Factory

L’intervento previsto per la Manifattura Tabacchi di Firenze si propone di trasformare un’ex area dismessa di oltre 100.000 mq in un innovativo polo di aggregazione, connesso e sostenibile, dove formazione, cultura, turismo e artigianato possano diventare nuove opportunità per la città. La FACTORY, inaugurata ad Aprile 2023, è costituita dai tre edifici 4-5-11 che insieme costituiscono un unico organismo concepito come un enorme laboratorio in grado di coniugare il processo creativo all’arte del fare, stimolando la nuova generazione di artisti, artigiani e apprendisti a fondere la tradizione antica di secoli con le tecnologie emergenti. Al centro del complesso vi è piazza Francesca Morvillo dove un mix-funzionale, attentamente orchestrato, anima lo spazio delimitato dalle quinte degli edifici storici con negozi e botteghe artigiane. La copertura dell’edificio centrale più basso ospita l’Officina Botanica, un grande giardino pensile collegato tramite ponti pedonali agli atelier ed agli uffici ospitati negli edifici B4 e B5. Un elemento chiave di questo polo dinamico è lo spazio eventi all’interno del B11, i cui ambienti rimarranno liberi e flessibili per ospitare mostre d’arte, sfilate di moda, concerti, fiere. Il progetto si è posto l’obbiettivo di enfatizzare l’aspetto post industriale dello spazio, per trasmettere ai visitatori il fascino di un luogo che oggi può essere considerato di archeologia industriale e che per funzione è sempre stato nascosto alla cittadinanza.

Casa CG

Il progetto mira a conferire un nuovo carattere estetico e funzionale a un edificio residenziale degli anni ’60, il quale nel corso del tempo ha subito numerosi interventi che hanno compromesso la sua identità originaria. La committenza ha espresso la necessità di trasformare l’edificio rendendolo efficente dal punto di vista energetico e funzionale senza snaturarlo. In prima analisi l’approccio è stato quello di eliminare tutte le superfetazioni esterne (tettoie, pensiline in legno, balconi, ecc.) e secondariamente la realizzazione di ampie aperture vetrate sui prospetti così da enfatizzare il rapporto con l’ambiente esterno. L’obiettivo viene raggiunto non solo attraverso la massima permeabilità visiva e l’abbondante illuminazione naturale, ma anche tramite la realizzazione di due ampie terrazze angolari che abbracciano l’edificio: una rivolta a est con vista sulle Alpi Apuane e l’altra ad ovest con vista sul litorale di Marina di Pietrasanta, entrambe con lo scopo di ampliare in modo concreto la superficie vivibile interna. Gli spazi interni dell’edificio si caratterizzano con finiture minimali dai colori eterei e da una scala in rovere che collega la zona giorno con le camere al piano superiore, realizzata come incisione nella pavimentazione in marmo e che si sliluppa attorno ad un parapetto in lamiera di metallo bianco.

Il restauro in oggetto, punta a completare un percorso progettuale iniziato nel 2008, mirato ad allargare l’offerta per la piena fruizione a cittadini e studenti del “Giardino Scotto”, o anche detta Fortezza Nuova e di cui il Bastione Sangallo ne è parte. Con la riqualificazione della copertura del Bastione Sangallo si è inteso lasciare traccia di quel periodo storico che alla fine del ‘700, quando la fortezza non dovendo più assolvere alla sua originaria funzione difensiva, fu venduta alla famiglia Chiesa e poi agli Scotto che costruirono sulle mura un corridoio coperto per le passeggiate romantiche trasformando il complesso in giardino delle delizie. In quest’ ottica il restauro definitivo della copertura, iniziato anni fa con il consolidamento delle volte soprastanti i locali interni al bastione, è intenzionato a riportare sulla sommità della fortezza le essenze arboree originali che a cavallo tra il ‘700 e ‘800 conferirono alla fortificazione l’appellativo di “Torrione dei Lecci”. Con il restauro conservativo delle pareti perimetrali del mastio si è voluto inibire lo sviluppo dei processi di degrado riscontrati. Le scelte di restauro adottate hanno perseguono i principi condivisi dalla moderna cultura del restauro: minimo intervento, scarsa invasività dei lavori, conservazione della materia e della “facies” storicizzata del manufatto, la “distinguibilità” delle addizioni. L’intervento si è concluso a settembre 2023.

Allestire la mostra “Afro. Dalla meditazione su Piero della Francesca all’informale” (curata da Marco Pierini con il coordinamento scientifico e progetto allestitivo di Alessandro Sarteanesi) negli spazi della Galleria Comunale attigua alla Basilica di San Francesco, è stata anche l’occasione per riordinarne gli spazi espositivi al fine di riscoprirne il forte rapporto con la città, oltre a adeguarne la funzionalità. Dopo l’originaria trasformazione di Andrea Branzi, che intervenne a più ampia scala con un progetto di recupero dell’intero isolato, alcuni dei caratteri salienti della strategia espositiva iniziale sono stati persi e fortemente modificati. Il progetto ha cercato di valorizzare quanto rimaneva, concentrandosi nel ridefinire le pareti espositive e riscoprire il senso dello spazio interno, anche in rapporto con quello esterno di piazza San Francesco, attraverso la riapertura di gran parte delle finestre che su di essa si affacciano. Al piano terra il progetto prevede un nuovo bookshop con biglietteria, che sarà mediato con l’esterno attraverso il vestibolo d’ingresso che potrà ospitare opere d’arte. Ai piani superiori, alcune mosse tese a far riemergere la serialità degli spazi del manufatto e l’installazione di grandi prismi stereometrici nelle sale centrali ai piani, non orientati rispetto alle pareti, che permetteranno di filtrare gli spazi di servizio esistenti oltre che a supportare apparati testuali e visivi delle esposizioni.

Cà dei Venti

Cà dei Venti, casa per quattro persone. Rivisitazione di una tipologia storica, l’insediamento abitativo su pendio collinare. Un nastro murario in pietra di campo a opus incertum circonda una collina e caratterizza questa casa concepita come un borgo. Quattro torri indipendenti ubicate a ventaglio sui pendii di una collina. Patii e terrazze proiettati verso il mare a sud-ovest. Il quinto, uno specchio d’acqua, a modo di abbeveratoio agricolo che sporge verso est come uno sperone. Suo fianco in pietra, l’ingresso principale al borgo, segna la salita pedonale verso una piazza o centro, memoria della storica aia. Nell’interrato l’atrio curvo lega i blocchi abitativi ed è l’accesso coperto da cui si sale verso ciascuno di essi. Spazi domestici “duplici” che corrispondono all’uso secondo le stagioni dell’anno. Così anche interni ed esterni che s’intrecciano l’uno nell’altro. Lecci, cipresso e pini, già presenti sull’aia, lambiscono la costruzione o ne vengono incorporati. Recupero conservativo per il paesaggio di dieci ettari intorno alla casa. Accento sulla diversità naturalistica esistente: giardini di particolari specie vegetali, radure nei boschi per l’arrivo del sole, uliveti da esemplari centenari recuperati da spianti per nuove vigne, laghetti di recupero delle acque piovane, pozzi geotermici e campo fotovoltaico come fonti di energia. Costruzione di mille metri lineari di muratura perimetrale a secco, un orto recintato per verdure e frutteto.

Le linee guida condivise tra la committenza, le soprintendenze e i progettisti hanno previsto di recuperare e quindi musealizzare l’intero “quadrilatero” sottostante il Cortile di Michelozzo, compresa la cosiddetta “Rampa dei Muli”, accesso privilegiato ai locali sotterranei. Grandi lastre in acciaio Corten coprono la zona degli scavi: la loro divisione, oltre a configurare un disegno che ricalca il rilievo e le annotazioni degli archeologi, lascia intravedere i ritrovamenti di maggior rilevanza come e dove rinvenuti, a testimoniare e “raccontare se stessi”. La valorizzazione passa dalla “messa in esposizione” ragionata dei locali recuperati oltre che dei reperti rinvenuti sul posto, mediata da un indispensabile apparato didattico/didascalico attento alle “percezioni sensoriali” e al coinvolgimento dei visitatori, da “contaminare” con un progetto di istallazioni d’arte contemporanea permanenti site specific di Fabrizio Plessi, evocatrici del fuoco e dell’acqua, temi ricorrenti nel percorso. Concentrando le teche in un’area dedicata di nuova acquisizione, è stato possibile organizzare i reperti non solo per la loro datazione e/o luogo di provenienza ma anche in un confronto comparativo con i grandi temi: la casa, la cucina, l’architettura, ecc. Una volta fruito l’insieme dei reperti, l’approfondimento delle informazioni è affidato a uno strumento multimediale con display touchscreen, “estensione fisica” delle vetrine ma distinto in un momento di sintesi del percorso espositivo

L’area in cui sorge la nuova cantina o, meglio, la ristrutturazione di quella esistente, con il mantenimento della barricaia e la nuova edificazione delle aree di produzione dei vini, si colloca quasi al centro della tenuta rispetto alle principali vie di accesso e in adiacenza al Podere Guado al Tasso. Concepita nel rispetto del paesaggio circostante, la cantina è dotata di tre accessi, uno per l’uva, uno per i visitatori e uno per gli ospiti presenti presso il podere. Un edificio ipogeo consente molti vantaggi, tra cui la tutela del paesaggio, la qualità del vino e l’aspetto energetico, ottenuto tramite la naturale azione coibente delle coperture inerbite. Adiacenti alla barricaia, alcuni vani accessori fungono da cerniera con i nuovi volumi della vinificazione, divisa in due ambienti, uno circolare e uno di forma allungata e irregolare, volti a individuare e caratterizzare uno specifico spazio per uno specifico vino. Il primo ha pareti inclinate e un flesso centrale del soffitto che rendono lo spazio dinamico e teso, il secondo ha pareti circolari rifinite con la tecnica della subbiatura. La medesima divisione dello spazio avviene in barricaia dove grandi pannelli verticali disposti in cerchio come drappi, custodiscono un vino di grandissima qualità. Il cuore della cantina è lo spazio di accoglienza: la degustazione. Raggiungibile dagli ingressi pedonali, è posta a tre metri sopra al piano di lavoro, permettendo una vista privilegiata su tutti gli ambienti sottostanti.

Arroccato sulle ultime pendici meridionali delle Colline Metallifere, il castello di Montemassi, conosciuto per la sua rappresentazione nel celebre affresco del Palazzo Pubblico di Siena, attribuito a Simone Martini, domina, da un’aspra altura, un piccolo borgo e il paesaggio circostante, Il progetto di valorizzazione, che riparte dagli interventi di restauro effettuati circa venti anni prima, punta a rendere il sito storico accessibile al pubblico e consentire lo svolgimento di piccoli concerti, esposizioni temporanee e conferenze. Alcuni interventi puntuali, in relazione tra loro, mirano ad una ricomposizione della rovina: l’ingresso, la regolarizzazione dei piani di calpestio delle aree interne. Il progetto nel suo complesso aderisce alla morfologia del suolo e alle tracce archeologiche, seppure operando una selezione ragionata; i nuovi elementi si inseriscono puntuali e silenziosi lasciando leggibili i segni del tempo, delle stratificazioni sovrapposte, aiutando la lettura delle testimonianze storiche. Un doppio pannello di corten ricuce, individuando un varco, lo strappo del muro perimetrale in corrispondenza dell’antica porta di accesso al castello. In posizione di apertura, il portone, ruotando di 90°, segnala l’ingresso e amplifica lo spazio della soglia. Il grande spazio centrale sospeso sulle rovine, evoca la piazza tardomedievale. Da qui, terminato il faticoso itinerario di salita, lo sguardo può finalmente spingersi fino a incontrare l’orizzonte marino.

La “Casa nel bosco” è ubicata sul versante ovest della val Bisenzio, in un bosco di castagni del Monteferrato che fronteggia i monti della Calvana. Il progetto della casa è nato dall’osservazione della natura del contesto e si è sviluppato per mezzo di un dialogo continuo tra gli elementi naturali del luogo e il segno sul foglio bianco. L’orientamento dell’edificio, i volumi, gli aggetti, le aperture, gli elementi di finitura sono pensati in funzione dello sfruttamento delle caratteristiche bioclimatiche del luogo a vantaggio del risparmio energetico. Queste caratteristiche formali, integrate da un’impiantistica all’avanguardia conferiscono all’edificio la qualifica di “Nearly Zero Energy Building” La natura rigogliosa del luogo e la luce sono in dialogo continuo con gli spazi e le prospettive interne diventando parte integrante della casa. Il principale “tema emozionale” è generato dalla luce del mattino e dal vento che “dipingono” sulla parete di cemento armato l’ombra in movimento degli alberi e delle piante circostanti.

Con la realizzazione della sala degustazione si completa il progetto dell’Azienda agricola Fornacina iniziato ormai qualche anno fa. L’impianto generale della cantina ripercorre il tema del podere toscano caratterizzato dall’aia come zona centrale intorno alla quale ruotano tutti gli elementi che compongono l’appoderamento. Qui l’aia, contraddistinta dalla quercia secolare che ci dà il benvenuto giungendo dal vialetto d’ingresso, è delimitata a nord dalla casa poderale e ad ovest dall’ingresso alla cantina, posto in contrapposizione all’accesso. Tutto il sistema si sviluppa sul crinale della collina e, sfruttando la pendenza del terreno, si dispone longitudinalmente da nord a sud orientandosi verso la punta del Monte Amiata che diventa il fulcro dell’impianto prospettico: la nuova sala degustazione si presenta alla vista del viaggiatore che, giunto nell’aia davanti alla facciata in pietra dalla forma a capanna, si volta verso l’Amiata. La sala si posiziona sopra la zona dell’invecchiamento del vino posta nella parte interrata del progetto, e si configura come un elemento interamente vetrato perché completamente immerso nella vigna e dunque proscenio verso i filari e l’orizzonte. La nuova struttura è composta da cinque campate con pilastri di corten e travi in legno lamellare ed una copertura anch’essa in legno lamellare. Lo spazio razionalizzato dall’uomo si proietta verso la vigna attraverso uno sbalzo della copertura di 5 metri: un tuffo in mezzo alla bellezza della natura.

Villa Parapei

Ogni progetto è caratterizzato da una molteplicità di progetti. Questo è il principio con il quale Villa Parapei è stata ideata internamente. La distribuzione del progetto architettonico è finalizzata alla scoperta di innumerevoli e consecutive vedute sulle colline del Valdarno aretino, rese possibili grazie alle grandi pareti vetrate. Considerando il contesto come un comune denominatore, il progetto d’interni cerca di attribuire ad ogni stanza, e quindi ad ogni vista, un carattere proprio con una ricerca emotiva profondamente affondata nell’esperienza quotidiana degli ambienti. Instaurare una connessione con la natura, cercando, possibilmente, di essere abbracciati da essa, dal movimento degli alberi e dal suo colore tipico, il verde, presente fortemente nella camera da letto. Il riflesso creato dalla luce, muove i toni passando fino al blu della cabina armadio per poi colpire il marmo verde alpi del bagno. Scendendo al piano terra la luce irrompe nell’area living incontrando le sfere galleggianti del lampadario, cristalli, metalli e legni che rendono ogni stanza una connessione diversa con l’esterno. Nel seminterrato il collegamento è inverso, dovuto all’assenza di luce. In questi ambienti bui il caldo sapore del legno dilaga su ogni forma, definendo precisamente lo spazio in ogni piccolo dettaglio, dalla zona fitness fino scandire il ritmo delle bottiglie di vino della cantina. Infine, il colpo di luce dato dal rame nella zona bar, il cuore pulsante del progetto che splende.

Il progetto inizia a prendere forma nel 2018 quando per realizzare un intervento di ampliamento del plesso scolastico vengono rimosse alcune porzioni rocciose che incombevano sulla scuola; a fine lavori rimane uno spazio vuoto ma ruvido, tutto da reinventare, da qui l’idea di dotare la scuola dell’infanzia di uno spazio gioco all’aperto. Per levigare la durezza della pietra ed adattarla al gioco dei bambini sono stati scelti colori vivaci e forme sinuose. La goccia che dà forma allo spazio centrale fa fluire i movimenti attorno alla parete rocciosa con percorsi che mettono in comunicazione le diverse funzioni della scuola (aule, palestra e mensa) mentre all’interno della goccia una fioriera circolare con un albero dal forte valore simbolico come l’olivo diventa il perno verticale dello spazio. Oltre ai tradizionali giochi è stato creato un percorso sensoriale attraverso il quale i bambini possono scoprire il mondo entrando in contatto con le qualità tattili dei materiali, distinguendo naturale/artificiale liscio/ruvido etc.. Una sezione del percorso è dipinta a lavagna in modo che i bambini possano esprimersi in libertà disegnandovi con i gessetti. Infine dei semplici tubi prefabbricati di diverse dimensioni diventano vasi dove i bambini possono seminare e coltivare piantine e ortaggi, i piccoli alunni imparano così ad osservare la natura con i suoi ritmi attraverso il ciclo delle stagioni e a raccogliere i frutti di questo lavoro.

Premio Architettura Toscana

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