L’oggetto dell’intervento è stato la realizzazione di nuove volumetrie destinate ad accogliere spazi amministrativi, all’interno di un opificio industriale ad uso conceria. Nel dettaglio del progetto al piano terra viene ampliato l’ingresso e la reception e creati quattro locali uso ufficio e una sala riunioni. È stato realizzato inoltre un livello intermedio soppalcato, dove è stata collocata la sala campionaria. L’intervento ha inoltre portato alla rivisitazione completa dell’aspetto esterno che risulta ben integrato all’esistente grazie all’utilizzo omogeneo dell’acciaio corten come rivestimento e ad ampie vetrate che ne alleggeriscono l’impatto. L’utilizzo del corten, oltre a migliorarne l’aspetto estetico, ha aumentato anche le prestazioni energetiche dell’edificio poiché il pannello è coibentato. All’interno si trovano richiami al mondo naturale: una cascata realizzata su parete verticale in pietra che prosegue sul pavimento lasciando una traccia che funge da elemento separatore tra gli spazi; la presenza di due elementi vegetali di media dimensione (Bucida buceras) e di rivestimenti e forniture in legno di rovere naturale.

L’intervento si è rilevato per condizioni e per scelta, composito, in quanto ha adottato e combinato tra loro più registri di mera conservazione, di risarcimento, di aggiunta, di manutenzione. Il progetto ha ricercato un’assonanza temperata tra le parti attraverso l’utilizzo di materiali affini e compatibili, proponendo un risultato che ha voluto essere sobrio ma ha rifiutato di essere neutrale ha cercato cioè di riconnettere le parti preesistenti alle nuove integrazioni senza rimarcare la discontinuità ma senza nemmeno mascherarla, affidandosi sopratutto al differenziale dovuto all’assenza di degrado e patinatura dei nuovi materiali rispetto agli antichi e a contatti nitidi che rispettano le tracce antiche senza però ostentarle in modo “scientifico“. La scelta è stata quella di condurre un intervento per così dire prudente, discreto in un certo qual modo timido da risultare quasi “trasparente” che ha permesso di conservare e rispettare i caratteri delle superficie preesistenti. L’intervento sulle strutture è stato anch’esso sviluppato in modo da minimizzare l’impatto e non alterare il meccanismo statico preesistente, dove ciò non è stato possibile si è reso reversibile al fine di poterlo rimuovere nel caso di mutate necessità o di avanzamento tecnologico: non sostituzione dell’organismo statico con uno diverso, ma restituzione alle strutture preesistenti dei loro compiti e delle loro caratteristiche con l’eventuale aiuto, dove si è reso necessario, di strutture integrative.

Casa Verde

Il progetto intende riattivare e sviluppare, attraverso il recupero e l’integrazione di un vecchio presidio già adibito ad Orfanotrofio, una porzione di territorio a ridosso del centro storico collinare di una cittadina di origine medievale. La “Casa verde”, così storicamente chiamata fino a metà degli anni Cinquanta per la forte valenza sociale di orfanotrofio appunto e perché immersa in un bosco di “Quercus Ilex” (Lecci), è sempre stata punto di riferimento per San Miniato, per l’associazionismo e il volontariato, ed anche quando la Fondazione Stella Maris l’ha adibita a residenza sociale per disabili ospita essenzialmente ragazze affette da patologie di carattere neuropsichiatrico.
Il progetto è di fatto una ricerca di legami di fratellanza. Con il bosco, per mezzo dello studio delle sfumature di colore che le foglie hanno nelle diverse stagioni, di cui la facciata ne raccoglie sotto una lettura contemporanea la valenza cromatica. Con le “ragazze ospiti” attraverso la rilettura dei loro lavori grafici riportati in editing sulla facciata in vetro. Con la città tramite il recupero dei “vicoli carbonai” (utili e necessari per la manutenzione dei versanti). Con l luce naturale (filtro vano scala principale). Con il paesaggio attraverso il vecchio filare secolare di cipressi tangenti alla struttura. Con l’arte attraverso l’artista Mercurio-s17s71 che rileggendo il volto degli “ospiti” ha creato una collezione di opere contemporanee.

PALP

Il progetto di recupero e riuso del Palazzo Pretorio di Pontedera, PALP, nasce dalla volontà di rilanciare un importante edificio del centro storico offrendo una risposta all’abbandono, attraverso una proposta di rifunzionalizzazione dell’edificio che andasse a creare uno spazio urbano strategico di incontro e scambio per la città. Partendo dalla lettura della sua storia di stratificazioni nei vari periodi architettonici l’intervento di recupero a fini culturali, istituzionali e ricreativi è risultato fin dall’inizio estremamente complesso. Il progetto in linea con quanto richiesto dal bando, ha previsto al piano terra nella parte del loggiato chiuso da vetrate, un ristorante una zona caffetteria e area living. Sulle pareti del loggiato sono state conservate le targhe commemorative presenti e per annullare il classico effetto bar è stato progettato un giardino verticale con sedici essenze selezionate da botanici che caratterizza l’ambiente creando uno sfondo scenografico. Il piano primo, che si sviluppa su due livelli, ospita il nuovo spazio espositivo. Grazie alla disposizione sequenziale degli ambienti con piccole demolizioni ed accorgimenti è stato possibile realizzare uno spazio museale di dieci sale e la sala accoglienza/biglietteria e servizi vari per una superficie di circa 700 mq.

CasaEsse

Il progetto riguarda la ristrutturazione dell’interno di una porzione di fabbricato in cemento armato degli anni Ottanta. L’intento progettuale è stato quello di unificare l’ambiente creando uno spazio polifunzionale, dove l’elemento bagno, vissuto come salotto, è centrale nella composizione architettonica. Organizzazione e praticità sono le parole chiave del recupero, tutti gli spazi risultano omogeneamente interconnessi e l’utilizzo degli stessi materiali (legno, vetro e specchio) contribuisce a creare un senso di omogeneità. Le soluzioni degli arredi in MDU, interamente disegnati da LDA.iMdA design, sono strategici nel dimostrare che anche un piccolo appartamento con le scelte giuste di interior design, arredo, colori (total grey) e materiali è bello da vivere e da vedere.

Intervento di ristrutturazione ed ampliamento di fabbricato per civile abitazione e frazionamento in due u.i. con certificazione CasaClima R. Il fabbricato originario composto da un un corpo di fabbrica di un solo piano f.t., classica tipologia comunemente denominata “viareggina”, risulta frazionato in due u.i.. La porzione corrispondente alla zona notte e ai locali di servizio alla cottura è stata oggetto di ristrutturazione con piccolo ampliamento costituito da un locale garage posto in aderenza ad altro fabbricato posto sul confine nord con allineamento sul fronte strada. L’altra parte, corrispondente alla zona giorno del fabbricato esistente, risulta invece completamente “svuotata” lasciando solo le quattro pareti perimetrali del fabbricato, al cui interno è realizzata una nuova struttura portante in c.a. con sopraelevazione di un piano oltre sottotetto per un ampliamento di 40 mq. Il titolo edilizio è conseguente alla certificazione CasaClima ed al conseguimento della dichiarazione di edificio certificabile sulla base del progetto e del calcolo CasaClima presso il soggetto referente per la Regione Toscana; è stato sottoscritto dalla proprietà un atto unilaterale d’obbligo con l’amministrazione comunale, nel quale la stessa si è impegnata alla monetizzazione, attraverso la corresponsione di un importo a destinazione vincolata, al fine di realizzare un intervento di edilizia sostenibile. L’edificio è stato certificato CasaClima R in data 20-12-2018 con il codice n. AFE-RU-2018-0049.

In principio c’è il disegno. L’intuizione si consolida attraverso i veloci tracciati sovrapposti ai rigorosi segni del rilievo architettonico. I solchi incerti dell’idea si sommano ai lacerti di un passato recente, ultima stratificazione insignificante se confrontata all’anima dell’edificio. L’appartamento, posto al secondo piano di un impianto medievale nel quartiere di San Martino a Pisa, originariamente si presentava scarsamente funzionale: un corridoio d’ingresso adiacente ad un piccolo disimpegno serviva due bagni ciechi e due camere. L’intervento valorizza le componenti strutturali dell’architettura. L’angusto impianto distributivo viene sostituito da un diverso sistema funzionale di forte caratterizzazione estetica. Questo congegno scatolare fatto di legno e vetro intercetta le strutture degli impalcati con degli schermi trasparenti, rivelandone in tal modo la loro continuità. L’impianto planimetrico che ne risulta ritaglia nuove traiettorie geometriche ottenendo una riorganizzazione spaziale e funzionale. Gli effetti vibranti prodotti dai colori, dalla luminosità dei materiali e dalle molteplici riflessioni delle vetrate conferiscono a questo spazio una particolare suggestione entro cui la contemporaneità si confronta con la storia. Nel soggiorno un armadio attrezzato richiama nelle componenti cromatiche, nella forma e nelle linee geometriche il nuovo sistema distributivo enfatizzando l’organicità dell’intervento.

Biolago

Il progetto intende riattivare e sviluppare la presenza di due sorgenti termali, elementi essenziali del territorio sia dal punto di vista storico che sociale. Per questo il progetto è stato pensato, come un sistema di luoghi coinvolti dal movimento delle persone che, come l’acqua, entrano negli invasi per poi ritornare al percorso naturale. Come l’acqua calda delle due sorgenti si immette nella vasca superiore riscaldandola, così le persone dalla rampa d’ingresso scendono verso la balneazione naturale, incontrando i diversi cubi in policarbonato e legno che costituiscono i servizi (cassa, deposito, spogliatoio, bar, modulo invernale di accesso alla vasca). Con la balneazione l’acqua sorgiva e le persone entrano in contatto procedendo idealmente nella stessa direzione. Così dalla prima vasca, a una temperatura di 37°, le persone e l’acqua si spostano nel secondo invaso con una temperatura inferiore per poi tracimare metaforicamente nel laghetto naturale balneabile. L’invaso artificiale diviene naturale, l’acqua in eccesso ritorna al suo percorso, l’uomo conclude il suo cammino con la natura e nella natura. Il biolago è costituito da una zona balneabile, con acqua profonda, e da una zona di acqua bassa, dove sono state messe a dimora piante palustri, acquatiche e sommerse che svolgono un’azione fitodepurante e ossigenante. La loro funzione è incrementata dall’utilizzo di ghiaia e zeolite.

L’intervento intende recuperare e integrare un vecchio presidio già adibito ad orfanotrofio sito su una porzione di territorio collinare prossima al centro storico di San Miniato. Riattivandone le connessioni relazionali attraverso il riuso dei “vicoli carbonari” utilizzati fino al secolo scorso dai carbonai per portare il carbone in città ed attraverso il riutilizzo di percorsi nel bosco circostante il plesso per garantire la sorveglianza e la manutenzione dei versanti. Il progetto “Casa Verde”, così storicamente chiamata per la forte valenza sociale (Casa/orfanotrofio – Verde/immersa in un bosco di Lecci), è di fatto una ricerca di legami di fratellanza: 1_Con il bosco, per mezzo dello studio delle sfumature di colore che le foglie hanno nelle diverse stagioni; 2_Con le “ragazze ospiti”attraverso la rilettura dei loro lavori grafici riportati attraverso il lettering adesivo sulla facciata in vetro; 3_Con la città tramite il recupero dei “vicoli carbonai” (utili e necessari per la manutenzione dei versanti); 4_ Con la ricerca verso la luce naturale (filtro vano scala principale); 5_Con il vecchio paesaggio attraverso il mantenimento del filare secolare di cipressi tangenti alla struttura. 6_Con l’arte attraverso l’artista Mercurio-S17S71 che rileggendo il volto degli “ospiti” ha creato una collezione di opere contemporanee.

iTEK Showroom

È difficile credere che l’architettura sia principalmente “fermezza”, solida e granitica materia, capace di adattarsi alle molteplici variabili del vivere e rispondere alle innumerevoli esigenze della “società liquida”. In questo piccolo progetto per lo showroom di una società che si occupa di impianti domotici, si è indagato la possibilità dell’architettura di essere al tempo stesso “denotante” e “demarcante”, cioè la possibilità di definire gli spazi con demarcatori leggeri, penetrabili ma non modificabili. Il pretesto di questo gioco/esperimento è stato la richiesta della committenza di sfruttare un open space, esaltando con un nuovo progetto, le potenzialità della tecnologia domotica in tutti i suoi aspetti. Dovevamo cioè far passare il fruitore dallo spazio di una modesta situazione urbana di periferia ad uno spazio indoor attraente, rilassante, coinvolgente, far sentire il passaggio di dimensione e creare una predisposizione “all’ascolto”. Lavorare su una monocromia bianca è stata il primo elemento di svolta. Un colore neutro era la scelta ideale per proiettare qualsiasi combinazione della tecnologia RGB light. L’open space esistente, privo di qualsiasi valore architettonico è stato l’ulteriore elemento che ci ha spinto verso l’utilizzo di elementi di tessuto a sezione circolare per la configurazione di spazi interni. Questa scelta crea uno spazio morbido e pulito e valorizza al meglio la tecnologia esposta.

L’edificio è stato costruito nel 1940, come magazzino, privo di pregi artistici e decorativi, successivamente adibito a civile abitazione e donato alla parrocchia, per essere usato per le celebrazioni eucaristiche. Dovevamo rispondere alla fondamentale esigenza della committenza, la parrocchia, di ottenere, nel nuovo progetto, un’aula priva di qualsiasi struttura muraria che impedisse la visione diretta del presbitero durante la celebrazione. Oltre alla ricerca di una nuova e più appropriata distribuzione interna, volevamo che il luogo di culto si prolungasse all’esterno, con un sacrato, in parte coperto, luogo di sosta e di aggregazione per gli abitanti del quartiere. Alla facciata è applicato un rivestimento, una “facciata ventilata”, che impedisce la vista dal basso della copertura, isola termicamente la parete esterna e “incornicia” il portale d’ingresso, evidenziandolo. Il portale non risulta un elemento edilizio aggiunto alla facciata, ma ha una continuità strutturale con le travi interne ed una continuità visiva con il resede esterno, sulla strada. Questo diviene “pausa architettonica” rispetto agli edifici circostanti, privo di segni superflui, sobrio e, con il piccolo sagrato antistante, introduce il fedele all’interno della cappella. “Pausa architettonica” che consente di rispondere alle esigenze della Commissione Episcopale Italiana che ci impone la “riconoscibilità del luogo di culto”. L’ingresso è delimitato da due fioriere laterali che diventano sedute.

SuperLodge

Il progetto muove nel rispetto e nella valorizzazione degli elementi maggiormente caratterizzanti l’edificio originario, non con una logica di mera conservazione ma attraverso la rilettura e l’interpretazione. L’involucro esterno, caratterizzato dalla composizione ritmata delle aperture, dal rigore della forma composta e dalla ricchezza di modanature, è stato mantenuto nella sua geometria. La rilettura in chiave contemporanea ha determinato la scelta della colorazione monocroma di tutti i prospetti, comprese le modanature e l’intradosso della gronda lignea. L’unico intervento esterno è coinciso con la sostituzioni delle superfetazioni incongruenti con una loggia a sbalzo, costituente un volume diafano dagli inconsueti effetti di luce. Internamente sono stati esaltati due elementi fondamentali della spazialità originaria e della nuova architettura risultante: le grandi altezze di interpiano e la scala in pietra con balaustra Liberty. La distribuzione interna è stata adeguata alle esigenze della vita contemporanea perseguendo la massima fluidità spaziale. Conseguentemente gli ambienti, originariamente austeri ed in penombra, sono ora invasi dalla luce. Nel volume diafano della loggia la luce assume delle caratteristiche assolutamente inedite per l’edificio: la microforatura permette di avere un ambiente aperto ma protetto dall’irraggiamento diretto, cangiante e confortevole. Lo spazio è a tutti gli effetti una ambiente esterno, ma si coniuga con un senso di protezione e privacy.

Premio Architettura Toscana

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