Ubik architecture firma la nuova cantina vinicola “Tenuta il Quinto” sulle colline di Magliano in Toscana, un piccolo paese in provincia di Grosseto. La sua architettura è stata pensata per entrare in mimesi con il paesaggio e lasciarsi scoprire a poco a poco, attraversando la tenuta che la ospita e rifuggendo qualsiasi tentativo di monumentalismo. La cantina è stata posizionata in modo da massimizzarne l’integrazione nel paesaggio, riducendo al contempo gli scavi. Il suo volume si inserisce, infatti, nel reticolo stradale esistente ricongiungendo i vari percorsi posti a livelli diversi, evitando la realizzazione di nuove strade, nella consapevolezza che in ambito paesaggistico tali elementi possono essere più impattanti degli edifici. La nuova architettura della cantina è generata attraverso le linee del paesaggio esistente. Idea che il visitatore legge chiaramente nei nastri metallici che caratterizzano la cantina, i quali cambiano significato nel loro scorrere, trasformandosi da strada a muro, da muro a copertura, fino a fondersi nuovamente nel reticolo viario poderale. Quando si arriva alla tenuta siamo circondati dal verde del paesaggio maremmano e la vista si apre fino al promontorio dell’Argentario. Quella che sembra una collina tra le altre, è l’ingresso della cantina che nasce dal terreno. La sua facciata, realizzata con la pietra proveniente dagli stessi scavi ed elementi di corten si integra con i colori della campagna circostante. Tale scelta progettuale sottolinea la rice
Il progetto prevede la suddivisione di un grande fienile recuperato nei primi anni duemila nel territorio del Chianti Classico in due unità immobiliari, una delle quali ampliata di volume. Quest’ultima, al fine di soddisfare le esigenze di una giovane coppia di professionisti, viene dotata di un nuovo collegamento verticale e riprogettata nei suoi spazi interni e nel nuovo involucro edilizio. Il cotto fatto a mano , il legno di rovere e il travertino di Rapolano caratterizzano gli ambienti caldi e accoglienti degli interni, sempre in diretto contatto visivo con la natura all’esterno della casa. Il rapporto tra interno ed esterno è infatti una costante materica e percettiva del progetto, amplificato dalle grandi superfici vetrate e dalla presenza di abbondante illuminazione naturale. Le superfici esterne dell’ampliamento sono finite con intonaco a cocciopesto in discontinuità con le superfici dell’esistente, per rendere di chiara leggibilità l’addizione volumetrica. Cliente: Privato Anno: 2020 – 2021 Luogo: Sambuca Val di Pesa, Italia Dimensione: 130 mq Team: AFSa (Antonio Acocella, Alessandro Falaschi, Pietro Seghi) Collaboratori: Tecla Nencini Imprese: Hallulli Enver, Trambusti, 2P, Falegnameria Frazzetta Forniture: Cotto Manetti, Arredo di Pietra, Malte Storiche, Illux Fotografia: Fabio Semeraro
Come nasce una comunità? Molto ambizioso provare a rispondere brevemente, più probabile riuscire a raccontare come intorno ad un’architettura si sia stretto un insieme di persone, di famiglie, che a poco a poco si sono riconosciute in una identità condivisa. Lentamente ed attraverso un progetto comune, gli architetti e le diverse anime di un cliente multiforme e multiculturale hanno dato vita a ciò che dal principio era un rendering di prova, una maquette, poi fango, battaglie ferro lacrime traguardi poi, infine, casa. Infatti, se nella maggior parte dei casi, l’asse architetti – general contractor si riassume nella costruzione e vendita delle unità abitative, con gli obiettivi fondamentali della massima qualità e profitto, in questa avventura l’abitante è già lì, pronto a vegliare sulle proprie mura che vengono su giorno dopo giorno. L’idea nasce grazie ad una scheda urbanistica del comune di Firenze che individuava un’area industriale immersa nelle colline della zona sud della città. Una fabbrica di tessuti di seta, dismessa dal 2004, veniva candidata a diventare un nuovo complesso residenziale incastrato tra il verde delle colline e il raccordo autostradale proveniente dal casello di Firenze Sud. La struttura paesaggistica del contesto è tra le più pregiate del fiorentino e si salda lentamente al Chianti attraverso l’inseguirsi di colline dolci, punteggiate da nuclei storici ed edifici manifatturieri, in una sfumatura leggera che fonde campagna e città.
Il complesso industriale sede della società “Pharmanutra S.p.a.” è stato realizzato nella zona nord del comune di Pisa nel 2023. Le dimensioni lotto sono 11.885 mq. La Superficie utile lorda è di 3095,49 mq. L’impianto ha sostituito edifici industriali dismessi, con il recupero di uno di essi per il settore produttivo. Il nuovo fabbricato ospita le funzioni direzionali. L’edificio si sviluppa su due piani: Il piano primo: un parallelepipedo, sostenuto da due travi “Warren” laterali che permettono di avere un ponte di circa 22 mt nel collegamento con l’edificio della produzione mentre, sulla testata est, sostengono un aggetto di circa 9 mt. Il piano terra accoglie servizi come: sala conferenze, sale riunioni, sala pranzo aziendale e palestra. Al piano primo vi sono gli uffici, organizzati in open space. Sul grande aggetto ad est si trovano gli uffici della direzione. I due settori sono messi in relazione dal ballatoio che si affaccia sul doppio volume della hall. Le due fasce laterali sono caratterizzate da superfici ampiamente vetrate schermate da frangisole a sud. Le parti opache sono rivestite con pannelli in fibra di legno al piano primo, le pareti sottostanti, presentano pannelli in Alucobond. I punti sostanziali del progetto: EFFICIENTAMENTO ENERGETICO Progettazione impiantistica basata sui principi della bioclimatica. CONFORT ACUSTICO Elementi di involucro con potere fonoisolante. SOSTENIBILITA’ SOCIALE Aspetti connessi all’accessibilità, flessibilità e fruibilità
Quest’opera tenta di restituire decoro e significato a architetture indispensabili al nostro vivere. L’idea progettuale nasce dalle emergenze paesaggistiche proprie dell’area, lungo la Via Fossa Ducaria, dominata dalla vicinanza dell’argine del Fiume Arno. Conformazione del terreno, vegetazione ed elemento acqua sono protagonisti di un’esperienza progettuale tesa alla ricerca di valore estetico e qualitativo e di integrazione ambientale. Gradevolezza e sobrietà sono alla base della definizione di spazi, linee, forme e colori. Ci si muove perseguendo il minor impatto paesaggistico: visibilità e percezione sono mitigate dal parziale effetto schermante e dalla generale ricucitura tra l’uso agricolo, i soprassuoli arborei, la vegetazione ripariale ed il margine stradale. Dell’elemento Verde si enfatizza la tridimensionalità. Un movimento tellurico profondo anima il terreno; le piantumazioni, tipiche della golena, definiscono le scarpate; il prato si solleva come in equilibrio con il leggero declivio, fino a raccordarsi nuovamente con la strada vicina. In questa reinterpretazione e riprogettazione del Verde si inserisce il costruito: l’area di servizio (pavimentazione in asfalto ecologico colorato e cemento) l’edificio di servizio al gestore e alle utenze i manufatti per la distribuzione di carburante il “recinto-canneto” della cabina del gas metano le pensiline disegnate a suggerire scheletri di alberature Tutti questi “oggetti” sono voluti in acciaio verniciato
L’intervento prevede la realizzazione di due fabbricati, ispirati dal complesso residenziale Heuberg di Vienna (Adolf Loos), sfalsati tra di loro sia trasversalmente che in altezza, configurati come due masse monolitiche scolpite secondo una serie di facce e piani inclinati e adagiati sull’orografia dell’area per ottenere una Siedlungen moderna. Ogni fabbricato è composto da un piano seminterrato adibito a parcheggi, cantine e locali tecnici condominiali e due piani fuori terra destinati a residenziale. Una scala interna collega direttamente la quota dei parcheggi con le residenze soprastanti. Agli appartamenti si accede dai percorsi pedonali alternati a giardini privati a monte dei fabbricati, per poi trovare il vano scala in corrispondenza dello scarto della facciata. Al fine di assecondare l’andamento naturale del terreno, ogni stecca scarta di circa 70 cm verso il basso in corrispondenza del vano scala, ne deriva che in facciata la scansione delle aperture varia in altezza assecondando la quota di imposta. La stessa lavorazione dell’intradosso tende a conferire quella sensazione di massa scolpita che volevamo ottenere. L’elemento che rompe l’apparente rigidità dei volumi è il sistema delle aperture in facciata, ora elementi lavorati per estrusione, ora per sottrazione, non sono altro che la cornice di quadri naturali già esistenti. Il tetto è risolto con un sistema di falde, di colmi e di linee di gronda variabili tali da conferire alla copertura un carattere scultoreo.
La nuova copertura per l’area del mercato di Piazza delle Cure (che rientra nell’intervento più generale di riqualificazione della Piazza a cura del Comune di Firenze) ha il duplice obiettivo di ospitare il mercato ortofrutticolo e di creare un luogo iconico per l’aggregazione dei cittadini. L’Ex-Acquedotto è stato demolito ricostruendone la facciata fino al marcapiano, mantenendo così i confini della Piazza e offrendo un solido sostegno strutturale alla copertura. Nell’intento di unire sia un linguaggio architettonico contemporaneo che una progettazione contestualizzata, abbiamo osservato che questa piazza si trova fra il centro di Firenze e le colline di Fiesole, che ispirarono a Gabriele D’Annunzio i versi de “La sera fiesolana”: “… e ti dirò per qual segreto / le colline sui limpidi orizzonti / s’incurvino come labbra che un divieto / chiuda, e perché la volontà di dire / le faccia belle / oltre ogni uman disire…”. Da questa ispirazione nasce il nostro concept di progetto: un rettangolo con il perimetro orizzontale, suddiviso in dieci fasce, otto delle quali si incurvano, citando lo skyline fiesolano. Le intercapedini formate dalle geometrie variabili consentono una illuminazione naturale. Nel perimetro (40 x 24.72), nei prospetti formati alle estremità dalle coppie di travi e nel ritmo fra pieno e vuoto dai travetti del soffitto è stata applicata (in linea di continuità con vari edifici fiorentini del tardo Medioevo e del Rinascimento) la Proporzione Aurea.
I VIVAI AL PARUGIANO è un complesso di edifici che include un hotel, un ristorante, una piscina ed una piccola spa. Un progetto che unisce due grandi temi: realizzazione di una nuova architettura e recupero e restauro di una colonica rurale ottocentesca. La sfida risiedeva proprio nel combinare armoniosamente architettura contemporanea e tradizionale. Per affrontare questa sfida abbiamo scelto di adottare materiali e tecnologie rurali, quali la pietra, il mattone, il ferro, e di declinarli in un linguaggio e in un design contemporaneo e minimale. Il fil-rouge che unisce tutto il complesso è il “mandolato”, tecnica costruttiva storicamente molto diffusa in quest’area nella costruzione dei fienili, adattata ed applicata a tutte le superfici vetrate, finestre e recinzioni. Questa nuova ed antica membrana vibrante, fatta di mattoni artigianali assemblati a mano, filtra la luce, conferisce qualità climatiche ed emotive agli spazi interni ed offre un’inedita percezione del paesaggio, mentre contribuisce a definire l’identità visiva dell’architettura e dei volumi, nuovi ed antichi. Situati in una zona rurale nel comune di Montemurlo, I Vivai al Parugiano sono il risultato di un percorso progettuale che parte dall’architettura e si completa nel design degli interni, degli arredi, dei sistemi di illuminazione e dei complementi. Questo progetto incarna appieno l’identità dello studio b-arch, che integra progettazione architettonica ed interior-design in modo completo e profondo.
La casa di Sansepolcro è stata ideata come uno scrigno lapideo inciso e segnato dalle aperture che si configurano come inserti materici differenziati per forma e dimensione in base alla sequenza e alle esigenze degli spazi interni. La scelta dei materiali è finalizzata ad innescare un rapporto dialettico con il contesto, con il vicino nucleo Medioevale di Sansepolcro, ma senza rinunciare ad operazioni progettuali nette e radicali sulla volumetria. La dialettica tra pieni e vuoti è accentuata dal contrasto materico tra la superficie dura della pietra locale e i serramenti in legno. Grazie al sistema di pannelli scuranti integrati al serramento, le aperture si configurano come intarsi lignei, preziosi inserti materici che producono vibrazioni e giochi di luce sempre differenti, capaci di configurare scenari di illuminazione diversificati per ciascun ambiente. La presenza forte della scala lineare interna si riverbera sul volume in pietra attraverso una fenditura lignea. All’interno la progettazione dell’arredo su misura ha consentito di ottimizzare gli spazi e di definire i vari ambienti mediante soluzioni integrate e a forte carica plastica.
Il progetto riguarda un nuovo edificio polivalente a destinazione direzionale posto sul lato sud di piazza Annigoni a Firenze, che deriva dagli esiti di un concorso internazionale nel 2006 (Alberto Breschi e Guido Ferrara con N.Ferrara, B.Lami, E.Parigi, G.Todesca, M.Zetti) rielaborato negli anni successivi e infine realizzato nel 2021. L’edificio è strettamente connesso ad un complesso architettonico di alto valore storico monumentale rappresentato dall’antico convento seicentesco di Santa Verdiana, che accoglie attualmente un polo didattico dell’Università degli Studi di Firenze e il cui nuovo ingresso è parte integrante di questo nuovo progetto. Il concept generale consiste nell’impostare l’edificio secondo le due direttrici che orientano il disegno ortogonale della piazza e la preesistenza storica del Convento retrostante, in un dialogo serrato tra antico e moderno. Un grande tetto spiovente, sporgente sulla piazza e originato dalla struttura urbanistica dell’ex convento fornisce il primo segnale forte di questa concezione dello spazio, rendendo efficace e ricca la possibilità di percorrenza e d’uso degli spazi collettivi, dalla piazza fino a chiostro dell’ex convento. La sua rotazione rispetto alla piazza (una cerniera e uno snodo della metamorfosi in atto) vuole esprimere la continuità sopra ordinata dell’impianto urbanistico storico, che peraltro è lo stesso degli edifici più significativi del Mercato ottocentesco e del più recente edificio de La Nazione.
I tre lotti numerati come A20, A21 e A22 fanno parte della lottizzazione chiamata Città Giardino, in particolare per la parte di residenze bifamiliari e trifamiliari. Si tratta di un intervento di ampliamento della zona residenziale di Terranuova Bracciolini, Arezzo. Il progetto si pone come obbiettivo l’integrazione con il paesaggio, il linguaggio architettonico composto da forme semplici, richiamano la forma “a capanna” e cerca di semplificare al massimo l’intervento, arrivando a realizzare tre volumi disposti seguendo l’andamento della collina e orientati verso il panorama. Le sue forme minimaliste si fondono armoniosamente con l’ambiente grazie all’uso di materiali e colori locali, la scala cromatica prende come riferimento i calanchi delle Balze che si trovano dietro la collina oggetto di intervento. Le ampie finestre in vetro permettono alla luce naturale di penetrare negli spazi interni, creando un legame diretto con il paesaggio esterno. I colori utilizzati richiamano le tonalità della terra, conferendo al progetto un senso di appartenenza al luogo. In questo modo, l’architettura si integra perfettamente con il contesto territoriale, creando un’esperienza unica e coinvolgente per chiunque la incontri.
Cà dei Venti, casa per quattro persone. Rivisitazione di una tipologia storica, l’insediamento abitativo su pendio collinare. Un nastro murario in pietra di campo a opus incertum circonda una collina e caratterizza questa casa concepita come un borgo. Quattro torri indipendenti ubicate a ventaglio sui pendii di una collina. Patii e terrazze proiettati verso il mare a sud-ovest. Il quinto, uno specchio d’acqua, a modo di abbeveratoio agricolo che sporge verso est come uno sperone. Suo fianco in pietra, l’ingresso principale al borgo, segna la salita pedonale verso una piazza o centro, memoria della storica aia. Nell’interrato l’atrio curvo lega i blocchi abitativi ed è l’accesso coperto da cui si sale verso ciascuno di essi. Spazi domestici “duplici” che corrispondono all’uso secondo le stagioni dell’anno. Così anche interni ed esterni che s’intrecciano l’uno nell’altro. Lecci, cipresso e pini, già presenti sull’aia, lambiscono la costruzione o ne vengono incorporati. Recupero conservativo per il paesaggio di dieci ettari intorno alla casa. Accento sulla diversità naturalistica esistente: giardini di particolari specie vegetali, radure nei boschi per l’arrivo del sole, uliveti da esemplari centenari recuperati da spianti per nuove vigne, laghetti di recupero delle acque piovane, pozzi geotermici e campo fotovoltaico come fonti di energia. Costruzione di mille metri lineari di muratura perimetrale a secco, un orto recintato per verdure e frutteto.
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