Progetto di allestimento per la mostra Soggetto nomade. Identità femminile attraverso gli scatti di cinque fotografe italiane. 1965-1985- Paola Agosti, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi, Elisabetta Catalano e Marialba Russo, a cura di Cristiana Perrella e Elena Magini. Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato. La mostra affronta il tema della rappresentazione dell’identità femminile in un periodo di grandi trasformazioni sociali e politiche per l’Italia. Oltre cento fotografie in bianco nero sono state inserite nello spazio, completamente bianco, a simboleggiare una grande quinta neutra sulla quale poter esporre e dichiarare il messaggio delle artiste. A scandire gli spazi sono stati introdotti volumi rastremati che fuoriescono dalle pareti perimetrali come fossero delle piccole estroflessioni, appendici della parete stessa. Tali volumi sono dedicati alla descrizione di ogni artista esposta attraverso una grafica monocroma, scelta anche questa dettata dalla volontà di non sovrapporsi al forte potere comunicativo delle opere. Il progetto mira a creare un unicum tra opere esposte, grafica e spazio architettonico.
L’Anima(le) del museo è una creatura vivente che abita all’interno delle mura del Centro Pecci. Il progetto è il risultato di un concorso di idee aperto ad artisti, designer e architetti, invitati a immaginare un nuovo playground da realizzare negli spazi esterni del museo. Le caratteristiche e le abitudini dell’Anima(le), come il suo aspetto, i tratti peculiari, i movimenti, la dieta, le sue dimensioni, il carattere, sono il risultato di una serie di laboratori condotti in collaborazione con 16 classi di scuole elementari e medie della città. Il disegno a terra, stretto nell’interstizio tra l’edificio originario di Italo Gamberini e la più recente addizione di Neo Architects, rappresenta il corpo di un animale fantastico, una nuova bestia da abitare e far vivere. Questo spazio di mediazione tra il vecchio e il nuovo vuole diventare terreno di sperimentazione per mondi immaginari e l’incontro transgenerazionale. Elementi tridimensionali emergono dal tappeto geometrico, suggerendo alcune parti del corpo come la bocca, le antenne, gli artigli e la coda dell’animale. L’astrazione del disegno consente ai bambini di essere liberi di evolvere la loro creatività e giocare attorno ad esso. L’idea è così quella di avvicinare i giovani fruitori dell’area al museo e all’arte attraverso la possibilità di espressione e interpretazione personale, sviluppando un rapporto più diretto con il luogo e con le sue tematiche artistiche.
Prato è composta da numerose frazioni le quali, però, si configurano come veri e propri paesi, nati e sviluppati negli anni, a volte nei secoli, attorno alle proprie chiese (e circoli). Proprio nel paese di Vergaio, nella periferia ovest di Prato, tra le villette unifamiliari a “terra-tetto” prende vita questo progetto di riqualificazione totale. Non solo un progetto di interior ma di architettura a 360°, passando anche dall’esperienza del Superbonus. Un cantiere ricco e complesso, tre piani di costruzione che sono stati stravolti dal tetto alla cantina con interventi che hanno portato ad un organismo edilizio completamente rinnovato dal punto di vista architettonico, impiantistico ed energetico. L’idea è stata quella di scardinare la rigida impostazione planimetrica tipica di questa tipologia edilizia degli anni ’60, a favore di una maggiore fluidità e fruibilità degli ambienti. Anche gli esterni sono stati oggetto di una revisione radicale che ha portato alla ridefinizione degli accessi sia sul fronte principale che su quello tergale. Anche le porzioni verdi sono state ridisegnate e valorizzate con un’illuminazione che ne va ad esaltare i bordi ed il verde. I tre prospetti sono stati oggetto di posa di cappotto termico che ha determinato una nuova spazialità verticale sulla quale siamo intervenuti con un nuovo disegno delle facciate. Il gioco di riquadri scuri è un tributo al nostro Duomo con le stonalizzazioni dell’alberese che ne caratterizzano le facciate.
Prato è composta da numerose frazioni le quali, però, si configurano come veri e propri paesi, nati e sviluppati negli anni, a volte nei secoli, attorno alle proprie chiese (e circoli). Proprio nel paese di Vergaio, nella periferia ovest di Prato, tra le villette unifamiliari a “terra-tetto” prende vita questo progetto di riqualificazione totale. Non solo un progetto di interior ma di architettura a 360°, passando anche dall’esperienza del Superbonus. Un cantiere ricco e complesso, tre piani di costruzione che sono stati stravolti dal tetto alla cantina con interventi che hanno portato ad un organismo edilizio completamente rinnovato dal punto di vista architettonico, impiantistico ed energetico. L’idea è stata quella di scardinare la rigida impostazione planimetrica tipica di questa tipologia edilizia degli anni ’60, a favore di una maggiore fluidità e fruibilità degli ambienti. Anche gli esterni sono stati oggetto di una revisione radicale che ha portato alla ridefinizione degli accessi sia sul fronte principale che su quello tergale. Anche le porzioni verdi sono state ridisegnate e valorizzate con un’illuminazione che ne va ad esaltare i bordi ed il verde. I tre prospetti sono stati oggetto di posa di cappotto termico che ha determinato una nuova spazialità verticale sulla quale siamo intervenuti con un nuovo disegno delle facciate. Il gioco di riquadri scuri è un tributo al nostro Duomo con le stonalizzazioni dell’alberese che ne caratterizzano le facciate.
Perimetro è il progetto di trasformazione degli spazi esterni di un lotto produttivo. Il distretto industriale di Montemurlo si è sviluppato al centro di un territorio coperto dai campi, ma nella sua configurazione attuale le tracce di questo carattere naturale sono poche. Il progetto nasce dalla rilettura del lotto come parte della città, un frammento di un sistema più ampio e complesso e non soltanto un’area al servizio della produzione. Un nuovo perimetro verde il cui intento è quello di trasformare il lotto in un’area sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. L’alternarsi di parcheggi e spazi per la logistica con aree verdi attrezzate per lavorare, per il pranzo all’aperto o per un break apre a nuovi possibili usi dello spazio esterno. Insieme alle pavimentazioni drenanti queste aree contribuiscono ad incrementare la superficie permeabile del lotto (dal 5% al 20%). All’esterno degli uffici uno spazio simile ad una piccola piazza definisce un vero e proprio ingresso all’edificio. La volontà di dare alle aree verdi un forte carattere naturale pur mantenendo basse le spese di irrigazione e manutenzione ha costituito un fattore determinante della strategia di planting. Nel giardino, l’utilizzo di tronchi e rocce recuperati contribuisce ad incrementare la biodiversità. Lungo il perimetro, una recinzione metallica nera contrasta con il verde della vegetazione e con il rosso dei mattoni, consentendo allo sguardo di intravedere gli spazi rinnovati.
Il progetto de i Vivai al Parugiano si ispira alla storia del nucleo edilizio e al suo rapporto col territorio. Nel tempo l’aggregato rurale ha svolto anche funzione di produzione di piante per la vicina villa Pazzi. La sistemazione degli spazi esterni salvaguarda gli elementi relitti della matrice agraria armonizzandoli con tale peculiarità per connotare il complesso e inserirlo nel paesaggio. Se il progetto architettonico, elaborato dallo studio b-arch, reinterpreta l’agglomerato rurale, il progetto di paesaggio fa sì che gli spazi aperti si relazionino a edifici e contesto in modo da garantire permeabilità visiva e continuità ecologica. Lungo il perimetro un fronte vegetale permeabile consente il dialogo con i vicini campi e le colline ad eccezione del lato sud dove un lembo di bosco planiziale funge da barriera verso la viabilità. La trama principale dei percorsi rispetta la tessitura agraria; la vegetazione arborea è costituita da alberi tipici del contesto paesaggistico; le bordure di perenni e graminacee attorno agli edifici, composte con ritmo e serialità nella parte interna, ai margini acquistano informalità e naturalità per dialogare con prati e coltivazioni di grano. Varie le soluzioni progettuali mirate alla sostenibilità: percorsi pedonali e carrabili quasi totalmente drenanti, impianto d’illuminazione essenziale e anti-inquinamento luminoso, tappeto erboso e specie vegetali a ridotto fabbisogno idrico, aree di compensazione idraulica che ospitano prati fioriti
I VIVAI AL PARUGIANO è un complesso di edifici che include un hotel, un ristorante, una piscina ed una piccola spa. Un progetto che unisce due grandi temi: realizzazione di una nuova architettura e recupero e restauro di una colonica rurale ottocentesca. La sfida risiedeva proprio nel combinare armoniosamente architettura contemporanea e tradizionale. Per affrontare questa sfida abbiamo scelto di adottare materiali e tecnologie rurali, quali la pietra, il mattone, il ferro, e di declinarli in un linguaggio e in un design contemporaneo e minimale. Il fil-rouge che unisce tutto il complesso è il “mandolato”, tecnica costruttiva storicamente molto diffusa in quest’area nella costruzione dei fienili, adattata ed applicata a tutte le superfici vetrate, finestre e recinzioni. Questa nuova ed antica membrana vibrante, fatta di mattoni artigianali assemblati a mano, filtra la luce, conferisce qualità climatiche ed emotive agli spazi interni ed offre un’inedita percezione del paesaggio, mentre contribuisce a definire l’identità visiva dell’architettura e dei volumi, nuovi ed antichi. Situati in una zona rurale nel comune di Montemurlo, I Vivai al Parugiano sono il risultato di un percorso progettuale che parte dall’architettura e si completa nel design degli interni, degli arredi, dei sistemi di illuminazione e dei complementi. Questo progetto incarna appieno l’identità dello studio b-arch, che integra progettazione architettonica ed interior-design in modo completo e profondo.
La “Casa nel bosco” è ubicata sul versante ovest della val Bisenzio, in un bosco di castagni del Monteferrato che fronteggia i monti della Calvana. Il progetto della casa è nato dall’osservazione della natura del contesto e si è sviluppato per mezzo di un dialogo continuo tra gli elementi naturali del luogo e il segno sul foglio bianco. L’orientamento dell’edificio, i volumi, gli aggetti, le aperture, gli elementi di finitura sono pensati in funzione dello sfruttamento delle caratteristiche bioclimatiche del luogo a vantaggio del risparmio energetico. Queste caratteristiche formali, integrate da un’impiantistica all’avanguardia conferiscono all’edificio la qualifica di “Nearly Zero Energy Building” La natura rigogliosa del luogo e la luce sono in dialogo continuo con gli spazi e le prospettive interne diventando parte integrante della casa. Il principale “tema emozionale” è generato dalla luce del mattino e dal vento che “dipingono” sulla parete di cemento armato l’ombra in movimento degli alberi e delle piante circostanti.
Il progetto prevede la ristrutturazione di un piccolo edificio in via della Stufa al numero civico 38 di Prato. La casa è singolare, perché singolare è la conformazione legata alla scala di ingresso che “taglia” longitudinalmente tutti i piani e consente la distribuzione e l’accesso alle varie quote. Tutti gli interventi hanno come scopo principale quello di confrontarsi con il tema dell’abitare declinato, in questo caso, nella necessità di rendere gli ambienti accoglienti e capaci di migliorare e facilitare la vita delle persone che li abiteranno senza però comprometterne l’architettura originaria. Lavorare sui prospetti diventa l’occasione per mettere in contatto la sfera privata con quella pubblica. I prospetti esterni infatti comunicano con l’esterno, con la città ma anche con l’interno, con il mondo domestico, casalingo. Il disegno dell’intonaco a sgraffito, che dialoga con quello delle persiane per forma e ritmo, è sempre teso nel far risaltare l’andamento verticale della facciata secondo un ritmo sincopato che mano a mano che sale, si apre sempre di più. Il risultato che si ottiene è quello di un fronte elegante e leggero dove i pochi elementi inseriti sono la conseguenza di una lettura sensibile del contesto, di un’interpretazione critica dell’esistente nella logica di valorizzare e potenziare la qualità architettonica dell’antico tessuto urbano della città.
La realizzazione del nuovo ampliamento è stata pensata per soddisfare quelle che sono le esigenze legate alla progressiva espansione dell’azienda Tricobiotos S.p.A. I nuovi uffici inoltre garantiranno spazi più accoglienti e in grado di restituire, in termini di comfort ambientale, un luogo di lavoro più consono alle necessità operative dell’azienda e a quelle psicofisiche del personale che vi andrà ad operare. Lavorare in un ambiente salubre, migliore, bello, sicuramente favorisce anche la performance produttiva di ogni singolo addetto. Oltre a questo l’obiettivo correlato è dare maggiore prestigio all’immobile esistente e fornire al visitatore (fornitore, cliente o istituzione) la giusta immagine e percezione del valore dei brand rappresentati. La nuova architettura è stata concepita per trasmettere al visitatore un’immagine professionale, elegante e moderna, ma al contempo sobria e priva di sfarzi o esasperazioni architettoniche. Il nuovo edificio individua, attraverso l’utilizzo di materiali diversi, le due funzioni principali: quella produttiva al piano terra e quella amministrativo-tecnica ai piani superiori. Cemento a faccia vista per la prima, lamiera sagomata in alluminio anodizzato per la seconda. L’architettura risponde alle esigenze dell’azienda attraverso un linguaggio semplice e diretto usando pochi materiali, che facilitano anche la manutenzione generale dell’immobile, e forme geometriche non complesse.
Il principio cardine dell’approccio progettuale è stato quello di rendere vita e dignità ad un fondo desueto nel centro storico di Prato attraverso la riscoperta delle sue memorie storiche. Su tutte, le ampie volte a crociera e una colonna tardo medievale che silenziosamente, da sempre, sorveglia i locali. Le pareti perimetrali hanno subito interventi puntuali di recupero dell’intonaco ammalorato, mentre le ampie volte sono state restaurate e tinteggiate in modo tale da creare una sorta di “cappello” percepibile all’interno dell’intero fondo. La cucina a vista, oltre a far leggere l’attività lavorativa del ristorante, dona profondità e facilità di lettura del soffitto voltato.
L’edificio si trova all’interno di un’area interclusa del centro storico di Prato, è composto da una palazzina residenziale su fronte strada e da un capannone costruito sul retro. Grazie a questa tipologia insediativa, basata sulla commistione tra l’ambiente domestico e quello di lavoro, la città è cresciuta enormemente nell’immediato dopoguerra. L’introduzione di nuove funzioni per ospitare il centro Pilates ha previsto un rimodellamento della distribuzione interna: l’accesso è obbligato dall’unico affaccio presente su strada, si susseguono ingresso, area spogliatoi e l’aula per gli esercizi; gli spazi interni si suddividono secondo tre fasce di utilizzo che vanno dalla più alla meno contaminata. Nuovi spazi di lavoro sono stati creati grazie all’introduzione di un soppalco realizzato con profili industriali IPE: questi generano un soffitto a cassettoni restituendo alla stanza una regola geometrica e iscrivendo la struttura con una trama di elementi in acciaio. Il parapetto del soppalco è una singola trave reticolare che permette di liberare la sala dagli appoggi. L’intervento ha previsto il completo rifacimento della copertura mentre le capriate esistenti sono state mantenute e binate per raggiungere gli standard sismici odierni. Strutturalmente il progetto si è definito affiancando le capriate storiche con nuove capriate a portale caratterizzate da puntoni spessi senza saette e con catena e monaco molto snelli, permettendo di apprezzare il disegno delle strutture originarie.
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