La Fortezza di Arezzo è uno straordinario complesso fortificato cinquecentesco progettato da G. ed A. da Sangallo il Vecchio nei primi anni del cinquecento, ultimato da A. da Sangallo il Giovane tre decenni più tardi. Una prima fase delle lavorazioni ha riguardato i restauri specialistici dei paramenti lapidei della fortezza. Particolarissime le condizioni di degrado ed i dissesti presenti in tre dei cinque bastioni, che le truppe napoleoniche minarono nell’ottobre del 1800 facendone corpi di fabbrica sventrati e privi di volte ed orizzontamenti. Una seconda fase ha riguardato la risistemazione degli spazi interni alla Fortezza per renderli accessibili, utilizzabili con interventi di consolidamento, di restauro, di riqualificazione tecnologica e di ridisegno del sistema degli accessi e delle percorrenze, per riportare all’interno della Fortezza attività culturali, cittadini, turisti, giovani che possano scoprire o riscoprire un monumento straordinario, luogo di prima grandezza per la comprensione della Storia di Arezzo. Ai restauri specialistici si sono aggiunte integrazioni funzionali ed architettoniche con una costante ricerca del dialogo fra antico e nuovo necessarie per l’uso e la comprensione critica del complesso monumentale. Fra queste i ponti metallici, ascensori esterni, il grande palco in acciaio cor-ten, la ricostruzione del Bastione del Soccorso, sventrato dalle mine, quale nuovo accesso in acciaio e vetro con l’inserimento di un nuovo ascensore e scale.

Ilrestauro di una porzione delCastellodelPiagnaro prende spuntodal nuovoallestimento delMuseodelleStatueSteleLunigianesi edal connesso parziale adeguamento degli impianti,dei sistemi disicurezza edegli impianti disollevamento per disabili.Ilrecupero dell’alasud del primocortile delcastello,adibita dasempre a deposito di macerie emai sottoposta ainterventi di restauro,hamesso adisposizione del museo una superficiequasi raddoppiata eha consentito di recuperare spazidinotevole suggestione,caratterizzati da paretie voltea botte inpietra avista checostituiscono unosfondo perfettamente in sintonia conle opere esposte.L’intervento,inteso come valorizzazione delle potenzialità inespresse dell’edificio storico,sièposto l’obiettivo di creare un dialogo intenso,esaltando alcontempo i nessi monomaterici diopere espostee il castello.Grazie adinterventi di svuotamento,ed all’incisione di due nuovi passaggi,èstato possibile inventare un percorso suggestivoche prosegue alpianosuperiore,mediante una scala ricavata sopra i resti di unarampatardobarocca ritrovata,inutilizzabile per l’eccessiva altezza dei gradini,che peròresta leggibile sottola nuovascala trasparente con struttura in ferro egradini inlegno.Anche alprimopiano,interventi minimi di incisione e ricucitura,con calibrate addizioni,come la passerella che attraversa altra scala preesistente,hanno consentito di dare un significato nuovo agli spazi edicreare unpercorso continuoea senso unico,scorrevoleefluido,come quellodel pianoterreno.

Intervento di restauro e risanamento conservativo di immobile a destinazione residenziale sottoposto a vincolo monumentale

Villino

Il villino oggetto della presente è ubicato in Firenze, via di Ripoli nc.74. La costruzione del fabbricato risale al 1952. Prima dell’intervento era costituito da un’unica unità abitativa che si sviluppava su due piani fuori terra oltre un sottotetto ed un seminterrato, dove trovava locazione il locale cantina. Era composto da dieci vani compresa la cucina, oltre servizi ed accessori. L’intervento ha comportato il frazionamento del villino in due unità distinte, una al piano terra ed una al piano primo. Per ottenere la divisione sono state necessarie modifiche interne ed esterne volte alla riorganizzazione funzionale. Grazie allo studio millemetrico della superficie a disposizione, alla definizione di soluzioni studiate su misura e all’uso di materiali considerati poveri, come ferro e legno, il villino, della metà del novecento, si è trasformato in due appartamenti confortevoli, mantenendo l’identità storica dell’involucro e dandoci la possibilità di rientrare nel budget a disposizione. Tutte le modifiche sono state realizzate nel rispetto del sistema strutturale-tipologico e sono conformi agli strumenti di pianificazione urbanistici ed edilizi vigenti. Obiettivo dell’intervento è stato valorizzare l’esistente, mantenendo laddove possibile gli elementi originali dell’edificio come la struttura del solaio di copertura e la muratura originaria riportata a “faccia vista”. Completa il progetto il grande giardino.

Un’antica chiesa medievale con annesso ospedale per i pellegrini, già ampliata e trasformata nel corso del Cinquecento torna a vivere dopo un lungo abbandono. Spogliata dei suoi arredi e utilizzata per gli usi più incongrui durante il secolo scorso il complesso è stato oggetto di un accurato restauro volto a consolidare le sue strutture e recuperarne l’assetto originario perduto nel tempo. L’oratorio con l’annessa canonica rivelano oggi le proprie membrature libere da superfetazioni, mentre i volumi accolgono inserti architettonici in grado di dialogare con essi senza alternare la percezione complessiva degli ambienti. Con particolare attenzione alla natura degli edifici sono stati inseriti impianti tecnologici in grado di rispettare la vocazione del luogo e garantirne l’efficienza per un uso finalmente compatibile con la sua storia. Arredi antichi e contemporanei si uniscono a far rivivere lo scorrere del tempo.

L’intervento riguarda il recupero a fini abitativi di un rudere costituito dall’aggregazione di diversi corpi edilizi di varia storicità dislocati su più livelli al di sopra di un terreno in forte pendenza . L’intervento di restauro è consistito nel preservare quanto possibile e nell’evidenziare i nuovi interventi con un linguaggio contemporaneo evitando false ricostruzioni dai tratti vernacolari. I due grandi volumi vuoti di partenza sono stai collegati tra loro ed utilizzati su più livelli nella ricerca della massima fruibilità degli spazi. L’ingresso principale , come nella più classica tipologia di casa rurale toscana, avviene dalla cucina a sua volta aperta sulla zona pranzo e affacciata sul primo livello del giardino. Una nuova scala inserita all’interno del terrapieno conduce all’ampio volume del soggiorno ( ex granaio) che si affaccia su un secondo livello di giardino. I grigliati esistenti sono stati risolti con serramenti in acciaio di minime sezioni e il doppio volume è accentuato da un portale in corten a doppia altezza. L’accesso alla zona notte padronale è dato attraverso un soppalco adibito a studio al quale si accede da una scala volutamente staccata dalla tessitura muraria facciavista. Gli arredi sono su disegno e generalmente integrati nella struttura muraria . Particolare attenzione è stata posta nel sottolineare il rapporto dell’interno dell’edificio con lo straordinario contesto naturalistico in cui è inserito.

Il recupero del complesso duecentesco di Sant’Agostino a Montalcino, dichiarato monumento nazionale e vincolato ai sensi delle Leggi 1089/1939, è il risultato di un iter realizzativo condiviso tra il progettista e le Soprintendenze interessate – Soprintendenza ai Monumenti di Siena e Grosseto, Soprintendenza archeologica di Firenze, Soprintendenza ai beni artistici di Siena e Soprintendenza generale di Roma – che hanno collaborato come consulenti specialisti mediante continui e puntuali contributi, e che ha visto dal 2013 investimenti regionali, comunali e privati superiori ai tre milioni di euro, al fine di restituire alla città un luogo che potesse diventare uno spazio di condivisione culturale attiva. Un recupero dunque funzionale al riuso al fine di ridefinire l’identità dell’edificio: il metodo è stato quello della stratificazione “astilistica” in equilibrio tra tradizione e innovazione, dove sono compresenti attività museali e culturali e quelle imprenditoriali, formative e divulgative. Lungo un percorso urbano costituito dai due chiostri trecenteschi e una nuova piazza prima interclusa, sono attualmente presenti il museo archeologico etrusco, il museo diocesano della provincia di Siena, il laboratorio di restauro degli affreschi della chiesa di Sant’Agostino, la nuova sede del Consorzio del Brunello e una scuola residenziale di architettura con la funzione di incubatore culturale per seminari didattici internazionali su temi diversi.

L’intervento intende recuperare e integrare un vecchio presidio già adibito ad orfanotrofio sito su una porzione di territorio collinare prossima al centro storico di San Miniato. Riattivandone le connessioni relazionali attraverso il riuso dei “vicoli carbonari” utilizzati fino al secolo scorso dai carbonai per portare il carbone in città ed attraverso il riutilizzo di percorsi nel bosco circostante il plesso per garantire la sorveglianza e la manutenzione dei versanti. Il progetto “Casa Verde”, così storicamente chiamata per la forte valenza sociale (Casa/orfanotrofio – Verde/immersa in un bosco di Lecci), è di fatto una ricerca di legami di fratellanza: 1_Con il bosco, per mezzo dello studio delle sfumature di colore che le foglie hanno nelle diverse stagioni; 2_Con le “ragazze ospiti”attraverso la rilettura dei loro lavori grafici riportati attraverso il lettering adesivo sulla facciata in vetro; 3_Con la città tramite il recupero dei “vicoli carbonai” (utili e necessari per la manutenzione dei versanti); 4_ Con la ricerca verso la luce naturale (filtro vano scala principale); 5_Con il vecchio paesaggio attraverso il mantenimento del filare secolare di cipressi tangenti alla struttura. 6_Con l’arte attraverso l’artista Mercurio-S17S71 che rileggendo il volto degli “ospiti” ha creato una collezione di opere contemporanee.

Il progetto riguarda il completo recupero di un magazzino industriale in abbandono per la realizzazione della nuova Sede di un importante Studio Legale. L’immobile si trova all’interno di un isolato nella zona otto-novecentesca a ridosso dei Viali ed occupa l’intero piano terra di un edificio del 1960 ed una piccola costruzione adiacente posta nel cortile tergale. La planimetria dell’esistente, caratterizzata da una grande profondità del corpo di fabbrica e dalla conseguente scarsità di aperture in rapporto alle grandi superfici disponibili, è stata risolta con la creazione di una “piazza interna” che costituisce uno spazio polifunzionale posto all’interno dell’edificio dove, oltre ad essere il cuore del sistema distributivo dello Studio, è anche sala di lettura e spazio per ospitare incontri e seminari. Lungo le pareti sono presenti una serie di nicchie che contengono i numerosi volumi della biblioteca dello Studio alternate alle aperture che, grazie a pannelli scorrevoli, danno l’accesso a tutti gli uffici. Nella palazzina adiacente sono collocati gli studi direzionali ai quali si accede, seguendo il lungo banco in legno della reception, salendo una scala a sbalzo con gradini che aggettano da un setto murario rivestito in travertino con finitura “cannetè”. I prospetti sul cortile sono stati ridefiniti così come l’accesso che dalla strada conduce all’interno dell’isolato dove un lungo “tappeto” in legno posto sulla ghiaia del cortile accompagna i visitatori verso l’ingresso

Castagneto Carducci è un borgo tra i più suggestivi della Costa degli Etruschi ed è dove nasce l’ex Officina del Gusto, un caffè con cucina. Il contesto vede i centri storici svuotarsi e diventare come delle cartoline piuttosto che essere fulcri della vita sociale, sempre più attività chiudono e le rimanenti non tengono il passo coi tempi. Nasce quindi l’esigenza di un rinnovamento generale che va dal ripensare un intero contesto urbano ed arriva nel particolare a far rinascere le attività esistenti. E’ in questo senso che il fondo dove aveva sede un’officina meccanica viene convertito in un locale che si distingue dagli altri sia per la spazialità che per i servizi dati. L’idea alla base del progetto è quella di eliminare le superfetazioni riportando alla luce e valorizzando le caratteristiche identitarie costruttive dell’edificio storico e farlo rivivere in chiave contemporanea. La matericità di pareti in pietra ed archi in mattoni si contrappone alle linee semplici di arredi e luci in metallo; il calore viene esaltato dall’utilizzo del legno sia per la superficie pavimentata che per bancone, mensole e tavoli, quest’ultimi inoltre raccontano un po’ di storia del territorio grazie al reimpiego di barrique usate per il vino Bolgheri DOC. Lo spazio è organizzato per esaltarne la fluidità e per mantenere sempre il contatto con la vallata esterna, proprio in tal senso è stata ideata la “cucina a vista-con vista”, uno spazio aperto sia sulla sala consumazioni che sul paesaggio.

SuperLodge

Il progetto muove nel rispetto e nella valorizzazione degli elementi maggiormente caratterizzanti l’edificio originario, non con una logica di mera conservazione ma attraverso la rilettura e l’interpretazione. L’involucro esterno, caratterizzato dalla composizione ritmata delle aperture, dal rigore della forma composta e dalla ricchezza di modanature, è stato mantenuto nella sua geometria. La rilettura in chiave contemporanea ha determinato la scelta della colorazione monocroma di tutti i prospetti, comprese le modanature e l’intradosso della gronda lignea. L’unico intervento esterno è coinciso con la sostituzioni delle superfetazioni incongruenti con una loggia a sbalzo, costituente un volume diafano dagli inconsueti effetti di luce. Internamente sono stati esaltati due elementi fondamentali della spazialità originaria e della nuova architettura risultante: le grandi altezze di interpiano e la scala in pietra con balaustra Liberty. La distribuzione interna è stata adeguata alle esigenze della vita contemporanea perseguendo la massima fluidità spaziale. Conseguentemente gli ambienti, originariamente austeri ed in penombra, sono ora invasi dalla luce. Nel volume diafano della loggia la luce assume delle caratteristiche assolutamente inedite per l’edificio: la microforatura permette di avere un ambiente aperto ma protetto dall’irraggiamento diretto, cangiante e confortevole. Lo spazio è a tutti gli effetti una ambiente esterno, ma si coniuga con un senso di protezione e privacy.

L’edificio esistente non è mai stato un esempio significativo di archeologia industriale. Il progetto propone di enfatizzare la più importante delle sue qualità che è la dimensione. L’idea è quella di trattare in modo uniforme l’intero volume con un rivestimento in alluminio anodizzato color bronzo con l’obiettivo però di non cancellare completamente la preesistenza. Questa nuova pelle metallica avvolge interamente l’edificio rafforzando la sua grande volumetria e il suo essere “un fuori scala” nel contesto urbano ma, allo stesso tempo, grazie all’effetto di trasparenza consente di mantenere parzialmente visibili le caratteristiche architettoniche dell’edificio esistente. La nuova immagine che la Camera di Commercio di Prato offre alla città è una sorta di sfocatura dell’edificio industriale del quale si continuano a vedere gli elementi principali: la serialità delle aperture, le cornici marcapiano e gli elementi decorativi rappresentativi. Una sorta di vedo-non vedo che moltiplica le possibilità di percezione del nuovo edificio contemporaneo.

Premio Architettura Toscana

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