Prima di essere un’architettura temporanea è un’idea, un metodo. Il “poco” come materiale da costruzione diventa “molto” attraverso il pensiero progettuale e il rapporto che il manufatto instaura col contesto. Il contesto è infatti il punto di partenza per il disegno di questa “stanza a cielo aperto”: il romantico Parco del Neto a Calenzano (FI). Un luogo molto frequentato durante il giorno ma carente di luoghi di sosta collettivi. La provocazione consiste nel delineare uno spazio a scala domestica nella vastità dell’ambiente naturale per stimolare l’interazione e la socialità. Il linguaggio progettuale trova la sua poetica nella tensione fra disegno astratto e naturale. L’utilizzo di tecnologie semplici ed ecocompatibili dà vita a una selva di bambù che sovraimpone alla frastagliata trama degli alberi una griglia inaspettatamente regolare. I permeabili tramezzi in telo bianco filtrano le luci e le ombre della vegetazione circostante: interno ed esterno creano un seducente gioco di texture. Quattro ambienti raccolti e flessibili si offrono a qualsiasi attività: riposarsi, sedersi, fare yoga, leggere, baciarsi. Non c’è copertura: le fronde degli alberi svolgono questo di ruolo e i loro tronchi vengono abbracciati dal progetto. Il padiglione invita a una riflessione sul modo in cui viviamo i nostri spazi pubblici e sul valore logico del progetto, che prescinde dai mezzi disponibili, e che risiede nella capacità di creare un link fra luogo e collettività.

SEESAW /al·ta·lé·na/. È il nome dell’area chill-out progettata e autocostruita in occasione del Festival delle arti e degli immaginari collettivi “Copula Mundi 2018” nel parco di Villa Favard a Firenze. Il progetto del padiglione nasce dal desiderio di creare uno spazio aperto ma raccolto, intimo ma estroverso, dove godere della socialità ma anche del silenzio. Un’architettura come un gioco: definire un tassello, moltiplicarlo, assemblarlo secondo un mosaico modellato sul contesto, replicabile in infinite permutazioni, sempre uguale e sempre diverso. Tramite aneddoti, domande scomposte e polaroid appese come scaccia-pensieri, si crea un’estraneazione dalla vita reale per concedersi un momento di relax e riattivare uno spazio pubblico attraverso la condivisione. Le scelte tecnologiche puntano all’ecocompatibilità, alla reversibilità, alla rapidità di realizzazione e al basso impatto di cantiere. I materiali poveri (tubi multidirezionali, pallet, OSB, teli e corde nautiche), la loro sincerità di impiego e la semplicità delle soluzioni hanno permesso di raggiungere, attraverso la ricerca compositiva, un’espressività formale di un oggetto che cura l’aspetto del prodotto e del processo: un esercizio di ordine e chiarezza formale, senza vanità di accanimento estetico; realizzato tramite un processo costruttivo logico che preserva il contesto naturale e mette al centro l’uomo, sia come costruttore che come utente da dondolare.

Abbiamo realizzato una struttura turistico-ricettiva nel cuore di Firenze, nella centralissima via San Zanobi, in un monumentale palazzo storico di matrice quattrocentesca. Parole d’ordine: comfort e decor. È questo lo spirito che contraddistingue Florence Prestige Apartments, un intero piano dedicato all’accoglienza che già nel nome evoca esclusività e ricercatezza. Abbiamo trasformato questa casa della tradizione fiorentina, in un intrigante gioco di spazi, forme e colori, con echi decorativi tipici di fine ottocento, contaminati da modernismi contemporanei, in un perfetto mix per accogliere viaggiatori curiosi, esigenti e amanti del bello. Gli spazi a comune, vero cordone ombelicale di raccordo delle atmosfere private create nei diversi appartamenti, non è separato dalle aree più private, ma dialoga con esse: gli ambienti fluiscono armoniosamente l’uno nell’altro collegati da un fil rouge che accomuna tutto il progetto di interior. Anche i bagni non si sottraggono al nostro approccio decorativo: tessere colorate di mosaico si armonizzano con tessere stampate su wallpaper, in un gioco di rimando e effetto materico tridimensionale. Grazie all’impiego della tecnologia più evoluta, non rinunciamo al comfort ambientale: sensori di rilevazione di presenza per avere temperatura e umidità ideale in ogni singolo ambiente, completa gestione della casa vacanze in remoto, il tutto per ottimizzare i costi di gestione rendendo smart la location.

Il complesso ha una composizione monastica dove chiostro e sagrato sono i tessuti connettivi tra la chiesa, le aule, la sagrestia, la cappella feriale. Il pesce, la barca, la tenda, sono elementi simbolici della religione cristiana che vengono richiamati nella pianta e nella copertura della chiesa. La cappella feriale interna all’aula ma ad un livello più basso ha una copertura per l’ubicazione dell’organo a canne. Lo stesso spazio degradando verso il presbiterio ospita il coro. La cappella custodisce l’eucaristia ed al fine di metterla in evidenza presenta un varco vetrato che la rende visibile dall’aula. Tutte le linee prospettiche dello spazio architettonico dell’assemblea liturgica convergono nell’altare semicubico che simboleggia il sacrificio e la convivialità nel contempo. L’ambone è un luogo architettonico elevato, deputato per la celebrazione della parola, spinto in avanti verso l’assemblea come cerniera tra il popolo di Dio e Dio stesso. Il battistero è un luogo che ha una sua identità rispetto al resto dell’aula dove il catecumeno scende per “riemergere dallo stato di peccatore” dopo la purificazione del battesimo. La chiesa è realizzata in CLS bianco fotocatalitico TX Active, nella copertura due grandi travi curve in legno attraversano l’aula e svettano verso l’alto mentre l’orditura minuta sventaglia dando vita ad un paraboloide iperbolico. All’esterno la copertura con il suo manto grigio in zinco-titanio dialoga per forma e colore con le vette delle Alpi Apuane.

Brac

La libreria BRAC è uno spazio multifunzionale che offre una reinterpretazione dell’idea del classico café littéraire e comprende una libreria di arte contemporanea, un caffè e una cucina dove vengono preparati piatti vegetariani e vegani. Lo studio è intervenuto nella corte interna prima con un’installazione temporanea (realizzata in collaborazione con V. Muscedra e S. Leone), poi questa installazione si è evoluta e trasformata per rispondere ad un problema acustico ed con infine il progetto di restyling di tutti gli spazi che porta il locale alla configurazione attuale. Il cuore dell’intervento è la corte che collega visivamente le due sale principali: uno spazio caratterizzato da verticalità, colore, flessibilità, concepito con l’obiettivo di limitare la trasmissione del rumore alle residenze circostanti. Oltre 5.000 strisce di tessuto, di nove diversi colori, di lunghezze variabili, scendono dall’alto e coinvolgono il visitatore in uno spazio emozionale. Gli spazi del locale, seppur contenuti, sono stati resi più funzionali attraverso alcune soluzioni puntuali, come la trasformazione dell’ingresso, che ha portato a guadagnare uno spazio vetrina, la realizzazione di una una parete attrezzata in metallo che fa da filtro con la cucina, la sostituzione delle librerie esistenti con moduli a parete dall’ingombro ridotto. Sono stati ridisegnati gli infissi delle due grandi vetrate e sostituiti i rivestimenti interni ed esterni. È stato inoltre rinnovato il servizio igienico.

Rinnovamento di un appartamento sul lungomare di Lido di Camaiore in Versilia. Un ambiente unico adibito a soggiorno, studio, pranzo e cucina si affaccia sul mare, da questo si può accedere alla camera da letto e ai servizi, un deposito accessibile dal pianerottolo completa l’appartamento. Da ogni ambiente è possibile traguardare il Mar Tirreno. La spiaggia è entrata in casa. Le onde hanno scavato lo spazio e depositato legni chiari portati da lontano. Venti sabbiosi invernali hanno lasciato traccia del loro passaggio sulle facce di due blocchi di pietra, bianchi del marmo delle vicine Alpi Apuane.

Rinnovamento di un appartamento sul lungomare di Lido di Camaiore in Versilia. Un ambiente unico adibito a soggiorno, studio, pranzo e cucina si affaccia sul mare, da questo si può accedere alla camera da letto e ai servizi, un deposito accessibile dal pianerottolo completa l’appartamento. Da ogni ambiente è possibile traguardare il Mar Tirreno. La spiaggia è entrata in casa. Le onde hanno scavato lo spazio e depositato legni chiari portati da lontano. Venti sabbiosi invernali hanno lasciato traccia del loro passaggio sulle facce di due blocchi di pietra, bianchi del marmo delle vicine Alpi Apuane.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Il contesto in cui è inserito l’ampliamento è un terreno collinare tipico della campagna toscana, utilizzato a giardino privato, dove sono presenti rade alberature tradizionali quali ulivi e cipressi. La costruzione di un piccolo edificio ad un solo piano – ampliamento di un edificio monofamiliare realizzato negli anni Novanta, a cui è collegato da un corpo leggermente arretrato – è stata realizzata con l’utilizzo di tecniche di edilizia sostenibile che hanno garantito la classe energetica “A”. Il nuovo edificio è rivestito esternamente in doghe di legno ed ha una copertura piana ricoperta in ghiaia, mentre il corpo di collegamento con l’edificio preesistente è intonacato. L’intervento è stato poi completato dalla secondo corpo, interamente vetrato sui due lati liberi, con copertura leggera in tavolato di legno orizzontale. La struttura portante del corpo vetrato è in acciaio verniciato bianco mentre la struttura secondaria della copertura è realizzata con travetti in legno dal profilo allungato. L’altezza esterna ha permesso l’inserimento della costruzione al di sotto degli aggetti di gronda dei corpi di fabbrica preesistenti. Esternamente l’ampliamento è completamente circondato da un deck in legno. L’ampio aggetto della copertura in legno del corpo vetrato protegge i prospetti mentre a terra prosegue, anche internamente, la pavimentazione del deck in legno esterno.

La realizzazione della cappella per il DEAS della AOUC, l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi, ha rappresentato una delicata sfida progettuale, felicemente concretizzata. Il tema prevedeva di realizzare un nuovo locale dedicato al culto cattolico nell’atrio di distribuzione del Dipartimento di Emergenza ad Alta Specialità, in corso di completamento, all’interno di uno spazio di passaggio interessato dalla fitta maglia dei pilastri strutturali. La soluzione adottata presenta una linea architettonica morbida, femminile, che ha consentito di coniugare questo luogo sacro col contesto sanitario, delineando la sempre presente dicotomia umana tra corpo e spirito. La nuova cappella, con una capienza ordinaria di cinquanta persone, prevede la possibilità di rimuovere i pannelli perimetrali allargando lo spazio all’intero atrio per le funzioni più partecipate. La caratteristica tecnica del progetto di potersi dilatare fino a inglobare tutto lo spazio circostante assume qui una valenza allegorica di accoglienza universale. Il disegno in pianta si scosta notevolmente dalla rigidità delle pareti circostanti andando a creare una “mandorla” asimmetrica, svincolata dalla maglia strutturale esistente. Questa linea morbida nasce dalla ricerca di una forma avvolgente capace di accogliere all’interno i fedeli, ma anche di accompagnare con la sua curvatura le persone di passaggio nell’atrio. Per il design degli arredi sacri, è stato prescelto un linguaggio contemporaneo e innovativo.

Premio Architettura Toscana

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