L’intervento proposto consiste essenzialmente nell’eliminazione delle barriere architettoniche per connettere la parte commerciale con quella storica di Castelfiorentino. La localizzazione proposta è quella di Piazza Gramsci, precisamente l’area che fronteggia il muro a vela di fianco allo storico Teatro del Popolo e la soprastante Piazze a del Grande Leccio: l’intervento coinvolgerà anche i Giardini Ex arena all’aperto e Piazza delle Stanze Operaie, attualmente parcheggio pubblico. Il tema che affronta il progetto è quello dell’accessibilità agli spazi pubblici della parte alta di Castelfiorentino caratterizzati, come la maggior parte dei centri storici italiani, da un’altimetria variamente articolata ove sono presenti importanti servizi pubblici non facilmente raggiungibili con i mezzi di trasporto. La proposta progettuale tende, pertanto, a creare un collegamento meccanizzato che, nel percorso più breve possibile, riesca a dare accessibilità al più ampio numero di spazi pubblici. Il collegamento proposto attraverso la realizzazione di due ascensori consente pertanto: – un rapido collegamento tra il grande parcheggio pubblico di piazza Gramsci, facilmente accessibile dal territorio, ed i servizi presenti nel centro storico – una facile connettività tra i residenti del centro storico e la più ampia zona commerciale della parte bassa di Castelfiorentino – l’accesso anche da parte di persone diversamente abili alle diverse aree fra di sé interconnesse.

Sistemazione dell’area su cui erano state realizzate le prime opere di messa in sicurezza a seguito dell’eccezionale alluvione del 2011 che ha cancellato in modo quasi indelebile lo storico complesso che insisteva nell’area, costituito da una fontana, un lavatoio coperto e una gradonata di accesso alla parte superiore dell’area che si ricollegava all’area del parco pubblico (pregevole impianto di sequoie e tuie dei primi del ‘900). Il progetto propone, in primo luogo, il recupero funzionale di tale luogo nel modo più equilibrato possibile, senza procedere ad una ricostruzione filologica dei volumi distrutti procedendo con una integrazione fisica e funzionale delle parti mancanti. L’intervento mira ad un futuro e più ampio progetto di valorizzazione architettonica, naturalistica e funzionale dell’area, attraverso la realizzazione di opere e manufatti che possano amplificare le potenzialità dell’area, integrandone le funzionalità con un più ampio sistema di percorsi e aree verdi attrezzate. L’ area è luogo della memoria dell’evento alluvionale che così fortemente ha segnato il territorio nel 2011, i cui segni visibili sono rimasti concentrati in questo fazzoletto di terra, tra un suggestivo parco di storico impianto e un torrente tornato a essere gioioso e affascinante con le sue cascate e pozze limpide e profonde. Memoria ma anche nuova vita attraverso la realizzazione di un nuovo spazio dove le testimonianze fisiche sono recuperate e integrate, “rifunzionalizzate” con opere.

Il paesaggio della riserva naturale dei Monti Rognosi ha ospitato, sin dall’epoca etrusca, attività minerarie legate all’estrazione di rame e ferro. I suoi rilievi sono costituiti da rocce ofiolitiche di origine magmatica, ricche di minerali. La lavorazione dei metalli avveniva nella Ferriera, costruita lungo il torrente Sovara per sfruttarne l’energia idraulica. Il grande “stabilimento metallurgico” si estendeva per circa 1.200 mq e si sviluppava su due piani. L’area, al momento dell’intervento di recupero e riqualificazione, risultava abbandonata da decenni e le archeologie erano quasi completamente ricoperte di terra e di piante infestanti. Il progetto è stato principalmente rivolto al recupero del “grande muro” trasversale dello “stabilimento metallurgico”, rinvenuto durante gli scavi archeologici, e alla riqualificazione degli spazi aperti contigui ai ruderi della Ferriera. Quest’ultimi interventi hanno garantito l’accessibilità all’area archeologica, la sua fruibilità e la protezione delle parti pericolose per l’incolumità dei visitatori. È stata infatti pavimentata l’area di fronte al “grande muro”, con la riproposizione di una delle due ellissi riportate nella cartografia storica, raffiguranti le basi dei forni fusori. Le sistemazioni hanno inoltre interessato l’argine fluviale, degradato dalle continue esondazioni, attraverso il consolidamento con massi di provenienza locale che hanno creato un manufatto artificiale integrato con l’ambiente naturale circostante.

“Procchio for all” è un progetto di spazio pubblico contemporaneo che integra accessibilità e valorizzazione del luogo, attraverso lo sviluppo di soluzioni in grado di potenziare/incrementare l’uso della spiaggia in/a favore di un’utenza il più ampia possibile anche al di là della stagione turistica. L’intervento si colloca alla fine della passeggiata a mare sulla spiaggia di Procchio, unico golfo con comodo ed esteso arenile presente nel comune di Marciana all’Isola d’Elba. Il sito scelto per il progetto rappresenta un luogo di ritrovo per i giovani grazie anche alla vicina palestra. Utilizzato per attività sportive, oggi risulta essere uno spazio di socialità e di aggregazione importante anche nei mesi fuori stagione. Durante l’estate la spiaggia è meta privilegiata da associazioni legate alla disabilità. Il risultato è un’architettura in legno di iroko, realizzata completamente a secco in grado di garantire a tutti l’accesso all’arenile recuperando attraverso l’uso pubblico il rapporto tra contesto antropizzato ed elementi naturali. Una piattaforma continua, sempre fruibile, diventa rampa per l’accesso al mare e seduta per vivere la spiaggia in tutte le stagioni. La pedana è anche basamento per il punto accessibile: un piccolo volume che ospita al chiuso i locali di servizio igienico e spogliatoi, idonei ad accogliere anche persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, ed include in esso uno spazio coperto ma aperto dedicato a docce pubbliche.

La maestà di Duccio di Buoninsegna, commissionata per essere posta sull’altare maggiore del Duomo di Siena è dipinta sulle due le facce. Sul fronte rivolto all’assemblea è la Madonna in trono col figlio sulle ginocchia. Sul retro, rivolto verso il coro, sono dipinte scene della vita di Cristo, inquadrate in uno spartito geometrico. Per cogliere nel suo insieme il valore di quest’opera occorre osservare le due facce, scoprirne le due dimensioni. Le “Logge del Papa”, propongono un singolare innesto nella complessa morfologia del tessuto urbano medievale. Un’architettura “leggera”, composta da tre campate aperte, delimitate sul fronte principale da una cancellata, ormai chiusa da anni. Il carattere delle due opere descritte confluisce nel progetto di uno spazio espositivo temporaneo da realizzarsi nell’antico monumento senese. Lo spazio sotteso all’architettura di archi e vele, isolato e inaccessibile, si apre ora alla città. Un’architettura temporanea è composta da un basamento-seduta che risolve l’attacco con il suolo e da una struttura verticale, costituita da due “C” sovrapposte, posta al centro della composizione. In alto, una “nicchia”, un tabernacolo o un trono che si rivolge, si mostra, all’esterno e accoglie un’immagine fotografica, “icona” contemporanea. In basso, il suo doppio, una “stanza segreta” che si rivela solo a chi decide di entrare sotto la loggia. Nella stanza la narrazione prosegue con immagini di piccole dimensioni disposte in una sequenza regolare.

Canalicchio di Sotto è un insediamento poderale che risale alla metà del XIX secolo, adiacente all’antica strada che dà il nome al podere e che collega Montalcino a nord, verso Siena. Situato nel piano di Val di Cava, nel corso dei decenni al nucleo primario si sono aggiunti i vari annessi agricoli che formano l’attuale struttura aziendale. Questa si sviluppa intorno ad un asse sud-nord sul quale è stato fondato anche il nuovo intervento. La sua collocazione ipogea, raccogliendo la sfida dell’impatto ambientale, fa emergere in superficie solo segni indelebili dei margini della copertura. Così, nel “campo” sotto casa, si colloca il nuovo disegno dell’azienda attraverso l’incrocio dei due assi, quello sopracitato e quello ortogonale rappresentato dalla strada parallela al vecchio percorso del Canalicchio. Il progetto del nuovo annesso è dunque una copertura verde, come il resto del campo circostante, evidenziata solo da due muri che da nord a sud rimarcano, ma che da est a ovest scompaiono sotto il grande ombrello che il portico offre. Il risultato è un segno lievissimo che si integra con il paesaggio circostante scomparendo alla vista dell’orizzonte verso chi guarda a nord e apparendo, nell’ombra, come margine evidente nel controcampo da sud. La struttura interna è in calcestruzzo facciavista con sei portali composti da colonne binate ed una trave in corten mentre le pareti esterne sono rivestite in lastre di travertino e si integrano cromaticamente con la natura circostante.

Il bando di gara del Comune di Livorno del 2013 prevedeva il restauro e l’ampliamento di uno piccolo chalet in stile neoclassico dei primi del Novecento e la riqualificazione del Parco della Rotonda di Ardenza, tappa finale dell’ottocentesca passeggiata a mare della città di Livorno, tra le prime realizzate in Italia. Contrariamente a quanto permesso dal bando si è scelto di limitare l’edificato all’area retrostante allo chalet originario, lasciare libera l’area centrale di intersezione dei viali, mantenendo la totale permeabilità visiva sugli assi principali e generando uno spazio urbano che potesse assumere la funzione di “piazza”, luogo pubblico e polifunzionale per eccellenza. Lo chalet storico, completamente restaurato, è diventato così il fulcro dell’intervento progettuale. Il nuovo ampliamento, invece, è stato studiato per integrarsi nel contesto naturale esistente ed allo stesso tempo dialogare con all’edificio storico. Caratterizzato da una grande permeabilità visiva, è stato impostato rivisitando in chiave contemporanea i fili architettonici, le simmetrie e le proporzioni dell’edificio originario diventandone, allo stesso tempo, cornice e sfondo capaci di tutelarlo e valorizzarlo. All’interno di un organismo edilizio con elevata sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, trovano spazio ambienti eterogenei e polifunzionali in cui si svolge attività di ristorazione con possibilità di ospitare eventi culturali.

M Greenhouse

Il progetto nasce come sostituzione di una vecchia serra per accogliere la crescente collezione di agrumi durante i mesi più freddi. Coltivatori per passione, i proprietari desideravano un nuovo padiglione per il riposo invernale delle piante, una piccola architettura dove sostare in silenzio e meditazione tra di esse. Il nuovo volume si inserisce in un terrazzamento della collina attenuando il contrasto fra natura ed architettura, fra forme organiche e frammento artificiale a cui i ritmi prospettici e le vibrazioni tridimensionali delle scansioni lignee dei listelli donano una solenne domesticità. Le facciate sono realizzate con assi di legno grezzo di larice naturale fissate alla struttura interna in larice lamellare assieme ai pannelli in policarbonato opalino. La superficie della copertura in continuità con il fronte sud rivolto verso la campagna circostante, mantiene l’integrità del volume elementare e la forma dinamica come solidificata. Oltre a soddisfare alcune funzioni pragmatiche, il progetto si è sviluppato per divenire una ricerca sulla traslucenza e sul rapporto fra natura e architettura. Durante il giorno, mentre i pannelli in policarbonato diffondono la luce del sole il padiglione diventa un corpo traslucido, a differenza della notte in cui diviene una lanterna scultorea fluttuante nell’orizzonte delle colline. Un’architettura in grado di ascoltare la specificità del luogo inserendosi nel paesaggio come un ulteriore frammento di paesaggio.

L’area oggetto di intervento fa parte del bacino del Lago di Massacciuccoli; fino agli anni Quaranta del Novecento trovavamo le coltivazioni di riso, poi dagli anni Sessanta la coltura di Fior di Loto oggi una delle più vaste d’Europa. Il sito era in stato di degrado e di abbandono. Il percorso ciclopedonale “Fior di Loto” riporta alla luce un vero e proprio “gioiello ambientale”; si estende per 1 km ed è parte del sistema dei percorsi territoriali dedicati a luoghi della vita di Giacomo Puccini. Il progetto si inserisce nel contesto ambientale interpretandone materiali e forme, rispondendo alle complesse esigenze tecnico-idrauliche dell’area e all’esigenza di un armonico inserimento paesaggistico. Un palcoscenico ambientale dove natura, coltivazione e infrastruttura instaurano un nuovo ed equilibrato dialogo. I vincoli idraulici sono risolti con tratti in rilevato e un pontile ligneo di centocinquanta metri, ciò determina variazioni della velocità di percorrenza, delle percezioni prospettiche e differenti sonorità. Il pontile è in lamellare e massello di abete rosso su pali in acciaio. Il progetto è ad impatto ambientale “zero”, i materiali sono naturali, permeabili e senza agenti chimici. I filari di pioppi cipressini creano zone ombreggiate e le sequenze lineari di essenze arbustive danno vita a un confine osmotico fra natura selvatica e costruzione. Un’architettura naturalizzata dove la “natura costruita” si ibrida con la “natura naturale”: sottili linee cromatiche, cangianti al variare delle stagioni.

Shelter #1

Shelter #1 è una struttura itinerante, montata per la prima volta nel quartiere del Macrolotto 0 di Prato, all’interno di un ex piazzale industriale abbandonato. Nell’attesa della futura cantierizzazione del piazzale per la realizzazione di un parco, l’area è stata aperta sotto forma di spazio pubblico temporaneo, permettendo alla cittadinanza l’immediata fruizione di un bene acquisito dalla pubblica amministrazione. L’intervento fa parte di una serie di progetti pilota sulla sicurezza urbana sviluppati dal Comune di Prato e finanziati da Regione Toscana, per promuovere forme attive di controllo del territorio. La struttura è stata di supporto ad una serie di attività estive che hanno animato un quartiere privo di spazio pubblico, dove risiede una delle comunità cinesi più grandi d’Europa. La costruzione, realizzata con sistema tubo-giunto, è stabilizzata da trentadue jersey e poggia su una piattaforma di asfalto assunta come matrice dimensionale del progetto. La struttura è quindi il risultato di una serie di dimensioni fisse, vincolate da elementi standard, che trova nel processo di progettazione e nella precisa esecuzione la sua forma finale. La creazione del giardino attorno alla struttura è stata condotta mediante una serie di cantieri collaborativi, addomesticando la vegetazione e riutilizzando i materiali trovati in loco. Shelter #1 è stato smontato a dicembre 2018, in primavera verrà rimontato con una nuova forma in un quartiere periferico della città.

Il progetto fa seguito ad un concorso di progettazione nazionale promosso dalla Provincia di Pistoia del quale il gruppo è risultato il vincitore. La Fonderia d’Arte Michelucci ha rappresentato un esempio significativo della storia produttiva ed artistica pistoiese del XX secolo, in stato di abbandono dal 1979. Abbiamo individuato gli elementi di permanenza capaci di dare continuità al segno urbano da sviluppare in nuove forme ed espressioni coerenti con il programma funzionale. Le murature costituenti i fronti corti dell’impianto originario a capanna, quelle della torre dei modelli, il muro storico esterno su via dell’Anguillara sono stati consolidati e ripristinati nella loro forma e posizione originarie. Le nuove funzioni sono state ricercate sul resede dell’impianto generale della ex fonderia optando per soluzioni seminterrate (lo spazio di attività) e completamente interrate (spazio di servizio) rendendo alla sua antica originaria funzione lo spazio verde aperto, eliminando le superfetazioni accumulatesi all’intorno. Lo spazio viene individuato dalla traslazione dell’originario piano a quota terra in modo da lasciar passare la luce per illuminare lo spazio interno di attività a quota meno tre metri inteso come traslazione verticale negativa, raggiungibile tramite una rampa continua dalla quota dell’ingresso che garantisce un disimpegno accessibile di tipo urbano. La capanna diviene ideale copertura dello spazio tecnico sul tetto dove sono previsti pannelli solari e fotovoltaici.

La Nuova Meleta

“Proprio quel paesaggio profondamente umanizzato, costruito e pensato, senza il quale la civiltà toscana verrebbe a perdere la sua necessaria cornice, e proprio quel paesaggio rurale che di tutte le espressioni dell’uomo è la meno individualizzata, ma per questo la più̀ adatta a esprimere il fondo comune di un popolo, la misura del rapporto che esso stabilisce con la terra, il suo modo di radicarsi e di dare forma al suo intervento. Basta questa grande opera per giustificare tre secoli di vita toscana e fare anche di questi a loro modo un momento di civiltà̀”. Il progetto riguarda la ristrutturazione di alcuni antichi casali all’interno di una proprietà molto vasta nella quale sono stati fatti interventi puntuali sia di costruzione di nuove pertinenze a servizio delle abitazioni sia di nuove piantumazioni in un complessivo ridisegno di una intera porzione di paesaggio delle Colline Metallifere. All’interno sono stati restaurati solai e soffitti, inseriti nuovi impianti tecnici e due nuove scale in acciaio corten che ridisegnano lo spazio dell’abitare con una nuova distribuzione. All’esterno i nuovi spazi che accolgono le piscine si configurano come grandi basamenti a sostegno dell’architettura antica, ribaltando il concetto di tempo della costruzione. La pietra trachitica, originaria del luogo, è stata utilizzata con varie forme e finiture per evidenziare i vari interventi di restauro e nuove integrazioni.

Premio Architettura Toscana

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