Villa M

Villa M, dal passato introverso e buio, ha inaugurato con questo progetto, sensibile alla memoria storica e al tempo stesso espressione di un linguaggio contemporaneo, una nuova stagione della sua vita. In questo scenario il progettista ha trasferito la sua visione di dialogo fra storia e contemporaneità, dalla reinterpretazione degli spazi alla scelta delle finiture, passando per il disegno degli arredi realizzati su misura. La neutralita’ dei colori, il grigio della pietra ed il bianco delle pareti nonche’ la linearita’ degli interventi e dei dettagli stimola il contrasto con il calore del legno rinnovato della scala centrale e degli arredi storici, i quali a loro volta dialogano con quelli contemporanei come la cucina o gli arredi in ferro. La sala centrale, grazie allo spostamento della scala, e’ oggi uno spazio luminoso e pieno di complessita’, vivibile su tutti e tre i suoi livelli e permette inediti scorci sul contesto esterno. Al piano terra tutti gli spazi sono aperti e fruibili fluidamente: ad una parete manovrabile e’ affidata la separazione della cucina per eventi formali. La pavimentazione in pietra serena locale amplifica questa continuita’ fra gli spazi e la estende anche quelli esterni della nuova terrazza. Ai piani superiori si sviluppano le funzioni piu’ private, l’atmosfera si scalda grazie all’uso Di una pavimentazione in rovere termotrattato ed il segno si fa meno rigido concedendo tutti i comfort di una abitare moderno.

Il progetto per restauro e adeguamento in oggetto conserva le caratteristiche storiche ed architettoniche dell’edificio vincolato di origine quattrocentesca e lo adegua alle funzioni preesistenti attraverso interventi contemporanei, puntuali, coordinati e leggeri che, pur mantenendo la propria individualità e riconoscibilità, ben si integrano con le preesistenze storiche. Questi interventi di natura più progettuale sono accompagnati da un intervento generale di restauro conservativo dei vari ambienti interni interessati e dei paramenti esterni, in parte in laterizio, e della terrazza, al primo piano, caratterizzata da un pavimento in pietra con botole, anch’esse in pietra, utilizzate in passato per riempire il granaio che era posto al piano terra. L’intervento mantiene le volumetrie attuali, elimina le superfetazioni e riorganizza i percorsi funzionali e distributivi. Al piano primo e secondo rimane ubicata la biblioteca che è collegata al piano terra dalla scala esterna esistente e da un nuovo ascensore per consentire l’accesso anche ai disabili senza intervenire in modo invasivo sul fabbricato. Un ulteriore ascensore esterno è previsto vicino alla terrazza e rifinito con un rivestimento esterno di lamiera in corten incisa da parole dedicate ai Cavalieri del Tau, la via Francigena e la Biblioteca. Al piano terra è previsto un adeguamento di tipo strutturale per realizzare la soprastante biblioteca e conservare i reperti archeologici ritrovati durante i lavori di restauro.

L’intervento prevede la riqualificazione dell’area dove sono collocati una coppia di blocchi di loculi a fila verticale tra due manufatti esistenti nell’ultimo ordine del Cimitero Monumentale di Arezzo, in prossimità del bastione della Fortezza Medicea. Il progetto ha riguardato la trasformazione dell’attuale spazio in una cappella funeraria chiusa ad uso privato, nel riaspetto dei caratteri del sito e di tutela paesaggistica delle presenze storiche esistenti. La scelta progettuale è stata quella di realizzare una cappella con caratteri di leggerezza e trasparenza in modo tale da non alterare i rapporti morfologici e le finiture dei manufatti esistenti mediante uno spazio chiuso e utilizzo di componenti opachi; inoltre, mantenere libere le visuali lungo i percorsi interni che guardano la fortezza. Le dimensioni dell’area sono: larghezza 3.40 ml, lunghezza 2.65 ml, altezza 4.60 ml. Il sistema costruttivo utilizzato è costituito da un telaio metallico in acciaio inox satinato e vetro strutturale. Anche le griglie laterali svolgono funzioni strutturali per consentire di avere lastre sottili.

L’edificio, posto appena fuori dalla città storica, è il frutto di un progetto di recupero di un’antica fabbrica tessile che ha re-interpretato la stereometria e la regolarità dell’edificio esistente, ed aperto il volume alla città. La nuova immagine offerta è una sorta di “sfocatura” dell’opificio industriale, che, come nei dipinti di Richter, introduce nuove dimensioni di significato. La struttura è stata rivestita da un tessuto in alluminio traforato bronzato, al fine di rendere visibile, in trasparenza, le caratteristiche architettoniche della costruzione preesistente. La progettazione degli interni è stata concepita come dialogo tra gli elementi caratterizzanti l’ex edificio industriale ed i nuovi elementi funzionali, generando degli spazi interni polivalenti aperti al pubblico, collegati da corridoi che rivestono la funzione di ambienti di relazione, e che restituiscono un’immagine rappresentativa del ruolo pubblico. L’apertura su via Baldanzi, che apre la sala Consiglio verso la città, ed una serie di “tagli” operati sull’edificio esistente, introducono segni contemporanei caratterizzati dalle forme architettoniche articolate e dal rivestimento in acciaio corten, enfatizzati dal nuovo ponte di collegamento in Uglass. La classe energetica dell’edificio è A+, conseguita utilizzando fonti di energie rinnovabili in ogni condizione di funzionamento, in particolare solare elettrico e termico, geotermia, tetto ventilato con isolamento in lana di pecora.

Casa Nadi

Il progetto di recupero e trasformazione di un dismesso fabbricato artigianale disvela la primitiva morfologia di abbandonati edifici produttivi, reinterpretandone l’arcaicità della forma e l’unicità dello spazio interno. La conversione, di ciò che ieri era luogo di produzione familiare in nuovo territorio per l’abitare, garantisce il permanere di quei rapporti di convivialità spaziale tra l’ex annesso lavorativo e l’adiacente abitazione principale. Il volume monolitico esistente si evolve in una piccola casa per una giovane coppia generando nuove connessioni, spaziali visive e materiche, tra interno ed esterno, tra il territorio della casa e gli altri territori: il giardino, la strada, il luogo. Il collegamento tra l’edificio ed il giardino è articolato nella continuità d’uso del pavimento in cemento gettato in opera, un nuovo suolo in forma di aia o seduta. Lo sviluppo cromatico dei prospetti è trattato con un profondo bruno, intonaco in pasta per le facciate, elementi in laterizio per la copertura. Finestre-cornice come nicchie lignee creano una soglia abitata, mentre il portico d’ingresso in forma di vuoto protetto diviene loggia-soggiorno. All’interno un nuovo paesaggio si dipana nella successione di piani sequenza, un’enfilade prospettica di scorci per l’abitare articolata in piccoli universi dalle singole specificità. La luce, filtrata da elementi frangisole lignei, penetra nella profondità di tale scenario fino a cadere dall’alto a narrare paesaggi altri.

Il Casale “Casiscala” è un gioiello incastonato fra le verdi colline di Castelfalfi, nel cuore della Toscana tra Firenze e Siena, immerso in un incontaminato paesaggio di riserva di caccia. Il Casale, con una superficie di 310 mq e circondato da circa 3.500 mq di verde privato, trovato in stato di abbandono e pressoché diruto, è stato oggetto di un’attenta opera di restauro dal 2013 al 2016 attraverso il quale è tornato al suo antico splendore come Villa indipendente, dimora esclusiva dotata di tutti i comfort moderni. Il recupero architettonico ha cercato di preservare le originali ed autentiche forme del casale rurale, nel rispetto dell’ambiente e della tradizione storica della Toscana, in armonia con le proporzioni, i materiali (cotto, pietra e legno quanto più possibile recuperati) ed i cromatismi dell’originario Casale. La residenza si sviluppa su un piano terra costituito da una zona di ingresso con ampio camino, cucina con parete in pietra faccia vista, una camera da letto ed un bagno; scendendo sei gradini si raggiunge il soggiorno, in contatto visivo con la zona del camino e l’area esterna della piscina. Salendo una rampa di scale si raggiunge il primo piano formato da tre camere da letto ciascuna con proprio bagno, un’ampia loggia regala un affaccio ad ovest sulla suggestiva vallata. Completano il complesso un annesso di 78 mq destinato a garage ed una piscina con solarium; il tutto circondato da olivi ed essenze tipiche locali: alloro, ginestra, timo e rosmarino.

La Chiesa di San Pellegrino, costruita presso un’antica porta delle fortificazioni romane, fu ampliata alla metà del XVII sec. e nel 1808 fu chiusa al culto. Nel XX sec. fu sede di un’officina organaria e più recentemente divenne un magazzino. La Chiesa versava in uno stato di degrado avanzato, l’obiettivo era di restaurare gli esterni, le coperture e gli interni con l’intento di trasferirvi la collezione di calchi di gesso del Polo Museale Toscano. La collezione è formata da 230 pezzi. Il progetto ha riguardato anche i vani adiacenti che sono stati connessi alla Chiesa con la riapertura di un’antica porta. L’intervento progettuale è stato impostato alla massima economicità e rispetto del manufatto storico, lo spazio è stato riportato all’antico splendore e l’illuminazione artificiale è stata realizzata con apparecchi posti sul cornicione dell’aula al fine di nascondere ogni elemento tecnologico alla vista. La luce è la materia che definisce lo spazio. Gli elementi architettonici introdotti dal progetto sono le lastre di acciaio del vano porta di collegamento con i locali adiacenti, i gradini mancanti del presbiterio, le aree dove erano originariamente collocati gli altari laterali e la bussola d’ingresso. La pavimentazione di marmo bianco e bardiglio è stata pulita e patinata conservando il livello di usura che testimonia la stratificazione dei molteplici usi avvenuti nell’ultimo secolo. Il Deposito dei Gessi è realizzato con tubi innocenti e bancali di legno.

Hidden Eggs

L’opera è situata nel sottosuolo di una villetta a Luciana (Fauglia). Era possibile accedere dal Soggiorno alle Cantine mediante una scala in pietra chiusa da una grata in ferro; le cantine avevano un solaio in legno (quota -2.97 mt) poggiato su travi in acciaio, da una botola con scala a pioli era possibile accedere al livello sottostante (quota – 5.27 mt). Il livello di umidità era tale da aver corroso i solai e compromesso l’impianto elettrico delle cantine. L’Opera Hidden Eggs ha previsto una nuova chiusura delle scale composta da tre vetrate con infisso in acciaio e maniglia a scomparsa poste a livello del pavimento del soggiorno. E’ stato quindi realizzato un impianto di aerazione forzata utilizzando tubazioni in Pvc per le cantine ed in acciaio inox a vista in Cucina regolate da un ventilatore con motore posto all’esterno del fabbricato. Sono stati realizzati nuovi solai e scale a chiocciola mediante profili in acciaio e lamiere grecate (per garantire maggiore passaggio d’aria). La Cantina di destra, utilizzata per i vini, è visibile dal lucernario in Soggiorno e presenta un solaio composto da lamiere tagliate a spicchi che proseguono l’andamento della scala a chiocciola, ha sia illuminazione scenica realizzata mediante led colorati che illuminazione tecnica per l’utilizzo della cantina stessa. La Cantina di sinistra, utilizzata come ripostiglio, ha scale decentrate e solaio composto da lamiere tagliate irregolarmente, presenta illuminazione tecnica a tenuta stagna.

nohouse

L’edificio, di fattura singolare per l’alta Maremma, basso e con copertura a terrazza, è stato costruito negli anni Settanta. La struttura originaria è in muratura, realizzata in blocchi di tufo, e priva, prima della ristrutturazione, di impianto di riscaldamento. Per migliorarne l’isolamento termico è stato realizzato in copertura un cappotto, le murature porose sono state protette da un intonaco per allontanare l’acqua. Il nuovo progetto collega gli interni con gli esterni: la zona giorno è sull’asse sud-est/nord-ovest, l’orientamento viene fatto coincidere con i coni visivi. Il tavolo da pranzo è stato posto di affaccio al giardino e alla pianta di salice, in modo che la mattina si possa fare colazione guardando il sorgere del sole mentre il divano ha una vista sul giardino di accesso e sul tramonto estivo. Il letto è stato posto in asse con la finestra esposta a sud-ovest. Il tiglio, grazie alle sue foglie caduche, offre alla camera un’ombra fresca nelle stagioni calde mentre permette il passaggio dei raggi del sole in inverno. Il centro della casa è il fuoco. È stato realizzato un termocamino a legna, perché il fuoco in campagna è elemento utile anche per togliere l’umidità. In estate l’acqua calda è prodotta da due pannelli solari. Dopo aver posizionato gli arredi fondamentali in corrispondenza delle aperture principali si è continuato un processo di autocritica, cercando la sintesi tra forma e funzione, togliendo sempre il superfluo e aggiungendo solo il significante.

Il restauro del convento di San Francesco si inserisce nel quadro di interventi realizzati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca per l’insediamento dell’istituzione Alti Studi Universitari IMT nel centro storico della città, completando, con la biblioteca e gli uffici amministrativi già realizzati, il campus . Il complesso di San Francesco riunisce in un edificio didattica, ricerca e residenza, secondo lo spirito dello studium: luogo di cultura, di vita quotidiana della comunità scientifica. A fianco delle aule per la didattica e i dottorandi e degli uffici di professori e ricercatori si trova la foresteria, composta da camere doppie, singole e mini appartamenti. La Cappella della famiglia Guinigi ospita l’aula magna di IMT mentre i locali della sagrestia sono stati attrezzati per seminari e riunioni. Gli interventi recuperano le spazialità e le percorrenze originarie del convento, rimuovendo le partizioni recenti e riorganizzando la distribuzione attorno ai chiostri in parte chiusi con pareti vetrate. Una vasta campagna di saggi stratigrafici ha permesso di indagare e recuperare ampie porzioni di apparati decorativi celati da intonaci recenti; attraversare gli spazi è ora anche percorrere la storia del monumento. Le nuove esigenze distributive sono soddisfatte attraverso una serie di elementi architettonici che si sovrappongono al contesto storico in maniera discreta ma riconoscibile attraverso l’uso di materiali tecniche contemporanee.

CENTRO*

Il CENTRO*Arezzo trae spunto dal logo Coop e dalla relazione con la città storica. Il primo elemento caratterizzante del logo è il cerchio. La ripetizione di questa forma geometrica è l’elemento chiave dell’intervento. L’aggregazione di cerchi di diverso diametro, inseriti in una griglia geometrica, genera un pattern che viene declinato nell’edificio creando effetti percettivi variabili. Il secondo spunto del logo è quello della continuità tra le lettere, che conferisce ad esso una lettura unitaria. Allo stesso modo un nastro continuo diventa l’elemento generatore degli spazi, accompagnando il visitatore in un sentiero fluido e curvilineo. Il pattern genera una superficie bianca, forata, dai raccordi curvilinei che si articola nella facciata esterna, nel soffitto del percorso interno, sviluppandosi nelle facciate della piazza. La scansione degli ambienti del CENTRO*Arezzo e l’articolazione dei percorsi è tesa a ricreare la spazialità della città storica nei suoi elementi caratterizzanti: la strada e la piazza. Il nuovo profilo dell’edificio è teso a ricreare un dialogo con l’articolazione caratteristica della città, riproponendo un elemento verticale per accentuare l’ingresso principale e richiamare con un nuovo linguaggio le forme delle torri di Arezzo. La presenza del verde sia negli spazi esterni che in quelli interni accompagna il visitatore lungo i percorsi con una serie di aiuole circolari, ed insieme alla luce solare filtrata crea un ambiente dal carattere naturale.

La struttura nata come convento nella prima metà del sec.XVII viene adattata e trasformata in Casa di Pena intorno alla metà del sec.XIX finché nel 1984 con la costruzione del carcere di Sollicciano i detenuti vengono trasferiti nel nuovo penitenziario mentre quello di Santa Teresa viene dismesso. Il valore storico che emerge come carattere determinante di questo edificio viene recepito dal progetto che si propone di mantenere visibile la sedimentazione secolare di segni e interventi diversi valorizzando attraverso il recupero sia la memoria del carcere che quella più antica del convento e riportando alla luce quando possibile l’impianto originario di quest’ultimo. Approccio che ha guidato il riordino delle attività della scuola secondo una relazione tesa tra necessità funzionali e lettura delle diverse parti di stratificazione storica del complesso: la Facoltà di Architettura occupa i corpi a pettine che risalgono all’ampliamento carcerario dell’800; il Dipartimento di Progettazione occupa il nucleo dell’antico convento con i locali intorno al chiostro. Tra le due parti dove prima c’era un vuoto di risulta salvo minori collegamenti di servizio il progetto ricava la nuova spina distributiva con ingresso da Via Mattonaia. La nuova hall vetrata attraverso affacci e stacchi architettonici ad un unico tempo riconnette e tutela la lettura delle diverse parti nonché trascende la funzione distributiva per poter essere utilizzata come galleria espositiva e di dibattito con la Città.

Premio Architettura Toscana

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