La scuola per l’infanzia “La Balena”, a Sinalunga, deve il suo nome ad uno scheletro fossile di un cetaceo di oltre otto metri, risalente al Pliocene, emerso durante gli scavi di sbancamento. Una sorpresa nel paesaggio toscano. Così Marco Mulazzani definisce la scuola nel numero 861 di “Casabella”. Dopo aver vinto la gara di aggiudicazione, la progettazione ha perseguito le richieste del programma funzionale, inserendo sei sezioni (circa centocinquanta bambini) con relativi servizi, mensa e cortile protetto per le attività all’aperto, disposte su un unico livello. Tutte le aule si affacciano sul cortile con un albero caducifoglie che scandisce le stagioni durante l’anno. La scuola si inserisce tra due strade con un edificio parzialmente incastrato nel terreno con un importante dislivello. Le quote si fermano al livello della strada superiore così da non intralciare lo sguardo verso la Val di Chiana e una piazza, sopra i locali mensa, ricuce il tessuto urbano preesistente con una nuova connessione. Tutto l’edificio è in cemento a vista con superfici vetrate continue per i prospetti sul cortile e quelli a sud-est e a sud-ovest. Un’eccezione è la sala polifunzionale a sbalzo sopra la scuola che ha una struttura in metallo ed è tamponata con un rivestimento in profilati U–Glass. Nell’uso pubblico serale si trasforma in una lanterna. Nel 2014 Cino Zucchi inserisce “La Balena” nel Padiglione Italia per rappresentare il paesaggio contemporaneo italiano alla 14° Biennale di Architettura a Venezia.

Il recupero del complesso duecentesco di Sant’Agostino a Montalcino, dichiarato monumento nazionale e vincolato ai sensi delle Leggi 1089/1939, è il risultato di un iter realizzativo condiviso tra il progettista e le Soprintendenze interessate – Soprintendenza ai Monumenti di Siena e Grosseto, Soprintendenza archeologica di Firenze, Soprintendenza ai beni artistici di Siena e Soprintendenza generale di Roma – che hanno collaborato come consulenti specialisti mediante continui e puntuali contributi, e che ha visto dal 2013 investimenti regionali, comunali e privati superiori ai tre milioni di euro, al fine di restituire alla città un luogo che potesse diventare uno spazio di condivisione culturale attiva. Un recupero dunque funzionale al riuso al fine di ridefinire l’identità dell’edificio: il metodo è stato quello della stratificazione “astilistica” in equilibrio tra tradizione e innovazione, dove sono compresenti attività museali e culturali e quelle imprenditoriali, formative e divulgative. Lungo un percorso urbano costituito dai due chiostri trecenteschi e una nuova piazza prima interclusa, sono attualmente presenti il museo archeologico etrusco, il museo diocesano della provincia di Siena, il laboratorio di restauro degli affreschi della chiesa di Sant’Agostino, la nuova sede del Consorzio del Brunello e una scuola residenziale di architettura con la funzione di incubatore culturale per seminari didattici internazionali su temi diversi.

La nuova cantina di Podernuovo è a San Casciano dei Bagni, centro medievale a sud est di Siena, lungo le colline del Chianti e verso il confine con l’Umbria. Una sequenza di quattro setti paralleli di cemento color dell’argilla fendono il terreno secondo una giacitura che segue la massima pendenza della collina. Il territorio continua nell’architettura. Un principio di purezza funzionale attraversa tutti gli spazi della cantina, concepita come estensione del lavoro contadino e della cultura del territorio che entrano vigorosamente, attraverso i setti, nel cuore dell’architettura. L’edificio definisce i suoi ambienti in funzione delle strette esigenze di produzione e trova la propria origine nel paesaggio circostante. Nell’edificio tutto è in vista: a partire dai grandi setti murari per continuare nelle attrezzature funzionali alla produzione fino agli impianti meccanici. La cantina è attraversata da un asse principale che, configurandosi come un cannocchiale visivo, corre tra i due setti centrali per tutta la lunghezza dell’edificio e si apre sui vigneti. L’interno appare come una “sezione aperta” che, grazie alle ampie pareti vetrate, permette di traguardare, da qualunque punto del percorso, tutti gli ambienti della produzione del vino avendo sempre come sfondo il paesaggio toscano.

Residenze urbane

L’intervento ha previsto la realizzazione di 8 villini trifamiliari isolati, situati lungo il crinale affacciato su una vallata di una zona a sud-est di Siena di particolare rilievo sia paesaggistico che storico, in prossimità delle mura, vicino ad una porta d’accesso alla città, Porta Pispini. La conformazione della città storica e delle appendici di più recente edificazione, è legata sicuramente alle caratteristiche territoriali; i tre crinali su cui si adagia Siena hanno determinato uno sviluppo urbanistico, in cui ampie zone verdi si insinuano con estrema armonia nel tessuto edificato. Questa particolarità si riscontra sia all’interno delle mura che all’esterno, dove l’edificazione si è concentrata lungo le strade principali d’ ingresso alle porte, quindi lungo i crinali, nel tentativo di tutelare sempre le vallate verdi che si sviluppano tra un crinale e l’altro e che creano un legame indissolubile tra città e campagna. Nell’intento di contenere il terreno, di “ridisegnare” questa parte di territorio senese, all’interno dei lotti, le diverse zone pavimentate ed a verde, hanno modificato l’area con una serie di scatti di quota trattati anch’essi a verde; l’effetto d’insieme è uno spazio dove zone verdi e costruite si fondono piacevolmente . Gli 8 edifici pur presentando differenze planivolumetriche generate dall’andamento altimetrico del terreno, mantengono un’uniformità di linguaggio architettonico evidenziato dalle finestre a nastro e dai bowindows di valle.

Si trattava di intervenire con attenzione sovrapponendo segni nuovi a quelli esistenti, frutto di una pratica agricola e architettonica basata sul rispetto del paesaggio. L’impianto generale si affida ad una serie di muri di sostegno rivestiti in pietra, che rendono il profilo del terreno più razionale e adatto ad accogliere i volumi compatti delle abitazioni. Tre blocchi stereometrici si appoggiano, o meglio si intersecano con i muri di sostegno, e affondano le ‘radici’ nel terreno, assumendo la tettonica quale valore fondante del progetto. Il rapporto tra geometria e materia, che accompagna tutta la storia dell’architettura di questa regione, finisce qui, per assumere il ruolo di paradigma. I prospetti hanno poche aperture, di forma e dimensione variabile, disposte secondo un’apparente casualità che rimanda al disegno spontaneo dell’architettura rurale esistente. Il rivestimento in lastre di travertino a ricorsi variabili esalta il principio di sedimentazione e stratificazione litica. Un piccolo scavo, sottrazione materica, realizza in ogni abitazione una piccola corte centrale attorno alla quale si struttura in orizzontale e in verticale lo spazio della casa. La narrazione del progetto propone quale atto conclusivo la negazione consapevole della consueta copertura a falde, qui sostituita da una terrazza belvedere, segnando un tratto di discontinuità con la pratica costruttiva e compositiva tradizionale: essa è luogo privilegiato da cui tornare ad osservare il paesaggio.

Centro didattico

Il centro didattico di Pava nasce con lo scopo di valorizzare l’attività di scavo e di ricerca di un importante sito archeologico, l’antica pieve di San Pietro in Pava e il suo cimitero risalenti tra la fine del V e l’inizio del VI secolo. L’edificio, inserito in un parco archeologico e multiculturale, riassume le funzioni di supporto agli archeologici e quelle didattiche e ricettive per il visitatore, fondendo in un’unica valorizzazione il bene culturale e quello paesistico. Si presenta come un manufatto “galleggiante” sopra il sito archeologico, tanto da non lasciare su di esso nemmeno la sua impronta. Completamente in legno di larice non trattato, rispecchia i criteri di bioarchitettura per l’utilizzo di materiali naturali interamente riciclabili. La struttura è completamente autosufficiente: attraverso la copertura appositamente progettata e conformata, accumula acqua piovana ed energia solare, soddisfando le esigenze in diversi periodi dell’anno. Le facciate, caratterizzate da alternarsi continuo tra pieni e vuoti, sono schermi permeabili che assorbono i colori caldi del paesaggio collinare.

La Villa colonica del ‘400, oggetto dell’intervento di recupero, si trova nel comune di Monteriggioni (SI) a pochi passi dallo splendido castello della Chiocciola. La Villa è stata attribuita da alcuni studiosi all’opera di Baldassarre Peruzzi, pittore e architetto senese che operò in zona ad inizio XV secolo. L’intervento si concentra sul piano nobile di circa 400 mq con la realizzazione di un appartamento moderno e funzionale dotato di ogni confort. L’idea portante del progetto è stata quella di usare due registri paralleli, quello quasi filologico del restauro delle parti originali e quello assolutamente contemporaneo dei nuovi interventi e dell’arredo. Ne è scaturito un insieme in cui le due parti dialogano con espressioni anche molto diverse, ma con la costante ricerca di una sintesi finale comune. I nuovi ambienti funzionali al nuovo programma abitativo sono stati realizzati come scatole isolate dipinte con smalto bianco lucido che non arrivano mai al soffitto, ma si fermano prima, per ospitare temi di illuminazioni con luce a led. I nuovi pavimenti della zona giorno sono stati realizzati in resina cementizia di color ocra chiaro. I pavimenti della zona notte sono invece tutti realizzati con un parquet in legno di quercia naturale ossidata trattato a calce. Tutti gli arredi della casa, ad eccezione di qualche oggetto di recupero, sono stati realizzati su disegno e prodotti da artigiani locali come pezzi unici e irripetibili.

La Villa colonica del ‘400, oggetto dell’intervento di recupero, si trova nel comune di Monteriggioni (SI) a pochi passi dallo splendido castello della Chiocciola. La Villa è stata attribuita da alcuni studiosi all’opera di Baldassarre Peruzzi, pittore e architetto senese che operò in zona ad inizio XV secolo. L’intervento si concentra sul piano nobile di circa 400 mq con la realizzazione di un appartamento moderno e funzionale dotato di ogni confort. L’idea portante del progetto è stata quella di usare due registri paralleli, quello quasi filologico del restauro delle parti originali e quello assolutamente contemporaneo dei nuovi interventi e dell’arredo. Ne è scaturito un insieme in cui le due parti dialogano con espressioni anche molto diverse, ma con la costante ricerca di una sintesi finale comune. I nuovi ambienti funzionali al nuovo programma abitativo sono stati realizzati come scatole isolate dipinte con smalto bianco lucido che non arrivano mai al soffitto, ma si fermano prima, per ospitare temi di illuminazioni con luce a led. I nuovi pavimenti della zona giorno sono stati realizzati in resina cementizia di color ocra chiaro. I pavimenti della zona notte sono invece tutti realizzati con un parquet in legno di quercia naturale ossidata trattato a calce. Tutti gli arredi della casa, ad eccezione di qualche oggetto di recupero, sono stati realizzati su disegno e prodotti da artigiani locali come pezzi unici e irripetibili.

L’area dello Scalo Merci a Siena, con il suo vuoto urbano di grandi dimensioni, si presta decisamente a divenire un luogo di sperimentazione di tipologie edilizie innovative e contemporanee, finalmente libere da costrizioni storicistiche che in questa zona risulterebbero assolutamente forzate e fuori tema. Infatti, seppur vicina, la città storica non risulta avere alcuna influenza diretta su questa zona che deve la sua genesi urbanistica maggiormente a fattori legati alla viabilità piuttosto che a dinamiche legate allo sviluppo urbano. Questo isolato racchiuso tra l’arteria stradale di Viale Sardegna e i binari della ferrovia si presta ad una visione quasi esclusivamente dinamica ed in movimento, infatti manca lo spazio frontale almeno su Viale Sardegna per un’osservazione statica. Il progetto nasce proprio da queste caratteristiche specifiche dell’area: i segni dei binari del vecchio scalo merci si trasformano negli elementi generatori della composizione, la loro simbolica estrusione determina la forma dell’edificio, della piazza podio e del verde. Le relazioni reciproche generano spazi verdi che filtrano gli edifici dalle strade, piazze rialzate in cui si affacciano i negozi, giardini più intimi tra i blocchi residenziali. La forma allude al movimento di un treno lanciato alla massima velocità attraverso l’esasperazione degli elementi orizzontali rafforzati dalla netta bicromia.

Gli allestimenti sono interpretati come naturale completamento dell’involucro architettonico. L’integrazione di estetica e funzionalità è vincolo e spunto per l’utilizzo di materiali di grande qualità ed elevate prestazioni tecnico-funzionali legate alla privacy e alla sicurezza degli utenti. La reintrepretazione del motivo dei ricorsi in travertino presenti sulle facciate nel rivestimento fonoassorbente della sala conferenze,con la tessitura della controsoffittatura,trasmettono una sensazione di avvolgenza a chi entra facendo naturalmente confluire l’attenzione verso gli oratori. Nella saletta corsi lo stesso motivo è stato declinato con delle sottili barre rosse inserite nelle scanalature del rivestimento.I colori utilizzati contribuiscono alla diffusione di una luce particolarmente adatta al livello di attenzione proprio di un corso. Lo sportello bancario è stato interpretato come uno spazio dinamico in cui la linearità espressa dalle finiture delle pavimentazioni e delle controsoffittature svolge un ruolo sostanziale. La cifra degli spazi per uffici è la funzionalità unita alla essenzialità di materiali e prodotti utilizzati sia per gli arredi sia per le pareti in vetro.Le cromie utilizzate stimolano alla attività pur rimanendo su toni pastello. La serra solare è parte imprenscindibile sia dell’architettura sia degli allestimenti, ne costituisce la fusione.Accoglie il visitatore mostrando senza timore l’interno dell’edificio e il suo legame con il territorio.

L’edificio,progettato seguendo i criteri della architettura bioclimatica,si confronta con l’edificato storico di Montepulciano. E’ ricercata una sintesi tra tecnica ed estetica adottando forme,materiali,colori propri della tradizione locale e moderne tecnologie che coniugano le esigenze espresse dalla destinazione d’uso con l’inserimento nel contesto. Da citare,in proposito,l’uso del mattone e del travertino nonché la serra solare,fulcro della articolazione dei corpi di fabbrica.Come anche il contrasto,nel fronte principale, tra la plasticità delle forme chiuse laterali, con la linearità e trasparenza dell’elemento centrale,legame visivo con la Val di Chiana ed i laghi di Montepulciano,Chiusi e Trasimeno. Articolato su tre corpi di fabbrica disposti su cinque livelli complessivi l’edificio lascia inalterate le quote altimetriche esistenti. Esposti a sud gli uffici,circa 40 posti operatore su due livelli. Al centro la serra solare,un unico volume alto 4 piani. A nord lo sportello bancario di superficie pari a 300 mq,al di sopra,una sala conferenze da 150 posti articolata su un volume a doppia altezza.All’ultimo livello una saletta per corsi di aggiornamento e la sala del consiglio di amministrazione. L’edificio in Classe A,è dotato di impianto di climatizzazione alimentato da pompe di calore aria-acqua con motore endotermico a gas,di un impianto fotovoltaico da 20 KWh,di un accumulo delle acque meteoriche da 300 mc. Sono stati realizzati circa 500 mq di verde pensile.

E’ emersa fin da subito la volontà di lasciare la torre “nuda”, spoglia di tutto ciò che non è sé stessa. La filosofia dell’intervento si è quindi basata sulle parole chiave “rispetto” ed “essenzialità”, puntando sull’ascolto, azione necessaria ad entrare in empatia con l’oggetto e percepirne i bisogni. «Gli interventi hanno avuto l’obiettivo di “levare” più che di “mettere”, nel rigoroso rispetto dei materiali originari, un gioco di rimandi di forme e colori tra odierno e antico». Ogni piano è dotato di un solo elemento poggiato free standing, oggetto dichiaratamente funzionale che non cerca di confondersi con la torre ma che permette la sola dotazione minima per la sopravvivenza, disegnato come evoluzione e deformazione del “cassone” medioevale. Viene così liberata la torre di tutto ciò che è superfluo, architettonicamente e spiritualmente. La scelta dei materiali degli elementi d’arredo si riduce all’essenza ed alla funzionalità: al metallo brunito, scuro, severo, di cui si vestono tutti gli oggetti esteriormente, si contrappone l’acciaio, a rifinire tutte le superfici interne di lavoro. Tale binomio si intravede solo in alcuni dettagli che dichiarano la presenza dell’acciaio interno, sottolineando la fisionomia appena accennata del cassone “archetipo”. Gambe e maniglie vengono ripulite sino all’essenza ultima. Il cassone, oggetto utilizzato da sempre come letto, tavolo, seduta, contenitore, riprende vita, tornando nel luogo a lui più congeniale.

Premio Architettura Toscana

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