In una splendida location nel cuore di Firenze nasce in nuovo negozio di parrucchieri CIVICO 13R. Il fondo è all’interno di un edificio vincolato dalla soprintendenza con volte a crociera ed un’ampia la corte interna. Gli interni sono stati concepiti in collaborazione con Leonardo di Bottega di Corte, alternando elementi moderni e altri dal gusto retrò.

Piazza Galeazzi

Il progetto di riqualificazione di Piazza Galeazzi a Grosseto ha inteso ridefinire lo spazio pubblico, dominato fortemente dall’antistante chiesa del S. Cuore, al fine di riscoprirne la funzione di “luogo della socializzazione”. Prima dell’intervento la piazza si trovava in una situazione di notevole degrado : – alcune delle alberature presenti sul perimetro della stessa erano in fase di decadimento a causa di patogeni e parassiti mentre le altre, troppo cresciute, creavano un eccessivo disordine. – La fontana al centro era ormai da tempo in disuso e la pavimentazione in terra battuta e breccino, insieme agli arredi usurati e disposti in modo disordinato, non invitavano alla fruizione di questo spiazzo invece strategico per la vicinanza con la chiesa, le scuole e limitrofo ad una delle principali vie della città quale via della Pace. Le indicazioni fornite dall’amministrazione sono state quella di mantenere la fontana esistente restaurandola e riattivando il meccanismo che alimenta il gioco d’acqua oltre a quella di reimpiantare i nuovi alberi in identica posizione di quelli da abbattere a causa della loro malattia. Ulteriore elemento imprescindibile della progettazione è stato lo stretto legame della piazza con l’edificio di culto. L’idea progettuale ha previsto infatti la creazione di un continuum tra chiesa e piazza disegnando su quest’ultima una striscia di pavimentazione in travertino sulla quale è proiettato a terra il disegno del pronao

Ardengo

Il principio cardine dell’approccio progettuale è stato quello di rendere vita e dignità ad un fondo desueto nel centro storico di Prato attraverso la riscoperta delle sue memorie storiche. Su tutte, le ampie volte a crociera e una colonna tardo medievale che silenziosamente, da sempre, sorveglia i locali. Le pareti perimetrali hanno subito interventi puntuali di recupero dell’intonaco ammalorato, mentre le ampie volte sono state restaurate e tinteggiate in modo tale da creare una sorta di “cappello” percepibile all’interno dell’intero fondo. La cucina a vista, oltre a far leggere l’attività lavorativa del ristorante, dona profondità e facilità di lettura del soffitto voltato.

Il loft, realizzato negli anni 50, in cemento armato a vista, è stato ricavato dalla saturazione di una corte interna. La committenza cultrice dell’arte contemporanea figurativa e del gusto vintage, cercava uno spazio paleoindustriale da poter personalizzare con pezzi unici: una sorta di Wunderkammer. Il brutalismo originale dialoga con un alto comfort abitativo (materiali e apparecchiature di elevatissimo standard) e con una scenografia neutra non in competizione con l’arredo e le opere d’arte. Infissi realizzati da PortaaPorta di Firenze. Una forte collaborazione tra committenza e progettista, ha ispirato sia i dettagli architettonici principali (archi in mattoni a vista, nuovo ascensore in mattoni faccia a vista con porte in cristallo, lucernari sulla sala da pranzo) sia quelli che fanno da quinta teatrale. Serena Dolfi ha inserito precisamente ogni elemento d’arredo non lasciando al caso né l’abbinamento, né il colore, né la luce. Troneggia quasi all’ingresso la cucina Abimis di Treviso, in acciaio lucido. Si accostano poi mobili in legno grezzo, tavolo ovale, lampadario vintage in ottone, porte recuperate, sculture, mobili in laminato, cristalli, pezzi iconici moderni e di modernariato. La “messa in scena” è un non-luogo, con riferimenti iconografici commerciali ripetuti e ripetibili con icone del design, sedimentate nell’immaginario collettivo, mescolato ai ricordi personali, per creare un senso di familiarità. Hanno partecipato al progetto Irene Blasich e Valeria Ioele.

CASA 2+1

La localizzazione del sito, alla sommità di una collina della Val di Chiana aretina, ha suggerito un dialogo tra edifici e campagna articolato attraverso i temi di un paesaggio a prevalente morfologia orizzontale e la presenza di emergenze architettoniche a vocazione rurale. A partire da questa riflessione il progetto si è generato su forme architettoniche che hanno voluto rileggere l’archetipo tradizionale della casa di campagna con tetto a capanna rinunciando ad un repertorio di citazioni vernacolari, preferendo le forme pure di tre corpi di fabbrica disposti lungo una direttrice che asseconda l’andamento del terreno e li mette in dialogo tra di loro. L’ insediamento si sviluppa in due corpi di fabbrica, il principale che misura una superficie di 110 mq su cui è stata destinata l’abitazione principale e si caratterizza per la su forma ad “L” con la zona giorno pensata come uno spazio aperto e vetrato che gira intorno al blocco cucina. L’edificio accessorio, collegato attraverso una serra solare si sviluppa su due livelli, ciascuno di circa 50 mq, con l’interrato che ospita l’autorimessa. I due fabbricati si sviluppano rispettando il più possibile l’andamento del terreno, la grande apertura della zona giorno apre la vista verso la campagna mentre sul lato della strada l’ingresso principale è segnalato da un portale in cemento armato. Le linee degli edifici corrono tese e minimali creando nel suo insieme un complesso proporzionato e rispettoso del contesto che lo circonda.

La villa ha una morfologia anni ’50 in quanto ubicata in zona con vincolo paesaggistico. L’assetto interno ed esterno è compiutamente minimalista e razionale, e rispecchia le esigenze estetiche e funzionali del suo proprietario. Le 2 pareti perpendicolari, pur sfalsate, sono state rivestite in pietra naturale, di pochi millimetri, con due diversi colori con alto effetto scenico. La parete nera è alta 9 metri coincidente con un lucernario sul tetto e la realizzazione di un vuoto nel solaio del piano primo. La parete beige coincide con l’altro lucernario e l’altro vuoto nel solaio. Delle porte invisibili si vedono solo le maniglie che fuoriescono dalla pietra. Grandi vetrate, scorrevoli e fisse, in alluminio forniti dalla Ditta Galloni di Montespertoli, enfatizzano continuità tra esterno ed interno. La realizzazione di due piattaforme contrapposte e complanari, uno sul fronte principale e uno su quello tergale e la pavimentazione, in cemento tipo resina, realizzata dalla Silvano Ferretti di Pistoia, identica tra esterno ed interno, enfatizza la continuità tra esterno ed interno. La pensilina sulla piattaforma tergale ha un aggetto di 3,5 metri e rende confortevole l’utilizzo dell’area pranzo esterna. Il tetto è grigio in cemento tipo scandole. Tutti i bagni sono rivestiti in cemento grigio, con sanitari colorati. Il bagno padronale ha il lavandino in travertino a vasca scavata in un unico blocco. Hanno partecipato alla progettazione Daniela Murri dello Diago, Chiara Sabattini, Irene Blasich.

Trattasi della realizzazione di edificio residenziale monofamiliare ad Uzzano (Pistoia); disposto su più livelli oltre ad una ampia terrazza di copertura-solarium con pannelli fotovoltaici per il fabbisogno energetico e una serra solare per incrementare l’apporto termico nei mesi invernali. I locali per la residenza al piano primo sono accessibili da una rampa panoramica. Il risparmio energetico è elevato, dato l’impianto di riscaldamento radiante a pavimento alimentato da una pompa di calore e il trattamento termo igrometrico dell’aria, tutto autosufficiente perché alimentato dall’energia di 9KW prodotta dai pannelli fotovoltaici. L’involucro edilizio, realizzato con il sistema costruttivo prefabbricato a secco Rubner, garantisce alto isolamento termico ed elevati standards di risparmio energetico, come dai protocolli di CasaClima. Le facciate isolate con un pannello di sughero di sp=cm.8; gli infissi in alluminio-legno a taglio termico e vetrate basso emissive con sistemi per la mitigazione degli effetti solari. Il sistema edilizio, i materiali eco-compatibili impiegati rispondono alle norme richieste per le strutture lignee antisismiche.

La Boutique Pantano è stata progettata con l’obiettivo di esaltare la qualità del prodotto e creare una forte identità al brand Pantano attraverso l’offerta di un’esperienza di conoscenza e d’acquisto del prodotto carne innovativa. Uno spazio che mette al centro della narrazione prodotti di alta qualità, esposti in teche refrigerate circondate da un allestimento in legno che trova la sua massima rappresentatività nel soffitto, un’architettura parametrica che impiega 3668 listelli in legno naturale che lo ricoprono totalmente creando la metafora visiva di onde di messi di grano un’allusione alle coltivazioni che circondano gli allevamenti e che forniscono gran parte dei mangimi selezionati alla base della filiera di qualità del marchio. Il progetto si compone di una parte frontale pubblica e una semi privata in cui la clientela potrà “testare” i prodotti Pantano. La palette scelta: nero e legno naturale, richiama i colori istituzionali e contribuisce a dare profondità con un gioco di chiaro/scuro a tutto l’allestimento. Il controsoffitto in legno, è modulato in pannelli di un metro per un metro, in cui sono state preinseriti 81 bulloni su cui sono avvitati listelli di sezione quadra, ognuno con lunghezza diversa a formare le onde/campi di grano precedentemente modellati. Tutte le pareti sono rivestite di pannelli laccati nero e listelli di Ayus al naturale per dare continuità al motivo del controsoffitto.

Nel sito di un abbandonato insediamento agricolo della costa maremmana, viene inserita una comunità terapeutica col nuovo centro di cura dei disturbi alimentari (DCA). La casuale localizzazione dei volumi agricoli è stata ricomposta partendo dall’antico podere leopoldino, che diventa elemento generatore dell’insediamento, formando un impianto urbanistico semichiuso. L’edificio appare così come un organismo compatto posato sulle colline maremmane e la sua configurazione richiama tipologie insediative antiche inserite in contesti naturali. Il tema richiestoci di una innovativa DCA è stato risolto affacciando sulla grande corte gli ambienti residenziali e terapeutici che necessitano di controllo continuo ma discreto. Verso l’esterno l’edificio si presenta più chiuso, con il muro naturalistico ed il muro costruito che lo cingono verso sud e su cui si affaccia il corpo delle attività terapeutiche diurne. L’architettura si fa interprete anche dei temi della sostenibilità declinata nelle varie soluzioni bioclimatiche delle facciate aperte a sud e protette a nord e dei servizi posti a nord mentre residenze e aree di socializzazione sono a sud. Questa architettura bioclimatica scaturisce dal luogo, dalle analisi solari e dalle soluzioni passive adottate per dare confort e benessere ai pazienti, cui contribuisce l’uso di materiali biocompatibili, di materie riciclate e il ridotto impatto di cantiere nella grande trasformazione del luogo mediante il riuso del demolito e dello scavo.

Il progetto sì è posto l’obiettivo di riqualificare l’area prospiciente la Chiesa della Vergine (Arch. G. Michelucci) attraverso la demolizione di un edificio fatiscente costruito nel dopoguerra e la costruzione di un nuovo centro polifunzionale destinato ad attività pastorali e di servizio. Centrale è la ricerca di un rapporto di forte interazione con gli spazi esterni, oltre che per l’attenzione alla sostenibilità ed all’efficienza energetica. La cappella feriale presenta una marcata interazione con lo spazio esterno, mediata da un portico ed un sagrato; ciò emerge sia in termini di percezione visiva che di continuità spaziale dei percorsi. La sistemazione interna tende a privilegiare l’accoglienza e il movimento visivo legato ai giochi di luce. L’articolazione delle aperture ha permesso di dotare la cappella di una multiforme luce naturale con “lame di luce” che, durante il giorno, valorizzano in particolare i luoghi della liturgia. Gran parte della copertura è occupata da pannelli fotovoltaici che alimentano gli apparecchi illuminanti a led e l’impianto di climatizzazione a pompe di calore, con una potenza di 15 Kw in regime di scambio sul posto. Si tratta di un impianto che possiamo definire “ibrido”, in quanto i moduli non sono integrati in senso stretto (ossia in sostituzione di parti della copertura) ma ne seguono la morfologia e l’inclinazione e sono collocati in apposite “vasche di alloggiamento”, ricavate nel profilo della copertura metallica in zinco-titanio.

Il borgo abbandonato di Castelnuovo dei Sabbioni sembra un luogo privo di vita. Nel suo volto in realtà resta impressa la sofferenza, segno di quella forza che anima i luoghi e gli esseri umani. Castelnuovo oggi è esangue per le dolorose ferite che ha conosciuto. Negli anni Ottanta, l’intera popolazione locale è stata strappata dal suo luogo natio e ricollocata in un nuovo centro urbano poco distante, a causa dei pericoli legati a quell’estrazione di lignite che, nei vent’anni precedenti, aveva già stravolto l’aspetto del borgo. Un viaggio a ritroso in una memoria cosparsa di cicatrici, che si spinge sino al 4 luglio 1944, durante l’occupazione nazista, quando settantatré persone furono fucilate e arse nel paese. Oggi, al posto della vecchia miniera sorge un grande lago artificiale, le case del borgo vecchio sono in abbandono e ricoperte di vegetazione, gli ultimi testimoni superstiti sono molto anziani. Albero Infinito, installazione architettonica e audiovisiva, vuole contribuire a vivificare questa memoria. All’opera è dedicata l’ultima stanza del Museo MINE, nel cuore del borgo. È un albero nero, in ferro, dalle venature-ferite del suo tronco fuoriescono come linfa i racconti di chi queste ferite le ha vissute in prima persona. È il risultato di un lavoro collaborativo di ascolto ed elaborazione delle testimonianze, che parla di Castelnuovo e di quei paesi vicini che ne condividono la storia.

Il progetto riguarda interventi di completamento, utili alla pubblica fruizione e alla valorizzazione del Camminamento e della Torre del Soccorso opera di Brunelleschi in Vicopisano. L’intervento riguarda il restauro del camminamento oltre che la realizzazione delle strutture di collegamento verticali di risalita nella Torre. Le scelte progettuali, con l’obbiettivo di consentire la fruibilità del camminamento in sicurezza, hanno previsto la ricostruzione della gradonata nel rispetto dei dislivelli originari, ben individuati sulla base delle pendenze e delle tracce ancora presenti. Il collegamento verticale, identificato dalle sedi di alloggiamento delle strutture originarie (solai, ballatoi, pianerottoli), si è pensato staccato dai paramenti, reversibile e limitato a consentire l’accesso alle aperture presenti. Le rampe ed i ballatoi realizzati all’interno della torre consentono al visitatore di traguardare i sistemi difensivi e le aree da cui un tempo arrivavano i nemici, consentendo un percorso di visita complesso e articolato sia attraverso la lettura degli spazi interni alla torre sia sul paesaggio. La scala non è quindi un mero elemento strutturale, ma consente al visitatore di calarsi nella lettura della macchina militare attraverso l’accesso diretto alle archibugiere, alle fuciliere e alle cannoniere, alle viste sulle altre torri, alle altre strutture difensive e all’uso che ne veniva fatto originariamente. I materiali impiegati sono acciaio, legno e laterizi di recupero.

Premio Architettura Toscana

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