Biolago

Il progetto intende riattivare e sviluppare la presenza di due sorgenti termali, elementi essenziali del territorio sia dal punto di vista storico che sociale. Per questo il progetto è stato pensato, come un sistema di luoghi coinvolti dal movimento delle persone che, come l’acqua, entrano negli invasi per poi ritornare al percorso naturale. Come l’acqua calda delle due sorgenti si immette nella vasca superiore riscaldandola, così le persone dalla rampa d’ingresso scendono verso la balneazione naturale, incontrando i diversi cubi in policarbonato e legno che costituiscono i servizi (cassa, deposito, spogliatoio, bar, modulo invernale di accesso alla vasca). Con la balneazione l’acqua sorgiva e le persone entrano in contatto procedendo idealmente nella stessa direzione. Così dalla prima vasca, a una temperatura di 37°, le persone e l’acqua si spostano nel secondo invaso con una temperatura inferiore per poi tracimare metaforicamente nel laghetto naturale balneabile. L’invaso artificiale diviene naturale, l’acqua in eccesso ritorna al suo percorso, l’uomo conclude il suo cammino con la natura e nella natura. Il biolago è costituito da una zona balneabile, con acqua profonda, e da una zona di acqua bassa, dove sono state messe a dimora piante palustri, acquatiche e sommerse che svolgono un’azione fitodepurante e ossigenante. La loro funzione è incrementata dall’utilizzo di ghiaia e zeolite.

L’intervento generale di riordino dell’impianto sportivo pubblico ASSI GIGLIO ROSSO di Firenze è stato attuato per fasi successive che si sono concluse nel marzo 2013. La prima fase ha avuto come oggetto la ristrutturazione dello storico fabbricato “Casa del Custode” per uso spogliatoi atleti e la realizzazione della Club House a servizio sia dell’impianto sportivo che della città. È seguito il recupero delle aree verdi con l’eliminazione delle superfetazioni e delle strutture distrutte dall’incendio del ’73 con la realizzazione del percorso accessibile perimetrale all’impianto anche per utenti DA. Ultima fase la “Nuova Sede” ed il blocco servizi igienici della tribuna spettatori. I nuovi manufatti si inseriscono nel delicato contesto ambientale con scelte sia planimetriche sia altimetriche che richiamano allineamenti ed assi delle preesistenze. Il coraggio formale di alcune soluzioni intende esaltare la dinamicità ed il movimento pur rimanendo ancorato ad una composizione geometrica semplice e ad una formalità legata alla tradizione architettonica fiorentina. I nuovi materiali usati, granito ceramico e rame, non contrastano con lo specialissimo ambiente definibile come vero e proprio “parco sportivo”. Un modo nuovo, su un contesto antico, di concepire l’attività sportiva come elemento di aggregazione sociale attraverso la rilettura architettonica dei luoghi intesi ora non più come un parco di episodi ma di nuovi spazi tra loro interagenti.

L’arena spettacoli e l’area mercatale del Parco Centrale sono gli interventi che hanno trasformato l’area dell’ex Ippodromo dei Pini, realizzando il processo di trasformazione urbana più esteso (P.I.U.S.S.) della città di Follonica. Il paesaggio urbano oggetto d’intervento è stato risolto in relazione alla città e al suo territorio ovvero al sistema del verde, a quello insediativo e a quello del paesaggio. Il progetto si fa catalizzatore della storia urbana della città e dell’esigenza ecologica di continuità del verde, dell’integrazione dei sistemi della mobilità, dei bisogni urbani e delle esigenze del quartiere. Il progetto non propone un modello ma un processo che interpreti tutte le componenti del paesaggio come un tutt’uno: un sistema di elementi tra loro connessi così che tutte le strutture rappresentino un unico assetto. L’arena spettacoli si conforma come collina artificiale a forma di “U” dando vita ad uno spazio aperto nella natura dove poter svolgere concerti per un grande pubblico. L’area mercatale oltre a ricoprire il ruolo tecnico di luogo per il commercio, grazie alla diffusa vegetazione arborea e arbustiva diviene vero e proprio polmone verde della città. Dove prima, c’era il vuoto urbano della pista da corsa dei cavalli, adesso c’è un vero e proprio parco da vivere sia di giorno sia di notte in cui i cittadini possono passeggiare nel verde e riscoprire il paesaggio naturale del fiume Petraia e della Gora che attraversa la città.

L’area oggetto di intervento fa parte del bacino del Lago di Massacciuccoli; fino agli anni ’40 del ‘900 trovavamo le coltivazioni di riso, poi dagli anni ’60 la coltura di Fior di Loto oggi una delle più vaste d’Europa. Il sito era in stato di degrado e di abbandono. Il percorso ciclopedonale “Fior di Loto” riporta alla luce un vero e proprio “gioiello ambientale”; si estende per 1 km ed è parte del sistema dei percorsi territoriali dedicati a luoghi della vita di G. Puccini. Il progetto si inserisce nel contesto ambientale interpretandone materiali e forme, rispondendo alle complesse esigenze tecnico-idrauliche dell’area e all’esigenza di un armonico inserimento paesaggistico. Un palcoscenico ambientale dove natura, coltivazione e infrastruttura instaurano un nuovo ed equilibrato dialogo. I vincoli idraulici sono risolti con tratti in rilevato e un pontile ligneo di 150 m, ciò determina variazioni della velocità di percorrenza, delle percezioni prospettiche e differenti sonorità. Il pontile è in lamellare e massello di abete rosso su pali in acciaio. Il progetto è ad impatto ambientale “zero”, i materiali sono naturali, permeabili e senza agenti chimici. I filari di pioppi cipressini creano zone ombreggiate e le sequenze lineari di essenze arbustive danno vita a un confine osmotico fra natura selvatica e costruzione. Un’architettura naturalizzata dove la “natura costruita” si ibrida con la “natura naturale”: sottili linee cromatiche, cangianti al variare delle stagioni.

L’edificio, posto appena fuori dalla città storica, è il frutto di un progetto di recupero di un’antica fabbrica tessile. È un esempio significativo di edilizia industriale della città di Prato, caratterizzato dalla partitura cadenzata delle aperture dei fronti e, soprattutto dall’impianto planivolumetrico complessivo. L’edifico è rimasto intatto nelle sue caratteristiche architettoniche ad eccezione dei profondi tagli d’ingresso che delimitano l’Auditorium rispetto al restante edificio, tali da permettere la realizzazione, anche per mezzo del recupero delle aree attorno a Via Pelagatti (realizzazione nuovo parcheggio pubblico, percorso attrezzato di collegamento tra Via Valentini e Via Pelagatti, percorso verde attrezzato di collegamento con Via del Romito e di un tratto di pista ciclabile), di una relazione dell’intero edificio al contesto limitrofo ed appunto a Via Valentini, tradizionale asse direzionale della città di Prato. Dai tre tagli d’ingresso si accede all’interno di una grande corte centrale, che è sicuramente una delle parti più interessanti dell’edificio, sia per la dimensione e le proporzioni urbane, che la rendono uno dei luoghi “nascosti” più affascinanti di questo comparto urbano, sia per le caratteristiche architettoniche planimetriche e dei fronti. L’attuale corte interna si trasforma così in una nuova centralità urbana, una piazza-giardino relazionata al contesto limitrofo, anch’esso recuperato, con un nuovo, importante, collegamento a via Valentini.

Giardino Volante

Situato nel centro storico di Pistoia, vicino al vecchio Ospedale del Ceppo, il Giardino Volante nasce dall’evocazione della memoria genetica urbana dei vuoti naturali interni al costruito, a cui si immagina di sovrapporre il disegno di una trama vegetale, nel tentativo di indagare i simboli caratterizzanti della città. Una sinuosa architettura verde contenuta da un nastro continuo in cemento trasforma le zone di soglia da recinto a percorso, a seduta, fino a divenire piccole architetture per i bambini. All’interno la trama dei percorsi, simulando le nervature linfatiche di una foglia, genera zolle di prato che accolgono le sculture-gioco realizzate dagli artisti, Luigi Mainolfi, Atelier Mendini, Gianni Ruffi, le quali legandosi alla maestosa vegetazione arborea esistente, ricercano una suggestiva relazione tra il lavoro dell’uomo e la seduzione incantata del paesaggio. Il giardino diviene allora un frammento in grado di proiettarsi verso altre aree, nel tentativo di creare una ricucitura urbana dentro un più ampio disegno di riqualificazione attraverso la spinta dell’arte e della natura, nella convinzione che l’architettura all’interno dei tessuti esistenti divenga un innesto in grado di generare nuovi fermenti nel paesaggio e successivi livelli di interazione con il luogo. Una grande platea lineare avvolge molteplici palcoscenici, dove un’architettura nel paesaggio diviene sfondo alle passioni dell’arte, del gioco, della natura.

Il progetto di rigenerazione della Tenuta di Castelfalfi vede il suo avvio dal recupero dell’antico borgo di origine longobarda, centro geografico e simbolico di un ampio territorio. Con un masterplan che coordina e definisce gli interventi e le gerarchie degli spazi pubblici si avviano una serie di interventi sulle pavimentazioni e illuminazione della viabilità, il recupero di un giardino aperto il cui impianto attuale risale ai primi del ‘900 e la realizzazione di una prima parte di parcheggi. Con il riassetto della viabilità viene realizzato il cablaggio delle reti e del teleriscaldamento ed attuato un programma di decoro e coerenza stilistica attraverso il disegno della pavimentazione, dell’arredo urbano e dell’illuminazione che, nel rispetto dei requisiti di funzionalità ed economia, qualifica lo spazio, esalta il tracciato storico e ritma il cammino tra le varie emergenze del borgo. Il giardino storico, dopo anni di abbandono si riappropria del suo ruolo di spazio verde, fresca alternativa al costruito, grazie al restauro dei percorsi, alla nuova illuminazione e alla manutenzione e integrazione della variegata vegetazione. Nella zona nord del borgo si realizza una prima porzione di parcheggio come previsto dal piano attuativo; la soluzione direttamente suggerita dai caratteri circostanti e mitigata dalla vegetazione, riprende il tema dell’impianto rurale dell’olivo e le cromie circostanti per armonizzarsi con il contesto di particolare pregio paesaggistico.

Centro didattico

Il centro didattico di Pava nasce con lo scopo di valorizzare l’attività di scavo e di ricerca di un importante sito archeologico, l’antica pieve di San Pietro in Pava e il suo cimitero risalenti tra la fine del V e l’inizio del VI secolo. L’edificio, inserito in un parco archeologico e multiculturale, riassume le funzioni di supporto agli archeologici e quelle didattiche e ricettive per il visitatore, fondendo in un’unica valorizzazione il bene culturale e quello paesistico. Si presenta come un manufatto “galleggiante” sopra il sito archeologico, tanto da non lasciare su di esso nemmeno la sua impronta. Completamente in legno di larice non trattato, rispecchia i criteri di bioarchitettura per l’utilizzo di materiali naturali interamente riciclabili. La struttura è completamente autosufficiente: attraverso la copertura appositamente progettata e conformata, accumula acqua piovana ed energia solare, soddisfando le esigenze in diversi periodi dell’anno. Le facciate, caratterizzate da alternarsi continuo tra pieni e vuoti, sono schermi permeabili che assorbono i colori caldi del paesaggio collinare.

Piazza Carducci si configura, oggi, come il centro dell’insediamento di Seravezza e, in quanto tale, presenta una spiccata valenza polare, a livello sia funzionale che sociale. L’origine peculiare di tale spazio, creatosi in seguito alla deviazione dell’alveo del torrente Vezza, ha fatto sì che un elemento divisorio, un corso d’acqua, desse luogo a degli assi unificanti e ad un nuovo polo, univocamente riconosciuto come centro cittadino. Tale trasformazione ha comportato una serie di incoerenze a livello di tessuto edilizio: la zona a monte e quella a valle, prima separate nettamente dal torrente e quindi poco collegate tra loro (si transitava dall’una all’altra attraverso un ponte), una volta venuto a mancare l’elemento di discontinuità, sono entrate fisicamente in contatto. Il progetto di Piazza Carducci, oltre a ridisegnare tutti gli spazi contermini attraverso una nuova viabilità, si concentra sulla parte basamentale con nuovi materiali e un disegno completo del luogo centrale del capoluogo di Seravezza. Il progetto realizzato ha previsto nuovi elementi scultorei, inserti di essenze arboree elementi luminosi e nuove sedute ed una pavimentazione in calcestruzzo architettonico arricchita da inerti in marmo.
Oggi, ciò che era uno spazio anonimo, dove era impossibile svolgere dignitosamente le manifestazioni pubbliche e commerciali, è divenuto un luogo dove le rappresentazioni di teatro dialettale e le altre forme di spettacolo legate alla vita cittadina sono divenuta regola. Il progetto, in definitiva, attraverso un’indagine sulle regole che governano lo spazio urbano si è agganciato alla storia urbana delle piazze italiane, al contenuto che esse devono esprimere, in termini di socialità e spazi da abitare.

Il progetto è stato promosso dal Comune di Fucecchio e dall’Ausl 11, per creare una “Nuova Porta Urbana” risolutiva delle problematiche di accessibilità e mobilità pedonale/veicolare dell’antico Borgo medioevale e della zona Ospedaliera, entrambi in zona dominante rispetto al recente contesto urbano. L’opera è inserita in zona valliva, sul fronte Nord del vecchio centro, in un contesto caratterizzato da forte dislivello tra nucleo originario e nuovi insediamenti; costituisce oggi la “Nuova Porta Urbana” al servizio del centro storico e della struttura ospedaliera, con spazi di sosta veicolare e connessione alla viabilità esistente. Il percorso pedonale inizia a valle da uno slargo e si sviluppa tangente alla Piazza intitolata a Giovanni Paolo II nella quale è presente fontana rievocativa del “Barchino del Padule”. Il primo salto di quota è collocato a circa metà percorso con dispositivo di risalita meccanizzata (scala mobile); prosegue successivo percorso pedonale fino ad arrivare all’impianto di risalita vero e proprio (ascensori e Scale) inserito nella “torre“ concepita in due volumi, con profili di richiamo storico connessi da un volume trasparente passante, che consente la vista lato valle e della zona di interesse SIR “Padule di Fucecchio”. Questo sistema permette il raggiungimento dei vari livelli richiesti dalle esigenze ospedaliere e quello più alto, dal quale attraverso il collegamento aereo, costituito da percorso sospeso, si raggiunge l’antica Via Castruccio.

Piazza dei Tre Re è una delle piazze medievali più antiche di Firenze, situata tra piazza della Repubblica e via Calzaioli. Nonostante la sua posizione centrale, è stata a lungo deturpata da incuria e da indegne forme di degrado. A seguito di un bando indetto dal Comune di Firenze per riqualificare l’area con un allestimento di decoro urbano e annesso punto ristoro, Serre Torrigiani realizza il primo urban garden-street food nel cuore della città, su progetto e direzione dell’architetto Chiara Fanigliulo. L’idea è quella di combattere il degrado interpretando questo angolo nascosto come una sorta di Eden, di giardino dei desideri, dove immergersi in una dimensione di sogno. Accedendo dai tre piccoli vicoli, una successione di alberi e fioriere–lanterne sospese introducono all’esplosione verde del green wall, il giardino verticale di piante rampicanti che creano un effetto dirompente di rigogliosità e fascino. Il green wall è realizzato con una struttura a ponteggio di tubi innocenti, alla cui base ci sono le fioriere per l’alloggio delle piante rampicanti che si sviluppano in altezza intrecciandosi a reti metalliche. L’area ristoro è data da un chiosco decorato ad esagoni colorati che amplificano l’impatto “fatato” del luogo, e da una pedana destinata a spettacoli. Con il semplice impiego di verde e di installazioni temporanee, l’intervento di piazza dei Tre Re sembra aver raggiunto il suo obiettivo primario, ovvero, riportare attività e vita nel luogo e contrastarne il degrado. (foto di Giulia Bordini)

Il progetto di ampliamento del cimitero riguarda un’area di circa 4500 mq., in posizione adiacente a quello esistente. Il progetto, che interessa anche il lato sud dove attualmente è ubicato l’ingresso laterale, prevede la costruzione di circa 1230 loculi, 720 ossari – urne cinerarie e 12 cappelle private. Dal punto di vista urbanistico, il cimitero è diviso in due parti: la prima manifesta un’influenza ottocentesca e si presenta in continuità con le architetture nei dintorni, mentre la seconda è stata costruita più recentemente, intorno agli anni ’60 e ’80. Il nuovo progetto cerca di ridare al luogo la propria identità di culto e di rispetto, sviluppandosi sull’asse longitudinale. La chiesa esistente è stata demolita e ricostruita. Quest’ultima è caratterizzata da quattro grandi croci, una a prospetto, e grandi vetrate che escono fuori dal rivestimento in pietra delle cappelle. Ai lati sono previsti due corpi di fabbrica in cemento armato bianco, caratterizzati da un grande grigliato. Gli edifici si sviluppano su due piani: al piano terra sono previsti dei contenitori di varie dimensioni, per alloggiare i loculi e le urne cinerarie – ossari; sono previste inoltre sedute per il riposo ed il raccoglimento, fontanelle, servizi igienici e scale. Al piano superiore i loculi sono serviti da una lunga balconata che si affaccia sul piano terra. Gli edifici che organizzano questi spazi sono sistemati lungo il perimetro del lotto, a limitare una corte a prato per le tombe a terra.

Premio Architettura Toscana

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