Il progetto del Museo degli Innocenti fonda le sue ragioni sull’interpretazione del bene monumentale come struttura viva e rappresenta la sintesi tra le istanze di uso contemporaneo degli spazi museali esistenti e la valorizzazione di ambienti fino ad oggi inutilizzati. Il progetto risolve i problemi di accessibilità grazie ai nuovi ingressi sulla piazza, all’apertura di uno spazio al livello seminterrato e al nuovo sistema di distribuzione verticale che connette i vari livelli. Realizza un allestimento dedicato all’infanzia che valorizza tanto il patrimonio storico e artistico quanto il complesso monumentale di Brunelleschi. Riscopre e ridona alla città una grande loggia, il Verone, antico stenditoio del palazzo fiorentino, che grazie al progetto ha ritrovato la sua originaria apertura panoramica sulla città di Firenze, fruibile non solo ai visitatori del museo ma a tutta la cittadinanza. Due porte in bronzo azionate meccanicamente risolvono il problema dell’accesso dalla piazza. Le porte a geometria variabile interpretano l’idea di Brunelleschi di continuità tra interno ed esterno e con un gesto simultaneo rievocano la disponibilità dell’edificio ad “accogliere”. Il progetto museografico ha evidenziato le potenzialità delle aree espositive esistenti, integrandole in un sistema più ampio che comprende tutto l’edificio. Il percorso espositivo si articola dagli spazi del seminterrato, prosegue nella Pinacoteca del piano nobile e si conclude nella loggia panoramica del Verone.

La Villa colonica del ‘400, oggetto dell’intervento di recupero, si trova nel comune di Monteriggioni (SI) a pochi passi dallo splendido castello della Chiocciola. La Villa è stata attribuita da alcuni studiosi all’opera di Baldassarre Peruzzi, pittore e architetto senese che operò in zona ad inizio XV secolo. L’intervento si concentra sul piano nobile di circa 400 mq con la realizzazione di un appartamento moderno e funzionale dotato di ogni confort. L’idea portante del progetto è stata quella di usare due registri paralleli, quello quasi filologico del restauro delle parti originali e quello assolutamente contemporaneo dei nuovi interventi e dell’arredo. Ne è scaturito un insieme in cui le due parti dialogano con espressioni anche molto diverse, ma con la costante ricerca di una sintesi finale comune. I nuovi ambienti funzionali al nuovo programma abitativo sono stati realizzati come scatole isolate dipinte con smalto bianco lucido che non arrivano mai al soffitto, ma si fermano prima, per ospitare temi di illuminazioni con luce a led. I nuovi pavimenti della zona giorno sono stati realizzati in resina cementizia di color ocra chiaro. I pavimenti della zona notte sono invece tutti realizzati con un parquet in legno di quercia naturale ossidata trattato a calce. Tutti gli arredi della casa, ad eccezione di qualche oggetto di recupero, sono stati realizzati su disegno e prodotti da artigiani locali come pezzi unici e irripetibili.

L’intervento in oggetto si colloca in via Aretina, all’interno del quartiere 2 di Firenze, nella zona denominata Varlungo sita nella parte est della città, più nota come ‘Firenze Sud’. Il progetto ha interessato la riqualificazione di capannoni industriali abbandonati risalenti ad epoche diverse per un totale di 3200 mq destinato ora a laboratori artistici, studi e spazi collettivi dedicati a chi frequenta questi ambienti. Questi edifici erano segnalati nel piano strutturale del Comune di Firenze come di particolare criticità. Con il progetto si è previsto il recupero puntuale degli immobili e delle strutture cercando di evidenziare in particolare elementi strutturali quali capriate, travature, tetti in legno e murature in mattoni. Si è scelto di lasciare visibili le tracce del tempo che aveva lasciato stratificazioni di epoche differenti: una mangiatoia laddove ora sorge un piccolo bar, metodologie costruttive varie quali capriate in legno e volte in laterizio armato, materiali e colori misti. Con questo obiettivo si è scelto di suddividere gli spazi interni con partizioni di altezza 2, 50 m così da lasciare la percezione di unità dell’intero complesso. All’interno sono stati realizzati: uffici per il personale, uno spazio lounge interno e due piazzali esterni riqualificati ed attrezzati, uno spazio bar, numerosi laboratori con attrezzature varie a seconda delle necessità delle discipline, studi privati, 4 studio per il ricovero di ospiti stranieri e un auditorium.

Fienile

Oggetto: Progetto di restauro e risanamento conservativo del fabbricato n.ro 4 e di ristrutturazione edilizia ricostruttiva per il fabbricato n.ro 7 della Scheda Normativa n. 692 del Regolamento Urbanistico del Comune di Arezzo, Loc. Tregozzano. descrizione Si tratta del restauro del vecchio fienile adibito a deposito e della sostituzione della tettoia adiacente con una porzione di fabbricato da destinare il tutto a civile abitazione. Il progetto si è composto quindi di due momenti come meglio di seguito descritto: RESTAURO DEL FIENILE. A piano terra è stato restaurato per ricavarci la cucina e un servizio igienico con antibagno. Tramite una scala rettilinea ubicata nella parte terminale si accede al piano primo dove è stata ricavata una camera doppia con annesso servizio igienico. All’esterno al posto della vecchia concimaia è stata realizzata una pergola con canniccio nella parte superiore. PORZIONE IN SOSTITUZIONE. La vecchia tettoia regolarmente costruita in adiacenza al fienile è stata interamente demolita, strutture metalliche e pareti in bozze di tufo comprese per fare posto alla nuova porzione di edificio. Il nuovo involucro si sviluppa interamente a piano terra andando a ricalcare il vecchio perimetro, ha una forma pressochè rettangolare con ampie aperture nei due lati maggiori. Nel suo interno sono ricavati il soggiorno pranzo, due camere matrimoniali e due servizi igienici.

LA FORNACE AGRESTI Progetto di restauro Localizzazione: via delle Fornaci, Impruneta, Firenze Committente: Amministrazione Comunale di Impruneta Progetto: Guicciardini & Magni Architetti Progetto strutture: Enrico Baroni Progetto impianti: Gianni Cinellli Estensione degli interventi: mq. 1.200 La Fornace Agresti è un raro esempio di archeologia industriale. La costruzione risale infatti agli inizi del 700 ed ha subito, nel corso dei secoli, numerose modifiche e trasformazioni. Gli ambienti della Fornace sono quindi il risultato di una serie di aggiunte successive, durante le quali i vari annessi, i loggiati per l’essiccazione e l’immagazzinamento dei prodotti si sono sommati alla struttura dell’antica Fornace in un corpo organico che è quasi privo di connotazioni temporali, ma è reso unitario e significativo dalle tracce e dai segni delle lavorazioni. L’idea che ci ha guidato nella redazione del progetto è che il manufatto sia il reperto principale da mostrare, e così come si restaura un quadro o una scultura che dovranno essere esposti, con la stessa attenzione e cura abbiamo procedendo con il restauro dell’edificio. I lacerti delle pavimentazioni residue in cotto, i segni dello scorrimento dei mezzi e degli animali da soma, gli annerimenti e le bruciature delle zone adiacenti i forni costituiscono un documento unico da conservare, di interesse probabilmente superiore a quello dello stesso organismo architettonico.

Il complesso canonico è stato restaurato secondo i principi del restauro scientifico e reso accessibile ai disabili ove possibile, affinché il luogo tornasse un punto di ritrovo per la comunità. È stato eseguito il consolidamento delle murature per bloccare lo slittamento di alcune parti, che comprometteva tutto il complesso. Sono state eliminate superfetazioni e incongruenze presenti in pianta e in alzato. Sono state tolte tubazioni ed intonaci ammalorati, sostituiti con intonaci tradizionali a base di calce. Il progetto del resede tergale ha evidenziato l’antico ingresso della pieve romanica, invertito nel XVI Secolo. Sono stati individuati i piani storici, collegati da scale e rampe, il tutto rivestito in pietra serena. La terrazza di accesso all’abside è protetta da una balaustra in vetro che consente la visione continua dell’ingresso originario. Sui corpi più antichi della chiesa è stata mantenuta la muratura a vista, per distinguerli dai corpi aggiunti nei secoli, intonacati e finiti con colori storici. Il giardino e le murature in pietra forte sono stati restaurati e resi accessibili, così come la scala a doppia rampa. All’interno è stato restaurato il piano seminterrato, risalente al castello preesistente. Sono stati eliminati i grossi pilastri costruiti negli anni Settanta, che rompevano l’unitarietà planimetrica. Per le pavimentazioni si è scelta la pietra serena, mentre i solai, eccetto l’unico ligneo storico, sono stati celati da controsoffitti ad elementi lignei.

L’unità immobiliare, ante ‘67, è Classificata in Centro storico entro le mura, e in Classe 5. L’obiettivo principale del progetto di recupero e cambio di destinazione, da uffici a residenza per turisti, era quello di creare uno spazio fluido che permettesse una facile fruizione e ampia disponibilità di spazi e letti. Partendo da uno studio preliminare per capire la fattibilità del cambio di destinazione e un attento preventivo di massima, avendo ben presente le richieste precise della committenza, gli architetti sono riusciti a sviluppare liberamente un progetto, in cui si coniuga armoniosamente la luce, le forme e i materiali impiegati integrandoli nell’ambiente minimalista, attraverso una libera interpretazione degli spazi interni per meglio adattarsi alla nuova destinazione. L’atmosfera dell’interno è influenzata da diversi materiali di lusso e da un insieme cromatico molto semplice dominato dall’intonaco burro, i soffitti bianchi, il parquet chiaro, posato a lisca di pesce tradizionale, e la pietra nei bagni. I tocchi di colore sono dati dalle carte da parati scelte fra le molteplici del negozio specializzato di Via Santo Spirito, gli arredi sono stati realizzati e scelti dagli architetti nel rispetto di un unicum spaziale. Due porte a scorrere gemelle, appese nel controsoffitto, si aprono sull’ingresso dando la possibilità di utilizzare lo spazio in modo flessibile, gli specchi ampliano lo spazio, riflettendo la luce delle ampie finestre.

Per il progetto, finalizzato alla realizzazione della nuova sede direzionale e commerciale di una giovane e dinamica realtà imprenditoriale pisana, la casa farmaceutica Pharmanutra, è stato scelto questo fabbricato isolato, contraddistinto dai connotati di casa rurale, anche se in realtà generato dalla ristrutturazione di un capannone negli anni ’90, perché al di là dei contenuti volumetrici e formali erano state viste le potenzialità in esso contenute. L’intervento è sostanzialmente conservativo, attuato con semplici opere di ristrutturazione interna, per adeguare i locali alle nuove esigenze funzionali, ma il vero intervento è teso alla creazione di un fabbricato ad emissioni zero, energeticamente autosufficiente. La proprietà, operando nel campo della ricerca avanzata è indirizzata a tutto ciò che è all’avanguardia per tecnologia e sensibilità all’ambiente. Da queste premesse ed in considerazione della felice ubicazione del manufatto, libero sui quattro lati e posizionato longitudinalmente secondo l’asse est/ovest, è stato possibile ipotizzare un sistema passivo di climatizzazione, in particolare ricorrendo ad una “serra solare”. L’intervento è assolutamente ecosostenibile, tutti i materiali principalmente utilizzati: ferro, vetro ed alluminio, sono riutilizzabili o riciclabili al 100%. Questo intervento frutto di una attenta combinazione di soluzioni passive, la serra solare e attive, pompa di calore, risponde a pieno titolo ai principi delle “green city”; la sfida

UN NUOVO SPAZIO A SERVIZIO DELLA PARROCCHIA E DELLA COMUNITÀ’ TORNA A PRENDERE VITA ALL’INTERNO DEL COMUNE DI BIENTINA IN PROVINCIA DI PISA. LA SALA E’ DEDICATA A SAN GIOVANNI BOSCO, IL SANTO PATRONO DELLA GIOVENTÙ’. IL FABBRICATO, DENOMINATO EX CINEMA ‘LA TORRE’, OGGETTO DI RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO, COMPLETATO ORIGINARIAMENTE NEL 1958, RIMASE RIFERIMENTO STORICO DEL TEMPO; INIZIO’ COSI’, UN PERIODO DI CRISI DELLE SALE PARROCCHIALI E FU DEFINITIVAMENTE CHIUSO ALLA FINE DEGLI ANNI ’70. NEL 1988, LA ‘BANCHINA’ DI BIENTINA LO RICEVETTE IN COMODATO GRATUITO PER LE NECESSITA’ DELLA ASSOCIAZIONE ‘FILARMONICA BIENTINESE. RIMASTO POI CHIUSO PER DIVERSI ANNI, NEL 2013 LA PARROCCHIA SI E’ RIVOLTA ALLA STUDIO TECNICO TONI E SONO COSI’ COMINCIATI I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE, ATTRAVERSO L’AUSILIO DI MAESTRANZE LOCALI. L’INTERVENTO, CONCLUSOSI CON L’INAUGURAZIONE DEI LOCALI, NEL FEBBRAIO 2017, SI E’ POSTO COME OBIETTIVO QUELLO DI RI-FUNZIONALIZZARE L’EX CINEMA, CON L’ADEGUAMENTO COMPLETO DI TUTTI GLI IMPIANTI , COMPRESO L’INSTALLAZIONE DI UN IMPIANTO AUDIO-VIDEO DIGITALIZZATO, CREANDO COSI’ UNO SPAZIO POLIFUNZIONALE DI AGGREGAZIONE. LO SPAZIO E’ COMPOSTO DA: INGRESSO, PLATEA CON PALCOSCENICO E GALLERIA (PIU’ ALTRI SERVIZI ANNESSI) E ACCOGLIE UN MAX DI 157 POSTI A SEDERE. IN QUANTO SALA POLIFUNZIONALE PER RAGAZZI IL RESTYLING INTERNO HA CERCATO DI CREARE UN AMBIENTE, FRESCO, COLORATO E ACCOGLIENTE CERCANDO ANCHE SOLUZIONI E MATERIALI INNOVATIVI.

La capanna

Il fabbricato, costruito nei primi anni del ‘900 come edificio produttivo, è caratterizzato da due spazi vuoti e una volumetria compatta con grandi aperture simmetriche. La struttura eretta con muratura in pietra e mattoni e conci squadrati agli angoli presenta una tipologia costruttiva differente dagli altri edifici colonici del complesso, annessi alla villa padronale del Secolo XVIII. Il restauro e il consolidamento delle strutture, attuato con tecniche e materiali coerenti con i caratteri costruttivi originari, è realizzato seguendo i criteri del green building, ponendo particolare cura nella definizione dei dettagli, degli aspetti illuminotecnici e del design degli elementi funzionali. L’intervento lascia intatta la spazialità originaria, inserendo i servizi e gli impianti all’interno di moduli concepiti come elementi di arredo, disposti in sequenza e staccati dai soffitti, che scandiscono gli ambienti senza interrompere la percezione visiva d’insieme. Lo studio illuminotecnico permette di costruire scenari funzionali alla percezione dello spazio e delle opere d’arte. Il progetto si completa con la realizzazione di un padiglione tecnologico, sovrastante un piano interrato adibito a servizi, coperto con pannelli fotovoltaici e solari integrati nella copertura, che si relaziona con l’edificio principale attraverso un’area soggiorno open air. Questa soluzione assolve alla necessità energetica dell’edificio, congiuntamente con una pompa di calore aria-acqua ad alto rendimento

Oggetto del presente intervento è un immobile ubicato in località Cedri, Comune di Peccioli. Il fabbricato, già presente nelle mappe della cartografia del catasto leopoldino, risale al XIX secolo e originariamente aveva funzioni agricole; nella seconda metà del XX secolo era già impiegato ad uso esclusivo di civile abitazione. E’ stata eseguita una riqualificazione dell’intero edificio, mantenendo gli elementi architettonici e i materiali originali che lo caratterizzano. Internamente sono stati parzialmente ridistribuiti gli ambienti, unendo due piccoli ambienti in un unico salone e adeguando i servizi igienici ad esigenze abitative più moderne. Si è scelto di demolire parte del controsoffitto non strutturale, al fine di recuperare la spazialità tipica dei fabbricati di questo tipo, valorizzando le travi in legno originali riportate a vista; le pareti del salone sono state stonacate fino a far riaffiorare la pietra originale, che ripulita e imbiancata restituisce all’ambiente interno la vera essenza materica; in questo ambiente sono stati posizionati due lucernari per incrementare l’illuminazione e l’aerazione del locale. Nella camera-studio l’altezza recuperata è stata sfruttata per realizzare un soppalco in legno e ferro a vista, illuminato tramite l’apertura di un lucernario in copertura. Per quanto riguarda i lavori esterni, oltre alla revisione delle facciate e delle coperture, è stato riqualificato il sistema del verde.

L’intervento consiste nella ricostruzione dell’antico “Palazzo sulla Fonte” parzialmente distrutto durante il bombardamento della città nel 1943. Il palazzo costituisce l’angolo di un isolato nel cuore del centro storico dirimpetto all’antica pieve di S.Maria. Il progetto, rappresenta un tema estremamente delicato sia dal punto di vista architettonico che civile. Al “ripristino architettonico”, che tra l’altro richiedeva particolari soluzioni strutturali antisismiche, si accompagnava infatti la “ricomposizione urbanistica” con la ricostruzione delle cortine edilizie dell’isolato e la loro ricomposizione volumetrica al fine di ricostituire l’ambiente urbano con i suoi scorci e le sue caratteristiche. L’intervento doveva anche mirare ad un recupero della valenza storico-culturale del luogo a fronte del degrado fisico, considerato, col tempo, quasi una preesistenza “neo-archeologica” a cui gli aretini si erano abituati. Così l’aspetto “non finito” delle facciate, sottolineato dall’uso materico del mattone scialbato, rimarca la contemporaneità dell’intervento, evita il rischio di un “falso storico” del “dove era e come era” e ricorda quei drammatici eventi pur armonizzandosi con l’ambiente circostante. La sua destinazione finale, poi, ad ampliamento della “Casa-Muse Bruschi” accresce il significato simbolico di centro dell’antiquariato aretino: da ciò l’inserimento in facciata di alcune riproduzioni di reperti archeologici per evidenziarne la nuova funzione.

Premio Architettura Toscana

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