I lavori di restauro conservativo hanno interessato la facciata sul Corso e la copertura dell’aula retrostante. Per la facciata si trattava di intervenire sull’avanzato degrado del paramento murario, in buona parte a vista (pietra e laterizio) e con ricorsi orizzontali ad intonaco, da tempo soggetto a fenomeni di disgregazione e progressivo distacco di frammenti. Sono state utilizzate malte di calce naturale per la stilatura dei giunti che avessero le stesse caratteristiche materiche e cromatiche delle preesistenti, con inerti di granulometria adeguata, attraverso l’esecuzione di apposite campionature. Gli interventi sulla facciata sono stati completati con un restauro del portale che potremmo definire morfologico. Questo, nella fase di ricostruzione post-bellica, era rimasto incompleto, con l’intento successivo di ricollocare l’apparato decorativo lapideo, danneggiato dagli eventi bellici. Tale lettura ha portato ad una soluzione che da una lato accrescesse il decoro complessivo della facciata, banalizzato dall’utilizzo di materiali di scarsa qualità e da tessiture murarie scadenti e dall’altra permettesse di ridare leggibilità alla stessa morfologia del portale, rispettando il manufatto originale. L’intervento si è pertanto limitato ad un ripristino dell’intonaco sulle lesene che delimitano il portale, consentendo di migliorare la leggibilità, ridefinendo sul piano materico l’originale stacco fra il portale stesso e la superficie muraria a vista della facciata.
Il Piano Nobile di Palazzo Capponi alle Rovinate ospita la sede della Stanford University da circa dieci anni. Il progetto di ampliamento, concepito durante il primo lockdown, recepisce il tema della flessibilità richiesto inizialmente dalla Committenza allargandolo al tema delle distanze fisiche necessarie per garantire il corretto svolgimento in sede della didattica. Ecco quindi che gli ambienti, caratterizzati da altezze importanti e soffitti affrescati, diventano il contenitore da rispettare e in cui inserire arredi e dotazioni impiantistiche necessarie. Gli arredi sono concepiti come moduli da assemblare e collocare a seconda delle esigenze didattiche, con la massima flessibilità. Arredi leggeri che richiamano il tema dei banchi di scuola e le cui forme spezzate ne evidenziano la modularità e le varie configurazioni. A partire dagli affreschi presenti, restaurati nell’ambito dell’intervento, sono stati individuati i temi cromatici che hanno dettato la scelta progettuale. La teoria dei 3 colori ha permesso di condurre la continuità tra i vari ambienti, garantita anche dalla presenza di un tappeto continuo in appoggio sagomato sul perimetro, funzionale alla preservazione dei pavimenti storici decorati presenti nel Palazzo. Il “fil rouge” formale è dato dal tema ricorrente della linea spezzata che consente di leggere con facilità gli arredi come elementi da accoppiare e posizionare in funzione delle esigenze didattiche.
Il progetto è nato per rispondere alla richiesta di un centro di riabilitazione per l’handicap fisico e mentale, per l’autismo e per un supporto fisioterapico aperto alla città. Nuovi corpi di fabbrica, articolati e divisi per funzioni diverse, sono collegati al vecchio edificio, ampliato e ristrutturato, da un percorso coperto che si apre su un parco a verde attrezzato: “metronomo” che scandisce il tempo della permanenza. Il nuovo edificio, a pianta ellittica, con il corpo in mattoni ed un percorso a due livelli coperto da una struttura in metallo e vetro, ricorda il gesto del seminatore quando il braccio allarga il movimento e spande il seme per raccontare al mondo il frutto che nascerà; ed anche nel suo ingresso a forma tronco-conica, i simboli si susseguono e i materiali si sommano per raccontare, senza nasconderli, coloro che vivono dentro e devono sentirsi proiettati in quel mondo che spesso viene loro negato. All’interno, aule/laboratorio per lo sviluppo di capacità operativo-sensoriali, un auditorium, una nuova aula liturgica per rispondere anche alle esigenze del quartiere e della città. Nuovo e antico convivono, anche nel vecchio edificio ristrutturato, memoria e permanenza della storia, che, con la sua quinta in mattoni (materiale unificante di tutto l’intervento), curvata e possente, offre con i suoi vuoti, da dentro e da fuori, scorci, quadri e nuove prospettive. Un’avventura non facile, vissuta con il mio collega e collaboratore arch. Riccardo Lombardi.
Il loft, realizzato negli anni 50, in cemento armato a vista, è stato ricavato dalla saturazione di una corte interna. La committenza cultrice dell’arte contemporanea figurativa e del gusto vintage, cercava uno spazio paleoindustriale da poter personalizzare con pezzi unici: una sorta di Wunderkammer. Il brutalismo originale dialoga con un alto comfort abitativo (materiali e apparecchiature di elevatissimo standard) e con una scenografia neutra non in competizione con l’arredo e le opere d’arte. Infissi realizzati da PortaaPorta di Firenze. Una forte collaborazione tra committenza e progettista, ha ispirato sia i dettagli architettonici principali (archi in mattoni a vista, nuovo ascensore in mattoni faccia a vista con porte in cristallo, lucernari sulla sala da pranzo) sia quelli che fanno da quinta teatrale. Serena Dolfi ha inserito precisamente ogni elemento d’arredo non lasciando al caso né l’abbinamento, né il colore, né la luce. Troneggia quasi all’ingresso la cucina Abimis di Treviso, in acciaio lucido. Si accostano poi mobili in legno grezzo, tavolo ovale, lampadario vintage in ottone, porte recuperate, sculture, mobili in laminato, cristalli, pezzi iconici moderni e di modernariato. La “messa in scena” è un non-luogo, con riferimenti iconografici commerciali ripetuti e ripetibili con icone del design, sedimentate nell’immaginario collettivo, mescolato ai ricordi personali, per creare un senso di familiarità. Hanno partecipato al progetto Irene Blasich e Valeria Ioele.
Il progetto riguarda interventi di completamento, utili alla pubblica fruizione e alla valorizzazione del Camminamento e della Torre del Soccorso opera di Brunelleschi in Vicopisano. L’intervento riguarda il restauro del camminamento oltre che la realizzazione delle strutture di collegamento verticali di risalita nella Torre. Le scelte progettuali, con l’obbiettivo di consentire la fruibilità del camminamento in sicurezza, hanno previsto la ricostruzione della gradonata nel rispetto dei dislivelli originari, ben individuati sulla base delle pendenze e delle tracce ancora presenti. Il collegamento verticale, identificato dalle sedi di alloggiamento delle strutture originarie (solai, ballatoi, pianerottoli), si è pensato staccato dai paramenti, reversibile e limitato a consentire l’accesso alle aperture presenti. Le rampe ed i ballatoi realizzati all’interno della torre consentono al visitatore di traguardare i sistemi difensivi e le aree da cui un tempo arrivavano i nemici, consentendo un percorso di visita complesso e articolato sia attraverso la lettura degli spazi interni alla torre sia sul paesaggio. La scala non è quindi un mero elemento strutturale, ma consente al visitatore di calarsi nella lettura della macchina militare attraverso l’accesso diretto alle archibugiere, alle fuciliere e alle cannoniere, alle viste sulle altre torri, alle altre strutture difensive e all’uso che ne veniva fatto originariamente. I materiali impiegati sono acciaio, legno e laterizi di recupero.
Villa Bellosguardo è il risultato della profonda riconfigurazione di un edificio preesistente. L’area è situata sulla collina di Bellosguardo, una delle più suggestive di Firenze, che deve alle sue molte qualità, architettoniche e naturalistiche, la classificazione quale area di interesse storico-culturale. Il progetto di Bellosguardo rappresenta un esempio di come si possa introdurre un linguaggio discretamente contemporaneo in uno degli scenari paesaggistici più delicati del territorio fiorentino, nel pieno rispetto del contesto storico e naturalistico. All’edificio originario erano stati aggiunti nel tempo una serie di corpi esterni in modo disorganico e posticcio, mentre i prospetti presentavano aperture casuali e prive di una coerente organizzazione compositiva. Gli spazi interni risultavano segmentati e privi di una visione d’insieme. Gli interventi si sono così concentrati nell’eliminare i segni di un’architettura dimessa e generica, in favore di un linguaggio più moderno ed essenziale, ispirato ai volumi stereometrici dell’architettura mediterranea. Gli obiettivi sono stati: raccogliere i volumi dei precedenti ampliamenti integrandoli organicamente nella volumetria dell’edificio, organizzare un disegno coerente dei prospetti, ripulire i frammentati spazi interni in favore di ambienti più ampi e regolari. Si è inoltre introdotto il tema della Sostenibilità con la creazione di un cappotto termico esterno, l’isolamento della copertura e l’uso di vetri atermici.
L’edificio si trova all’interno di un’area interclusa del centro storico di Prato, è composto da una palazzina residenziale su fronte strada e da un capannone costruito sul retro. Grazie a questa tipologia insediativa, basata sulla commistione tra l’ambiente domestico e quello di lavoro, la città è cresciuta enormemente nell’immediato dopoguerra. L’introduzione di nuove funzioni per ospitare il centro Pilates ha previsto un rimodellamento della distribuzione interna: l’accesso è obbligato dall’unico affaccio presente su strada, si susseguono ingresso, area spogliatoi e l’aula per gli esercizi; gli spazi interni si suddividono secondo tre fasce di utilizzo che vanno dalla più alla meno contaminata. Nuovi spazi di lavoro sono stati creati grazie all’introduzione di un soppalco realizzato con profili industriali IPE: questi generano un soffitto a cassettoni restituendo alla stanza una regola geometrica e iscrivendo la struttura con una trama di elementi in acciaio. Il parapetto del soppalco è una singola trave reticolare che permette di liberare la sala dagli appoggi. L’intervento ha previsto il completo rifacimento della copertura mentre le capriate esistenti sono state mantenute e binate per raggiungere gli standard sismici odierni. Strutturalmente il progetto si è definito affiancando le capriate storiche con nuove capriate a portale caratterizzate da puntoni spessi senza saette e con catena e monaco molto snelli, permettendo di apprezzare il disegno delle strutture originarie.
La funzionalizzazione del complesso di Palazzo Buontalenti si inserisce nel programma di espansione di EUI con la realizzazione di una nuova e prestigiosa sede. Il rapporto tra EUI e Firenze è consolidato da molti anni in un percorso di continua crescita che ha visto progressivamente aumentare il numero delle sedi: Badia Fiesolana, Villa Salviati, Villa Schifanoia, adesso Palazzo Buontalenti. Questo programma ha permesso negli anni l’instaurarsi di un virtuoso processo di valorizzazione di immobili demaniali prestigiosi e un loro utilizzo appropriato. Il primo passo per la realizzazione di questo programma è il restauro di una porzione del complesso buontalentiano, il cosi detto LOTTOZERO: il recupero di una porzione di circa 2000 mq al fine di allocarvi gli spazi della School of Transnational Governance. L’intervento prevede la creazione di spazi condivisi destinati allo staff di lavoro e spazi destinati ai ricercatori, impostati su modelli di co-working e corredati da aree per lo scambio tra persone e spazi attrezzati per ospitare incontri e riunioni. Il Lottozero è composto da un corpo di fabbrica su due livelli e un ammezzato (1600 mq), un cortile (600 mq) e il piano terra della ala nord del casino mediceo (400 mq). Ha accesso indipendente da via Cavour con il grande portale ad arco realizzato nel 1850. Si tratta sostanzialmente di una operazione di restauro, condotta in accordo con la Soprintendenza nel rispetto degli elementi costitutivi della architettura originale.
Il restauro del Convento delle Clarisse e dell’adiacente Chiesa dei Bigi per l’allestimento della Collezione Gianfranco Luzzetti ha ripristinato la percorribilità originale del Convento e il collegamento con la Chiesa interrotto nell’ottocento, in una essenzialità narrativa ove i protagonisti sono le opere della Collezione esposte secondo il gusto personale del Collezionista, in continuità con la sua casa museo fiorentina. Grande attenzione è stata posto ai visitatori con mobilità ridotto, i quali possono visitare autonomamente la Collezione grazie a un sistema di rampe esterne e interne che assecondano i cambi di quota dei vari corpi di fabbrica. Visto il valore storico dell’edificio e le idee espositive del Collezionista, il quale concepisce la galleria come una strada aperta, si è deciso di intervenire con un allestimento essenziale: nella galleria che affaccia sul chiostro e in alcune sale, al piede delle opere pittoriche, è stato realizzato un arredo continuo dalle forme nette e pure, per escludere ogni intento di mimesi con l’edificio storico, che nasconde la tecnologia necessaria al museo. Un ruolo di massima importanza è affidato all’illuminazione delle opere, realizzata interamente con sorgenti led che consentono una più elevata resa dei colori, assicurano benefici per la conservazione e abbassano notevolmente i consumi. Le fonti luminose indirette sono calibrate per “accarezzare” gli elementi architettonici, mentre la luce sulle singole opere è morbida e puntuale.
Progetto di ristrutturazione edilizia e cambio d’uso de complesso edilizio “Granaio dell’Abbondanza” per la realizzazione di incubatore startup, coworking, scuola di alta formazione. Il nucleo originario, che comprendeva l’edificio sulla Piazza del Cestello e l’intero isolato destinato ai Granai Medicei, silos per il deposito del grano, fu costruito dal 1695 al 1697, da Cosimo III de’ Medici su progetto di Giovan Battista Foggini, sottoposto alla Magistratura dell’Abbondanza, dalla quale prese il nome. Nel 1800, passò all’Ordine di Santo Stefano, come Caserma dei Cavalieri. Fu sede delle truppe Napoleoniche e Spagnole e, nel 1860-1871, diventa Caserma Cavalli. Progetto di ristrutturazione e riqualificazione. Granaio dell’Uccello, Granaio dell’Abbondanza, Panificio Militare, Caserma Guidobono, Caserma Cavalli che oggi rinasce come “granaio delle idee- innovation center”. Un intervento, che interessa una superficie di oltre mq 5.000, teso alla ristrutturazione non solo delle parti storiche ed architettoniche del Complesso quanto ad una sua riqualificazione funzionale con destinazioni innovative, culturali e didattiche che portano nel Centro di Firenze, qualità e recupero, storia e tecnologia, giovani e progettisti di nuove forme di scienza, tecnologia, ricerca di alta qualità. Le nuove destinazioni, Startup di Nana Bianca, Sale convegni, Scuola di Alta Formazione-42 Luiss Firenze, fanno di questo luogo un Polo dell’Innovazione a livello internazionale.
L’Oratorio degli Angeli Custodi costruito nel 1638 si trova nel centro storico di Lucca. L’apparato pittorico è esempio paradigmatico di ricca decorazione barocca. Divenne centrale nella vita della città grazie alla sua splendida acustica. Negli ultimi decenni, gli affreschi si stavano gravemente deteriorando. Inoltre, la sagrestia era stata trasformata in camerino di fortuna per gli artisti e non esistevano spazi di servizio per il pubblico. Il sistema illuminotecnico era scarso e disomogeneo. Il cortile interno scoperto si trovava in avanzato stato di degrado. L’Oratorio è stato oggetto di un sistematico restauro. Il cortile interno è stato coperto con una copertura leggera in acciaio e vetro opalino, il nuovo piano di calpestio si struttura su tre gradoni che collegano i due livelli del vano di ingresso all’ex sacrestia, è arredato da un desk girevole di legno con funzione di snella biglietteria. Il sistema illuminotecnico è composto da strip led incassate nell’asola delle travi della copertura vetrata. Il nuovo sistema di pareti pieghettate individuano gli incassi delle porte di accesso ai camerini e ai servizi igienici oltre che realizzare due sedute lungo il corridoio di distribuzione. Il sistema illuminotecnico è realizzato con apparecchi ad incasso nel soffitto dipinto nero in continuità con quello dei camerini. Nei due camerini lampade lineari si alternano agli specchi, un terzo locale è sala riunione. Gli arredi sacri sono stati riallestisti nei nuovi spazi.
Il borgo è morfologicamente caratterizzato, in funzione della matrice originaria di sviluppo, dalla sua forma allungata al margine della antica direttrice di sviluppo infrastrutturale, la giacitura degli edifici e l’organizzazione interna sottolineano i rapporti volumetrici tra le masse all’interno di questo fuso allungato. Il progetto ha donato nuovo senso al luogo, attraverso la funzione residenziale e con la riscoperta della storia che lo ha caratterizzato. La nuova distribuzione degli spazi a comune ha fatto riemergere le grandi arcate delle antiche costruzioni, caratterizzando i nuovi spazi collettivi della comunità con il grande arco che genera un ambiente a tripla altezza. I nuovi abitanti potranno così accarezzare le strutture antiche, muoversi attraverso la storia, confrontarsi con essa quotidianamente rigenerando un ambiente sepolto. L’Oratorio di San Jacopo, con la sua sala di 70 mq, è diventato uno spazio multifunzionale per mostre d’arte contemporanea, per eventi artistici e musicali pur conservando anche la sua funzione originaria. Questo sia per coinvolgere i nuovi residenti del complesso, ma anche per diventare un’altra offerta di spazio culturale della città di Seravezza luogo il percorso della via di Michelangelo. Questo percorso di riconoscenza e riconoscimento si è voluto far condividere all’artista G.D. Parra per la creazione della grande opera “obelisco di luce”.
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