Oggetto del presente intervento è un complesso residenziale ubicato in prossimità del borgo di Castelfalfi. Il complesso immobiliare, di remota origine contadina, si compone di due edifici: la villa e il fienile, il primo destinato a residenza padronale, il secondo a dependance. Essi si distribuiscono intorno ad un ampio piazzale pavimentato in pietra e sono circondati da un parco di circa quattro ettari in fase di allestimento, all’interno del quale si trovano una grande piscina, una tettoia, un uliveto e molte opere d’arte in bronzo. Si accede agli edifici tramite un viale alberato con cipressi. L’intervento ha previsto la completa ricostruzione filologica degli antichi fabbricati rurali, ormai ridotti a ruderi e l’integrazione di tecnologie moderne e alcune finiture contemporanee come ad esempio le inferriate in ferro e di una scala elicoidale autoportante. Punto di forza la posizione dell’intero complesso edilizio che è ubicato a metà pendio in una posizione particolarmente panoramica da cui si gode di una vista impareggiabile sulle colline circostanti, vista di cui ci si privilegia da ciascuna delle stanze o degli ambienti che lo compongono.

La committenza voleva realizzare una piscina nella campagna toscana: sin da subito abbiamo intuito i pericoli connessi a tale ambizione e quindi inteso sviluppare un intervento rispettoso del paesaggio, già purtroppo costellato di piscinette azzurre dalle forme stravaganti. L’idea che ci ha convinti mirava ad inserire la piscina in uno “scrigno nascosto”: l’antica stalla in disuso priva del tetto, accanto alla villa, che era “bloccata” in tale stato anche dalle prudenze della soprintendenza. Abbiamo quindi proposto di confermare lo stato dei luoghi, aperto verso il cielo senza i limiti di una copertura, e di inserire all’interno del perimetro murario esistente un “frigidarium”, ovvero la piscina, intesa come luogo di socializzazione “termale” all’ombra di mura in pietra. Semplici tagli murari in continuità con i serramenti pre-esistenti, protetti da portali in corten, hanno messo in comunicazione gli utenti della piscina con il paesaggio circostante. Il paesaggio in quel luogo è prezioso, aperto sulla collina di Buriano, con olivete e viali di cipressi che evocano le emozioni di Carducci. Per consentire alle future generazioni di cogliere ogni vibrazione emozionale… per noi è stato vitale non turbare il genius loci con stravaganze tropicaleggianti. Siamo molto soddisfatti: oggi la piscina ha restituito vita ad un luogo dimenticato, che in inverno si riconverte in limonaia, senza pregiudicare la bellezza del contesto paesaggistico in cui si inserisce. Less is more?

La Nuova Meleta

“Proprio quel paesaggio profondamente umanizzato, costruito e pensato, senza il quale la civiltà toscana verrebbe a perdere la sua necessaria cornice, e proprio quel paesaggio rurale che di tutte le espressioni dell’uomo è la meno individualizzata, ma per questo la più̀ adatta a esprimere il fondo comune di un popolo, la misura del rapporto che esso stabilisce con la terra, il suo modo di radicarsi e di dare forma al suo intervento. Basta questa grande opera per giustificare tre secoli di vita toscana e fare anche di questi a loro modo un momento di civiltà̀”. Il progetto riguarda la ristrutturazione di alcuni antichi casali all’interno di una proprietà molto vasta nella quale sono stati fatti interventi puntuali sia di costruzione di nuove pertinenze a servizio delle abitazioni sia di nuove piantumazioni in un complessivo ridisegno di una intera porzione di paesaggio delle Colline Metallifere. All’interno sono stati restaurati solai e soffitti, inseriti nuovi impianti tecnici e due nuove scale in acciaio corten che ridisegnano lo spazio dell’abitare con una nuova distribuzione. All’esterno i nuovi spazi che accolgono le piscine si configurano come grandi basamenti a sostegno dell’architettura antica, ribaltando il concetto di tempo della costruzione. La pietra trachitica, originaria del luogo, è stata utilizzata con varie forme e finiture per evidenziare i vari interventi di restauro e nuove integrazioni.

In occasione del Millennio dalla fondazione della pieve è stato costituito un comitato cittadino che ha individuato due “opere segno”: il restauro conservativo della facciata principale della chiesa romanica e della porzione cinquecentesca della canonica e la riqualificazione del sagrato. L’incarico ha visto la stretta collaborazione con l’architetto Cuniglio della Soprintendenza e, per la porzione di competenza, l’amministrazione comunale. Elemento guida dell’intervento progettuale è stato il completo rispetto delle preesistenze e la necessaria umiltà dovuta a un complesso frutto di una millenaria storia. Tutto è partito da un attento rilievo geometrico, che per il prospetto della pieve si è spinto all’individuazione delle singole bozze lapidee. Ciò ha permesso di individuare e prevedere una serie di interventi molto differenziati sulla stessa superficie di intervento. Circa il sagrato, l’obiettivo è stato sia la creazione di un nuovo spazio visivamente unitario tra le due piazzette poste ai lati di via Provinciale, contenenti i principali edifici religiosi del paese e, nel contempo, valorizzare il sagrato della pieve, evidenziando lo stretto rapporto funzionale alla chiesa. Ciò è stato ottenuto lavorando sulle finiture e sui formati del lastrico, ideando un modulo che riprende quello del prospetto e, contemporaneamente, permettesse la creazione di alcuni segni a terra molto discreti sia per unire i due spazi che per creare un percorso privilegiato di accesso alla chiesa.

La nuova sede dell’azienda MAIOR srl (Management, Artificial Intelligence & Operations Research), si inserisce nel centro di un isolato nella zona nord est di Firenze raggiungibile tramite la nuova via della tramvia T1 passante dal quartiere Statuto. L’azienda fondata nel 1989 ha come obiettivo quello di offrire collaborazione, servizi e sistemi software a operatori ed agenzie del trasporto pubblico. Gli spazi sono stati ricavati all’interno di una vecchia falegnameria poi trasformata negli anni duemila in uffici nei quali venivano montate e stampate le cartografie della regione. L’intervento è proiettato al recupero degli spazi principali eliminando il più possibile i filtri murari esistenti al fine di ottenere come richiesto dalla committenza grandi spazi nei quali i gruppi di lavoro possono collaborare in stretto contatto. Residenza, città, natura e lavoro tendono in questo progetto quindi ad essere parte di un unico variegato universo al fine di intraprendere quel cambiamento decisivo sia per il mantenimento dei livelli di produttività sia per la capacità di attrarre le migliori risorse umane.

L’intervento di restauro comprende sia l’immobile denominato “Frati Bigi” che le sue aree verdi pertinenziali. Il complesso, tutelato da vincolo diretto dalla Soprintendenza, era abbandonato da anni e versava in condizioni pessime di degrado. La riqualificazione urbana ha interessato circa 5.000 mq di verde, da destinarsi a parco pubblico e 2.800 mq di edificato, realizzato in classe energetica A, con residenze (primo, secondo e terzo piano), servizi e commerciale (piano terra.). Le venti residenze, servite da scale e ascensori collegati fino al piano interrato-rimessaggio, sono poste in due blocchi con caratteristiche diverse: edificio neogotico (solai in travi travicelli e mezzane, alla maniera toscana), blocco più recente ampi terrazzi schermati da verde rampicante. Su via Matteucci, è ubicato l’accesso: auto, moto, biciclette e parcheggio privato interrato, trattato come un’estensione della superficie a verde con il posizionamento di tre alberi di olmo. L’uscita del parcheggio è realizzato in vetro per non interrompere la continuità visiva sul giardino. La zona a sud è stata progettata come spazio ludico per tutte le età, con giochi per bambini ed uno dedicato al gioco delle bocce, con sedute di varie dimensioni e tipologia, e fontane. La pavimentazione: per la zona a nord è stata realizzata in pietra “colombina” con varie finiture e tagli, cotto sotto la loggia, cemento architettonico nella zona carrabile, ghiaia per l’aiuola sul fronte principale e teak per i camminamenti di penetrazione posti a sud.

La casa si trova al piano nobile di un palazzo storico di Firenze ridisegnato nel 1735 dagli architetti Giovacchino Fortini e Ferdinando Ruggieri per Giuliano Dami, favorito del Gian Gastone de’ Medici. Il progetto aveva come concept principale, quello di rivisitare in chiave contemporanea questa dimora storica, attraverso l’inserimento di elementi di arredo di elevata modernità e dallo stile molto minimalista. L’atmosfera si intuisce fin dall’ingresso, dove a causa delle decorazioni a parete, veniamo catapultati in uno spazio storico ben contrastato dagli arredi presenti. Ecco poi la fuga prospettica della galleria affrescata da Niccolò Pintucci, che ritrae paesaggi antichi, schermati da capricci architettonici, parzialmente coperti da una selvaggia vegetazione. Nell’ampio salone, scandito dal soffitto a cassettoni del Quattrocento dipinto a motivi geometrici, gli arredi donano uno stile moderno in contrapposizione con la storicità della sala, come nella stessa sala da pranzo. In quella che una volta era la cappella di famiglia ora è stato ricavato uno studiolo, ma l’atmosfera riporta sempre ad una modernità molto sobria e discreta. Anche la camera padronale segue il mood di tutto l’abitazione, come la testiera del letto in pietra serena imbottita di pelle bianca, e le due sedute moderne ai piedi del letto. Movenze e atmosfere di un tempo che disegnano la cucina, dove ancora il moderno si fonde con l’antico, con il grande acquaio in bardiglio grigio e la credenza in corten.

La struttura dell’Arsenale si presentava in uno stato di degrado, privo di copertura, delle grandi arcate, dei piani di calpestio ed era completamente invaso dalla vegetazione con un rinterro di circa due metri oltre la quota medievale; di fatto si trattava di un vero e proprio rudere seppure di grande fascino. La ricostruzione e il restauro degli Arsenali Repubblicani ha affrontato diversi temi, dalla scoperta dei resti archeologici, dalla ricerca storica, alla ricostituzione filogica che ha guidato le scelte progettuali, agli interventi strutturali di rilevanza sismica fino all’inserimento degli impianti tecnologici necessari per la pubblica fruizione. L’agibilità dei locali prevede attività culturali, museali, di pubblico spettacolo ed auditorium con capienza fino a seicento persone per cui l’immobile ha una attrattività gestionale significativa soprattutto perché si tratta di un bene storico straordinario monumentale che si offre non soltanto alla città di Pisa ma al turismo internazionale. La valorizzazione degli Arsenali Repubblicani contribuisce in ogni caso alla conservazione del patrimonio culturale, allo sviluppo intelligente e sostenibile, fornisce infrastrutture e servizi culturali, promuove l’industria culturale e creativa, rendono attraente la cultura e usano la cultura per unire le comunità. Il risultato raggiunto fa immergere il visitatore nell’antica Terzanaia medievale all’interno degli arsenali che nella contemporaneità trovano l’originario splendore.

La Malga

La sala polifunzionale del complesso delle Felci, si trova all’interno dell’oasi naturalistica WWF del Dynamo Camp (struttura dedita alla terapia ricreativa, in cui vengono ospitati bambini affetti da gravi patologie, in gruppo o accompagnati dalle famiglie). È stata ricavata dalla ristrutturazione di un lungo corpo di fabbrica, denominato La Malga, in origine destinato a stalla per bovini. Esigenze di tempi costruttivi particolarmente contenuti e la volontà del committente di realizzare un edificio a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico, hanno stimolato la soluzione progettuale di una “struttura nella struttura”. Del fabbricato esistente rimanevano le sole murature esterne, quindi è stato deciso di inserire all’interno del perimetro murario una struttura prefabbricata in legno, con pareti a telaio e copertura su capriate leggere con tiranti metallici. Le altre esigenze erano quelle di avere una sala versatile e adatta a diverse funzioni (sala da pranzo, aula didattica, con predisposizioni anche per corsi di cucina, e sala conferenze) ma senza far palesare le numerose dotazioni impiantistiche necessarie. Tutti gli impianti corrono a pavimento, compresi i canali di mandata e di ripresa dell’aria, e si dipanano all’interno delle contropareti interne fino alle due cornici sommitali che corrono sui lati lunghi dell’aula. Gli infissi sono riquadrati da telai in legno che “incorniciano” vedute del bosco estremamente suggestive.

BUCA 10

Il progetto per l’enoteca BUCA 10 è un pentagramma di ferro che esalta le volumetrie degli ambienti differenziati del locale. La sala concerti affaccia sulla strada con una prospettiva allungata che il progetto enfatizza con due lunghe panche da convivio, che invitano a sedersi l’uno accanto all’altro. All’intradosso, delle sedute estraibili ampliano all’occorrenza i posti disponibili. I tavoli in ferro segnano una metrica verticale, con la caratteristica forma a “stelo”, che sintetizza le gestualità conviviali: un elemento longilineo nasce dal pavimento e si ramifica in tre piatti saldati in opera; i piccoli incavi accolgono il collo del calice. Il complesso di elementi sottili o estraibili, permette di utilizzare l’ambiente sia come sala concerti che come sala degustazione. Gli spazi connettivi, dopo una dilatazione all’ingresso che accoglie il bancone, si rastremano in una stretta galleria. Un pentagramma di tubolari disegna qui una sovrastruttura che ora accoglie i corpi illuminanti, ora espone pregiate etichette, ora espone le opere d’arte, e ci accompagna verso la conclusione della promenade: la sala degustazioni. In questo spazio cubico quattro tavoli quadrati fluttuano sospesi ad un sistema reticolare. L’innesto distribuisce l’illuminazione e gli stessi tavoli diventano a loro volta supporto per piani removibili in legno. Il rituale della degustazione incontra uno scenario che ne esalta la sacralità, arricchendo le percezioni alla ricerca di una seducente sinestesia.

Il podere. Il Bussolaio è un’antica casa colonica di Travalle, Calenzano, lungo l’antica via che attraverso l’Appennino portava in Emilia. Un complesso di fabbricati costruiti negli anni attorno ad una vecchia torre. Utilizzato nei secoli come fattoria, stalla, deposito, salumeria, atelier d’artista, versava in condizioni di abbandono. La sfida è stata quella di realizzare una residenza contemporanea senza disperdere quella preziosa patina che il tempo aveva disegnato sulle superfici e negli spazi.

I committenti. Due sorelle con le loro famiglie. Giovani, imprenditori, viaggiatori. Cercavano una casa, aperta, verde, sospesa, dove ritirarsi nei momenti di vita famigliare. Il loro desiderio era di condividere gran parte dei momenti di vita domestica. Una doppia residenza, che sapesse armonizzare vita collettiva e spazi privati, senza stravolgerne l’identità rurale.

Progetto. L’edificio, prossimo al collasso, è stato completamente recuperato; le parti più compromesse sono state ricucite con materiali di recupero e tecniche originarie. I volumi più recenti sono stati sostituiti da architetture contemporanee, in un dialogo dinamico e schietto.

Momenti Diversi

Tutto è collegato: l’ombra e la luce, il negativo ed il positivo, il nero ed il bianco, l’amore ed il dolore, il bello ed il brutto, perché la vera armonia si raggiunge anche attraverso l’accettazione degli equilibri tra momenti diversi. Il progetto vede la riconversione di una vecchia stalla in nuova residenza, dislocata su due piani. L’intenzione progettuale è stata quella di mantenere l’impronta originaria, esaltando i materiali autentici ed affiancandoli a lavorazioni contemporanee. Sul pavimento in resina scura poggiano i vecchi scalini in pietra che conducono al piano primo la cui muratura è stata lasciata a faccia vista e trattata in maniera uniforme con il resto delle superfici verticali mentre i prospetti esterni sono stati interamente preservati e mantenuti sia nell’aspetto materico che formale. Il risultato parla di ambienti che, seppur pensati e modellati come un unico organismo, riescono ad evocare sensazioni eterogenee, frutto di spazi colmi di identità propria grazia anche al continuo dialogo tra dentro-fuori.

Premio Architettura Toscana

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