Brac

La libreria BRAC è uno spazio multifunzionale che offre una reinterpretazione dell’idea del classico café littéraire e comprende una libreria di arte contemporanea, un caffè e una cucina dove vengono preparati piatti vegetariani e vegani. Lo studio è intervenuto nella corte interna prima con un’installazione temporanea (realizzata in collaborazione con V. Muscedra e S. Leone), poi questa installazione si è evoluta e trasformata per rispondere ad un problema acustico ed con infine il progetto di restyling di tutti gli spazi che porta il locale alla configurazione attuale. Il cuore dell’intervento è la corte che collega visivamente le due sale principali: uno spazio caratterizzato da verticalità, colore, flessibilità, concepito con l’obiettivo di limitare la trasmissione del rumore alle residenze circostanti. Oltre 5.000 strisce di tessuto, di nove diversi colori, di lunghezze variabili, scendono dall’alto e coinvolgono il visitatore in uno spazio emozionale. Gli spazi del locale, seppur contenuti, sono stati resi più funzionali attraverso alcune soluzioni puntuali, come la trasformazione dell’ingresso, che ha portato a guadagnare uno spazio vetrina, la realizzazione di una una parete attrezzata in metallo che fa da filtro con la cucina, la sostituzione delle librerie esistenti con moduli a parete dall’ingombro ridotto. Sono stati ridisegnati gli infissi delle due grandi vetrate e sostituiti i rivestimenti interni ed esterni. È stato inoltre rinnovato il servizio igienico.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Cubo

Nella cantina di una villa sulle colline di Firenze, a Pian dei Giullari, si è tentato di risolvere un problema attraverso un esperimento abitativo: convertire l’ambiente composto da un’unica stanza in un appartamento, non cadendo nell’errore di separare gli ambienti nettamente con pareti vere e proprie togliendo aria, luce, spazio e rimpicciolendo la percezione visiva della dimensione totale del volume; né tanto meno in quello di lasciare un ambiente unico indiviso e invivibile composto da zone con funzioni diverse separate solo idealmente da linee immaginarie (loft). Il principale talento di un architetto è quello di risolvere, con un unico gesto, il maggior numero di problemi progettuali. La soluzione, ovvero il gesto, che si adotta può essere formale o tecnica, ma l’importante è che risponda sempre al tentativo di una sintesi architettonica: “faire d’une pierre deux coups” o “to kill two birds with one stone”. In questo caso il gesto e il progetto coincidono. La soluzione è un cubo che divide e determina gli spazi. Non si deve però pensare al cubo come ad un’opera d’arte: “l’architettura non è un’arte, poiché qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte” (A. Loos). Il cubo è in definitiva un mezzo, formale e tecnico allo stesso tempo, per arrivare allo scopo di convertire una cantina di una antica villa fiorentina in un appartamento in cui gli ambienti siano piacevoli e indipendenti tra loro; che poi era la sfida progettuale proposta dal committente.

Il contesto in cui è inserito l’ampliamento è un terreno collinare tipico della campagna toscana, utilizzato a giardino privato, dove sono presenti rade alberature tradizionali quali ulivi e cipressi. La costruzione di un piccolo edificio ad un solo piano – ampliamento di un edificio monofamiliare realizzato negli anni Novanta, a cui è collegato da un corpo leggermente arretrato – è stata realizzata con l’utilizzo di tecniche di edilizia sostenibile che hanno garantito la classe energetica “A”. Il nuovo edificio è rivestito esternamente in doghe di legno ed ha una copertura piana ricoperta in ghiaia, mentre il corpo di collegamento con l’edificio preesistente è intonacato. L’intervento è stato poi completato dalla secondo corpo, interamente vetrato sui due lati liberi, con copertura leggera in tavolato di legno orizzontale. La struttura portante del corpo vetrato è in acciaio verniciato bianco mentre la struttura secondaria della copertura è realizzata con travetti in legno dal profilo allungato. L’altezza esterna ha permesso l’inserimento della costruzione al di sotto degli aggetti di gronda dei corpi di fabbrica preesistenti. Esternamente l’ampliamento è completamente circondato da un deck in legno. L’ampio aggetto della copertura in legno del corpo vetrato protegge i prospetti mentre a terra prosegue, anche internamente, la pavimentazione del deck in legno esterno.

La realizzazione della cappella per il DEAS della AOUC, l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi, ha rappresentato una delicata sfida progettuale, felicemente concretizzata. Il tema prevedeva di realizzare un nuovo locale dedicato al culto cattolico nell’atrio di distribuzione del Dipartimento di Emergenza ad Alta Specialità, in corso di completamento, all’interno di uno spazio di passaggio interessato dalla fitta maglia dei pilastri strutturali. La soluzione adottata presenta una linea architettonica morbida, femminile, che ha consentito di coniugare questo luogo sacro col contesto sanitario, delineando la sempre presente dicotomia umana tra corpo e spirito. La nuova cappella, con una capienza ordinaria di cinquanta persone, prevede la possibilità di rimuovere i pannelli perimetrali allargando lo spazio all’intero atrio per le funzioni più partecipate. La caratteristica tecnica del progetto di potersi dilatare fino a inglobare tutto lo spazio circostante assume qui una valenza allegorica di accoglienza universale. Il disegno in pianta si scosta notevolmente dalla rigidità delle pareti circostanti andando a creare una “mandorla” asimmetrica, svincolata dalla maglia strutturale esistente. Questa linea morbida nasce dalla ricerca di una forma avvolgente capace di accogliere all’interno i fedeli, ma anche di accompagnare con la sua curvatura le persone di passaggio nell’atrio. Per il design degli arredi sacri, è stato prescelto un linguaggio contemporaneo e innovativo.

Bettino

Bettino è il padiglione dedicato alla vendita dei prodotti di merchandising della Fondazione Meyer, situato all’interno dell’omonimo ospedale pediatrico di Firenze e si inserisce nella galleria di recente realizzazione frapposta tra il corpo est ed ovest dell’edificio originario. Questa si presenta come una struttura in legno lamellare, sormontata da una facciata continua in acciaio e vetro in connessione visiva con i quattro ettari di verde che cingono l’ospedale. L’interno è caratterizzato dalla ripetizione cadenzata di un sistema strutturale in legno, composto da orditure principali e secondarie ad arco ogivale che raggiungono un’altezza di oltre dieci metri. Il padiglione, con struttura autoportante in acciaio, si pone in continuità con la galleria rispettando il ritmo serrato delle campate ogivali. Una contrarcata simmetrica rispetto al sistema in legno lamellare, costituisce l’ossatura a supporto delle vetrine, mentre una serie di vele bianche in legno laminato suddivide funzionalmente lo spazio interno. Disposte trasversalmente alla galleria in corrispondenza della mezzeria dell’ogiva, le vele preservano il carattere aperto e permeabile della struttura. Il lessico formale della galleria viene reinterpretato nel padiglione per delineare un volume protetto e al tempo stesso trasparente, che ospita uno spazio di esposizione e vendita, insieme a un’area più raccolta attrezzata con postazioni di lavoro per il personale dipendente e un piccolo magazzino-guardaroba.

Bettino

Bettino è il padiglione dedicato alla vendita dei prodotti di merchandising della Fondazione Meyer, situato all’interno dell’omonimo ospedale pediatrico di Firenze e si inserisce nella galleria di recente realizzazione frapposta tra il corpo est ed ovest dell’edificio originario. Questa si presenta come una struttura in legno lamellare, sormontata da una facciata continua in acciaio e vetro in connessione visiva con i quattro ettari di verde che cingono l’ospedale. L’interno è caratterizzato dalla ripetizione cadenzata di un sistema strutturale in legno, composto da orditure principali e secondarie ad arco ogivale che raggiungono un’altezza di oltre dieci metri. Il padiglione, con struttura autoportante in acciaio, si pone in continuità con la galleria rispettando il ritmo serrato delle campate ogivali. Una contrarcata simmetrica rispetto al sistema in legno lamellare, costituisce l’ossatura a supporto delle vetrine, mentre una serie di vele bianche in legno laminato suddivide funzionalmente lo spazio interno. Disposte trasversalmente alla galleria in corrispondenza della mezzeria dell’ogiva, le vele preservano il carattere aperto e permeabile della struttura. Il lessico formale della galleria viene reinterpretato nel padiglione per delineare un volume protetto e al tempo stesso trasparente, che ospita uno spazio di esposizione e vendita, insieme a un’area più raccolta attrezzata con postazioni di lavoro per il personale dipendente e un piccolo magazzino-guardaroba.

Tennis Vinci

L’intervento ha come finalità la rigenerazione di un area sportiva preesistente degradata, salvaguardando i caratteri paesaggistici esistenti. Il budget molto contenuto e l’esigenza di compiere i lavori velocemente ha influenzato le scelte progettuali. Il nuovo impianto è costituito da uno spogliatoio-club house con due campi da tennis ed un campo polivalente, comprensivi della sistemazione paesaggistica. Il fulcro del progetto diventa uno spazio adibito a giardino, che costituisce l’ambiente principale ed aggregativo, su cui prospettano le aree di gioco. La disposizione dei campi da tennis è quasi obbligata: a debita distanza dall’alveo del fiume e ubicate in adiacenza al nuovo spogliatoio. Il progetto ha cercato di integrare la disposizione dei campi accanto ad ampie superfici verdi, con la scelta di piantumazioni autoctone, sfruttando direzioni territoriali preesistenti. Il progetto ha previsto la realizzazione di un piccolo spogliatoio-club di forma rettangolare, con copertura a falde inclinate. Il portico con ampia apertura determina il collegamento percettivo del verde con i frequentatori. Sfruttando il doppio orientamento delle falde di copertura si riesce ad orientare in modo ottimale i pannelli solari, nascondendo il sistema dalle viste predominanti. La struttura portante dell’edificio è in legno, veloce nella realizzazione ed ecosostenibile. Questo ha permesso di realizzare l’edificio in breve tempo, con comportamento energetico e strutturale performante.

La villa oggetto d’intervento è ubicata sulle colline di Firenze. Il progetto si basa sull’idea che un’architettura storica può e deve rispondere alle esigenze abitative contemporanee in fatto di funzionalità, comfort e tecnologia grazie a interventi condotti nel rispetto della struttura originale e con criteri che nulla concedano al “gusto” e alla “moda” del momento. I vincoli di tutela dei beni culturali possono essere affrontati come ulteriori elementi di sfida, per soddisfare le nuove richieste della committenza. L’intervento nasce dall’esigenza, di accorpare le unità immobiliari, realizzate nel tempo, ricomponendo l’originario organismo unifamiliare, secondo scelte progettuali frutto di ricerche storico-documentali. L’edificio ha subito nel corso del tempo modifiche che hanno alterato irreversibilmente gli interni, a differenza degli esterni che non sono sostanzialmente mutati. Il lavoro architettonico si è tradotto nella completa reinterpretazione funzionale degli interni e nel restauro degli esterni. La muratura esterna in Pietraforte, è stata recuperata con un restauro puntuale e il rifacimento delle parti mancanti.Gli interni sono stati progettati nel rispetto dell’impianto originale. La funzionalità e il comfort, seppur in spazi rigidi, sono stati raggiunti con la progettazione di tutti gli arredi e con l’adozione di un sistema integrato di gestione degli impianti, realizzato rispettando le caratteristiche dell’immobile e limitando le tracce invasive nelle murature.

La villa oggetto d’intervento è ubicata sulle colline di Firenze. Il progetto si basa sull’idea che un’architettura storica può e deve rispondere alle esigenze abitative contemporanee in fatto di funzionalità, comfort e tecnologia grazie a interventi condotti nel rispetto della struttura originale e con criteri che nulla concedano al “gusto” e alla “moda” del momento. I vincoli di tutela dei beni culturali possono essere affrontati come ulteriori elementi di sfida, per soddisfare le nuove richieste della committenza. L’intervento nasce dall’esigenza, di accorpare le unità immobiliari, realizzate nel tempo, ricomponendo l’originario organismo unifamiliare, secondo scelte progettuali frutto di ricerche storico-documentali. L’edificio ha subito nel corso del tempo modifiche che hanno alterato irreversibilmente gli interni, a differenza degli esterni che non sono sostanzialmente mutati. Il lavoro architettonico si è tradotto nella completa reinterpretazione funzionale degli interni e nel restauro degli esterni. La muratura esterna in Pietraforte, è stata recuperata con un restauro puntuale e il rifacimento delle parti mancanti.Gli interni sono stati progettati nel rispetto dell’impianto originale. La funzionalità e il comfort, seppur in spazi rigidi, sono stati raggiunti con la progettazione di tutti gli arredi e con l’adozione di un sistema integrato di gestione degli impianti, realizzato rispettando le caratteristiche dell’immobile e limitando le tracce invasive nelle murature.

Villa Fagan è un edificio di Firenze, situato in viale Antonio Gramsci, circondato da un bel giardino, ove si trova anche un annesso. Occupa una superficie di circa 1.600 mq e si pone come una delle più significative emergenze residenziali nel quartiere sorto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Già occupato dall’Università degli Studi di Firenze, il complesso è stato acquisito dalla Banca Di Credito Cooperativo di Cambiano per farne la sede direzionale e filiale capo area dell’istituto. Il recupero architettonico e il restauro sono stati eseguiti su progetto dello Studio Gurrieri Associati. Di fronte a un intervento di restauro conservativo di tipo filologico, con il progetto ci siamo inseriti sovrapponendoci in maniera naturale alla parte architettonica esistente, progettando una “seconda pelle” con opere di falegnameria e di design, cercando ispirazione più nel giardino antistante che nell’architettura esistente. Ne è venuta fuori un’immagine un po’ bucolica, fatta di citazioni floreali e naturalistiche che caratterizza l’intervento, coinvolgendo tutti i piani del fabbricato, dal piano terra al secondo, in una costante ricerca di continuità tra “dentro e fuori”. Una leggera ironia diffusa contamina tutti gli ambienti, mescolando il nuovo al vecchio senza regole e priorità.

Premio Architettura Toscana

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