La Costa dei Barbari per la Versilia è un locale storico che sorse nel porto di Viareggio. Negli anni 70/80 il locale fu trasferito, l’anarchia e la semplicità del primo fabbricato furono abbandonate e fu realizzato un fabbricato di legno con copertura a capanna.Il contrasto con le costruzioni spontanee e illegittime del viale Europa era evidente. Da una parte lamiere, cannicci e tele disegnavano il fronte delle attività del lungo mare, dall’altra la nuova costruzione.La ricostruzione ha comportato una serie di riflessioni.La banalizzazione delle soluzioni adottate hanno portato un impoverimento dei segni del passato per una proposizione di un lessico scontato. Dall’osservazione dei padiglioni realizzati sulla passeggiata a mare e degli stabilimenti marini dell’800 sono emerse una lunga serie di suggestioni spaziali autetiche. Non la riproposizione di un’abaco di elementi tipologici codificati quali finestre ad oblò, passamanerie in acciaio inox od ottone, icone abusate per rappresentare costruzioni marine.La terrazza di uno stabilimento balneare di fine ottocento sospesa tra terra e mare è ispiratrice del progetto. La visione dello spazio illimitato,l’aria che penetra tra le strutture e fa muovere le tende che sbattendo trasmettendo una sensazione di quiete, la luce che invade lo spazio. Il cubo sopra le tende è rosso come i fuochi accesi sulla spiaggia intorno ai quali ci si raduna e ancora ogni altra cosa che la fantasia e l’ispirazione dell’osservatore può suggerire

La scuola per l’infanzia “La Balena”, a Sinalunga, deve il suo nome ad uno scheletro fossile di un cetaceo di oltre otto metri, risalente al Pliocene, emerso durante gli scavi di sbancamento. Una sorpresa nel paesaggio toscano. Così Marco Mulazzani definisce la scuola nel numero 861 di “Casabella”. Dopo aver vinto la gara di aggiudicazione, la progettazione ha perseguito le richieste del programma funzionale, inserendo sei sezioni (circa centocinquanta bambini) con relativi servizi, mensa e cortile protetto per le attività all’aperto, disposte su un unico livello. Tutte le aule si affacciano sul cortile con un albero caducifoglie che scandisce le stagioni durante l’anno. La scuola si inserisce tra due strade con un edificio parzialmente incastrato nel terreno con un importante dislivello. Le quote si fermano al livello della strada superiore così da non intralciare lo sguardo verso la Val di Chiana e una piazza, sopra i locali mensa, ricuce il tessuto urbano preesistente con una nuova connessione. Tutto l’edificio è in cemento a vista con superfici vetrate continue per i prospetti sul cortile e quelli a sud-est e a sud-ovest. Un’eccezione è la sala polifunzionale a sbalzo sopra la scuola che ha una struttura in metallo ed è tamponata con un rivestimento in profilati U–Glass. Nell’uso pubblico serale si trasforma in una lanterna. Nel 2014 Cino Zucchi inserisce “La Balena” nel Padiglione Italia per rappresentare il paesaggio contemporaneo italiano alla 14° Biennale di Architettura a Venezia.

Palazzo nero

L’opera è un edificio in linea, composto da 4 piani fuori terra, piano terreno ad uso direzionale p1/2/3 uso residenziale, 15 unità immobiliari. L’edificio è stato realizzato in sostituzione di un edificio preesistente ad uso commerciale, non più idoneo funzionalmente e strutturalmente al nuovo uso, con lo stesso ingombro planivolumetrico. L’edificio si caratterizza per un volume compatto e massivo ma, allo stesso tempo, dinamico. L’opera è rivestita con un “materiale povero”, il cappotto termico,utilizzato come materiale massivo, in maniera scultorea, creando campiture e volumi compatti. L’edificio è a due facce, progettate in base alla loro collocazione e funzione. Quella lungo la strada è compatta e chiusa, direzionale, per fare cortina con gli edifici adiacenti e come barriera contro i rumori. Il fronte interno è più aperto e articolato,residenziale, vivibile anche all’esterno attraverso grandi logge silenziose. La tecnologia costruttiva è: struttura antisismica travi e pilastri in C.A, tamponamento in Poroton, cappotto termico in polistirene con spessori da 10 a 20 cm e uso di strutture steel frame per le facciate, materiali a secco per i divisori interni e le contropareti in cartongesso a 2 lastre; insieme con l’eliminazione dei ponti termici, infissi in alluminio ad alte prestazioni ed un impianto di climatizzazione centralizzato per ottenere la classe energetica “A”. Finiture:pavimentazione interna in gres nero, esterna in cls a vista e ghiaia.

Cantina vinicola

La cantina ipogea si sviluppa su un unico livello interrato, con una altezza interna di mt.3,50 che è la minima altezza per assicurare la funzionalità operativa; anche l’adiacente volume tecnico è completamente interrato, mentre l’area esterna compresa fra i due corpi sarà coperta con una pergola in ferro, La struttura è inserita all’interno di un rilievo del terreno, minimizzando l’impatto visivo e lasciando a vista solo il fronte d’ingresso, avremo pertanto una struttura completamente interrata. Il fronte d’ingresso che si arretra rispetto al muro a secco esistente, avrà la stessa tipologia di muro, realizzato con le pietre locali murate a secco e lasciate prive della stuccatura per alcuni centimetri. La cantina risulta così incassata nella collina ed il piano d’ingresso è abbassato rispetto alla quota strada di accesso, raccordandosi con una leggera rampa, accentuando l’effetto incasso e limitando la parte emergente dal suolo da 0 a circa cm. 70. Di fronte alle aperture si delimita in questo modo uno spazio di manovra utile durante le operazioni di vendemmia e di carico/scarico dei prodotti, che verrà sovrastato da una struttura a pergolato in ferro, tamponata superiormente per metà con vetro, in modo da proteggere le suddette operazioni di carico/scarico. Tutta la copertura della cantina è a verde orticolo, arbustivo e raso, esternamente al volume è stata ripristinata l’oliveta esistente, mentre il piazzale antistante la cantina verrà pavimentato con pietra locale.

Demoliti i vecchi capannoni anni Settanta, si avvia la costruzione di un complesso industriale che vuole mitigare la volumetria necessaria e riproporre il declivio agricolo-boschivo perduto. Allineato al lotto, lo stretto corpo in calcestruzzo degli impianti si materializza come zoccolo a gradoni fasciato da pergolati di vite. Da qui aggettano tre lame, segnali immediati per chi percorre l’autostrada. In secondo piano, un parallelepipedo in prefabbricato pesante allineato al lotto, accoglie i magazzini. Sopra, al primo piano, padiglioni in carpenteria metallica ruotano di quarantacinque gradi per orientare a nord gli shed lunghi trentacinque metri definiti ai bordi da travi a cassone contenenti i cunicoli impianti. I triangoli ritagliati tra il piano terra e il primo, diventano giardini protetti. Ovunque, illuminazione diffusa e percezione dell’esterno. I tentacoli che collegano la collina al bordo autostradale reggono l’involucro degli shed ed appaiono le passerelle, percorsi di accesso e vie di fuga La mensa e gli uffici, blocchi indipendenti a struttura metallica, staccano dai magazzini grazie a sottili patii. Nella mensa per trecento posti, copertura con unico lucernario, sopra schermato da pergolato completamente fasciato da pergolati di vite. Negli uffici, tre piani aperti verso una hall centrale a tutt’altezza, fulcro dei percorsi, coperta anch’essa da un lucernario totale a pergolato. Da ogni postazione, vista a trecentosessanta gradi sui giardini, verso nord attraverso una vetrata totale, verso ovest attraverso una seconda pelle verdeggiante.

L’intervento per il nuovo laboratorio è riferito all’ampliamento dell’attività di trasformazione dei prodotti aziendali della Fattoria di Rimaggio. La configurazione architettonica unisce esigenze di tipo funzionale con esigenze estetiche, trovandosi all’interno di un contesto storicizzato e dove, nel tempo, si sono sovrapposti segni della storia rappresentati da fabbricati di vario genere, dalla composizione volumetrica all’uso dei materiali. A questi, ed in particolar modo a quelli di maggior pregio, si riferisce il progetto, non prescindendo da una accurata lettura del luogo per un corretto inserimento nel contesto ambientale.

Cantina Ornina

La cantina vinicola Ornina nasce dall’incontro fra un architetto fortunato, una committenza illuminata, una ditta paziente, un’amministrazione comunale molto aperta. Nella progettazione si è partiti dallo studio del luogo e dell’azienda, infatti l’edificio è concepito per rappresentare un prodotto fortemente legato al territorio da cui nasce. I vini, fortemente innovativi, nascono da una sperimentazione fatta con tre elementi: terra, vento e luce, seguendo tecniche di coltivazione biodinamiche. Così l’edificio è stato concepito in rapporto con la terra circostante, con la luce e con i panorami del Casentino. La cantina non è completamente interrata ma emerge dal pendio e garantisce un rapporto diretto con l’esterno: i percorsi (che hanno costituito parte integrante della progettazione) sono studiati per creare una forte interconnessione con il terreno fino a fondersi con la copertura verde. Le aperture, non eccessivamente grandi, sono poste in punti di particolare interesse dei percorsi per offrire viste sia dall’interno verso l’esterno che viceversa. Anche il ciclo di produzione del vino ha avuto la sua parte nella creazione degli spazi, in modo da garantire una lavorazione per caduta, con utilizzo minimale di macchinari elettrici. In linea con la filosofia di produzione dell’azienda Ornina, l’intero edificio è costruito in bioedilizia e concepito per essere autosufficiente dal punto di vista energetico.

Edificio ERP

Fabbricato composto da n. 16 alloggi per edilizia residenziale pubblica, ubicato su area comunale interposta tra la Via Aurelia e la Via P. P. Pasolini. Progettato con criteri di sostenibilità e controllo climatico mediante lo studio della configurazione geografica in rapporto all’illuminazione naturale. Dotato di impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica e solare termico, oltre a caldaia centralizzata ad alto rendimento con gestione autonoma sui singoli appartamenti. Esterni protetti da brise-soleil per una corretta gestione dell’illuminazione solare. Accessibilità ai disabili, di cui un appartamento dedicato ai portatori di handicap. Acustica controllata tra le strutture verticali ed orizzontali mediante guaine ad alte prestazioni.

La nuova cantina di Podernuovo è a San Casciano dei Bagni, centro medievale a sud est di Siena, lungo le colline del Chianti e verso il confine con l’Umbria. Una sequenza di quattro setti paralleli di cemento color dell’argilla fendono il terreno secondo una giacitura che segue la massima pendenza della collina. Il territorio continua nell’architettura. Un principio di purezza funzionale attraversa tutti gli spazi della cantina, concepita come estensione del lavoro contadino e della cultura del territorio che entrano vigorosamente, attraverso i setti, nel cuore dell’architettura. L’edificio definisce i suoi ambienti in funzione delle strette esigenze di produzione e trova la propria origine nel paesaggio circostante. Nell’edificio tutto è in vista: a partire dai grandi setti murari per continuare nelle attrezzature funzionali alla produzione fino agli impianti meccanici. La cantina è attraversata da un asse principale che, configurandosi come un cannocchiale visivo, corre tra i due setti centrali per tutta la lunghezza dell’edificio e si apre sui vigneti. L’interno appare come una “sezione aperta” che, grazie alle ampie pareti vetrate, permette di traguardare, da qualunque punto del percorso, tutti gli ambienti della produzione del vino avendo sempre come sfondo il paesaggio toscano.

ampliamento di abitazione monofamiliare

L’impostazione planimetrica a piastra di un solo piano fuori terra soddisfa l’esigenza primaria di una organizzazione razionale della biblioteca ed al tempo stesso favorisce la creazione di uno spazio pubblico che riproduce la suggestione di strada pedonale coperta. Il percorso informale tra le due città dense viene assorbito con il risultato di includere i flussi pedonali verso il sottopasso alla stazione entro il nuovo organismo edilizio. Questa dinamica consente ai passanti un approccio diverso ed innovativo con i servizi della biblioteca, verso i quali si sentiranno naturalmente attratti. Il nuovo edificio non esprime rappresentatività con la forma della sua architettura, il suo valore simbolico è nel modo di rapportarsi al contesto e alla natura. Alla scala urbana l’architettura è seminascosta dal verde, unica emergenza i camini di ventilazione. La biblioteca è un simbolo di per se stessa: simbolo della conoscenza, dell’ampiezza di vedute, di fruizione intelligente delle risorse; una sorta di monumento alla sostenibilità alla cultura del rispetto dell’ambiente. Questa biblioteca, realizzata con struttura in legno lamellare e con muri di tamponamento in balle di paglia, che sfrutta sistemi di ventilazione naturale, risponde alle caratteristiche specifiche di ecocompatibiltà, sostenibilità, efficienza energetica, capacità di isolamento termico ed acustico, e costo contenuto che l’Amministrazione desidera ottenere e ne rappresenta quindi il simbolo, il monumento.

L’edificio è stato realizzato in una zona di recente espansione nel contesto tipico delle aree di lottizzazione, caratterizzata da residenze in prevalenza isolate. L’area di intervento presenta tuttavia condizioni particolari, attestandosi sul margine dell’insediamento e prospettando sul territorio della Valle del Serchio immediatamente a monte del nucleo urbano di Castelnuovo di Garfagnana. Il sito ha reso dunque la possibilità di stabilire relazioni funzionali e visuali articolate, riferite da un lato al contesto urbano, dall’altro al panorama apuano e l’abitato del capoluogo. La residenza, realizzata con tecnologie idonee ad ottenere una alta performance energetica, è disposta su due livelli organizzati su un volume principale con copertura in legno aggettante sui fronti ed estesa per coprire due logge mediante appoggio delle orditure strutturali su pilastri tubolari in acciaio, mentre un corpo minore, con copertura utilizzata come solarium, accoglie gli spazi accessori. L’impianto geometrico dell’edificio è definito dal volume principale, a pianta quadrata; in elevato, è ridefinito da volumi minori disposti sui fronti, con forme e dimensioni che si pongono come aggregazioni minori sottoposte all’elemento unificante costituito dalla copertura; fra questi, un ruolo particolare è stato attributo al corpo aggettante della camera principale dell’abitazione, che si espone con una apertura vetrata a tutta parete verso il panorama montano e le aree agricole prospicienti.

Premio Architettura Toscana

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