Il nuovo allestimento del Museo al Castello del Piagnaro ha consentito di recuperare spazi di notevole suggestione, sfondo in perfetta sintonia con le opere esposte. Centrale al nuovo allestimento è la ricerca di un incontro non mediato del visitatore con le opere, mentre monitor e pannelli di approfondimento si inseriscono lungo il percorso in spazi appartati, in modo da non interferire con il godimento diretto dei pezzi esposti. Tale scelta consente un racconto e un ritmo narrativo stringente, così da sollecitare costantemente l’interesse dei visitatori. L’obiettivo di rendere l’allestimento attraente e suggestivo, pur in spazi austeri e con una collezione di opere omogenee, è raggiunto grazie alla scelta di affidarsi a pochi, semplici, ma non banali, elementi studiati con cura. Fondamentale l’illuminazione, perfettamente calibrata su ogni opera, con luce radente che mette in risalto il modellato poco marcato delle statue stele e al tempo stesso la lavorazione sorprendentemente dettagliata di alcune parti. Le componenti dell’allestimento tutte su disegno, sono improntate alla massima semplicità e rigore: così gli esili e discreti sostegni in ferro delle pur pesanti sculture che poggiamo su un legno basamentale celato sotto il pavimento in tavolato di castagno; i sostegni degli apparecchi illuminanti, i distanziatori e i supporti per le didascalie. Proprio grazie a questa semplicità, le pietre della Lunigiana “parlano” al visitatore, che può così coglierne, intatto, tutto il fascino e l’ipnotico mistero.

Demoliti i vecchi capannoni anni Settanta, si avvia la costruzione di un complesso industriale che vuole mitigare la volumetria necessaria e riproporre il declivio agricolo-boschivo perduto. Allineato al lotto, lo stretto corpo in calcestruzzo degli impianti si materializza come zoccolo a gradoni fasciato da pergolati di vite. Da qui aggettano tre lame, segnali immediati per chi percorre l’autostrada. In secondo piano, un parallelepipedo in prefabbricato pesante allineato al lotto, accoglie i magazzini. Sopra, al primo piano, padiglioni in carpenteria metallica ruotano di quarantacinque gradi per orientare a nord gli shed lunghi trentacinque metri definiti ai bordi da travi a cassone contenenti i cunicoli impianti. I triangoli ritagliati tra il piano terra e il primo, diventano giardini protetti. Ovunque, illuminazione diffusa e percezione dell’esterno. I tentacoli che collegano la collina al bordo autostradale reggono l’involucro degli shed ed appaiono le passerelle, percorsi di accesso e vie di fuga La mensa e gli uffici, blocchi indipendenti a struttura metallica, staccano dai magazzini grazie a sottili patii. Nella mensa per trecento posti, copertura con unico lucernario, sopra schermato da pergolato completamente fasciato da pergolati di vite. Negli uffici, tre piani aperti verso una hall centrale a tutt’altezza, fulcro dei percorsi, coperta anch’essa da un lucernario totale a pergolato. Da ogni postazione, vista a trecentosessanta gradi sui giardini, verso nord attraverso una vetrata totale, verso ovest attraverso una seconda pelle verdeggiante.

Intervento di restauro e risanamento conservativo di immobile a destinazione residenziale sottoposto a vincolo monumentale

L’opera, per la quale si concorre nella sezione opere di interni, consiste nell’allestimento di un’importante agenzia assicurativa all’interno di un intervento complessivo (attuato da altri tecnici con altra committenza) di trasformazione di un ex edificio a destinazione artigianale, occupato originariamente ad autocarrozzeria, nella zona industriale di Pistoia. Il progetto di allestimento dell’agenzia si è basato sul mantenimento del carattere post-industriale dei locali, in particolar modo per quanto riguarda la parte destinata ad accogliere i clienti e gli uffici operativi e dirigenziali. Da qui la decisione di non controsoffittare tutto l’ambiente alla quota d’imposta della volta ma di mantenere la stessa in vista, creando per gli uffici dei “box” vetrati indipendenti, mentre le due postazioni centrali di ricevimento della clientela sono state rese autonome con due “portali” in cartongesso, portali che spiccano sullo sfondo rosso del “monolite” a tutta altezza destinato ad archivio e bagni. Il corridoio “ad onda” collega la parte “istituzionale” dell’agenzia con quella più “operativa”; qui i locali, nati da un’addizione eseguita nel tempo all’edificio principale, hanno copertura piana ed un carattere meno interessante che si è cercato di migliorare realizzando quattro sale riunioni, di uguali dimensioni, ma caratterizzate ciascuna da un colore diverso.

L’intervento per il nuovo laboratorio è riferito all’ampliamento dell’attività di trasformazione dei prodotti aziendali della Fattoria di Rimaggio. La configurazione architettonica unisce esigenze di tipo funzionale con esigenze estetiche, trovandosi all’interno di un contesto storicizzato e dove, nel tempo, si sono sovrapposti segni della storia rappresentati da fabbricati di vario genere, dalla composizione volumetrica all’uso dei materiali. A questi, ed in particolar modo a quelli di maggior pregio, si riferisce il progetto, non prescindendo da una accurata lettura del luogo per un corretto inserimento nel contesto ambientale.

Villino

Il villino oggetto della presente è ubicato in Firenze, via di Ripoli nc.74. La costruzione del fabbricato risale al 1952. Prima dell’intervento era costituito da un’unica unità abitativa che si sviluppava su due piani fuori terra oltre un sottotetto ed un seminterrato, dove trovava locazione il locale cantina. Era composto da dieci vani compresa la cucina, oltre servizi ed accessori. L’intervento ha comportato il frazionamento del villino in due unità distinte, una al piano terra ed una al piano primo. Per ottenere la divisione sono state necessarie modifiche interne ed esterne volte alla riorganizzazione funzionale. Grazie allo studio millemetrico della superficie a disposizione, alla definizione di soluzioni studiate su misura e all’uso di materiali considerati poveri, come ferro e legno, il villino, della metà del novecento, si è trasformato in due appartamenti confortevoli, mantenendo l’identità storica dell’involucro e dandoci la possibilità di rientrare nel budget a disposizione. Tutte le modifiche sono state realizzate nel rispetto del sistema strutturale-tipologico e sono conformi agli strumenti di pianificazione urbanistici ed edilizi vigenti. Obiettivo dell’intervento è stato valorizzare l’esistente, mantenendo laddove possibile gli elementi originali dell’edificio come la struttura del solaio di copertura e la muratura originaria riportata a “faccia vista”. Completa il progetto il grande giardino.

C’erano una volta due anime buone che, stanche della nebbia, decisero di lasciarla alle spalle e trascorrere il resto del tempo felici e contenti a contatto col salmastro. Da qui nasce l’idea progettuale, ma anche dalla voglia di riscatto e di riempirsi occhi e cuore di blu. Un vecchio appartamento anni ‘60 situato lungo la riva del Porto di San Vincenzo è stato oggetto di una ristrutturazione che lo ha trasformato radicalmente. Gli spazi sono stati disegnati per avere un contatto visivo costante con il mare, motivo per cui già con l’ingresso si è voluto ricreare un cannocchiale che indirizza l’occhio verso l’esterno tramite un gioco di superfici inclinate e luci lineari. E’ stata inoltre creata un’unica zona giorno che si apre sulla terrazza nella quale le superfici ed i volumi dedicati a cucina e pranzo si incastrano gradualmente in quelli dedicati al soggiorno. Lo spazio principale è abbracciato dai mobili contenitori la cui superficie liscia è alternata con delle nicchie dipinte con i colori del mare, questi inoltre sono stati progettati in modo che potessero dare connotazioni diverse allo spazio pur mantenendo un disegno unitario: è così che essi fungono sia da guardaroba che da nicchia-studio, sia da mobile tv-radio che da libreria, sia da credenza che da esposizione ed infine celano le porte che danno sulle due zone notte. Entrambe le camere guardano il paesaggio e sono dotate di cabine armadio e bagni, anche quest’ultimi parlano del territorio tramite i rivestimenti.

Un’antica chiesa medievale con annesso ospedale per i pellegrini, già ampliata e trasformata nel corso del Cinquecento torna a vivere dopo un lungo abbandono. Spogliata dei suoi arredi e utilizzata per gli usi più incongrui durante il secolo scorso il complesso è stato oggetto di un accurato restauro volto a consolidare le sue strutture e recuperarne l’assetto originario perduto nel tempo. L’oratorio con l’annessa canonica rivelano oggi le proprie membrature libere da superfetazioni, mentre i volumi accolgono inserti architettonici in grado di dialogare con essi senza alternare la percezione complessiva degli ambienti. Con particolare attenzione alla natura degli edifici sono stati inseriti impianti tecnologici in grado di rispettare la vocazione del luogo e garantirne l’efficienza per un uso finalmente compatibile con la sua storia. Arredi antichi e contemporanei si uniscono a far rivivere lo scorrere del tempo.

Il museo CAD è stato fortemente voluto dalla Fondazione Amalia Ciardi Duprè per realizzare il sogno di Amalia, che in via degli Artisti aveva il suo laboratorio, all’interno di un fondo che negli anni era stato frazionato in diverse unità immobiliari. Il progetto ha comportato il recupero della conformazione originaria dello spazio architettonico mediante la fusione delle suddette unità, lasciando intatto l’atelier dell’artista posto sul retro e creando uno nuovo spazio espositivo nella parte frontale, con affaccio su via degli Artisti. L’ampia altezza del locale ci ha suggerito la creazione di un soppalco, che oltre ad aumentare lo spazio espositivo permette fruizione delle opere installate al piano terra da un punto di vista insolito. Per l’ingresso del museo abbiamo creato una sorta di quinta scenica, con la creazione di una bussola vetrata arretrata rispetto al filo della facciata dove il classico bugnato preesistente contrasta con i nuovi infissi in vetro ed alluminio color titanio. Un’ampia porta vetrata mette in comunicazione lo spazio espositivo con l’atelier dell’artista: le grandi dimensioni degli infissi sono necessarie per la movimentazione delle sculture. I nuovi ambienti sono stati creati utilizzando materiali contemporanei come acciaio, vetro e legno in tinte neutre per esaltare maggiormente le opere esposte. Il logo del museo, che ricorre nelle insegne e nel merchandising, è stato creato utilizzando la sigla CAD, la firma con cui l’artista sigla le sue opere.

Cantina Ornina

La cantina vinicola Ornina nasce dall’incontro fra un architetto fortunato, una committenza illuminata, una ditta paziente, un’amministrazione comunale molto aperta. Nella progettazione si è partiti dallo studio del luogo e dell’azienda, infatti l’edificio è concepito per rappresentare un prodotto fortemente legato al territorio da cui nasce. I vini, fortemente innovativi, nascono da una sperimentazione fatta con tre elementi: terra, vento e luce, seguendo tecniche di coltivazione biodinamiche. Così l’edificio è stato concepito in rapporto con la terra circostante, con la luce e con i panorami del Casentino. La cantina non è completamente interrata ma emerge dal pendio e garantisce un rapporto diretto con l’esterno: i percorsi (che hanno costituito parte integrante della progettazione) sono studiati per creare una forte interconnessione con il terreno fino a fondersi con la copertura verde. Le aperture, non eccessivamente grandi, sono poste in punti di particolare interesse dei percorsi per offrire viste sia dall’interno verso l’esterno che viceversa. Anche il ciclo di produzione del vino ha avuto la sua parte nella creazione degli spazi, in modo da garantire una lavorazione per caduta, con utilizzo minimale di macchinari elettrici. In linea con la filosofia di produzione dell’azienda Ornina, l’intero edificio è costruito in bioedilizia e concepito per essere autosufficiente dal punto di vista energetico.

L’intervento riguarda il recupero a fini abitativi di un rudere costituito dall’aggregazione di diversi corpi edilizi di varia storicità dislocati su più livelli al di sopra di un terreno in forte pendenza . L’intervento di restauro è consistito nel preservare quanto possibile e nell’evidenziare i nuovi interventi con un linguaggio contemporaneo evitando false ricostruzioni dai tratti vernacolari. I due grandi volumi vuoti di partenza sono stai collegati tra loro ed utilizzati su più livelli nella ricerca della massima fruibilità degli spazi. L’ingresso principale , come nella più classica tipologia di casa rurale toscana, avviene dalla cucina a sua volta aperta sulla zona pranzo e affacciata sul primo livello del giardino. Una nuova scala inserita all’interno del terrapieno conduce all’ampio volume del soggiorno ( ex granaio) che si affaccia su un secondo livello di giardino. I grigliati esistenti sono stati risolti con serramenti in acciaio di minime sezioni e il doppio volume è accentuato da un portale in corten a doppia altezza. L’accesso alla zona notte padronale è dato attraverso un soppalco adibito a studio al quale si accede da una scala volutamente staccata dalla tessitura muraria facciavista. Gli arredi sono su disegno e generalmente integrati nella struttura muraria . Particolare attenzione è stata posta nel sottolineare il rapporto dell’interno dell’edificio con lo straordinario contesto naturalistico in cui è inserito.

Castagneto Carducci è un borgo tra i più suggestivi della Costa degli Etruschi ed è dove nasce l’ex Officina del Gusto, un caffè con cucina. Il contesto vede i centri storici svuotarsi e diventare delle cartoline piuttosto che essere fulcri della vita sociale, sempre più attività chiudono e le rimanenti non tengono il passo coi tempi. Nasce quindi l’esigenza di un rinnovamento generale che va dal ripensare un intero contesto e arriva nel particolare a far rinascere le attività esistenti. E’ in questo senso che il fondo dove aveva sede un’officina meccanica viene convertito in un locale che si distingue dagli altri sia per la spazialità che per i servizi dati. L’idea alla base del progetto è quella di eliminare le superfetazioni riportando alla luce e valorizzando le caratteristiche identitarie costruttive dell’edificio storico e farlo rivivere in chiave contemporanea. La matericità di pareti in pietra ed archi in mattoni si contrappone alle linee semplici di arredi e luci in metallo; il calore viene esaltato dall’utilizzo del legno sia per la superficie pavimentata che per bancone, mensole e tavoli, quest’ultimi inoltre raccontano un po’ di storia del territorio grazie all’impiego di barrique usate per il vino Bolgheri DOC. Lo spazio è organizzato per esaltare la fluidità e per mantenere sempre il contatto con la vallata esterna, e in tal senso è stata ideata la “cucina a vista-con vista”, uno spazio aperto sia sulla sala consumazioni che sul paesaggio.

Premio Architettura Toscana

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