Lo spunto progettuale fonda il suo presupposto tematico e concettuale nella creazione ironica e metaforica di una volontà: il paesaggio, esito professionale dell’attività dell’azienda, diventa esso stesso immagine da ammirare e contemplare da un punto di vista privilegiato che ne esalti la percezione. Le immagini del paesaggio e le pedane espositive diventano il percorso illustrativo del portfolio aziendale. L’elemento di arredo si scopre elemento comunicativo, funzionale, percettivo e dalle finestre sul verde –“camere con vista”– vedo e faccio vedere le immagini selezionate dei paesaggio. Attraverso le ampie vetrate degli ambienti di lavoro e di riunione si percepisce un esterno da contemplare per mezzo di immagini ingigantite le cui dimensioni corrispondono esattamente alle pareti vetrate delle “camere” stesse. Condizionati dalla “piacevole ossessione” del controllo millimetrico dello spazio, dell’assemblaggio dei materiali e dei loro accostamenti, vengono di conseguenza esplorati anche gli angoli più lontani dall’ordinaria visione d’insieme. La continua ricerca di chiarezza del processo compositivo e costruttivo, unita alla volontà di progettare anche gli elementi più nascosti, concretizzano il desiderio di qualità generale e di benessere degli ambienti di lavoro. La materia –con le sue caratteristiche intrinseche e il suo protagonismo– è in grado di innescare profonde emozioni.
Intervento di ristrutturazione per la modifica dall’originaria destinazione di ufficio a quella di residenza. L’immobile suddiviso in due unità immobiliari tra loro comunicanti tramite la terrazza esterna, aveva già una sua connotazione precisa che ha permesso di ricavarne un’abitazione con tre bagni, tre camera due cucine, soggiorno e pranzo. Collegato con l’ascensore condominiale è stato effettuato un lavoro che permettesse lo sbarco diretto in casa avendo cura di mantenere intatta tutta la pavimentazione in legno di Teak Siam. Proprio il deciso colore dei pavimenti in legno, ha indirizzato la scelta progettuale attraverso la connotazione cromatica delle pareti e dei soffitti, smorzata ed “incorniciata” da diversi profili in gesso e da un deciso stacco a terra tramite il battiscopa alto venti centimetri. La scelta dell’illuminazione e dei diversi apparecchi, spesso utilizzati in maniera anomala rispetto alla loro originaria destinazione, ha permesso di creare assieme alle imbiancature, alle porte con altezza di duecentocinquanta centimetri, alle cornici ed al pavimento quell’idea di progetto d’interni, prima ancora che gli arredi definissero la diversificazione degli spazi. Il mio lavoro si è esteso fino alla scelta degli arredi, dei tessuti, dei complementi ed alla progettazione di componenti d’arredo ad hoc. L’estrema fiducia che la committenza ha riposto nelle scelte spesso difficili da immaginare del progettista, è stata poi quell’ulteriore nota di “progetto” che ha qualificato questo lavoro.
Il museo civico è allestito all’interno di uno degli edifici storici più importanti di Prato e raccoglie opere d’arte che spaziano dal Medioevo al Novecento. Nella nuova concezione museografica, gli spazi del Palazzo Pretorio costituiscono una parte di storia che si somma a quella delle opere esposte. Con i nuovi interventi si è creato un percorso fluido e chiaro che partendo proprio dal riconoscimento del valore dell’architettura storica dell’edificio ne mantiene una lettura unitaria degli splendidi spazi interni. In questa ottica l’allestimento propone soluzioni chiare e trasparenti, cucite intorno al corpus delle opere e dell’architettura dell’edificio, utilizzando linguaggi propri e materiali contemporanei. Non ci sono ibridazioni storicheggianti, oppure repertori in stile, ma piuttosto rispetto e sensibilità verso i valori storici che informano l’intero progetto. L’evocazione è presente grazie all’uso dell’illuminazione, del multimediale, dei toni e dei colori neutri dei materiali scelti. Ma la loro natura tende alla purezza e all’astrazione, lasciando campo di espressione alla natura e ai vivissimi colori delle opere. Il ricorso al tessuto non è mai convenzionale: esso richiama caratteristiche storiche visive e tattili tradizionali (nell’uso delle tele e delle sete) e innovative (nell’uso dei tessuti tecnici e dei tessuti metallici). Oltre che un rimando alla produzione e alla storia di Prato, l’impiego del tessuto costituisce un omaggio all’arte di allestire in sé.
Un inedito percorso progettuale contraddistinto da forme eleganti, colori luminosi e oggettistica contemporanea. Lo spazio è stato completamente riconfigurato per ricavare una camera da letto, un bagno, una cabina armadio e una zona living caratterizzata da una cucina a scomparsa all’interno di una boiserie di legno che nasconde anche la porta d’ingresso. Tutti i dettagli architettonici mantengono un aspetto retrò, come le boiserie che corrono lungo le pareti del living e le porte bianche a riquadri simmetrici. Le linee pulite sono bilanciate dal pavimento in materiale marmoreo che ricorda la pavimentazione del Battistero di Firenze. Così in cucina al disegno decor del rivestimento è abbinato un arredo su misura, studiato per recuperare ogni centimetro, in legno laccato grigio, piano di lavoro in granito nero e acciaio a vista, dalle linee pulite e contemporanee. Nella zona notte, e stata creata una camera matrimoniale e una cabina armadio, oltre che ad un bagno completo di tutti i servizi. In questo contesto l’intento era quello di creare un look originale che è stato raggiunto con un mix eclettico di luci, arredi e complementi, ma anche con punte di colore che si ritrovano ovunque e impreziosiscono lo spazio.
Durante il Festival F-Light 2016 è stata messa a punto la nuova illuminazione per la facciata della Basilica di Santa Croce a Firenze. Una illuminazione dinamica che gioca con intensità e temperatura colore della luce bianca e che include la nuova configurazione della luce statica. La proposta illuminotecnica dinamizza teatralmente la superficie della facciata che entra in empatia con il passante. La scelta di operare con luce bianca modulata attraverso la variazione della temperatura colore e del flusso luminoso, permette di mettere in scena il tempo lungo della “costruzione” e attiva con il suo “ritmo pulsante” la facciata in una sorta di membrana che assorbe e rilancia l’energia spirituale ed ideale degli “illustri” che nella basilica dimorano, ricercando nel cittadino contemporaneo la partecipazione in un battito all’unisono. Un respiro, un battito vitale –non mera scenografia e spettacolo asettico– ma costruzione di uno spazio di coinvolgimento tra memoria storica e istanze contemporanee, tra sapienza della cultura ed esperienza di vita collettiva, tra monumento e città. I consumi energetici sono abbattuti del 68%, mantenendo gli stessi livelli d’illuminamento di 25 lux mentre i rilievi della facciata acquisiscono una maggiore profondità nella condizione di luce statica. L’installazione luminosa dinamica eseguita in loop è programmabile in determinate fasce orarie e manifestazioni, si alterna a momenti di illuminazione statica.
Negando il principio del foderare o dell’appoggiare alla struttura architettonica che ospita, il volume allestitivo, indipendente rispetto all’involucro dell’edificio storico oscurato da un sistema di pannelli scorrevoli, nasce integrandosi e sviluppandosi a partire dai vincoli strutturali e funzionali e consente una chiara distribuzione dei flussi, una flessibilità nell’allestimento delle opere e la totale integrazione della distribuzione impiantistica. In posizione baricentrica rispetto allo sviluppo longitudinale, l’allestimento individua un percorso espositivo perimetrale, per poi aprirsi ed accogliere al suo interno una sala più raccolta, dove una grande teca orizzontale sospesa, consente l’esposizione delle opere dalla conservazione più fragile. Sottoposto a sottrazioni per determinare tagli e scorci prospettici in una combinazione ragionata di pieni e di vuoti ed assorbire il volume irregolare delle teche incassate a geometria variabile, ne deriva un’architettura spigolosa, precisa, netta che si plasma per rendersi allestimento, evitando l’inutile ricorso alla decorazione e definendosi esclusivamente per la composizione degli elementi tridimensionali. Nel superamento del concetto di oggetto architettonico, le teche, che si connotano per il grande valore plastico con piani inclinati, infrangono la severità e la nettezza del volume architettonico, creando un’immagine dinamica e vibrante, ma conservando al tempo stesso la precisione univoca dell’architettura espositiva.
Per realizzare la nuova cucina sono stati demoliti alcuni piccoli tramezzi interni che hanno lasciato dei vuoti sul parquet esistente. Questi tagli a pavimento sono stati colmati con la proiezione della cucina stessa, infatti questo punto è stato il cardine del progetto in quanto ha scaturito l’idea di creare un ribaltamento a pavimento della forma geometrica dell’angolo esterno del bancone. La cucina retrostante è stata pensata a scomparire rispetto alla complessità stilistica e materica della casa proprio per non costituire intralcio nell’apprezzamento del bancone frontale in tutta la sua tridimensionalità.
Il progetto riguarda esclusivamente l’interior di un palazzo posto in via Calzaiuoli, una delle vie più famose della città di Firenze. Situato adiacente alla chiesa di Orsanmichele, ne ha infatti ispirato tutte le finiture interne nella scelta dei materiali e dei colori. Suggestivi sono gli affacci su questo edificio, che permettono di godere dei suoi numerosi decori da nuove prospettive. Qui, dove l’architettura medievale incontra la classicità dell’Ottocento, nasce un palazzo dalle caratteristiche singolari. Palazzo Calzaiuoli è un palazzo unico, in cui l’eleganza di un tempo è stata reinterpretata secondo le esigenze del vivere contemporaneo, prevedendo l’uso di esclusivi materiali e finiture, il tutto raccontato con il linguaggio senza tempo dell’eleganza. ARCABI ASSOCIATES ha progettato l’interior degli spazi comuni del Palazzo e degli 11 appartamenti posti al piano terzo, quarto e quinto. Il concept degli spazi comuni del palazzo nasce proprio ispirandosi ai colori della facciata di Orsanmichele con l’uso del marmo bianco di carrara unito al marmo Emperador light. Ogni appartamento presenta colori attinenti agli affacci in cui si trovano gli spazi e bagni unici, ma il tutto facente parti dello stesso racconto, la cura del dettaglio ed il gusto che nella storia dell’architettura ha sempre avuto Firenze. La ricerca innovativa è stata proprio la ricerca di un interior che riprende il passato ma che lo vive e lo trasforma in presente.
La sistemazione di un appartamento su due livelli –secondo e terzo piano– cerca di adattare l’esistente, frutto di continui rimaneggiamenti, alle nuove esigenze abitative. Caratteristica peculiare dello stato di fatto sono gli scarti, le imperfezioni i piccoli e continui cambi di quota che rappresentano sia un ostacolo da arginare che un’occasione per connotare le dinamiche della casa. Questo raumplan naturale generato delle sovrascritture del tempo si manifesta già dall’ingresso, che malgrado si trovi al secondo piano introduce a quattro gradini verso il basso ed alla zona di distribuzione principale, al centro della quale si posiziona la scala. Questa viene pensata come corpo che poggia su di un podio costruito ex novo. L’intervento si incastra all’interno dei dislivelli esistenti come grande meccanismo che attraverso un solo gradino uniforma i flussi del piano. La pavimentazione in corda dell’ingresso interrotta con il parquet, che a sua volta viene posato con diversa orditura in modo da denunciare il dislivello presente. La scala, costruita attraverso un telaio in legno di frassino e tamponata con fogli di paglia di Vienna tirati poggia su un grande podio impiallacciato in legno di rovere. Un elemento in graniglia evidenzia l’imbocco della rampa e si pone come soluzione di continuità tra un piano e l’altro. La camera padronale è il risultato di un’interpretazione radicale nel modo di vivere il tempo del riposo: non avere nient’altro che il letto sul quale dormire.
Il Museo Novecento di Firenze è dedicato all’arte italiana del XX secolo e propone una selezione di circa 300 opere distribuite in 15 ambienti espositivi, oltre ad una sala studio, un gabinetto disegni e stampe ed una sala per conferenze e proiezioni. La sede espositiva è l’antico Spedale delle Leopoldine di piazza Santa Maria Novella. I locali che ospitano il museo sono ambienti storici ristrutturati che presentano dimensioni eterogenee, discontinuità spaziali, di dettagli e di finiture. Per raggiungere la continuità nel progetto abbiamo articolato lo spazio attraverso setti liberi che nascono, al primo piano, dal pavimento in ferro e al piano superiore dalle contropareti laterali. La finalità di questa scelta è duplice: la visione il più possibile libera degli ambienti esistenti, dall’altro lato interpretazione innovativo del progetto museologico. L’idea espositiva principale è caratterizzata da una sospensione libera delle opere nello spazio. La trascrizione architettonica è un sistema espositivo costituito da pannelli che non si differenziano dai cromatismi principali delle sale, ma anzi assumono i materiali ed i colori in base alla superficie da cui nascono: i pannelli verticali che nascono dal pavimento sono in ferro, quelli che nascono dalle pareti sono del colore e del materiale delle pareti.
Il podere. Il Bussolaio è un’antica casa colonica di Travalle, Calenzano, lungo l’antica via che attraverso l’Appennino portava in Emilia. Un complesso di fabbricati costruiti negli anni attorno ad una vecchia torre. Utilizzato nei secoli come fattoria, stalla, deposito, salumeria, atelier d’artista, versava in condizioni di abbandono. La sfida è stata quella di realizzare una residenza contemporanea senza disperdere quella preziosa patina che il tempo aveva disegnato sulle superfici e negli spazi.
I committenti. Due sorelle con le loro famiglie. Giovani, imprenditori, viaggiatori. Cercavano una casa, aperta, verde, sospesa, dove ritirarsi nei momenti di vita famigliare. Il loro desiderio era di condividere gran parte dei momenti di vita domestica. Una doppia residenza, che sapesse armonizzare vita collettiva e spazi privati, senza stravolgerne l’identità rurale.
Progetto. Il progetto comprende anche tutto l’interior design, il disegno degli arredi fissi e la scelta degli arredi mobili. Pavimenti in cemento-resina, arredi in ferro grezzo, modernariato e arredi contemporanei, dialogano con la straordinaria luce dei fienili, le antiche travi, gli spessi muri a calce naturale.
Vi è stato un periodo (fine XVI secolo) in cui Lucca si presentava come città “picta” grazie all’estro di Agostino Ghirlanda, artefice di una nuova frenesia decorativa delle dimore lucchesi riscontrabile nei graffiti che avrebbero reso il Palazzo Dipinto uno degli episodi più suggestivi ed apprezzati di un certo gusto di decorazione urbana. È in questo scorcio di città che si trova uno degli edifici più antichi, nato come stazione di posta ma che oggi rivive come prestigioso boutique hotel. L’aura e l’aspetto tradizionale degli ambienti sono stati preservati ed armoniosamente integrati con un linguaggio contemporaneo ed attuale: il piano terra, destinato a welcome area (hall, bar e giardino d’inverno), è ampiamente illuminato da luce naturale sia grazie alla valorizzazione delle grandi aperture esistenti che alla struttura in acciaio e vetro del giardino, posto nel cuore dell’hotel. È, inoltre, visibile la tessitura muraria originale, lasciata a vista nella zona della hall, così come anche gli elementi lignei del solaio di copertura. Le venti stanze, al piano primo e secondo dell’edificio, sono state progettate in modo da integrarsi con la struttura storica esistente, mantenendo quanto possibile gli elementi originari senza tralasciare le necessità della nuova realtà. Particolare attenzione e cura sono state poste anche nella progettazione degli elementi di arredo, pensati e disegnati per ogni tipologia di alloggio, prediligendo l’utilizzo di materiali, tessuti e finiture di pregio.
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