Fienile

L’esigenza del cliente era di conservare l’immagine del vecchio fienile e creare uno spazio aperto e luminoso capace di assorbire il verde circostante e limitare la presenza della sottostante strada. Sulle grandi aperture vetrate delle facciate sud ed ovest è stata riproposta la schermatura di tavole con funzione di brise-soleil tipica dell’archittetura povera versiliese; i pilastri in bozze di ghiaia e calce realizzate in opera sono mantenuti ed integrati, la spaziatura dei travi perimetrali e delle finestre sono quelle originarie Si sono create zone distinte: una zona notte ricavata su due piani con i servizi nella parte in muratura in pietra e una zona a tutto volume nel fienile dove si sono realizzati i tre ponti dell’area living; il legno delle facciate trova la sua continuità all’interno nelle scale, negli arredi e nei ponti che sono sorretti da una struttura in acciaio verniciato. La cucina a piano terra, che si affaccia sul piccolo giardino, si apre in verticale allo studio ed al soggiorno in continuità visiva fino alla copertura sotto cui trova spazio l’ultimo ponte dedicato alla meditazione e alla lettura. Il verde ridondante del piccolo giardino si arrampica sulle facciate amplificando la sensazione di naturalità. E’ stata dedicata particolare attenzione all’uso di materiali di recupero e naturali, come la vetrata a piano terra, appartenuta ad una ferramenta, ed i grandi piani in legno e le scale provenienti da una vecchia falegnameria.

Il fabbricato, costruito nei primi anni del ‘900 come edificio produttivo, è caratterizzato da due spazi vuoti e una volumetria compatta con grandi aperture simmetriche. La struttura eretta con muratura in pietra e mattoni e conci squadrati agli angoli presenta una tipologia costruttiva differente dagli altri edifici colonici del complesso, annessi alla villa padronale del Secolo XVIII. Il restauro e il consolidamento delle strutture, attuato con tecniche e materiali coerenti con i caratteri costruttivi originari, è realizzato seguendo i criteri del green building, ponendo particolare cura nella definizione dei dettagli, degli aspetti illuminotecnici e del design degli elementi funzionali. L’intervento lascia intatta la spazialità originaria, inserendo i servizi e gli impianti all’interno di moduli concepiti come elementi di arredo, disposti in sequenza e staccati dai soffitti, che scandiscono gli ambienti senza interrompere la percezione visiva d’insieme. Lo studio illuminotecnico permette di costruire scenari funzionali alla percezione dello spazio e delle opere d’arte. Il progetto si completa con la realizzazione di un padiglione tecnologico, sovrastante un piano interrato adibito a servizi, coperto con pannelli fotovoltaici e solari integrati nella copertura, che si relaziona con l’edificio principale attraverso un’area soggiorno open air. Questa soluzione assolve alla necessità energetica dell’edificio, congiuntamente con una pompa di calore aria-acqua ad alto rendimento

LA “NUOVA DOGANA D’ACQUA” La “Dogna d’Acqua” è un progetto per la ricostruzione sulle vie d’acqua di un edificio costruito negli anni Trenta dell’Ottocento, ordinato dal Granduca Leopoldo II di Toscana e demolita dalla guerra. Il progetto mantiene inalterati i due canali navigabili sottostanti dotati di volte sulle quali è stata ricostruita la “Nuova Dogana d’Acqua”. L’edificio è in acciaio e vetro con una struttura in elevazione costituita da un telaio spaziale realizzato con colonne in HEB360 e travi principali in HEA300. Le perimetrazioni sono state realizzate con sistemi prefabbricati a secco. Il condizionamento è stato realizzato con sistema termomeccanico e trattamento aria. Il perimetro esterno è costituito da pareti ventilate in vetro serigrafato che riproducono l’immagine della “Vecchia Dogana d’Acqua”. La copertura, munita di lanterna è stato realizzata con coil in acciaio elettrocolorato ventilato montato a mano ribordato, con padiglioni uguali a quelli preesistenti. Le parti interne sono state realizzate a secco, i controsoffitti in cartongesso con impianti incassati, isolanti in pannelli di legno, pavimentazioni in linoleum, ascensore, compartimentazioni REI 60, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Casa in una pineta

L’opera nasce dall’occasione di una ristrutturazione di una residenza estiva costruita a metà degli anni Sessanta, adagiata su una duna di sabbia e circondata da pini marittimi. L’intervento delinea una duplice prospettiva: da un lato la necessità di individuare una sintesi tra la natura dell’edificio – seppur ancora da scoprire – e i valori morfologici e cromatici del luogo in cui esso è insediato; dall’altro la volontà di collocare il carattere degli ambienti interni nel solco di una tradizione che fa del comfort, della domesticità, dell’appropriatezza la propria cifra identificativa. Tutto ciò si applica soprattutto nella modulazione della luce e delle vedute, nel- la misura e conformazione degli spazi, nella discrezione dei materiali. Una ideale direttrice longitudinale, che attraversa l’intera costruzione, permette di trovare una convergenza tra due aspetti operativi significativi: in primo luogo la ridefinizione della spazialità interna, che si concretizza in una sequenza di stanze passanti in stretto rapporto tra loro e con il paesaggio circostante; in secondo luogo l’identificazione del carattere dell’edificio in una nuova morfologia, allo stesso tempo naturale e archetipica, che trova nel sedimento orizzontale la cifra costitutiva.

L’intervento proposto nasce dall’esigenza di una giovane coppia che aveva intenzione di trasferirsi subito fuori Coreglia Antelminelli, su una collina a bassa densità abitativa, nella casa che era appartenuta alla nonna. L’abitazione esistente si componeva di una ex stalla e di un’abitazione con un grande terreno pertinenziale circostante. I lavori sono iniziati in data 23.12.2014 e finiti in data 02.12.2015. Gli interventi previsti erano necessari per migliorare le caratteristiche prestazionali dell’abitazione principale (due camere, cucina, due bagni, taverna al piano interrato) e dell’annesso (ove è stata realizzata la sala a doppia altezza), per riorganizzare la distribuzione interna e le aree di pertinenza esterne. Il progetto ha tenuto conto delle esigenze abitative del committente prestando particolare attenzione all’aspetto energetico. Abbiamo deciso di realizzare un cappotto termico, di installare pannelli solari termici, di riutilizzare le acque piovane per l’irrigazione del terreno circostante, scegliere un’illuminazione led a basso impatto, in modo da garantire l’adeguato confort e un sensibile risparmio nella gestione dei costi di manutenzione. I materiali sono stati scelti per l’alta durabilità e le caratteristiche prestazionali migliori per le soluzioni proposte. La buona riuscita dell’intervento è merito di tutti, dalla progettazione all’esecuzione, passando per ogni scelta condivisa e voluta fortemente dalla committenza.

Il recupero delle Mura antiche, ha permesso di riqualificare il percorso, che da Via Massetana sale lungo una rampa (esterna alla cinta muraria), varca le mura tramite una fenditura, contenuta in un involucro in cor-ten, illuminato di notte e collega il centro storico attraverso Via Maremma. Uno scavo archeologico ha evidenziato tracce di abitazioni medioevali, che nessuna cartografia aveva mai individuato. Il cammino di riscoperta delle Mura, pavimento in pietra arenaria, include l’Opera a Verde ideata dall’artista Maria Dompè: un luogo senza tempo dove vivere un’esperienza sensoriale, accompagnati da un mix di sonorità musicali e dall’effluvio floreale misto ad aromi mediterranei. Il giardino, denominato SOL OMNIBUS LUCET e dedicato a Norma Parenti la giovane partigiana fucilata dalle truppe tedesche nel 1944, è costituito da una sorta di cerchio energetico spiroidale, con traiettorie centripete ondulate e alternate sia da dossi rifiniti in prato, modellati e contenuti in lastre di cor-ten incise con motti latini, sia da sentieri concavi, pavimentati in pietra a secco. Il disegno complessivo è incorniciato da un cerchio di pietra intervallato da fioriture a ciclo stagionale e alberi ombreggianti a favorire sedute meditative in cor-ten. Al centro dell’opera, l’artista ha creato un piccolo pozzo in pietra urbana riciclata, per contenere (interrandoli) sogni e desideri scritti da studenti massetani, con l’intento di ripetere periodicamente un rito catartico di condivisione.

Il progetto si trova nell’incantevole Golfo di Baratti e gode di una posizione panoramica di notevole prestigio, con affacci e caratteristiche uniche, esattamente al centro fra mare e collina, ai piedi dell’antico borgo Etrusco di Populonia. E’ un paesaggio forte pregnante di segni e di senso, quello dove nasce la frazione di Baratti, golfo di mare di rara bellezza, che ha mantenuto quel sapore genuino di casa, e dove sorge la “Torre di Baratti-Bio Resort”, immersa nei colori e negli odori della campagna, il cui nome nasce dalla particolare tipologia del fabbricato, nato come torre di guardia d’avamposto.La finitura del restauro, parte dal presupposto che il design deve sempre incarnare un duplice movimento: accogliere la vita quotidiana e armonizzare la percezione dello spazio ambientale, dialogando con la tradizione e i luoghi, dove l’impiego di materiali estremamente naturali, come il legno per gli arredi, o il marmo travertino per i bagni, realizzano ambienti confortevoli che sanno di “casa”. Distribuito su 3 livelli, il resort ospita 3 standard suite, 2 appartamenti bilocali e 1 appartamento suite ricavato nell’antica torre con una vista unica sul golfo. Silenziose e luminose, le suites del resort sono caratterizzate da eleganti arredi in stile mediterraneo, gli appartamenti collocati al piano terra con ingresso indipendente e spazio esterno privato sono caratterizzati da un mobile-cucina moderno a scomparsa. Gli arredi e i mobili cucina sono realizzati su disegno.

Questo progetto riguarda la ristrutturazione di una villetta anni ’60, immersa in una foresta di faggi sopra l’abitato di Sammommè, Pistoia. Dopo mezzo secolo di onorato servizio i nuovi proprietari della villa decidono di rinnovare completamente l’edificio, come unica richiesta esplicita quella di espandere il balcone che domina la valle verso sud. Proponiamo un’operazione progettuale semplicissima: la costruzione di una loggia. Mantenendo invariata la preesistenza, la loggia viene ripetuta tutta intorno all’edificio, espandendo il volume abitabile pur senza aumenti di cubatura. Le due entità rimangono fortemente distinte: la preesistenza intonacata bianca, la loggia in legno lamellare. Con questo stratagemma, in un’area dove non è ammessa la demolizione e ricostruzione, come neppure l’ampliamento (condizione sempre più diffusa nei piani regolatori d’Italia) l’Architettura tenta il suo disperato tentativo di imporsi come linguaggio autonomo e come gesto leggibile dotato di un profilo, di un volto. La loggia, elemento tipico della tradizione toscana, trova due ragioni d’essere. Il primo è la necessità, nel contesto di una fitta foresta, di un dispositivo spaziale per esperire la soglia tra l’intimità protetta dell’interno e l’esuberanza naturale dell’esterno. Il secondo è il tentativo di reinventare completamente l’aspetto dell’edificio preesistente, ma senza occultarlo completamente, in modo da lasciar dialogare gli scarti e le contraddizioni tra le due fasi costruttive.

Ri-utilizzare un luogo – gli edifici pluristratificati e degradati della ex Facoltà di Chimica in Via G. Capponi – ha consentito di valorizzare l’interesse storico-artistico dell’imponente complesso neoclassico realizzato sulla antica struttura della Palazzina dei Servi dell’Annunziata dall’architetto Luigi De Cambray Digny in periodo napoleonico, con le ristrutturazioni per Firenze Capitale di Giovanni Castellazzi e Paolo Mantegazza e le addizioni tardo ottocentesche del chimico Ugo Schiff. La Palazzina, un polo del sistema universitario nel Centro Storico, definisce così un nuovo spazio urbano pubblico con la funzione di “piazza verde” (il disegno antico dell’ovale domenicano). Il lavoro architettonico si è tradotto, oltre alla completa reinterpretazione funzionale, al restauro esterno dell’edificio e delle pertinenze, del portico e dell’atrio d’ingresso, nel recupero d’uso dello scalone monumentale, nella riapertura delle grandi gallerie di distribuzione orizzontale sui due piani e degli ambienti che vi si affacciano, nel restauro di alcuni affreschi scoperti nel corso dei lavori e nel recupero per utilizzo didattico di un grande e misterioso sottotetto; antichi spazi vitalizzati per l’uso attuale con l’inserimento indispensabile di nuovi elementi tecnologici – ascensori, scale, percorsi di servizio, nuove strutture di copertura ed elementi di illuminazione naturale. Integrazioni necessarie che instaurano un dialogo, con l’utilizzo di un autonomo linguaggio, tra epoche.

Premio Architettura Toscana

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