesso monumentale di Brunelleschi. Riscopre e ridona alla città una grande loggia, il Verone, antico stenditoio del palazzo fiorentino, che grazie al progetto ha ritrovato la sua originaria apertura panoramica sulla città di Firenze, fruibile non solo ai visitatori del museo ma a tutta la cittadinanza. Due porte in bronzo azionate meccanicamente risolvono il problema dell’accesso dalla piazza. Le porte a geometria variabile interpretano l’idea di Brunelleschi di continuità tra interno ed esterno e con un gesto simultaneo rievocano la disponibilità dell’edificio ad “accogliere”. Il progetto museografico ha evidenziato le potenzialità delle aree espositive esistenti, integrandole in un sistema più ampio che comprende tutto l’edificio. Il percorso espositivo si articola dagli spazi del seminterrato, prosegue nella Pinacoteca del piano nobile e si conclude nella loggia panoramica del Verone.

Toscana Ricicla – piattaforma di comunicazione integrata che coinvolge 12 soggetti regionali, tra aziende pubbliche ed Enti (Regione Toscana, Revet, Quadrifoglio, Publiambiente, Seitoscana, …), legati all’economia circolare dei rifiuti – da quest’anno ha dato vita alla “Settimana della Qualità”, appuntamento periodico e itinerante che punta alla comunicazione e alla corretta informazione per innalzare la qualità dei materiali raccolti. Per questo l’Arch. Chiara Fanigliulo è stata incaricata di progettare uno stand che ospiti conferenze ed incontri e che mostri cosa si può produrre dal riciclo di materia. Il padiglione, inaugurato a Novembre 2016 in Piazza Repubblica a Firenze e che nei mesi a venire si sposterà in varie città della Toscana, utilizza materiali provenienti dalla filiera del riciclo: profili, rivestimenti, pavimentazioni e coppi in plastica, arredi in cartone, una rastrelliera in acciaio, oggetti in alluminio, bottiglie di vetro, decorazioni di carta, tutto rigorosamente ottenuto dal riciclo. I setti, dati da un gioco di “pieni-vuoti” di profili, orientati lungo gli assi diagonali dello stand, aprono lo spazio e individuano 4 aree: area espositiva, ambiente chiuso ravvivato da luci e verde; area kids, provvista di casetta per bambini; area garden, con parete di verde verticale; area lounge, allestita con arredi in cartone riciclato e coperta da un tetto trasparente, che contribuisce a mantenere il contatto e l’integrazione del padiglione con l’intorno.

Una “striscia” edificata che richiama l’immagine delle mura urbane e tre elementi che vi si addossano: un elemento “lineare” , un elemento a “capannone industriale” ed un elemento “torre”. I tre elementi sono composti ed uniti a formare una sorta di “trancia” di tessuto urbano caratterizzato proprio dal tema dell'”addossamento”, dalla convivenza simbiotica di quattro parti. Come il Ponte Vecchio che dichiara la compresenza dei due elementi fondanti con identità distinte e diverse quali il corridore e le “casette degli orafi”, Come i centri fortificati nei quali la crescita interna per stratificazioni successive ha condotto le case ad addossarsi alle mura, Come nelle fortezze trasformate in borghi proprio attraverso l’addossamento delle case lungo il perimetro interno delle mura. Da questi “modelli” storici di architettura spontanea si è formato il progetto che tende a regolarizzare quattro elementi “conosciuti” in una composizione tipologico-figurativa analogica. Il progetto si fonda quindi sull’aggregazione di quattro parti singolari, dove ad ogni singola funzione corrisponde una singola “fisionomia” (forma, aperture, colori,etc.). Tre elementi (il “capannone”, la “torre”, il “palazzo” ) sono racchiusi e raccolti da un quarto elemento (il “muro”) e sono rivolti sulla piazzetta nella quale convergono tutti i principali accessi verso l’interno della costruzione che ospita funzioni di accoglienza,uffici amministrativi,residenze provvisorie,mensa, servizi generali.

L’intervento in oggetto si colloca in via Aretina, all’interno del quartiere 2 di Firenze, nella zona denominata Varlungo sita nella parte est della città, più nota come ‘Firenze Sud’. Il progetto ha interessato la riqualificazione di capannoni industriali abbandonati risalenti ad epoche diverse per un totale di 3200 mq destinato ora a laboratori artistici, studi e spazi collettivi dedicati a chi frequenta questi ambienti. Questi edifici erano segnalati nel piano strutturale del Comune di Firenze come di particolare criticità. Con il progetto si è previsto il recupero puntuale degli immobili e delle strutture cercando di evidenziare in particolare elementi strutturali quali capriate, travature, tetti in legno e murature in mattoni. Si è scelto di lasciare visibili le tracce del tempo che aveva lasciato stratificazioni di epoche differenti: una mangiatoia laddove ora sorge un piccolo bar, metodologie costruttive varie quali capriate in legno e volte in laterizio armato, materiali e colori misti. Con questo obiettivo si è scelto di suddividere gli spazi interni con partizioni di altezza 2, 50 m così da lasciare la percezione di unità dell’intero complesso. All’interno sono stati realizzati: uffici per il personale, uno spazio lounge interno e due piazzali esterni riqualificati ed attrezzati, uno spazio bar, numerosi laboratori con attrezzature varie a seconda delle necessità delle discipline, studi privati, 4 studio per il ricovero di ospiti stranieri e un auditorium.

Hotel Glance

Hotel Glance – 4000mq -Fi L’Hotel Glance nasce dalla riconversione di un edificio prevalentemente destinato ad uffici in una nuova struttura turistico ricettiva . L’immobile ,progettato dall’Arch. Italo Gamberini alla fine degli anni ’50, è costituito da un edificio su 5 piani, una corte interna e una terrazza panoramica in copertura . Il progetto consiste in una riorganizzazione funzionale dell’intero edificio attraverso l’utilizzo di un linguaggio architettonico contemporaneo e relativamente inusuale in una città come Firenze, capace di conferire fruibilità agli spazi mantenendo sempre la massima attenzione ad ogni singolo dettaglio di arredo che è stato integralmente realizzato su progetto dello studio . Il tema conduttore dell’intervento è il patrimonio artistico della città declinato attraverso la riproduzione di alcuni dettagli di opere scultoree appartenenti a 4 artisti operanti nel territorio Fiorentino nel periodo Rinascimentale quali Michelangelo, Giambologna, Ammannati e Baccio Bandinelli ad ognuno dei quali è stato dedicato un singolo piano. Le fotografie appositamente scattate sono state rielaborate , stampate su fibra di vetro e utilizzate come rivestimento di pareti o di arredi in macro dimensione . Nella corte interna all’edificio è stato realizzato un open bar inserito in un contesto di verde costituito dalle tipiche essenze della campagna Toscana mentre all’ultimo livello è presente uno “sky bar” destinato ad eventi con piscina e zona relax .

Premio Architettura Toscana

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