Nel sito di un abbandonato insediamento agricolo della costa maremmana, viene inserita una comunità terapeutica col nuovo centro di cura dei disturbi alimentari (DCA). La casuale localizzazione dei volumi agricoli è stata ricomposta partendo dall’antico podere leopoldino, che diventa elemento generatore dell’insediamento, formando un impianto urbanistico semichiuso. L’edificio appare così come un organismo compatto posato sulle colline maremmane e la sua configurazione richiama tipologie insediative antiche inserite in contesti naturali. Il tema richiestoci di una innovativa DCA è stato risolto affacciando sulla grande corte gli ambienti residenziali e terapeutici che necessitano di controllo continuo ma discreto. Verso l’esterno l’edificio si presenta più chiuso, con il muro naturalistico ed il muro costruito che lo cingono verso sud e su cui si affaccia il corpo delle attività terapeutiche diurne. L’architettura si fa interprete anche dei temi della sostenibilità declinata nelle varie soluzioni bioclimatiche delle facciate aperte a sud e protette a nord e dei servizi posti a nord mentre residenze e aree di socializzazione sono a sud. Questa architettura bioclimatica scaturisce dal luogo, dalle analisi solari e dalle soluzioni passive adottate per dare confort e benessere ai pazienti, cui contribuisce l’uso di materiali biocompatibili, di materie riciclate e il ridotto impatto di cantiere nella grande trasformazione del luogo mediante il riuso del demolito e dello scavo.

Il progetto sì è posto l’obiettivo di riqualificare l’area prospiciente la Chiesa della Vergine (Arch. G. Michelucci) attraverso la demolizione di un edificio fatiscente costruito nel dopoguerra e la costruzione di un nuovo centro polifunzionale destinato ad attività pastorali e di servizio. Centrale è la ricerca di un rapporto di forte interazione con gli spazi esterni, oltre che per l’attenzione alla sostenibilità ed all’efficienza energetica. La cappella feriale presenta una marcata interazione con lo spazio esterno, mediata da un portico ed un sagrato; ciò emerge sia in termini di percezione visiva che di continuità spaziale dei percorsi. La sistemazione interna tende a privilegiare l’accoglienza e il movimento visivo legato ai giochi di luce. L’articolazione delle aperture ha permesso di dotare la cappella di una multiforme luce naturale con “lame di luce” che, durante il giorno, valorizzano in particolare i luoghi della liturgia. Gran parte della copertura è occupata da pannelli fotovoltaici che alimentano gli apparecchi illuminanti a led e l’impianto di climatizzazione a pompe di calore, con una potenza di 15 Kw in regime di scambio sul posto. Si tratta di un impianto che possiamo definire “ibrido”, in quanto i moduli non sono integrati in senso stretto (ossia in sostituzione di parti della copertura) ma ne seguono la morfologia e l’inclinazione e sono collocati in apposite “vasche di alloggiamento”, ricavate nel profilo della copertura metallica in zinco-titanio.

Il borgo abbandonato di Castelnuovo dei Sabbioni sembra un luogo privo di vita. Nel suo volto in realtà resta impressa la sofferenza, segno di quella forza che anima i luoghi e gli esseri umani. Castelnuovo oggi è esangue per le dolorose ferite che ha conosciuto. Negli anni Ottanta, l’intera popolazione locale è stata strappata dal suo luogo natio e ricollocata in un nuovo centro urbano poco distante, a causa dei pericoli legati a quell’estrazione di lignite che, nei vent’anni precedenti, aveva già stravolto l’aspetto del borgo. Un viaggio a ritroso in una memoria cosparsa di cicatrici, che si spinge sino al 4 luglio 1944, durante l’occupazione nazista, quando settantatré persone furono fucilate e arse nel paese. Oggi, al posto della vecchia miniera sorge un grande lago artificiale, le case del borgo vecchio sono in abbandono e ricoperte di vegetazione, gli ultimi testimoni superstiti sono molto anziani. Albero Infinito, installazione architettonica e audiovisiva, vuole contribuire a vivificare questa memoria. All’opera è dedicata l’ultima stanza del Museo MINE, nel cuore del borgo. È un albero nero, in ferro, dalle venature-ferite del suo tronco fuoriescono come linfa i racconti di chi queste ferite le ha vissute in prima persona. È il risultato di un lavoro collaborativo di ascolto ed elaborazione delle testimonianze, che parla di Castelnuovo e di quei paesi vicini che ne condividono la storia.

Il progetto riguarda interventi di completamento, utili alla pubblica fruizione e alla valorizzazione del Camminamento e della Torre del Soccorso opera di Brunelleschi in Vicopisano. L’intervento riguarda il restauro del camminamento oltre che la realizzazione delle strutture di collegamento verticali di risalita nella Torre. Le scelte progettuali, con l’obbiettivo di consentire la fruibilità del camminamento in sicurezza, hanno previsto la ricostruzione della gradonata nel rispetto dei dislivelli originari, ben individuati sulla base delle pendenze e delle tracce ancora presenti. Il collegamento verticale, identificato dalle sedi di alloggiamento delle strutture originarie (solai, ballatoi, pianerottoli), si è pensato staccato dai paramenti, reversibile e limitato a consentire l’accesso alle aperture presenti. Le rampe ed i ballatoi realizzati all’interno della torre consentono al visitatore di traguardare i sistemi difensivi e le aree da cui un tempo arrivavano i nemici, consentendo un percorso di visita complesso e articolato sia attraverso la lettura degli spazi interni alla torre sia sul paesaggio. La scala non è quindi un mero elemento strutturale, ma consente al visitatore di calarsi nella lettura della macchina militare attraverso l’accesso diretto alle archibugiere, alle fuciliere e alle cannoniere, alle viste sulle altre torri, alle altre strutture difensive e all’uso che ne veniva fatto originariamente. I materiali impiegati sono acciaio, legno e laterizi di recupero.

Aria è un’aula all’aperto realizzata per la scuola media Bugiani di Follonica. Il progetto, fortemente voluto dall’amministrazione come risposta ai problemi generati dal Covid in ambito scolastico, ha visto la preziosa collaborazione dell’associazione Arcobaleno, impegnata da anni nella formazione degli insegnanti per l’outdoor education. La scelta del luogo, avvenuta di concerto con insegnanti e studenti, si inserisce nel particolare contesto dell’area ex Ilva, sfruttando come copertura una corona di pini marittimi stretti tra l’edificio della scuola e quello della biblioteca. Il progetto è inscritto quindi in un cerchio la cui circonferenza sfiora i tronchi degli alberi, la misura tra le varie sedute assicura il distanziamento ma allo stesso tempo permette una lettura unitaria delle varie piattaforme. L’aula è stata disegnata con l’idea di creare uno spazio multidirezionale, superando l’impostazione tradizionale della lezione frontale: fornire libertà di espressione ai ragazzi è stata la chiave per immaginare queste sedute. Fin da subito gli studenti hanno fatto proprie queste strutture, mostrando la flessibilità della struttura nel trasformarsi da aula a gioco, a sedute dove sostare o addirittura sdraiarsi. Per la realizzazione delle strutture sono state impiegate travi in legno lamellare di abete, incernierate mediante barre filettate in acciaio. Il trattamento del sistema di fissaggio e i profili HEA per l’appoggio a terra sono un tributo al passato produttivo dell’area.

Realizzazione della nuova cantina Bindella per una produzione media di vini del territorio pari a 55 ettari, centro aziendale amministrativo con annesso centro di degustazione con accoglienza per circa 120 persone. La cantina è stata realizzata per un ciclo produttivo orizzontale, con dei principi base da rispettare, ed in particolare:gli impianti dovevano essere completamente a vista e con un sistema di manutenzione sempre accessibili in tutte le sue parti;i visitatori dovevano poter visitare la cantina ed osservare tutto il ciclo produttivo senza mai entrare in contatto con le zone di lavoro;lo spazio di visita doveva permettere una esposizione di opere d’arte di proprietà del signor Rudi Bindella;permettere attraverso una forte trasparenza perimetrale del costruito una significativa compenetrazione del territorio circostante con la nuova architettura riducendo al massimo l’impatto ambientale.Lo Studio Fiorini Salerno ha quindi realizzato la cantina su due livelli con un piano terra su cui si sviluppa tutto il ciclo produttivo ed un piano primo dedicato al ricevimento delle uve ed alle visite. La copertura dell’intero impianto è stata realizzata per ospitare un orto giardino di circa 2500 mq in continuità con il giardino esistente del Podere Valloccaia di Sopra, una struttura poderale realizzata alla fine dell’800.Il centro degustazione di forma ellittica a doppio volume il cui asse minore è perfettamente allineato con la piazza principale di Montepulciano

L’intervento riguarda la piazza situata a fianco al plesso scolastico di Via Garibaldi nella parte a sud del centro storico di Monterotondo Marittimo (GR). Il progetto prevede la creazione di uno spazio fluido in cui la differenziazione netta tra marciapiede (transito) e piazza (sosta) viene attenuata, a favore di un unico e più ampio spazio che possa accogliere le manifestazioni pubbliche e la vita sociale del paese. Al fine di migliorare il rapporto con le visuali panoramiche godibili dalla piazza, si prevede la demolizione dell’attuale parapetto in muratura e la sostituzione con una ringhiera in acciaio dai contorni minimali e visivamente poco impattante. Luce e contesto panoramico entrano, in questo modo, all’interno della piazza che può così godere della quinta scenica offerta dal territorio circostante l’abitato. Attraverso l’installazione di nuovi arredi urbani, in acciaio CorTen, la piazza viene ridistribuita andando ad individuare due spazi principali che assolvono a funzioni differenti: uno legato alle rappresentazioni e agli spettacoli, l’altro legato alla sosta e la vita sociale. Un setto in acciaio CorTen, che funge da quinta scenica, abbraccia la piazza e inquadra, attraverso delle aperture orizzontali, il panorama circostante. Una pedana mobile può all’occorrenza essere posizionata in prossimità del setto e la realizzazione di tre panche, di altezza degradante e sedute modulari, ripropongono schematicamente la scansione delle sedute di un piccolo teatro.

L’intervento si inserisce sul colle del Poggettone di Punta Ala (GR), su un declivio che dal punto più alto del luogo scende verso valle e il mare. L’edificio, due unità immobiliari residenziali, è costituito da due identici corpi di fabbrica specchiati fra loro, che vanno a disporsi parallelamente ai livelli degradanti del terreno. Alle estremità gli edifici puntano – a ponente e a maestrale – verso gli specchi d’acqua della baia di Punta Ala, dall’unico punto in cui è possibile vedere entrambi gli opposti mari, separati appunto dal promontorio del Poggettone. I volumi sono disposti su di un unico piano, ma con un salto di quota ad assecondare l’andamento del declivio, in modo tale da disporre gli ambienti interni su due aree sfalsate fra loro; ciò permette di movimentare non solo gli interni ma anche i corpi esterni. La pietra di rivestimento color sabbia permea gli edifici, alternandosi a fasce di intonaco che individuano le grandi aperture vetrate degli ingressi. Degli aggetti sagomati in cemento sull’estradosso dei vani finestra e delle porte, caratterizzano ulteriormente i fronti. Gli aggetti e le rientranze dei corpi di fabbrica, suggeriscono forti contrasti di luci e di ombre, in un gioco di chiaroscuri dinamico. Molta attenzione è stata posta sulle sistemazioni esterne e sulla mitigazione, con una intensa opera di rinverdimento con essenze mediterranee.

Casa Giusta

La semplicità francescana Casa Giusta è il progetto di ristrutturazione di un appartamento degli anni ’70 di circa 120 mq a San Miniato, in Toscana, commissionato da una giovane coppia. Il progetto nasce da una richiesta insolita: creare un appartamento per l’antico tavolo dei bisnonni e portare nella casa la gioia dei pranzi in famiglia dell’infanzia. Il tavolo diventa così unità di misura del progetto che mira a adattare l’appartamento a pianta tradizionale con corridoio centrale ai bisogni del vivere contemporaneo. La strategia progettuale adatta l’appartamento alle esigenze della giovane coppia attraverso ambienti fluidi ottenuti grazie a un’unica parete-arredo che divide la zona giorno-cucina dalla zona notte, permettendo una connessione continua tra gli ambienti e la massima permeabilità dello spazio. L’utilizzo di materiali naturali, come legno e marmo, lo studio della luce naturale e il rigore francescano arricchito dal contrasto con gli arredi di famiglia della zona giorno, trasmettono un senso di semplicità e quiete. Allo stesso modo alcune delle immagini realizzate da Medulla studio includono l’interazione tra performance e spazio e giocano ad invertire il senso di freddezza spesso associato all’architettura contemporanea.

FGF

I nuovi uffici di FGF Leather Accessories a San Piero a Sieve, nati dalla necessità di ampliare la vicina sede dell’azienda, sono costituiti da un semplice volume realizzato in cemento prefabbricato lasciato a vista e scandito da ampie fasce orizzontali, anche queste realizzate in cemento ma di colore nero, che si integrano con le ampie finestre a tutta altezza. L’esterno è caratterizzato da un’immagine essenziale, semplice ed elegante, sul cui fronte principale un leggero incavo nella facciata conduce all’ingresso, che una volta attraversato introduce in un atrio del tutto inaspettato: un ampio corridoio ruota attorno ad una grande corte centrale, al cui interno è allestito un giardino dai vaghi richiami orientali, ma che nelle essenze e nei materiali è fortemente radicato nel territorio del Mugello. Attorno alla corte, elemento distributivo principale, si trovano gli uffici interamente vetrati, dall’interno dei quali è possibile mantenere un contatto continuo con lo spazio verde riparato e rilassante, un elemento gradevole che contribuisce, insieme alla geometria e semplice eleganza degli spazi, a migliorare la qualità della vita lavorativa all’interno dell’edificio.

La Casa comunale vuole essere punto di riferimento energeticamente efficiente e sostenibile per la popolazione di una area montana periferica, scelta strategica del committente per avvicinare i propri servizi con ridotti costi di gestione e fornire un esempio concreto alla cittadinanza di buone pratiche architettoniche e costruttive. Ospita un ambulatorio medico, una medicheria, un punto servizi e una sala polivalente idonea ad accogliere diverse tipologie di iniziative ed eventi sia pubblici che privati. È realizzato con struttura in pannelli di legno X-Lam e isolamento termico in fibra di legno, fibra di canapa e sughero. Il legno utilizzato per le finiture e gli arredi è della specie douglasia (pseudotsuga menziesii) di produzione locale proveniente dalle foreste del demanio regionale. Le scelte progettuali hanno mirato a inserire l’edificio armoniosamente nel contesto, senza rinunciare a caratterizzarlo, e a ottimizzarne il comportamento bioclimatico e passivo, in modo che la ridottissima richiesta di energia possa essere quasi integralmente coperta dalla produzione dei pannelli fotovoltaici. Questo con uno sguardo all’utilizzo dei materiali, e in particolare delle finiture esterne, improntato a un’estetica finalmente libera da quell’accanimento contro il sano e naturale invecchiamento che rischia spesso avvelenare i nostri edifici e l’ambiente, ma saldamente basato su quelli accorgimenti tecnici indispensabili per far durare nel tempo un edificio a struttura lignea.

Un nuovo angolo di oriente dal sapore contemporaneo ed elegante, Bund ristorante cinese situato sul lungofiume di Firenze, racconta i molteplici modi di vivere la cultura culinaria orientale. Gli oltre 250 mq di superficie articolata su due piani, sono fortemente connotati dalla combinazione dei materiali, dai contrasti cromatici e dalla attenta regia della luce. Il piano terra enfatizzato da ampi spazi voltati è caratterizzato da un bancone semicircolare in ottone e marmo, palcoscenico ideale per la preparazione dei dim sum, sul quale domina lo chandelier elegante e raffinato ispirato al design anni ’50. Il piano interrato è caratterizzato dal susseguirsi di sale, le cui volte in mattoni di colore bianco contrastano con il rivestimento delle pareti in ferro nero e inserti in ottone. Le lampade a braccio in ottone satinato permettono di avere una luce puntuale sui tavoli e di creare un’atmosfera discreta e sofisticata, sottolineando l’opacità del ferro e la lucentezza dell’ottone. La sala privè, alla quale si accede attraverso due ampie porte scorrevoli in legno intarsiato, consente di ospitare eventi privati garantendo discrezionalità in un’atmosfera elegante e unica.

Premio Architettura Toscana

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