L’edificio, che risale alla prima metà del Novecento, ospitava una distilleria e poi un’officina meccanica. La posizione su un importante asse di comunicazione ha suggerito un’ipotesi di recupero dell’immobile per destinarlo a spazio espositivo per le arti visive. All’esterno, un grande portale in ferro grezzo segnala, sulla piccola corte privata, l’ingresso allo spazio espositivo. Lo spessore di pochi centimetri dell’infisso esistente è sostituito da uno di quasi due metri. Il portale raccorda i due spazi, assumendo il ruolo di tramite fisico tra interno ed esterno, dilatando la soglia. L’ampia copertura a volta e il pavimento, seppure molto usurato, sono stati conservati in una filosofia progettuale che intende riflettere sul possibile rapporto tra preesistente e nuovo. Il nuovo si sovrappone al preesistente seguendo il principio della stratificazione: sulle pareti perimetrali si appoggia un rivestimento leggero, ad altezza variabile. Sull’asse longitudinale dell’aula, una sequenza di cinque celle cubiche di lato tre metri, aperte su un lato e prive di copertura. Vuoti che riempiono il vuoto. Un basamento della stessa dimensione in pianta, ma alto solo un terzo del lato di base, apre la sequenza. I volumi sono staccati tra loro: pause che consentono di traguardare, lasciando scoprire l’effettiva larghezza della sala. Un percorso anulare consente l’accesso alle stanze espositive, che si lasciano scoprire nell’alternanza di pieni e vuoti che caratterizza la composizione.
La maestà di Duccio di Buoninsegna, commissionata per essere posta sull’altare maggiore del Duomo di Siena è dipinta sulle due le facce. Sul fronte rivolto all’assemblea è la Madonna in trono col figlio sulle ginocchia. Sul retro, rivolto verso il coro, sono dipinte scene della vita di Cristo, inquadrate in uno spartito geometrico. Per cogliere nel suo insieme il valore di quest’opera occorre osservare le due facce, scoprirne le due dimensioni. Le “Logge del Papa”, propongono un singolare innesto nella complessa morfologia del tessuto urbano medievale. Un’architettura “leggera”, composta da tre campate aperte, delimitate sul fronte principale da una cancellata, ormai chiusa da anni. Il carattere delle due opere descritte confluisce nel progetto di uno spazio espositivo temporaneo da realizzarsi nell’antico monumento senese. Lo spazio sotteso all’architettura di archi e vele, isolato e inaccessibile, si apre ora alla città. Un’architettura temporanea è composta da un basamento-seduta che risolve l’attacco con il suolo e da una struttura verticale, costituita da due “C” sovrapposte, posta al centro della composizione. In alto, una “nicchia”, un tabernacolo o un trono che si rivolge, si mostra, all’esterno e accoglie un’immagine fotografica, “icona” contemporanea. In basso, il suo doppio, una “stanza segreta” che si rivela solo a chi decide di entrare sotto la loggia. Nella stanza la narrazione prosegue con immagini di piccole dimensioni disposte in una sequenza regolare.
L’edificio, che risale alla prima metà del Novecento, ospitava una distilleria e poi un’officina meccanica. La posizione su un importante asse di comunicazione ha suggerito un’ipotesi di recupero dell’immobile per destinarlo a spazio espositivo per le arti visive. All’esterno, un grande portale in ferro grezzo segnala, sulla piccola corte privata, l’ingresso allo spazio espositivo. Lo spessore di pochi centimetri dell’infisso esistente è sostituito da uno di quasi due metri. Il portale raccorda i due spazi, assumendo il ruolo di tramite fisico tra interno ed esterno, dilatando la soglia. L’ampia copertura a volta e il pavimento, seppure molto usurato, sono stati conservati in una filosofia progettuale che intende riflettere sul possibile rapporto tra preesistente e nuovo. Il nuovo si sovrappone al preesistente seguendo il principio della stratificazione: sulle pareti perimetrali si appoggia un rivestimento leggero, ad altezza variabile. Sull’asse longitudinale dell’aula, una sequenza di cinque celle cubiche di lato tre metri, aperte su un lato e prive di copertura. Vuoti che riempiono il vuoto. Un basamento della stessa dimensione in pianta, ma alto solo un terzo del lato di base, apre la sequenza. I volumi sono staccati tra loro: pause che consentono di traguardare, lasciando scoprire l’effettiva larghezza della sala. Un percorso anulare consente l’accesso alle stanze espositive, che si lasciano scoprire nell’alternanza di pieni e vuoti che caratterizza la composizione.
I materiali e l’attenzione al contesto storico e ambientale rappresentano il fulcro del progetto; la reinterpretazione di elementi della tradizione ha consentito di trovare un nuovo linguaggio, una nuova estetica legata in maniera indissolubile alla tradizione. Il progetto prevede la ristrutturazione di un podere di 600 mq che si sviluppa su tre livelli: un piano terra che era adibito a locali di servizio per l’agricoltura, un piano primo con due appartamenti e un secondo piano, costituito da due torrette, a servizio delle abitazioni. Attraverso un nuovo assetto degli ambienti interni è stata ricreata un’abitazione unica cercando di rispettare i caratteri essenziali della tipologia tradizionale. Al piano terra sono stati posizionati i locali di servizio (tavernette, lavanderia, spa, garage), al piano primo la zona giorno e due suite, nelle due torrette sono state localizzate le suite di maggiore pregio. Particolare attenzione è stata riservata alla scelta dei materiali di tutte le finiture ed in particolare i pavimenti risultano l’elemento caratterizzante dell’intervento. Nella scelta dei pavimenti e nella loro posa si riflette la filosofia dell’intervento che reinterpreta ed arricchisce di nuovi significati elementi della tradizione. Tutte le pareti sono finite a calce naturale stesa come da tradizione in maniera irregolare, per sottolineare la bellezza del materiale è stato scelto di non dipingere le pareti ma di lasciarle del colore della calce.
Progettare in un contesto paesaggistico ricco di storia come quello della campagna toscana ha costituito per Settanta7 una sfida irresistibile, colta portando all’interno di questo territorio una pratica dell’architettura contemporanea e sostenibile, un lieve gioco di linee e colori che dialoga con il paesaggio senese. L’asilo di Ponte d’Arbia, posizionato lungo la Francigena, si pone come obiettivo quello di divenire una scuola riconoscibile ma integrata con il paesaggio. La disposizione planimetrica mira a massimizzare il rapporto di permeabilità tra l’edificio e il paesaggio: gli spazi della didattica si affacciano verso l’esterno, e i colori della campagna si fondono nei prospetti color Terra di Siena. Il particolare profilo frastagliato della copertura genera un motivo unitario e riconoscibile che ricorda il profilo collinare della campagna senese. A partire dall’aspetto esterno dell’edificio, posizionando le finestre molto in basso, abbiamo voluto dichiarare con forza l’attenzione per una progettazione a misura di bambino. L’ampio spazio fluido attorno al patio centrale è dedicato ai diversi aspetti della didattica e caratterizzato da materiali e attrezzature che accentuano l’aspetto ludico. La struttura in x-lam, i pavimenti in linoleum colorato e gli arredi in materiali naturali contribuiscono a definire un ambiente e fresco e stimolante. Grazie alle caratteristiche tecnologiche dell’involucro, l’edificio raggiunge la classe energetica A.
Inserita tra le Giornate FAI 2018, la torre è posta sulle cime del monte omonimo, Montalceto. Costruita nel 1463 dal senese Matteo di Pinoccio, possiede una forma quadrangolare con accentuato basamento a scarpa; prima del restauro la torre si presentava completamente aperta, con i tre solai e parte del coronamento crollati. Il restauro, condotto con la soprintendenza di Siena, ha portato al fedele recupero delle caratteristiche originarie, fino al riutilizzo dei conci in pietra reperiti sul posto.
La scelta del collezionista è stata di raccogliere opere d’arte senese che portano la firma di grandi maestri, da Duccio di Boninsegna a Simone Martini. Ospitata nei Magazzini del Sale, sede scelta direttamente dal collezionista per ricreare l’ambiente originario, la mostra ha permesso al pubblico di poter scoprire alcune tra le più importanti opere d’arte al mondo e di ritrovarsi, come d’incanto, nelle magiche atmosfere dell’apice culturale senese.
Il casale è situato sulle colline toscane della Valdichiana Senese. Il progetto ha richiamato l’attenzione su parametri ambientali e urbanistici, distinguendosi dalle costruzioni tipiche che la circondano; si presenta con un unico livello fuori terra, destinato residenza, che si affaccia sulla valle con un fronte unico, aperto ed interamente vetrato, a riflettere il piano d’acqua ritagliato nella veranda. Tutto è articolato nel dialogo interno-esterno, indipendenza e continuità.
Villa VP è una residenza privata immersa nella campagna a solo 6 km da Siena. A parte la Villa principale, gli altri fabbricati erano ad uso agricolo, disposti attorno ad un’area pavimentata e realizzati da materiali molto diversi tra loro. L’uso del grigliato a salto di gatto era particolarmente diffuso per garantire ventilazione naturale ed ombreggiamento all’interno. Il progetto, grazie ad una committenza illuminata, ha introdotto un VIRUS Contemporaneo all’interno della casa. Un vero e proprio Serpente di corten e vetro che entra ed esce dai volumi, generando nuove connessioni spaziali orizzontali e verticali, attraversa la libreria e scende fino alla sala da pranzo. Questo elemento ha permesso di liberare il corpo principale da precedenti e obsolete superfetazioni e caratterizza l’intervento con un linguaggio poetico e contemporaneo che si mescola con i colori del luogo ormai consolidati. Con particolare cura sono stati scelti le cromie degli intonaci, del cotto, del legno usati per il recupero dell’intero complesso. Fondamentale è stato l’impiego di una ditta locale che potesse trasmettere la propria conoscenza di manifattura artigianale nell’uso dei materiali e nella loro messa in opera. Fortunatamente il recupero non si è limitato alle parti edificate, ma si è esteso anche al parco circostante. Ciò ha permesso il ripristino di specie autoctone e la salvaguardia della vegetazione esistente, con l’integrazione di un orto per una piccola coltivazione ad uso personale.
La scuola per l’infanzia “La Balena”, a Sinalunga, deve il suo nome ad uno scheletro fossile di un cetaceo di oltre otto metri, risalente al Pliocene, emerso durante gli scavi di sbancamento. Una sorpresa nel paesaggio toscano. Così Marco Mulazzani definisce la scuola nel numero 861 di “Casabella”. Dopo aver vinto la gara di aggiudicazione, la progettazione ha perseguito le richieste del programma funzionale, inserendo sei sezioni (circa centocinquanta bambini) con relativi servizi, mensa e cortile protetto per le attività all’aperto, disposte su un unico livello. Tutte le aule si affacciano sul cortile con un albero caducifoglie che scandisce le stagioni durante l’anno. La scuola si inserisce tra due strade con un edificio parzialmente incastrato nel terreno con un importante dislivello. Le quote si fermano al livello della strada superiore così da non intralciare lo sguardo verso la Val di Chiana e una piazza, sopra i locali mensa, ricuce il tessuto urbano preesistente con una nuova connessione. Tutto l’edificio è in cemento a vista con superfici vetrate continue per i prospetti sul cortile e quelli a sud-est e a sud-ovest. Un’eccezione è la sala polifunzionale a sbalzo sopra la scuola che ha una struttura in metallo ed è tamponata con un rivestimento in profilati U–Glass. Nell’uso pubblico serale si trasforma in una lanterna. Nel 2014 Cino Zucchi inserisce “La Balena” nel Padiglione Italia per rappresentare il paesaggio contemporaneo italiano alla 14° Biennale di Architettura a Venezia.
Il Museo del Palio e del Costume della Contrada della Tartuca a Siena è situato in via Pendola, nella parte più vecchia della città. Il progetto, seicentocinquanta metri quadrati di superficie espositiva divisa in due piani, è parte di un’ampia previsione di ristrutturazione di ambienti, risultato di aggregazioni temporali spontanee, di proprietà della contrada. Per questo motivo, il progetto si poneva l’obiettivo, oltre che espositivo, di dare omogeneità formale all’intero intervento, attraverso la riconnessione degli ambienti con passaggi e collegamenti visivi. Attraverso la rettifica di muri ovviamente eterogenei, l’uso degli spazi di risulta come nicchie espositive e la messa in scena di ritrovamenti come testimonianza di un passato da tramandare, la volontà di creare spazi contemporanei che fossero a servizio della comunità, hanno portato la visione progettuale oltre il concetto di museo. Non solo spazi contenitori di oggetti, ma piattaforme per l’interazione tra membri di contrada e turisti. In questo modo chiunque passi da via Pendola viene catturato visivamente dall’enorme teca urbana, composta da un unico vetro di oltre cinque metri di lunghezza, che insieme alla facciata posteriore, anch’essa vetrata, sul retrostante vicolo della Tartuca, originano una reciproca e continua interazione tra interno ed esterno. Le due nuove facciate in vetro e corten, sostituzione di precedenti murature, sono il virus contemporaneo che si inserisce nel tessuto architettonico e dona vita nuova al vecchio edificio.
Il recupero del complesso duecentesco di Sant’Agostino a Montalcino, dichiarato monumento nazionale e vincolato ai sensi delle Leggi 1089/1939, è il risultato di un iter realizzativo condiviso tra il progettista e le Soprintendenze interessate – Soprintendenza ai Monumenti di Siena e Grosseto, Soprintendenza archeologica di Firenze, Soprintendenza ai beni artistici di Siena e Soprintendenza generale di Roma – che hanno collaborato come consulenti specialisti mediante continui e puntuali contributi, e che ha visto dal 2013 investimenti regionali, comunali e privati superiori ai tre milioni di euro, al fine di restituire alla città un luogo che potesse diventare uno spazio di condivisione culturale attiva. Un recupero dunque funzionale al riuso al fine di ridefinire l’identità dell’edificio: il metodo è stato quello della stratificazione “astilistica” in equilibrio tra tradizione e innovazione, dove sono compresenti attività museali e culturali e quelle imprenditoriali, formative e divulgative. Lungo un percorso urbano costituito dai due chiostri trecenteschi e una nuova piazza prima interclusa, sono attualmente presenti il museo archeologico etrusco, il museo diocesano della provincia di Siena, il laboratorio di restauro degli affreschi della chiesa di Sant’Agostino, la nuova sede del Consorzio del Brunello e una scuola residenziale di architettura con la funzione di incubatore culturale per seminari didattici internazionali su temi diversi.
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