L’intervento di recupero interessa porzione di un più vasto fabbricato abitativo realizzato nei primi anni Sessanta del secolo scorso. Il fabbricato era stato edificato con tecnologie tradizionali in uso nel momento ossia muratura portante di mattoni, solai in latero-cemento, copertura a falde inclinate in travetti prefabbricati e manto in tegole di laterizio. L’abitazione è definita da due piani fuori terra con zona giorno al piano inferiore e zona notte a quello superiore. Il tutto ruota intorno allo spostamento della scala di accesso al piano primo da uno specifico vano attestante l’esterno alla zona dell’ingresso e prevede anche la traslazione delle pareti attestanti direttamente sul nuovo disimpegno–vano scala. Ciò ha richiesto un significativo intervento di ridefinizione degli elementi strutturali del manufatto con la messa in opera di longarine metalliche sia nella ricucitura della primitiva trama portante sia per la nuova scala. Pochi e chiari elementi, una scala ed una articolata struttura metallica che si inseriscono nel primitivo manufatto con la forza derivante dal loro essere “ferro” imponendosi per la contemporaneità del linguaggio e la delicatezza del tratto ed una parete colorata di rosso che fa da contrappunto ad un pavimento in pietra levigata al piano terra ed in legno al primo, concorrono a trasformare un comune e tipologicamente datato “terratetto” in una abitazione aperta in linea con i modi del vivere contemporaneo.

PALP

Il progetto di recupero e riuso del Palazzo Pretorio di Pontedera, PALP, nasce dalla volontà di rilanciare un importante edificio del centro storico offrendo una risposta all’abbandono, attraverso una proposta di rifunzionalizzazione dell’edificio che andasse a creare uno spazio urbano strategico di incontro e scambio per la città. Partendo dalla lettura della sua storia di stratificazioni nei vari periodi architettonici l’intervento di recupero a fini culturali, istituzionali e ricreativi è risultato fin dall’inizio estremamente complesso. Il progetto in linea con quanto richiesto dal bando, ha previsto al piano terra nella parte del loggiato chiuso da vetrate, un ristorante una zona caffetteria e area living. Sulle pareti del loggiato sono state conservate le targhe commemorative presenti e per annullare il classico effetto bar è stato progettato un giardino verticale con sedici essenze selezionate da botanici che caratterizza l’ambiente creando uno sfondo scenografico. Il piano primo, che si sviluppa su due livelli, ospita il nuovo spazio espositivo. Grazie alla disposizione sequenziale degli ambienti con piccole demolizioni ed accorgimenti è stato possibile realizzare uno spazio museale di dieci sale e la sala accoglienza/biglietteria e servizi vari per una superficie di circa 700 mq.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

La casa è stata costruita in una radura tra ulivi, lecci e pini marittimi a metà collina tra la piana di Lucca e l’altopiano delle Pizzorne. Alla costruzione esistente sono stati aggiunti due ampliamenti, uno sulla testata nord-ovest, l’altro, parzialmente interrato, verso nord-est. La parte esistente è intonacata e tinteggiata a calce, quella nuova in pietra di Guamo (Verrucano dei Monti Pisani). Il fronte sud dell’ampliamento è un infilata di pilastri massicci a doppia altezza e i serramenti sono arretrati per ripararsi meglio dal sole e dall’acqua. Il volume dell’entrata della casa è l’unione tra il vecchio e il nuovo: a sud l’esistente mentre a nord una galleria si allunga per spingere il nuovo volume a trovare lo spazio libero e la vista verso valle e Lucca. L’infilata dei nuovi volumi inclinandosi verso nord-est facilitano l’apertura della corte verso il verde della radura. Le due facciate dell’entrata sono due portali uguali in pietra di Santafiora sabbiata, una è il fondale di un cortile stretto e lungo ed è l’entrata principale della casa, l’altra del cortile aperto verso il verde. I serramenti e le persiane sono in legno verniciato. I cortili e i marciapiedi sono in Santafiora sabbiata. Una scala è in ferro, l’altra è in ferro e legno wengé. Le tinteggiature interne sono chiare. La struttura del nuovo edificio è un telaio in c.a. con appoggiati il tetto a capriate e il solaio in travi e travicelli in legno di castagno. I nuovi edifici sono in classe energetica A3.

Inserita tra le Giornate FAI 2018, la torre è posta sulle cime del monte omonimo, Montalceto. Costruita nel 1463 dal senese Matteo di Pinoccio, possiede una forma quadrangolare con accentuato basamento a scarpa; prima del restauro la torre si presentava completamente aperta, con i tre solai e parte del coronamento crollati. Il restauro, condotto con la soprintendenza di Siena, ha portato al fedele recupero delle caratteristiche originarie, fino al riutilizzo dei conci in pietra reperiti sul posto.

La villa oggetto d’intervento è ubicata sulle colline di Firenze. Il progetto si basa sull’idea che un’architettura storica può e deve rispondere alle esigenze abitative contemporanee in fatto di funzionalità, comfort e tecnologia grazie a interventi condotti nel rispetto della struttura originale e con criteri che nulla concedano al “gusto” e alla “moda” del momento. I vincoli di tutela dei beni culturali possono essere affrontati come ulteriori elementi di sfida, per soddisfare le nuove richieste della committenza. L’intervento nasce dall’esigenza, di accorpare le unità immobiliari, realizzate nel tempo, ricomponendo l’originario organismo unifamiliare, secondo scelte progettuali frutto di ricerche storico-documentali. L’edificio ha subito nel corso del tempo modifiche che hanno alterato irreversibilmente gli interni, a differenza degli esterni che non sono sostanzialmente mutati. Il lavoro architettonico si è tradotto nella completa reinterpretazione funzionale degli interni e nel restauro degli esterni. La muratura esterna in Pietraforte, è stata recuperata con un restauro puntuale e il rifacimento delle parti mancanti.Gli interni sono stati progettati nel rispetto dell’impianto originale. La funzionalità e il comfort, seppur in spazi rigidi, sono stati raggiunti con la progettazione di tutti gli arredi e con l’adozione di un sistema integrato di gestione degli impianti, realizzato rispettando le caratteristiche dell’immobile e limitando le tracce invasive nelle murature.

Villa unifamiliare

Posta in un parco di 3.500 mq sulla collina di Marignolle a Firenze la villa di 200 mq venne costruita nei primi anni ’70 del secolo scorso ed è rimasta sostanzialmente immutata fino alla attuale ristrutturazione che ha interessato, oltre agli interni, anche il disegno dei prospetti e delle aree che circondano l’edificio dove è stata inserita una nuova piscina “a sfioro” di 28 mq che si affaccia verso la valle sottostante. Dalla zona giorno due grandi vetrate si aprono sull’ampio deck in legno che separa l’edificio dalla piscina e che circonda completamente la villa. L’intervento ha migliorato sensibilmente la prestazione energetica dell’edificio che è oggi completamente protetto da un “cappotto” termico esternamente rivestito con lastre di travertino. Lo skyline dell’edificio –circondato da cipressi, ulivi e pini marittimi– è stato completamente modificato dall’inserimento di nuovi ampi aggetti della copertura che proteggono i percorsi esterni in legno di larice.

In principio c’è il disegno. L’intuizione si consolida attraverso i veloci tracciati sovrapposti ai rigorosi segni del rilievo architettonico. I solchi incerti dell’idea si sommano ai lacerti di un passato recente, ultima stratificazione insignificante se confrontata all’anima dell’edificio. L’appartamento, posto al secondo piano di un impianto medievale nel quartiere di San Martino a Pisa, originariamente si presentava scarsamente funzionale: un corridoio d’ingresso adiacente ad un piccolo disimpegno serviva due bagni ciechi e due camere. L’intervento valorizza le componenti strutturali dell’architettura. L’angusto impianto distributivo viene sostituito da un diverso sistema funzionale di forte caratterizzazione estetica. Questo congegno scatolare fatto di legno e vetro intercetta le strutture degli impalcati con degli schermi trasparenti, rivelandone in tal modo la loro continuità. L’impianto planimetrico che ne risulta ritaglia nuove traiettorie geometriche ottenendo una riorganizzazione spaziale e funzionale. Gli effetti vibranti prodotti dai colori, dalla luminosità dei materiali e dalle molteplici riflessioni delle vetrate conferiscono a questo spazio una particolare suggestione entro cui la contemporaneità si confronta con la storia. Nel soggiorno un armadio attrezzato richiama nelle componenti cromatiche, nella forma e nelle linee geometriche il nuovo sistema distributivo enfatizzando l’organicità dell’intervento.

Immerso nel verde della campagna toscana, il casale da noi ristrutturato dialoga con essa attraverso i propri materiali naturali e la propria vocazione eco-sostenibile. Ogni scelta sia estetica che architettonica è finalizzata a sottolineare un legame che diventa inscindibile con la circostante ruralità: pietra e legno sono gli elementi fondanti di un menage che vede i due attori simbioticamente compenetranti. Le ampie vetrate diventano quinte che lasciano entrare lo spazio quale parte integrante del progetto, accentuando intensi effetti di luce che irradiano gli interni, dove si prediligono materiali tecnici e scarsamente impattanti, ma ugualmente capaci di restituire un forte senso di calore e accoglienza. Le soluzioni cromatiche spaziano nelle varianti della terra e del “galestro”, i materiali si intersecano in un equilibrio potente dove fil rouge è sempre il legno. Una solida scatola architettonica che dischiude al proprio interno un ambiente “hygge”, perfetto per accogliere la giovane famiglia che insieme a noi ha pensato per sè questo luogo magico.

Palazzo nero

L’opera è un edificio in linea, composto da 4 piani fuori terra, piano terreno ad uso direzionale p1/2/3 uso residenziale, 15 unità immobiliari. L’edificio è stato realizzato in sostituzione di un edificio preesistente ad uso commerciale, non più idoneo funzionalmente e strutturalmente al nuovo uso, con lo stesso ingombro planivolumetrico. L’edificio si caratterizza per un volume compatto e massivo ma, allo stesso tempo, dinamico. L’opera è rivestita con un “materiale povero”, il cappotto termico,utilizzato come materiale massivo, in maniera scultorea, creando campiture e volumi compatti. L’edificio è a due facce, progettate in base alla loro collocazione e funzione. Quella lungo la strada è compatta e chiusa, direzionale, per fare cortina con gli edifici adiacenti e come barriera contro i rumori. Il fronte interno è più aperto e articolato,residenziale, vivibile anche all’esterno attraverso grandi logge silenziose. La tecnologia costruttiva è: struttura antisismica travi e pilastri in C.A, tamponamento in Poroton, cappotto termico in polistirene con spessori da 10 a 20 cm e uso di strutture steel frame per le facciate, materiali a secco per i divisori interni e le contropareti in cartongesso a 2 lastre; insieme con l’eliminazione dei ponti termici, infissi in alluminio ad alte prestazioni ed un impianto di climatizzazione centralizzato per ottenere la classe energetica “A”. Finiture:pavimentazione interna in gres nero, esterna in cls a vista e ghiaia.

Villa VP

Villa VP è una residenza privata immersa nella campagna a solo 6 km da Siena. A parte la Villa principale, gli altri fabbricati erano ad uso agricolo, disposti attorno ad un’area pavimentata e realizzati da materiali molto diversi tra loro. L’uso del grigliato a salto di gatto era particolarmente diffuso per garantire ventilazione naturale ed ombreggiamento all’interno. Il progetto, grazie ad una committenza illuminata, ha introdotto un VIRUS Contemporaneo all’interno della casa. Un vero e proprio Serpente di corten e vetro che entra ed esce dai volumi, generando nuove connessioni spaziali orizzontali e verticali, attraversa la libreria e scende fino alla sala da pranzo. Questo elemento ha permesso di liberare il corpo principale da precedenti e obsolete superfetazioni e caratterizza l’intervento con un linguaggio poetico e contemporaneo che si mescola con i colori del luogo ormai consolidati. Con particolare cura sono stati scelti le cromie degli intonaci, del cotto, del legno usati per il recupero dell’intero complesso. Fondamentale è stato l’impiego di una ditta locale che potesse trasmettere la propria conoscenza di manifattura artigianale nell’uso dei materiali e nella loro messa in opera. Fortunatamente il recupero non si è limitato alle parti edificate, ma si è esteso anche al parco circostante. Ciò ha permesso il ripristino di specie autoctone e la salvaguardia della vegetazione esistente, con l’integrazione di un orto per una piccola coltivazione ad uso personale.

L’appartamento fa parte di un edificio degli anni ’60 completamente risanato dalle fondazioni alla copertura. Trattandosi dell’ultimo dei tre piani che compongono l’edificio, è stato scelto di abbattere parte del solaio che divideva l’appartamento dal sottotetto per creare un unico spazio aperto, collegando i piani con una scala in struttura d’acciaio e parapetto in vetro. Pur essendo un attico, non disponeva di nessuna terrazza, pertanto la scelta focale è stata apportare un’illuminazione diffusa in tutto lo spazio: quella naturale attraverso le due grandi vetrate prospicienti al soggiorno, attraverso l’apertura di lucernari in ogni camera, nella cucina e nella zona soppalco; quella artificiale invece è stata apportata attraverso l’installazione di velette illuminate con strip-led per enfatizzare il rivestimento a parete in bassorilievo dei bagni e della cucina. Inoltre, sopra le due grandi vetrate, sono stati inseriti dei faretti che proiettano la luce verso l’alto, quasi come un esterno, per sottolineare la verticalità del doppio volume. Seppur in stile contemporaneo, si è cercato di trovare un giusto equilibrio tra le linee regolari dello spazio, la matericità degli elementi (pietra naturale e legno) e lo stile classico della boiserie che divide la zona giorno dalla zona notte e nasconde al suo interno spazi guardaroba e la zona lavanderia. Il pavimento, in grès effetto cemento, si sviluppa su tutta la superficie calpestabile, con continuità tra tutti gli spazi.

Premio Architettura Toscana

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